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Autore: Mikayla    27/11/2008    5 recensioni
Una pioggia di stelle cadenti illuminò il bel cielo nero e privo di nuvole. Quella notte la Luna perlacea non riusciva ad illuminare quel buio, ridotta com’era ad un piccolo ed effimero spicchio. Il giorno dopo ci sarebbe stata Luna nuova.
Ma per quella sera, gli spettatori ringraziavano la mancanza del bell’astro: solo con la sua assenza potevano godere di quello spettacolo grandioso, solo così potevano esprimere tutti i desideri che volevano.
“Se potessimo vivere per sempre in questa casa…” pensò Haruka, seduta sul davanzale ad ammirare le stelle cadenti. Ce ne erano davvero tante, quella notte.
°°°
Un desiderio innocente, quello della guerriera di Urano. Chi non ha mai desiderato che il tempo si fermasse ad un momento felice? Chi non si è mai augurato che si potesse continuare in quel modo per sempre?
C’è qualcosa di male nel voler vivere in tranquillità, in una bella casa, assieme a coloro che ami? No. A tutti dovrebbe essere concesso di poterlo fare.
Ma vi siete mai fermati a chiedervi che cosa sarebbe successo, se il vostro desiderio si fosse avverato?
Genere: Drammatico, Suspence, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Hotaru/Ottavia, Michiru/Milena, Setsuna/Sidia
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Star-Shower

1. A wishmaker never has to came.


Una pioggia di stelle cadenti illuminò il bel cielo nero e privo di nuvole. Quella notte la Luna perlacea non riusciva ad illuminare quel buio penetrante, ridotta com’era ad un piccolo ed effimero spicchio di falce appena visibile. Il giorno dopo ci sarebbe stata Luna nuova.
Ma per quella singola sera gli spettatori ringraziavano la mancanza del bell’astro: solo con la sua assenza potevano godere di quello spettacolo grandioso, preannunciato dagli astronomi. Si erano radunati sulle colline e la città stessa era stata spenta.
Senza le luci artificiali e quella della Luna, le stelle prendevano possesso della notte; solo così ognuno poteva esprimere tutti i desideri che voleva, naso all’insù e occhi vigili e attenti.
“Se potessimo vivere per sempre in questa casa…” pensò Haruka, seduta sul davanzale ad ammirare le stelle cadenti. Ce n’erano davvero tante, quella notte.
Da dietro di lei giungeva la melodia del violino di Michiru, e i dolci vagiti di Hotaru che se ne stava pigramente accoccolata tra le braccia di Setsuna.
Tenou stava davvero bene, così. La sua famiglia era felice e protetta, la Principessa e il Principe venivano costantemente vegliati dalle quattro guerriere e vivevano felicemente la loro vita. Non c’era nulla che andasse storto, niente.
Kaiou si avvicinò con eleganza alla compagna, senza mai smettere di suonare «Esprimi un desideri?» le sussurrò all’orecchio, come una dolce carezza.
Haruka si voltò verso di lei, con un lieve sorriso sulle labbra «Ho già tutto quello che desidero» le rispose con occhi seri.
La guerriera di Nettuno annuì piano, facendo vagare il proprio sguardo su Setsuna e la piccola Hotaru «Abbiamo la felicità» mormorò osservando la manina paffuta che cercava di afferrare una ciocca di capelli di Meiou «E la nostra Principessina riempie le nostre giornate…»
Un lampo di tristezza passò nelle iridi acquamarina «Haruka, vorrei davvero che tutto questo non finisse mai».
La compagna avvolse in un caldo abbraccio la musicista, le proprie braccia sulla vita di lei e il viso premuto con dolcezza tra le sue scapole «Temi qualcosa?»
La melodia cambiò tonalità, diventando più spigolosa e tesa. Hotaru se ne accorse subito, mettendosi a cercare con gli occhioni ametiste la propria mamma.
«Il mare… non so, sembra quieto, ma sembra pure in tempesta» confessò la ragazza, con la confusione dipinta negli occhi.
«Aah!» mugugnò in quel momento Tomoe, pretendendo che Setsuna la portasse dagli altri suoi genitori. La musica ora così inquieta si fermò, e Michiru posò il violino sul divano.
Tra le sue braccia venne posata Hotaru, mentre Setsuna scambiava velocemente uno sguardo preoccupato con Haruka. «Sei preoccupata anche tu, Neko-chan?» domandò dolcemente Michiru alla bambina, che con le manine esplorava il corpo della madre.
«Ou!» gracchiò lei tra uno sbadiglio e l’altro, tendendo una manina verso Haruka.
La ragazza accettò con delicatezza il gesto e si lasciò intrappolare l’indice tra le dita appiccicaticce dell’infante. Anche il mignolo di Meiou fu intrappolato da quelle dita paffutelle.
Le tre erano ora unite dalla loro Principessina, che le osservava a turno. Nei suoi occhi viola si poteva vedere fin troppo bene la paura, un terrore incontrollato; sembrava che temesse di venir lasciata sola.
Setsuna sospirò accarezzando la guanciotta con un dito «Vorrei potessimo restare così per sempre» desiderò esprimendo il pensiero delle due compagne. Tutte e tre speravano che niente di male accadesse.
Volevano una vita normale, una vita semplice, una vita come quella che Usagi desiderava per tutte le sue amiche. Niente più battaglie e nemici, niente più dolore e distruzione.
Vita. Vita, vita, vita.
Niente più morte per loro.
«Lo vorrei davvero».

