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Autore: CrisBo    30/01/2015    2 recensioni
Il tavolo era imbandito di pietanze di ogni tipo. Una varietà di legumi e ortaggi erano stati disposti sopra i piatti, s'affollavano i formaggi e le piante verdi del vecchio contadino del decumano ovest, colui che coltivava le migliori carote di Hobbivile (il più quotato tra le hobbittesse, perbacco!)
Volavano i piatti e s'infrangevano nel fumo dell'erba pipa di Gandalf, spargendo i vapori di quell'odore per tutta la sala da pranzo. Bofur e Dwalin suonavano allegri, seguiti da Dori, i loro busti ondeggiavano a ritmo e con le braccia facevano saltare le stoviglie. C'erano tutti i nani chiamati per la spedizione di Scudodiquercia, persino quelli che non discendevano dai Durin. [ Dal prologo ]
***
- 2941, T.E. Partono in sedici dalla casa di Bilbo per la spedizione verso Erebor e ciò che l'avventura comporta cambierà le sorti dei discendenti di Durin. Il sedicesimo compagno è una nana, Berit, del quale si sa poco e niente. Mangia tanto, beve tanto, è chiassosa ed ha un rapporto particolare con Bofur. - Prima ff, c'è dell'autocritica in me.
[ IN REVISIONE! ]
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bilbo, Bofur, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 20.
I non benvenuti




Bilbo non aveva più parole per esprimere il suo malcontento.
Aveva il naso arrossato, gli occhi lucidi ed era stufo di avere i vestiti fradici. Era piuttosto sicuro di essersi preso un bel raffreddore per colpa di tutti quegli sbalzi d'aria e non era proprio a suo agio seduto su quella grande tavolata di legno, stretto in una coperta colorata, a guardare con aria contrita una bambina dagli occhi chiari. Quella lo fissava come si poteva fissare un folletto pieno di doni. Gli altri Nani non erano da meno nel malcelare la loro frustrazione, alcuni erano seduti intorno a lui mentre altri borbottavano distanti, circondando le finestre. Il fuocherello del camino era acceso e, oltre a scaldare l'aria, creava una piacevole atmosfera che non si rapportava bene all'affollamento che ora disturbava la locazione.
Erano nella dimora di Bard ed era assai ridicolo il modo in cui erano stati costretti a raggiungerla senza essere visti da gente indesiderata. A Bilbo salivano le lacrime agli occhi se si ritrovava a pensarci. Nessun hobbit della Contea dovrebbe essere messo in situazioni del genere, con quale arroganza adesso avrebbe più potuto dare dei buzzurri ai Sackville-Baggins se proprio lui entrava nelle case altrui passando dalle latrine?
Se lo avesse raccontato alla cittadella lo avrebbero deriso da lì a Frogmorton*.
Il motivo di tutto questo era tanto stupido quanto prevedibile: non erano approdati a Pontelagolungo proprio come cittadini desiderati, ma in fondo il prezzo dell'oro aveva comprato la loro discrezione nell'essere non-visti. Bard li aveva infilati nelle botti – riempiti di profumatissimi pesci appena pescati – e li aveva tenuti nascosti mentre superavano i confini della città. Non avevano amato particolarmente dover tornare lì dentro e ci fu una sequenza di dubbi e astio nei confronti dell'Uomo fino a quando le sue intenzioni non furono chiare all'intera Compagnia. Per non parlare dell'intoppo avuto al limite della dogana di Pontelagolungo, non erano stati scoperti per un pelo, ma - ahimè - la loro venuta non fu proprio disinteressata come avrebbero sperato.
Non era solito per quelle genti vedere ben quattordici Nani e un mezz'uomo attraversare le strade di Esgaroth, così che dovettero incedere accompagnati da occhiate sporadiche e mormorii bassi. L'agguato delle Guardie del Governatore, poi, fu un contrattempo spiacevole e dovettero avvalersi di una buona dose di riflessi pronti per seminarli.
Quel Bard sapeva il fatto suo almeno, era preparato e aveva la mente pronta e in un modo del tutto burrascoso erano riusciti a sfuggire da qualsiasi eventuale cattura – non credevano nemmeno di essere stati realmente visti dalle Guardie - ma la casa del loro chiattaiolo di fiducia era stata messa sotto sorveglianza ( si nutriva simpatia pura per questo Bard, mh? ) e quindi niente avrebbe impedito loro di raggiungere l'abitazione dopo una bella nuotata nelle fogne.
Bilbo aveva bisogno di farsi un bagno, ancor più che di mangiare, un pensiero alquanto insolito per uno come lui; sottolineava il suo grado di disperazione.
Tilda – così si chiamava la bambina che lo fissava – gli spinse davanti al naso una scodella di stufato caldo, sorridendo.
Era una bella bambina, aveva dei modi dolci ma gli occhi non assomigliavano a quelli di suo padre, probabilmente aveva preso dalla madre. Gli venne l'impulso di iniziare una conversazione, di qualsiasi natura, ma si limitò a sorridere, smuovendo la punta del naso che pizzicava per il raffreddore.
«Tu mangi di meno perchè sei più piccolo, giusto?» Domandò la bambina, guardandolo.
«Bè veramente...»
«Tilda non è cortese fare queste domande.» La rimbeccò Sigrid, una ragazza molto simile alla piccola bambina, ma alta e slanciata.
Era considerabile ancora molto giovane, nonostante fosse più grande della piccolina.