°°°

Gli uccellini cinguettavano, al di fuori della bianca villa nascosta tra le colline. Nessuna delle tre guerriere aveva dormito tranquillamente, quella notte.
C’era qualcosa che non riuscivano ad afferrare, qualcosa che era davvero importante e che era davanti a loro, ma che tendendo la mano non raggiungevano; a nulla valevano i tentativi di sbracciarsi di più, di correre in avanti inseguendo quel qualcosa.
Niente.
«Buongiorno Haruka» Setsuna se ne stava seduta sul divano, tra le mani un libro di favole. Accanto a lei sedeva Hotaru.
Tenou osservò attentamente la figlia, spalancando gli occhi per lo stupore «Ma…!»
Michiru le raggiunse in quel momento e abbracciò da dietro la fidanzata, premendo la propria guancia sulla sua schiena «È cresciuta in una nottata, Ruka» le disse, cercando di abituarsi a vedere sua figlia più grande di parecchi mesi.
Hotaru sorrise tranquillamente «Tou!» esclamò gioiosa, per poi picchiare con i piccoli pugni sulle pagine del libro che Meiou aveva tra le mani «So-to-ia!»
Le tre ragazze sorrisero unanime alla bambina. Setsuna riprese a leggere la storia mentre Haruka e Michiru facevano una buona colazione.