«Oh bè, non importa. Può capitare che non si sappia proprio tutto, in fondo io stesso non saprei calcolare il quantitativo di cibo da dare a persone come Voi.» Dopo quella risposta Bilbo s'affrettò a zittirsi, non convinto di aver usato le parole giuste, e si ritrovò a fissare i Nani intorno a lui. C'erano Dori e Nori avvolti in delle vesti molto larghe, sembravano dei bambini un po' tozzi e pelosi. «Scommetto che non mangiate più dei Nani almeno, mi sono ritrovato con la dispensa vuota dopo una sola cena con tutti loro.» Sorrise con aria vagamente imbarazzata, indicando con un indice gli altri.
Ori starnutì e strinse gli occhi; Dori continuava a fissarsi intorno con aria alquanto irrequieta. Solo Berit ascoltava con attenzione ogni parola dello hobbit, lanciando occhiate attente alle due figlie di Bard. Era strano che non avesse ancora interrotto il suo dire, era piuttosto quieta e docile anche nella postura. Se ne stava stretta in una coperta e ciondolava appena col busto. Non era circondata da Bofur, però. L'altro nano era rimasto seduto davanti al caminetto, con le mani inguantate rivolte verso le fiammelle scintillanti.
«Quindi i Nani mangiano tanto?» Azzardò a domandare Sigrid. La ragazza bionda spostò lo sguardo verso Kili e Fili principalmente, corrugò appena la fronte. «Noi purtroppo non possiamo...insomma non abbiamo molto da..»
«Non ti preoccupare. Il mio caro amico Bilbo è un gran chiacchierone, esagera sempre con le storie. A noi basta giusto un pezzo di pane e una sola scodella di stufato e potremmo campare tutto un intero giorno di marcia senza sentire gli effetti della stanchezza. » Berit sorrise alla volta di Sigrid e ampliò le labbra quando portò l'attenzione su Tilda. Stava arricciando il naso; sembrava ancora più buffa del solito, con quei suoi capelli scarmigliati. Bilbo per poco non ruzzolò giù dalla sedia per quella cantonata; che Berit deviasse l'attenzione delle sue colpe su altro era cosa ormai nota, ma che mentisse su quanto cibo mangiasse realmente era un vero azzardo. Non riusciva a capire a che gioco stesse giocando e cominciò a fissarla con occhi sgranati. Berit se ne accorse e lo guardò con sguardo altrettanto da gufo. Forse aveva capito cosa gli stesse comunicando con lo sguardo.
Non erano genti ricche, parlare di dispense piene di cibo avrebbe potuto farle sentire a disagio visto che loro non potevano vantarsi di tali prelibatezze, era già stato fin troppo generoso da parte loro offrire quel poco che avevano a quindici individui sconosciuti che ora occupavano la loro cucina.
«Meno male allora, prego servitevi pure. Non fatevi problemi. Di solito non siamo abituati alle visite...così improvvise, quindi perdonateci per il disordine.» Sigrid allargò le braccia con aria sorridente ma subito le richiuse, andando a sprimacciarsi le dita. Era nervosa e si evinceva dai gesti, dalla postura, anche dal sorriso che continuava a trattenere sul volto.
«Non devi preoccupartene, siete stati molto gentili.» Sorrise Bilbo, con un impeto diverso e Berit sorrise di rimando, annuendo.
Bain, l'unico figlio maschio di Bard, era rimasto seduto al tavolo e stava controllando i Nani in silenzio. Suo padre gli aveva detto di tenerli d'occhio, era uscito in tutta fretta dopo che Thorin e Balin avevano parlato della profezia, di ciò che successe a Dale quando il drago Smaug era arrivato e aveva bruciato la città, uccidendo un'intera popolazione, stanziandosi sopra l'oro della Montagna. Non erano riusciti a ucciderlo ma lui sapeva bene cosa diceva la leggenda: la corazza del Drago fu smussata grazie ai colpi delle due frecce nere di Girion, signore di Dale. Se solo l'ultima fosse stata scoccata...
«Figliolo, hai idea di quanto tempo ci metterà vostro padre a tornare?» Incalzò Balin, stringendosi in una vestaglia lunghissima.
La trascinava per terra ad ogni passo; di solito ci stava bene nelle sue bluse oblunghe, ma non così tanto, a stento inciampava.
«Di solito per cena torna sempre a casa, non s'azzarda mai a stare fuori fino a dopo il crepuscolo.» Rispose Bain mantenendo un tono tranquillo, guardando lui e tutti gli altri. Si soffermò a lungo su Dwalin e Thorin, immersi in una conversazione a bassa voce, vicino alla finestra. Non si fidava di quei Nani, erano diffidenti e aveva paura che la loro determinazione avrebbe messo in pericolo il padre. Non era un segreto che in quella cittadina gli alti ranghi trovassero Bard una seccatura, era benvoluto dalla sua gente e il popolo lo ammirava per la sua generosità. Dopo la morte della moglie non aveva voluto alcuno aiuto da parte di nessuno, aveva combattuto le sue battaglie da solo e combatteva anche contro i soprusi verso la sua gente da parte del Governatore e quel lecchino viscido di Alfrid. Ovviamente ingigantiti dal loro invidiabile esercito di Guardie, uomini senza personalità e con un solo cervello in comune. Di certo non servivano altri problemi e aveva paura che quei Nani lo fossero. Doveva fare di tutto pur di tenerli d'occhio, a costo di combattere lui stesso.