°°°

«È cresciuta ancora» constatò spaventata Tenou, osservando Hotaru che ora sembrava avere almeno un anno e mezzo. Camminava da sola, adesso, inciampando spesso e cadendo sul proprio fondoschiena.
Ma ogni capitombolo non era seguito da un pianto disperato: la bambina rideva, si rialzava e riprendeva a provare mettendoci più impegno, costanza e forza.
Per l’ora di pranzo sembrava diventata una bambina di quasi tre anni.
Michiru la sollevò per le ascelle e la posò sulle proprie ginocchia per farla mangiare - poiché nel seggiolone non ci stava decisamente più.
«Dobbiamo andare a fare compere: gli abiti le vanno troppo stretti» disse imboccando la bambina, che non aveva voglia di tenere il cucchiaio con le proprie mani.
Setsuna piegò il viso di lato e sospirò «Temo che ci toccherà aspettare che diventi stabile prima di comprarle degli abiti: rischiano di diventarle subito piccoli».
La violinista annuì distratta, aspettando che Hotaru posasse il bicchiere che si era portata alle labbra per bere. Era sulle sue ginocchia da poco meno di un quarto d’ora, ma già le sembrava più grande di quando l’aveva posata là.
Tenou sbuffò e si alzò spostando rumorosamente la sedia.
Al brusco movimento Tomoe si spaventò, guardando con occhi liquidi il proprio padre. Haruka si sentì in colpa, ma non si chinò a rassicurare la figlia.
«Vado a fare un giro in macchina» decise all’improvviso. Non incrociò lo sguardo delle amiche e si voltò in tutta fretta, prendendo il proprio giubbotto e le chiavi. Una corsa in auto era quello che ci voleva, per schiarirsi le idee e accettare quello che stava succedendo.
In realtà aveva solo paura che quella crescita veloce fosse causata dall’imminente arrivo di un qualche nemico… se così fosse stato, la pace tanto agognata non sarebbe mai arrivata.
Solo la notte prima avevano desiderato tutte e tre di poter vivere in pace, e già adesso c’erano i segni di un possibile attacco.
Non era giusto.
Frustrata Haruka mise in moto e si lanciò in una pazza corsa fino a Tokyo. Il vento non le diceva nulla, né la rassicurava né l’allarmava: sembrava diventato improvvisamente muto. E la cosa la preoccupava, e la irritava.
In città rallentò, più per evitare una multa che per altro. Non aveva voglia di essere fermata per eccesso di velocità quando il suo più grande desiderio era solo quello di volare alla velocità del vento, senza alcuno sforzo.
Parcheggiò e si stiracchiò. Era davanti alla Juuban High School. Senza accorgersene era andata davanti alla scuola della Principessa.
Forse sarebbe bastato davvero un solo sorriso di quell’Odango Atama, per risollevare quella giornata; poco le importava di star infrangendo la promessa fatta alle sue due amiche, compagne e guerriere.
Haruka si diresse verso l’edificio, un passo dopo l’altro. Invano sperava che una brezza leggera le accarezzasse il viso e la rassicurasse. Si lasciò scivolare addosso gli sguardi curiosi degli studenti che incontrava: ricordava fin troppo bene che effetto faceva a chi le stava attorno.
Però Tenou non infranse la promessa, quel giorno: vagò per un’ora buona nell’edificio, ma non trovò Usagi da nessuna parte.
Provò a chiedere a qualche studente, ma nessuno sembrava in grado di risponderle. “Non c’è nessuno che si chiami Tsukino Usagi, che io sappia” si sentiva ripetere da tutti coloro a cui domandava.
Per nulla rassicurata, la guerriera di Urano tornò a casa, dove ad aspettarla c’era il tè delle cinque e una Hotaru di otto anni che si divertiva a suonare il piano.