«E quindi cucini sempre tu?» La conversazione sul cibo aveva acceso Berit come una torcia, continuava a seguire Sigrid ovunque lei si muovesse. La cosa non sembrava infastidire la giovane ma si ritrovava spesso a voltarsi e a trovarsela lì di fronte, bassa e immersa in un fagotto di stoffa.
«Sì. Tilda mi aiuta molto però, sta imparando a...pelare le patate e a tagliare gli ortaggi. Bain mi procura il pesce di tanto in tanto.»
«Oh.»
Silenzio da parte di entrambe. Berit sorrideva e annuiva mentre Sigrid tentava di guardarsi attorno senza risultare offensiva, non sapeva bene come comportarsi. Aveva appena messo a posto delle ciotole sporche e aveva preso in mano il tagliere.
«Vuoi..vuoi aiutarmi a preparare la cena per mio padre?» Domandò la ragazza, fissando la nana.
«Oh non potrei mai.» Berit scosse la testa e sembrava, addirittura, intimidita davanti a quella proposta.
Di nuovo silenzio. Sigrid appiattì le labbra in un sorriso e Tilda nascose le labbra tra le dita, ridacchiando con aria divertita. La piccola era ancora nella fase dell'infanzia dove ogni cosa fuori dall'ordinario è divertente e buffo, quei nani le piacevano e non riusciva a nutrire la stessa diffidenza del fratello maggiore; in fondo era cresciuta con le storie di leggende e favole, ma mai in vita sua aveva visto alcun essere di altre razze. Nemmeno gli Elfi, nonostante fossero così vicini di casa.
«Vuoi...mh, vuoi che ti mostro come si fa a fare lo stufato?» Provò Sigrid, questa volta, sventolando per aria il mestolo che aveva appena preso.
«Non vorrei risultare indiscreta ma ..sì.» Berit fece un ultimo cenno e trattenne il respiro.
Bilbo non riusciva a credere ai suoi occhi. Tutta quell'acqua doveva aver fatto male a Berit, o forse era colpa di quella cittadella sulle palafitte, o magari il pesce dentro le botti era avariato e ora si stavano vedendo i suoi effetti. Non poteva credere che quel turbine nanico fosse così bendisposta e cortese alla volta delle due fanciulle, gli sembrava di vedere un'altra Nana davanti ai suoi occhi.
Risultare indiscreta, poi?
Ma quando mai Berit si preoccupava di risultare indiscreta?
Una che era salita sopra al suo tavolo e aveva preso a calci le sue stoviglie e le sue ceramiche continuando a rubargli cibo dalla dispensa.
Il mondo stava andando sottosopra, per caso?
Scese dal suo sgabello dopo aver finito il suo stufato, avvicinandosi a Bofur di soppiatto. Non s'era ancora azzardato a dire qualcosa. Si era ripreso da quel momento giusto per guardare alla volta di Fili e Kili, dall'altra parte della stanza. Kili era sempre più pallido, forse tutto il freddo lo stava facendo ammalare e di certo la ferita non aiutava. Gliel'avevano ripulita ma non avevano medicinali adeguati e di certo non potevano gironzolare per la cittadina come se niente fosse. Intanto Thorin e Balin parlottavano in segreto vicino alla finestra, si chiese per un secondo cosa stessero confabulando, prima di venire interrotto da un esulto di Berit dalla zona cucina.
Si voltò a guardarla e la trovò intenta a trionfare con una cipolla in mano, era in piedi su una sedia e guardava con aria assorta ciò che Sigrid spezzettava dentro al pentolame di bronzo. Tilda si era avvicinata alle due e passava carote e sedani alla volta della sorella maggiore. Sembravano un bel trio, a guardarle senza pensieri, come osservare una mamma che insegna alle proprie figlie come preparare un buon pranzetto.
«Non sapevo che Berit ammirasse così tanto la cucina. Nel senso, oltre che mangiarla.»
Bofur, di fianco a lui, distolse lo sguardo dal fuoco e lo allungò verso le tre più distanti. Berit stava tagliuzzando la cipolla e stava piangendo come una lavandaia che s'era appena sfregata gli occhi col sapone.
«Non credo che le piaccia cucinare, in realtà. Non credo neanche che lo sappia fare. Ora che ci penso non gliel'ho mai chiesto; di solito mangiamo ciò che ci cucina Bombur. O Dori, quando è in vena.»
«Ma guardala: sembra così felice. Come se avesse scoperto un mondo nuovo. Poteva chiedermelo a me, quella sera, sarei stato molto felice di cucinarle un pesce piuttosto che vederla staccare a morsi tutto il salame.» Borbottò lo hobbit, stringendosi nella sua coperta di lana. Era piccola, probabilmente era di Tilda, anche perchè aveva un bel colorito sgargiante. Era contento che i bambini lì indossassero colori fruttati, amava la vivacità della stoffa.
«Ma tu sei un piccolo hobbit e sei un piccolo hobbit maschio, Bilbo.» Spiegò Bofur.
Bilbo decise di sentirsi offeso da quella constatazione e si mise a sbuffare contrariato. Sapeva bene di non essere una donna, insomma, ma non per questo era incapace di fare le cose che – principalmente – facevano le hobbittesse. O qualsivoglia donna, in casa.
«Berit è cresciuta in un ambiente prettamente maschile, sulle Montagne Azzurre. Ti avevo già raccontato che molte Nane che si trovano lì non pensano solo alla casa o al matrimonio. Alcune addirittura non si sposano perchè si incaponiscono su un guerriero che magari non le vuole, pensa un po'.» Bofur piegò di lato la testa e si grattò un orecchio, facendo una smorfia di fastidio. «Lei non è mai stata una grande amante dei concetti tradizionalisti, in fondo avere Dwalin e Balin come maestri di comportamento ti forgia più come guerriero che come sposa. Ma questo non vuol dire che non le interessi imparare a fare...queste cose. Almeno credo, in fondo chi lo sa cosa pensa sul serio.» Ridacchiò il Nano, riprendendo a rimirare il fuoco.
«Quindi dici che fa così...perchè vuole assomigliare ad una donna? » Bilbo ci provò a risultare discreto ma non gli venne bene, questa volta.
«Non è per quello.» Bofur alzò lo sguardo di nuovo su Berit e gli venne da sorridere. Lei si stava sfregando le dita sugli occhi piangenti. Vide Sigrid fermarla con uno scatto, allarmata. «Credo più che sia la presenza di una donna che sappia insegnarle qualcosa, che le piace. Ha sempre sentito la mancanza di una guida femminile; per esempio con Dìs va molto d'accordo. Anche dopo che le ha ricoperto il pavimento di calcestruzzo.» Bofur fece una smorfia divertita. «Lei e Kili gliene hanno sempre combinate tante, inconsciamente. Dopo che avevano usato la pirica di Balin per una torta di compleanno Dìs li ha inseguiti per il giardino con una vanga in mano. È stato il più bel banchetto da festa che Fili abbia mai fatto, questo te lo assicuro.»
Bilbo si mise a ridere divertito per il racconto, anche se gli venne da riflettere, avendo captato un nome sconosciuto.
«Chi è Dìs?»
«La madre di Fili e Kili. La sorella di Thorin. Una gran brava donna, non assomiglia molto a Thorin ed è più compassionevole. Però ha il sangue dei Durin nelle vene, perciò guai a farla arrabbiare.»
«Ah, quindi è una sorta di madre anche per Berit?»
Bofur si mise ad annuire e a Bilbo venne l'impulso di chiedergli se Berit, una mamma tutta sua, ce l'avesse. Non le aveva mai chiesto niente del suo passato, in effetti, ogni volta che Bofur ne parlava c'era sempre qualche tragedia in agguato. Non si soffermava mai su punti più intimi, da un lato la cosa la trovava molto rispettosa ma dall'altro gli accendeva discrete curiosità. Sapeva che abitavano tutti nelle Montagne in esilio, ma non sapeva nulla di loro. Ora che aveva scoperto di questa sorella di Thorin gli venne da chiedersi se anche gli altri avevano lasciato a casa qualcuno. Apparte Gloin, lui lo diceva continuamente. Magari la loro famiglia li stava aspettando o magari alcuni non avevano nulla, che attendevano solo la riconquista della loro Montagna senza guardarsi più indietro. Forse alcuni avevano perso il cuore, con l'arrivo del Drago, o dei figli, dei parenti. Il pensiero gli annebbiò lo sguardo.
«Comunque dovresti chiederglielo, sai? Se vuole imparare a cucinare il pesce fritto.» Bofur tornò a fissare il fuoco.
«Oh no, per carità...» Bilbo scosse la testa velocemente, riprendendosi da quei pensieri «...mi farebbe uscire matto.»
Bofur si mise a ridere con più allegria, picchiando una mano sulla testa di Bilbo, scombinandogli i ricci.
«Cominci a conoscerla, allora. Ma mai dire mai nella vita, chi lo sa, potresti rimanerne sorpreso.» Detto questo si sgranchì le gambe e si issò, andando a raggiungere suo fratello e suo cugino ai lati del tavolo.
Bilbo lo seguì con lo sguardo per qualche attimo e prese a sospirare; gli mancava dannatamente casa sua, non poteva fare a meno di pensarci.
Non gli dispiaceva essere in una casa comune, di gente comune, erano le persone che Bilbo preferiva in assoluto, quelle che non bramavano potere e non lo usavano contro di lui, però lì dentro l'aria era stretta, si sentiva sempre a disagio per qualcosa e – quel che è peggio – agli altri questo Bard non piaceva, nonostante il suo aiuto. C'erano ancora le armi sgangherate che l'Uomo era riuscito a procurargli abbandonate sul tavolo, ovviamente ai Nani gli si può mentire su molte cose ma di certo non sulla qualità del metallo. Forgiatori di ferro e mithril, di acciaio e oro, non potevano accontentarsi di mazzapicchi, martelli da fabbro e gaffe per affrontare un Drago. Non se avevano pagato, per giunta.
Bilbo ci provò a mettersi nei loro panni, questa volta, ma non riusciva a pensare serenamente. Lui si era sempre arrangiato con poco sì, ma lui non aveva mai dovuto combattere per riavere casa propria. 
Si trovò, senza pensarci, a carezzare l'anello che aveva in tasca. Era salita al petto l'improvvisa voglia di sentirlo tra le dita, come se il suo semplice tocco potesse schiarirgli l'animo con una sicurezza diversa. Aveva chiuso gli occhi e sentiva una strana leggerezza mentre quei pensieri lo abbandonavano. Le voci degli altri divennero, per un istante, qualcosa di leggiadro e lontano. Avvertì Sigrid urlare qualcosa e Tilda forse stava ridendo. Gli venne da pensare a Gran Burrone, senza un reale motivo. Chissà se le cascate ancora scendevano lungo i pendii delle montagne, chissà se gli Elfi cantavano ancora, al sole del mattino. Ripensò al suo ultimo risveglio, nel giardino di Elrond, col sole arancione a scaldarlo. Se solo avesse avuto ancora la mappa di Berit l'avrebbe guardata fino allo sfinimento, cercava di ricordarsela.