°°°

Michiru osservò la porta sbattere per inerzia e strinse al proprio petto la figlioletta «Tranquilla, Neko-chan, tou-chan è solo un po’ nervosa» la rassicurò con voce dolce e carezzevole.
Setsuna annuì, quando gli occhi ametista le chiesero conferma di quelle parole; poi anche lei si alzò da tavola, il piatto con le pietanze ancora intatte.
«Vado a fare un controllino all’osservatorio» disse con voce gentile, regalando una carezza ai capelli corvini di Hotaru, che di riflesso chiuse gli occhi. Ma gli occhi bordeaux non avevano un’espressione dolce, anzi, erano davvero preoccupati e tristi.
Non vista dalla bambina Michiru concordò con l’idea di Setsuna.
Meiou scoccò un bacio sulla fronte della figlia e con la solita elegante pacatezza lasciò la stanza, chiudendo la porta con attenzione.
La guerriera di Plutone recuperò la propria borsa da lavoro e il pass per l’osservatorio; inforcò la bicicletta e cominciò il falsopiano che l’avrebbe condotta alla propria meta.
Ma in realtà quello che voleva raggiungere era il boschetto che nascondeva alla vista il bell’edificio bianco. Lì avrebbe avuto di sicuro delle risposte.
«Eccomi qui, nuovamente» sospirò quel saluto a delle porte bianche come la neve ed intarsiate di meravigliosi ed innumerevoli disegni.
Quelle porte erano antiche, ma non un solo graffio o un filo d’erba intaccava la loro perfezione. Non avevano niente a che fare con gli alberi attorno a sé, eppure non sembrava fuori luogo.
Setsuna s’inginocchiò con reverenza di fronte ai battenti «Porte dello Spazio e del Tempo, apritevi» chiese con tono imperioso ma delicato allo stesso tempo.
Attese qualche secondo, e quando quelle rimasero sigillate ed immobili si alzò.
Osservò attentamente la soglia dello Spazio-Tempo e sospirò «Potere di Plutone, vieni a me!» esclamò. Ma la trasformazione non avvenne.
Stupita e con l’ansia nel cuore la ragazza uscì subito dal boschetto e inforcò in velocità la bicicletta. Senza risparmiare fiato tornò indietro per la salita.
Raggiunse la loro casa con un groppo in gola, mentre il cuore mancava un battito su due.
Aprì la porta con uno slancio che la fece sbattere sul muro.
Ad accoglierla furono due occhioni ametiste di una Hotaru che aveva già sei anni e si esercitava al pianoforte. Esercizi non più da principiante, anche se non poteva usare i pedali poiché non ci arrivava.
Setsuna le corse vicino e le baciò la fronte «Come ti senti, Hotaru?»
La bambina le sorrise dolcissima e alzò le spalle «Sto benissimo, kaa-chan. Kaa-chan mi sta insegnando a suonare il piano! Sono brava, vero?»
«Sei bravissima, Neko-chan» la gratificò Michiru, facendo notare la propria presenza all’amica. Meiou carezzò i capelli di seta della bambina e incontrò gli occhi acquamarina.
Non trovò le parole adatte, e chinò il capo verso la figlia «Non ti va di giocare fuori?» le domandò. Lei non se lo fece ripetere due volte e lasciò la stanza per andare ad inseguire le farfalle in giardino.

°°°

Hotaru osservò attentamente Michiru, carpendo ogni singolo particolare di quel viso preoccupato. Con la manina sfiorò delicatamente le labbra della madre, che le rivolse immediatamente un bel sorriso.
La bambina batté allegramente tra loro le mani.
«Ora che siamo sole cosa vogliamo fare?»
Tomoe gorgogliò allegra. «Storia!» esclamò fiera di sé.
Sotto i propri occhi increduli Michiru si rese conto che la figlia sembrava avere già quattro anni. Ma per quanto si sforzasse di pensarci non riusciva a trovare un algoritmo che potesse prevedere la crescita della bambina.
E ciò la preoccupava. Tanto.
Da quella mattina la bambina aveva imparato a camminare, parlare, leggere qualcosina, scrivere il proprio nome e qualche altra parola, e ora insisteva perché le insegnasse a suonare il pianoforte.
Michiru la prese tra le braccia e la osservò profondamente «Hotaru, c’è qualche problema?» le domandò con tono serio. Il suo lato guerriero era affiorato, e ora chiedeva conferma alla propria compagna di ciò che stava avvenendo.
Solo quella piccola bambina poteva spiegare loro cosa succedeva; era tutto nelle mani di una bimba di appena quattro anni apparenti. In realtà aveva appena una settimana.
Tomoe inclinò leggermente il viso «Cosa succede, kaa-chan?» le chiese con voce dolce e acuta «Non ho rotto niente, questa volta!» si premurò di dirle allargando di più gli occhi.
Michiru tornò a sorriderle con fare materno e le baciò la fronte «Dai che t’insegno!»
Piccole e pallide note riempirono l’aria della stanza; scale traballanti, dita imprecise e tremule. Eppure ogni minuto diventavano più sicure; aperture, trilli e arpeggi. Le note scollegate divennero un’unica fluida armonia.
Kaiou osservava incredula i progressi della figlia. Era stata così attenta ai tasti bianchi e neri che sotto le esili, leggere e sicure dita di Hotaru davano vita alla sesta sinfonia di Beethoven da non notare che la bambina aveva già sei anni.