I viottoli, le case, il mercato..
«Bilbo?»
Bilbo aprì gli occhi di scatto, ritrovandosi davanti al naso Berit. Per poco non ruzzolò all'indietro per lo spavento. Lei aveva gli occhi completamente arrossati, gonfissimi, lacrimavano e la punta del naso sembrava un piccolo pomodoro tanto era rosso. Eppure sorrideva fino a far splendere il volto.
«Ho appena infilato la mia prima carota dentro lo stufato.»
Quella frase non era proprio adatta ad una signora, se bisognava guardare il pelo nell'uovo, ma a Bilbo venne da sorridere. In realtà comincio ben presto a ridere, facendo vibrare tutto il petto. «Ma che cos'hai fatto alla faccia Berit? Sembra che tu abbia appena sbattuto il naso contro il muro!»
«Ho spezzettato del peperoncino e mi sono dimenticata che non è indicato, poi, strofinarsi gli occhi.» Infatti li teneva chiusi e li strizzava in continuazione. In quel momento Sigrid arrivò da lei con un panno e una ciotola d'aceto e latte. Era completamente sconvolta.
Tilda invece seguiva la vicenda con aria divertita, seguendo la sorella più grande.
«Oh Berit, te l'avevo detto di stare attenta.» Incalzò lei con aria mortificata, imbevendo il panno nel liquido. Cominciò a tamponare gli occhi della malcapitata, quella era ferma e rigida come una scopa, con la faccia tutta rincagnata. «Non ti farà passare il bruciore ma ti darà sollievo. Tilda per favore..mi passi i semi di grano?»
Tilda continuava a ridacchiare mentre s'accingeva a prendere una ciotolina dal tavolo e Berit rideva con lei. Rideva e piangeva.
«Tilda non ridere, non è educato.» La rimbeccò Sigrid.
«Ma Sigrid, è così buffa.»
«Tilda!» Sigrid allargò gli occhi.
«E così sono ancora più buffa.» Detto questo fece una linguaccia alla volta di Tilda, mentre Sigrid imbeveva ancora il panno, provocando un moto d'ilarità alla volta della piccola bambina. Anche a Sigrid venne da ridere, anche perchè Bilbo – in tutto ciò – non aveva smesso un secondo.
«Io lo posso essere di più.» Tilda raggrinzì tutto il volto fino a fare una smorfia che, più che buffa, era tenera. Berit non riusciva più a vederla quindi dovette avvalersi della sua colorita fantasia per immaginare che tipo di smorfia avesse fatto.
«Non vale fare quella faccia lì.» Grugnì Berit, stando al gioco, sogghignando divertita. Alzò un dito e si pinzò il naso, tirandolo in alto. Ora aveva l'aspetto di un maialino piangente. «Ecco così.» La sua voce divenne nasale subito.
«Berit, per favore, non riesco a...pulirti gli occhi.» Sigrid tentava di non ridere ma quel compito stava diventando difficoltoso.
«Aspettate.» Fu Bilbo questa volta a parlare, intromettendosi. Prese le mani di Berit e gliele tenne ferme, rovinandole il gioco. «Ecco, procedi pure.»
Sigrid ringraziò con un cenno del capo e Berit sbuffò altamente contrita. Lei poteva benissimo districarsi - se solo avesse voluto -  ma non lo fece. «Bilbo, mi chiedo se sei uno che viene invitato alle feste, nella tua cittadella, razza di spergiuro.» La nana sporse le labbra all'infuori, quell'espressione sembrava renderla una bambina a cui era stato tolto il gioco preferito. «Stavo vincendo, sei proprio un guastatore!»
«No no, ti giuro che stava vincendo la piccolina qua. Tu non ti stavi neanche avvicinando a tali smorfie.» Bilbo continuava a sorridere, divertito.
«Ooooh, disonore Bilbo! Su di te e sulle tue barbabietole!» Berit fece ciondolare il capo con fare teatrale e Sigrid faticò a starle dietro, non riuscendo più a soffocare le risate. Anche Tilda stava ridendo di pieno gusto, alzando le spalle. Sigrid rimase con il sorriso per tutto il tempo; era da tanto che sua sorella non rideva così, non passavano mai giornate facili, tra litigate, preoccupazioni e le sentinelle del Governatore a gironzolare intorno alla casa. Non potevano quasi mai uscire da sole, se non per andare al mercato, quindi non c'era molto da rimanere allegri.
«Appena mia sorella finisce di curarti gli occhi finiamo la gara, va bene?» Domandò Tilda, battendo le mani tra loro.
«Certo che la finiamo! Facciamo gareggiare anche Bilbo così vediamo quanto fa il gradasso poi.»
«Sì sì sì, facciamo gareggiare anche Bilbo.» Esclamò la bimba tutta contenta.
«No no no, io non posso di certo competere.» Ci provò a tirarsene fuori Bilbo ma - alla fine - se l'era cercata. Berit gli fece il verso e lui sbuffò, gonfiando le guance.
«Ahi no, non fatelo.» Dal nulla era spuntato Fili, che guardava con aria sorridente le due fanciulle. Si soffermò a guardare Sigrid e la ragazza fece altrettanto con lui, abbozzando un sorriso più timido. «Non fate gare con lei, è una bara.»
Fili non si beccò un pugno dalla Nana solo perchè Bilbo ancora gliele teneva strette, e poi non riusciva a vedere dove colpire.



Se da una parte l'atmosfera era buona, dall'altra incalzava una certa impazienza.
Si evinceva dallo sguardo di Thorin, che non faceva altro che fissare di soppiatto il figlio di Bard. Non gli piaceva il modo in cui lo fissava quel ragazzino e ancor di più non gli piaceva ritrovarsi in quella casa senza che potesse uscirne. Bard aveva detto loro di restare fino al calar del sole, il buio era un ottimo alleato per fuggire senza essere visti, gli Umani non vantavano di ottima vista e questo andava a loro vantaggio. Non voleva scappare come un ladro e stare lì dentro cominciava a farlo sentire stretto. Poi c'era quel piccolo particolare che vorticava nella sua testa come un turbine impazzito; l'Arciere era uscito in tutta fretta dopo che Balin aveva fatto il nome di Thorin. L'Uomo conosceva molto bene la storia dell'arrivo di Smaug e quel suo ultimo sguardo non gli era piaciuto.
Non riusciva a fidarsi, nonostante i suoi figli li avessero sfamati e gli avevano donato abiti caldi; sapeva bene che il sentimento era reciproco da parte del chiattaiolo.
«Aspettiamo un momento di distrazione e ripercorriamo le latrine. So che non è piacevole ma almeno possiamo raggiungere l'armeria e pensare ad un piano.» Sussurrò a Balin, guardando fuori dalla finestra. V'erano degli uomini che pescavano in barca proprio lì sotto. Immobili e silenziosi. «Sono ragazzini, non sarà difficile seminarli. Anche se il ragazzo continua a tenerci d'occhio...»
Balin aveva lo sguardo che vagava per il resto della stanza. Non provava la stessa diffidenza nei confronti di Bard, non gli dispiaceva come Uomo e si sentiva riconoscente nei suoi confronti per l'aiuto che gli aveva dato. Ma non voleva andare contro Thorin, sapeva che il Re si stava solo preoccupando di tutti loro e della loro missione. Eppure non riusciva a essere d'accordo con l'idea che turbava la mente del Re, né tantomeno voleva rischiare di scappare per essere catturati in seguito da gente meno benevola dell'Arciere. Senza contare il fatto che Kili era diventato una preoccupazione per tutti loro; la ferita poteva infettarsi e il suo colorito faceva alludere che fosse già successo, per loro disgrazia. Oin era riuscito a pulirgliela meglio che poteva e controllava le sua condizioni, ogni tanto, sperando che il rischio non si alimentasse ulteriormente.
«Thorin...capisco che sei preoccupato, ma non possiamo rischiare di venire catturati. Kili ha bisogno ancora di riposo e il dì di Durin è ancora a qualche giorno da noi, possiamo pensare a riprendere le forze.»
«Non voglio riprendere le forze in casa di un Uomo che non ci vuole qui.» Sussurrò il Re, guardandolo fisso. Balin si sorprese di quanto lo vedesse stanco e provato. Il loro viaggio stava giungendo quasi alla fine, ormai, ma aveva paura che - alla fine di tutto - la stanchezza sarebbe stata la loro nemica principale. I Nani potevano essere molto forti nel pieno delle forze, ma loro non potevano vantare quelle forza già da un bel po' di tempo. 
«Ci ha dato una mano, per quanto possibile e gli altri hanno bisogno di riposarsi. Tu ne hai bisogno.»
«Io sto benissimo.» Sibilò Thorin, stringendo i pugni. Guardò verso Kili con aria grave e mortificata prima di alzare la destra e stringere la spalla del vecchio Anziano. «Possiamo riposarci quando supereremo il Fiume Fluente e lasciare che Kili riprenda le forze ai piedi della scala di Erebor. Troviamo le armi e le erbe, se raggiungiamo Erebor prima dell'ultimo giorno d'autunno avremo più possibilità di pensare ad un piano.»
Balin sospirò e chiuse gli occhi. Thorin aveva sempre le parole per tutto, era un grande Re e lo avrebbe seguito in ogni dove, senza mai dubitare della sua risolutezza, ma questa volta c'era qualcosa che lo turbava. Non riusciva a capire cosa fosse - una sensazione nata dalla fuga di Bosco Atro - se Thorin avesse perso di nuovo il controllo sarebbe stato facile uscirne, questa volta?
«Thorin io..» ma Balin non fece in tempo a rispondere che dei tonfi alla porta li fecero irrigidire tutti.
I Nani scattarono per guardare verso questa e i più vicino al tavolo balzarono in piedi, ritrovandosi ad arpionare i mazzapicchi e le mazze che prima avevano schifato con tanto ardore. Bain guardò allarmato le sorelle e loro fecero altrettanto con lui.
«Nascondetevi, presto.» Sussurrò il ragazzo guardando verso il Re e questo subito fece scivolare via dosso la coperta e fece cenno agli altri di seguirlo. I Nani presto si mossero dietro di lui, anche se Bombur per poco non fece ruzzolare una sedia sul pavimento quando venne tirato da Bofur; quello subito si voltò verso la zona dov'erano Berit e Bilbo.
Lei, ancora cieca e odorante di aceto, stava venendo trascinata dallo hobbit e Fili era subito corso ad afferrare Kili per le spalle, aiutandolo a rialzarsi dalla sua postazione, insieme a Oin.