°°°

Rimaste sole, i due genitori si osservarono attentamente.
«Novità?» chiese Michiru, con la speranza nella voce.
Speranza che fu troppo in fretta spezzata. «Le Porte dello Spazio e del Tempo si rifiutano di aprirsi».
Occhi acquamarina si spalancarono increduli. «Non è possibile».
Setsuna si sedette pesantemente sul bel divano della stanza e scosse piano il capo «Mi hanno impedito volutamente di entrare: non vogliono che interferiamo» riferì con voce atona «Sembrerebbe che fosse successo qualcosa di grave…»
«Ma non sappiamo cosa» concluse per lei Michiru, con un sospiro. Era insopportabile per lei starsene ancora ferma, ancora impossibilitata ad agire.
Ma quella volta sarebbe stato diverso. «Potere di Nettuno, vieni a me!» esclamò alzando la mano sopra la testa.
Nemmeno lei si trasformò.
Cadde a terra, in ginocchio, tenendosi le mani stette al petto. Gli occhi chiusi a ricacciare indietro le lacrime che le salivano agli occhi, impigliate nelle belle ciglia.
«Non di nuovo» sussurrò «Non di nuovo!» singhiozzò. Non una sola lacrima, però, solcò il suo bel viso.
Setsuna si strinse nelle spalle «Ci escludono di nuovo» bisbigliò.
E il gelo calava nella stanza. All’improvviso era pieno inverno, e il freddo penetrava a fondo nell’animo delle guerriere, che presagivano un futuro come spettatrici davanti ad una guerra che qualcuno aveva decretato non essere la loro.
Kaiou si alzò tremando, le braccia ancora strette a sé «Il mare… è come se non fossi più in sintonia con lui…»
Meiou annuì lentamente «Dovevamo immaginarlo: non possiamo andare contro al destino». Parole amare, dette con il fiele sulle labbra. Sputarle fuori fu più doloroso e difficile di inghiottirle e sopportarle tacitamente.
«Kaa-chan! Kaa-chan!», la voce di Hotaru fendette quella cortina di freddo con la sua innocenza e dolcezza.
Era tornata la primavera.
«Neko-chan, cosa succede?» le domandò con voce ridente Michiru, voltandosi verso lei con un bel sorriso sul viso. Non c’era motivo per far preoccupare la loro Principessina.
Hotaru avanzò con leggerezza e regalò un mazzolino di fiori di campo alle proprie mamme, scoccando un sonoro bacio sulla guancia ad entrambe.
«Così siete felici!» sentenziò allegramente, prendendo nuovamente posto al piano.
Nuove note gioiose riempirono il salottino, attorniando le due donne basite: quella piccola peste continuava a sorprenderle, e non solo per la crescita affrettata del corpo e della mente.
Ben presto, però, la musica terminò. Una Tomoe di sette anni stava in piedi accanto al pianoforte, con i pugni sui fianchi.
«Kaa-chan, mi insegni?» domandò con voce lamentosa «Avevi promesso di insegnarmi tutto quello che sapevi!» insistette, mettendo su un dolcissimo broncio.
Setsuna ridacchiò, alzandosi dal comodo divano «Sì, sì, tranquilla Hotaru» la placò.
Il tavolo del salotto si riempì di libri vari, e con pazienza Setsuna insegnò alla bambina tutto ciò che poteva insegnarle. Sotto lo sguardo attendo delle due donne Hotaru imparò velocemente a leggere e scrivere, a far di conto e le diverse lingue. Appendeva con una facilità che aveva davvero dell’incredibile.
Nel giro di un’ora aveva appreso più di quanto normalmente una bambina della sua età faceva in due anni.
«Facciamo il tè?» chiese Michiru stiracchiandosi, interrompendo gli studi di Setsuna e Hotaru. Le era sembrato che avessero studiato a sufficienza, per quel giorno; senza nulla togliere al fatto che ora Hotaru aveva all’incirca otto anni e Kaiou temeva non si nutrisse a sufficienza per avere una crescita così rapida.
Meiou scompigliò affettuosamente i capelli alla figlia e chiuse con un leggero tonfo il libro su cui avevano studiato «Ti va di suonarmi qualcosa?» le chiese con un sorriso. Aveva davvero bisogno di rilassarsi.
Annuendo felice Tomoe si arrampicò sul seggiolino e prese a suonare il brano preferito di Setsuna, trasportando la giovane in un mondo incantato e perfetto.
«Sono tornata» informò in quel mentre Haruka.
Gli occhi azzurri della donna si spalancarono davanti alla crescita improvvisa di Hotaru, ma non lo fece notare quando questa si alzò con uno scatto e le corse incontro, abbracciandola alla vita.