«Ch-chi è?» Incalzò Sigrid, asciugandolo le mani nel panno agganciato alla gonna. Trattenne il respiro e si mise davanti alla sorellina che, ora, si reggeva contro di lei. Bain aveva spalmato la schiena vicino allo stipite e stava reggendo in mano una mazza di legno. Guardò la sorella più grande e fece un cenno, deglutendo a fatica.
Tutti i pensieri peggiori gli stavano annebbiando la mente. Le guardie avevano visto i Nani ed erano venuti a prenderli? O peggio, arrestarli? Magari loro padre era già dietro una cella e ora sarebbe toccato a loro. Avrebbero perso tutto, magari sarebbero stati esiliati per sempre per aver dato assistenza a degli stranieri senza avvertire nessuno.
No, non poteva permetterlo.
Avrebbe protetto la loro casa e le sue sorelle, non avrebbe mai permesso che qualcosa di male accadesse loro, lo aveva promesso a sua madre al suo capezzale. Avrebbe sempre protetto la sua famiglia da ogni insidia, anche se l'insidia era il Governatore della loro stessa cittadina.
«Siamo Meryl e Halder, tranquilli ragazzi.»
Bain sospirò e quasi gli cedettero le gambe per il sollievo di sentire quelle voci. Stessa cosa fecero Sigrid e Tilda.
Meryl e Halder erano amici di suo padre, abitavano nella via est di Pontelagolungo e spesso aiutavano i ragazzi con la merce e qualche lavoretto per abbondare col guadagno mensile.
«Abbiamo detto alle guardie che siamo venuti a portarvi il pane.» Accodò Halder poco prima che la porta venisse aperta.
Meryl era una donna di mezza età, dai capelli crespi e rossicci ma un bel viso e lo sguardo sicuro. Non era molto in carne nonostante indossasse sempre vestiti troppo larghi per il suo fisico. Halder era un ragazzo più giovane, biondo e con delle chiarissime efelidi sul viso chiaro. Aveva un bel sorriso e lo sguardo verde come il bosco a Primavera. Era il nipote di Meryl ed era un ottimo artigiano, era suo il merito di ogni mobilia aggiustata in quella casa.
«Pensavamo fossero loro. Cosa ci fate qui?» Disse Bain, chiudendo subito la porta. Si premurò che nessun Nano fosse più visibile e poggiò sul tavolo la mazza. Con velocità portò i lembi della stoffa a nascondere il resto delle armi rimaste lì sopra.
«Non possiamo stare molto o avvertiranno quel verme di Alfrid. Intanto tenete, il pane lo abbiamo sul serio.» Meryl diede a Sigrid una cesta di vimini e lei le sorrise di rimando. Intanto Halder aveva preso in braccio Tilda, salutandola con affetto. Andavano molto d'accordo, Halder amava i bambini – pensava che ogni persona avesse bisogno di circondarsi della fanciullezza per ritrovare la spensieratezza interiore, tipica di un bambino. 
«Siamo venuti a vedere se vostro padre stava bene, dopo quello che è successo al mercato.» Domandò Meryl, allargando lo sguardo.
«Al..al Mercato? Cosa..cos'è successo al mercato?» Sigrid guardò suo fratello velocemente e sperò con tutto il cuore che sul viso non gli si leggesse nulla di inappropriato.
«Ma non ve lo ha detto?» Solo ora Halder si guardò intorno. Notò il bozzolo di stoffa sul tavolo e svariate ciotole sparse in giro per la stanza. Alcune coperte erano aggrovigliate sul pavimento e c'era un forte odore di aceto. «Dei..nani
«Nani dite?!» Tutti e tre esclamarono insieme, allargando ancora di più lo sguardo. Non erano i più esperti mentitori che si fossero visti a Pontelagolungo ma di certo erano bravi a esternare una certa drammaticità. Tante volte si erano trovati a cavarsela per conto loro col solo aiuto della furbizia, loro padre aveva gli aveva insegnato ad essere scaltri per uscire fuori dai guai. O dissimulare i pensieri altrove.
«Nani, esattamente. Bassi e barbuti, non ne avevo mai visti così tanti insieme.» Disse Halder tutto concitato, stringendo in braccio Tilda. «A dire la verità non credo di averne mai visti, di Nani. Se non negli arazzi o nelle illustrazioni. Pensavo fossero più alti.»
«Speravamo che vostro padre non fosse incappato in qualche pericolo.» Aggiunse Meryl di rimando.
«Oh no, nostro padre sta benissimo. È uscito per andare a recuperare alcune merci giù al Fiume ma sarà di ritorno presto, se volete gli dico che siete passati.» Bain sorrise, spostando l'attenzione verso lo stanzino che s'apriva sulle latrine. Non era sicuro di aver fatto un'azione giusta lasciando il permesso ai nani di nascondesi lì dentro ma aveva dovuto agire d'impulso e quando il cuore rintocca per la paura la mente fa lo scherzo di non pensare con raziocinio.
«Oh sì grazie, ditegli che passeremo di nuovo uno di questi giorni, sperando che le guardie non decidano di farci la pelle per tutte queste visite.» Rispose con acidità Meryl. «Si può che per venire a trovare un amico devo chiedere il permesso al Governatore? Quell'uomo sta giocando con la nostra pazienza.»
Un rumore forte proveniente dallo stanzino fece voltare tutti di scatto e i tre figli di Bard per poco non si fecero scappare un gemito.
Sigrid guardò Bain con aria allarmata – per quanto potesse farlo, vista la situazione – ma poi subito si armò di un bel sorriso, guardando i due.
Halder, intanto, mise a terra Tilda che tentava di nascondere il più possibile ogni emozione. Non facile per una piccola infante nel cuore di una giornata piena di imprevisti.
«Cos'è stato?» Chiese il ragazzo, corrugando la fronte. Aveva captato qualcosa di strano e, d'altronde, tutto quel disordine non era una normalità in quella casa. Sigrid era sempre stata molto meticolosa nel tenerla pulita e accogliente.
«Oh- oh, niente, oggi abbiamo avuto un po' di problemi con la latrina, pare che delle tubature si siano otturate ma-»
«Ma perchè non me lo avete detto? Vado subito a vedere. Sapete che non dovete fare altro che chiedere, accidenti. Non mi dovete una sola moneta – magari un invito a cena, che mi piacciono tanto i tuoi stufati!» Halder stava già per incamminarsi quando Sigrid si ritrovò a fermarlo per un braccio.
«No. No, no Halder non ce n'è bisogno, abbiamo fatto da noi, era veramente una..sciocchezza.»
«Sì. Un topo, si era incastrato e abbiamo faticato un po' per liberarlo. Ha creato un po' di problemi.» S'aggiunse Bain che si era messo davanti alla donna, sorridendo con un po' di forzatura.
Sentirono un altro tonfo da lì dentro e Bain si maledì mentalmente un'altra volta. . Era sicuro che quei maledetti nani stavano scappando.
«V-vado...vado giusto a controllare per vedere se non è successo di nuovo. Questi topolini sono proprio dei piccoli ribelli. Magari è una famigliola, sapete com'è...fanno le tane, le buche, una cosa impossibile.» Rise forzatamente, già sgusciando via per infilarsi dentro lo stanzino.
Un altro tonfo fece scattare tutti e Sigrid si ritrovò a sperare che quei due non fossero avvezzi a curiosare troppo. Per quanto si fidasse di loro non potevano far sapere a nessuno della presenza di quei nani, era pericoloso per tutti, non potevano metterli in mezzo in questo.
«Speriamo che non cada nella latrina come stamattina. Eh-eh.» La ragazza ci provò davvero a ridere ma le parve di sentire un suono strozzato uscire dalla gola.

«Oh per la miseria, digli di stare attento. Quel ragazzino è proprio un temerario, come suo padre.» Meryl, intanto, prese il nipote per un braccio. «Heldor dobbiamo andare, credo che quei due tronfi esibizionisti là fuori si stiano segnando i minuti che abbiamo perso stando qui dentro.» Fece una smorfia di disapprovazione. «Ci sarebbe piaciuto rimanere, care, ma non vogliamo crearvi problemi inutili.»
«Non preoccupatevi, capiamo perfettamente. Anzi...siete stati molto gentili a passare, davvero. Ci fa sempre piacere.» Sigrid sorrise ma quando sentirono l'ennesimo tonfo dall'altra stanza si allarmò ancora.  
Halder sorrise di rimando e si avviò verso la porta con la zia. «Tuo fratello sa il fatto suo. Ma se non si sistema venite a chiamarmi Sigry, lo sai che non ho problemi. Mi basta uno stufato. Con te. Sono un tipo magnanimo lo sai.»
Sigrid sorrise piena di imbarazzo. «D-d'accordo, lo faremo, davvero. Grazie.»
Una volta che la porta fu chiusa alle loro spalle, Halder e Meryl fecero di tutto per non insultare le due sentinelle che avevano alzato lo sguardo su di loro. Pescavano con una serietà in corpo che faceva venire la noia solo a guardarli. La donna prese a braccetto il nipote mentre scendevano le scalette di legno, allontanandosi dall'abitazione.
«Zia, l'hai notato vero?»
Meryl si accovacciò meglio vicino al volto del giovane, infilandosi con lui nella mischia di gente che popolava le palafitte, diretti verso il mercato centrale. 

«Certo che l'ho notato. Ci stavano nascondendo qualcosa e sono del tutto sicura che Bard abbia qualcosa a che fare con la presenza di quei Nani.»
«Per la profezia? Quella che canta sempre il nonno?» Sussurrò il ragazzo. Conosceva bene la storia di Thror e del tesoro dei Nani. Erano famose le loro gesta a Esgaroth e mai avrebbe sperato che ciò che raccontavano le ballate poteva avverarsi proprio nell'Era della sua nascita. Gli venne da sorridere tutto gongolante.
«Halder non una parola con nessuno, finchè non troviamo Bard. Sono sicura che non è al fiume come dicono i ragazzi.» Meryl svoltò in un viottolo, portandosi il ragazzo dietro. Quello fece il giuramento, facendosi un segno sul cuore con i polpastrelli. 
«Dopo questa storia Sigrid mi dovrà un appuntamento coi fiocchi, però.»

 





il nome originale della località Chianarana, nella Contea.

NA.
Ciao a tutti. Questo è stato un capitolo difficilissimo da scrivere e il perchè non lo so neanche io, infatti non mi piace per niente. Ho provato a far emergere un po' i figli di Bard e l'introduzione di due personaggi che, ridendo e scherzando, probabilmente mi serviranno per un futuro prossimo, anche se cambio idea ogni cinque minuti sul continuo della mia storia ah-ah-ah. Comunque sia rinnovo sempre i miei millemillissimi grazie a chiunque mi stia leggendo-seguendo. Prossimamente capiteranno cose del tutto fuori programma quindi sarò imparanoiata al massimo su come fare per renderle al meglio, già lo so! A prestissimo :)

 

  
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