°°°

«Cosa diamine sta succedendo?» chiese Haruka, quando la figlia fu finalmente a dormire, in camera sua.
Dal tè fino alle dieci di sera era cresciuta altri tre anni, inspiegabilmente. Ma ora era il tempo di spiegare quell’evento.
Setsuna e Michiru scossero il capo rassegnate «Non lo sappiamo» confessò Kaiou stringendosi alla compagna e affondando il viso nel suo petto.
Meiou annuì mesta «Sembra che non ci permetteranno di combattere: le Porte non si aprono e non possiamo trasformarci» la informò velocemente.
«Il mare non mi parla» le confermò con voce strozzata Michiru. Le lacrime erano tornate a inumidirle gli occhi ma ancora non venivano versate.
Tenou annuì soprapensiero. «Anche il vento si rifiuta di dirmi alcunché».
Il silenzio calò tetro su quella villa.
Fino al giorno prima c’era solo la gioia tra quelle pareti, mentre ora dominavano la preoccupazione e l’incertezza. Il timore di perdere tutto ciò che amavano, tutti coloro che amavano, opprimeva il cuore e la mente.
Era un pensiero pulsante che martoriava le tempie, martellando senza sosta le loro menti.
Haruka sospirò piano, passando il palmo aperto sulla schiena della compagna «Alla Juuban nessuno sa niente di Usagi» confessò con voce bassa.
Setsuna spalancò i propri occhi bordeaux «La Principessa…?»
«Non lo so» scosse il capo la bionda «Ma non credo che le sia successo qualcosa: lo avremmo saputo, no?»
Michiru sospirò pesantemente, strofinando il naso contro la maglia leggera di Haruka, in cerca di calore e conforto.
«Ma cosa sta succedendo?»




Note.
Una storia un po’ particolare, questa, che ho in mente da un tempo indefinito di tempo e che non ho mai scritto prima per mancanza di tempo.
È la prima volta che mi cimento in uno stile così frammentato, ogni parte è praticamente un mini-capitolo, lasciato in sospeso nel punto culminante. Spero che sia venuto bene, comunque!
Altro da dire… beh, che ringrazio tantissimo Hotaru, Haruka, Michiru e Setsuna per aver preso parte alla storia, la mia mamma tongola Dra per l’aiuto datomi con la storia -e le auguro di tornare presto a vedere :**. Inoltre vi informo che la storia è composta da tre capitoli -dovevano essere due, ma mi sono dilungata come al solito, maledetta graforrea!
Il prossimo aggiornamento tra una settimana!
Liz aka Mikayla

A chi vuole e crede nella redenzione, a chi spera che alla fine tutto si aggiusti, a chi pensa fermamente che il bene trionferà… questa storia farà perdere la speranza. Ma siete davvero sicuri che non possa esserci un lieto fine anche in tutto questo?


Ringrazio di cuore chi ha recensito Attimi. Grazie ellephedre, chichilina, Sadako87, jaj984, maryusa, luisina, ISA1983, romanticgirl, luciadom, ho apprezzato moltissimo i commenti, i complimenti e le osservazioni che avete fatto.
   
 
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