3.
Argument
La
porta di casa sbatté con un tonfo tale da far tremare i
vetri. Caroline
attraversò come una furia l’androne
d’ingresso, gettando per terra alla rinfusa
cappotto, borsa e le eleganti decolleté che teneva in mano.
Poche
cose erano in grado di farla veramente
arrabbiare, e una di esse si dava il caso fosse proprio il dannato
ibrido che
aveva giurato di amarla fino alla fine dei tempi in una suggestiva
chiesetta
della campagna toscana, venticinque anni prima.
Maledetto
lui e maledetta lei, che si lasciava fregare sempre come se fosse la
prima
volta!
Aveva
raggiunto il salotto per versarsi qualcosa da bere – qualcosa
di forte e di
alcolico, in assenza di un collo da mordere – quando la porta
si aprì una
seconda volta e l’ibrido in questione fece il suo ingresso in
casa.
«Andiamo,
Caroline! Ti ho già detto che mi dispiace!»
Esclamò esasperato, ben sapendo che
lei poteva sentirlo da ogni angolo della villa nella quale si fosse
trovata.
Difatti,
il ringhio della vampira provenne da qualche parte in fondo al
corridoio. «E io
ti ho già detto dove ti puoi ficcare le tue maledettissime
scuse!»
Con
un sospiro, Klaus si sfregò gli occhi e si diresse verso il
salotto,
raccogliendo man mano che ci passava in mezzo le cose della vampira
sparse sul
pavimento.
«Tesoro,
te l’avevo detto che avevo delle questioni da
sistemare…» Esordì una volta che
l’ebbe raggiunta, fermandosi con cautela sulla soglia e
osservandola mentre
beveva tutto d’un fiato un bicchiere di brandy.
Dopo
aver deglutito ed essersi pulita le labbra con il dorso della mano in
modo
assai poco signorile, Caroline gli lanciò
un’occhiataccia. «Forse saresti
dovuto essere più preciso, non credi?»
Ribatté, abbandonando il bicchiere e
bevendo direttamente dalla bottiglia. «Forse avresti dovuto
dirmi “Ehi,
Caroline, oggi devo sterminare una ventina di vampiri che stanno
tramando la
mia morte e massacrare anche qualche mannaro, ti dispiace se rimandiamo
la
nostra cena a un’altra sera?” Sai, lo avrei
apprezzato decisamente di più,
visto che adesso il mio vestito da 560 dollari e 70 centesimi
è macchiato di
sangue e altri fluidi organici di cui preferisco non sapere la
provenienza!»
«Se
il problema è il vestito, te ne ricomprerò altri
dieci!» Sbottò lui, stavolta
seriamente irritato. «Non c’è bisogno di
fare questi capricci!»
«Capricci?»
In
quel momento Klaus comprese di aver fatto un imperdonabile passo falso.
Fece appena
in tempo a schivare il bicchiere che andò a frantumarsi
sulla parete alle sue
spalle, con sommo disappunto di Caroline, e all’improvviso
non ebbe più tanta
voglia di scherzare con l’umore della sua compagna.
«Non
me ne frega un accidente del vestito», sibilò
quest’ultima, gli occhi ridotti a
due fessure minacciose. «E non m’importa neanche
del fatto che non potrò più
mettere piede in quel meraviglioso ristorante senza vergognarmi o
soggiogare i
proprietari, così come non mi importa che sia stata
costretta a darti anche una
mano mentre strappavi cuori a destra e a sinistra!» Ormai la
vampira stava
urlando, gesticolando nervosa e furiosa contro di lui. «La
cosa che mi da più
fastidio è che tu abbia rovinato la nostra serata di
anniversario, e che non lo
sapessi neppure!»
Klaus
stava per interrompere la sua sfuriata e cercare di calmarla, ma
quell’ultima
frase lo gelò.
L’anniversario.
L’ombra
di realizzazione che gli attraversò il viso dovette essere
abbastanza
eloquente, perché Caroline sbuffò e
roteò gli occhi, livida nel veder così
confermate le sue ipotesi.
«Caroline,
ti giuro, mi dispiace…»
Caroline
non gli diede l’opportunità di scusarsi.
«Venticinque anni, Klaus!» Già il
fatto che non l’avesse chiamato Nik avrebbe dovuto metterlo
in guardia sul
livello di arrabbiatura della sua compagna. «Okay, forse
è una cosa stupida e
troppo melensa per il “grande ibrido cattivo”, ma
per me era importante! Sono le nozze
d’argento, e scusami se speravo
che potessimo trascorrere una serata normale, una volta tanto, senza i
soliti
spargimenti di sangue. Accidenti, oggi mi ha anche telefonato Rebekah
per farmi
gli auguri, e Elijah mi ha spedito dei fiori! Elijah! E il tuo regalo,
non che
me ne aspettassi uno, sia ben chiaro, il tuo regalo qual è
stato? Teste mozzate, cuori strappati e un vestito
rovinato! Lo ammetto, a volte è eccitante, ma
c’è un tempo per ogni cosa, e
stavolta hai decisamente sbagliato tempismo!»
Come
poche altre volte nella sua infinita esistenza, Klaus era rimasto a
corto di
cose da dire. Non capitava spesso, ovviamente, essendo lui per natura
una
creatura particolarmente carismatica e autoritaria, ma di volta in
volta
capitava, e quasi sempre c’era di mezzo Caroline.
E
la vampira, come aveva ormai imparato a sue spese, per quanto leale,
gentile e
comprensiva, riusciva a essere terribilmente poco misericordiosa quando
la
situazione lo richiedeva.
«Caroline,
ascoltami, parliamone con calma. È stato un periodo un
po’ caotico, ho perso la
cognizione del tempo e ti assicuro che la serata sarebbe stata molto
diversa se
mi fossi ricordato…» Tacque, aprendo le braccia
con fare sconfitto e
riabbassandole senza ben sapere che farne. «Andiamo, tesoro,
lo sai-»
«Non
chiamarmi tesoro», lo avvertì subito
lei, puntandogli un dito contro. «No. Non sono
dell’umore.»
«Caroline…»
Ritentò lui con un sospiro. Non andiamo a
letto arrabbiati, avrebbe voluto dirle, e poi avrebbe voluto
stringerla tra
le braccia e trascinarla in camera e fare l’amore per tutta
la notte, per farsi
perdonare e sfogare lo stress di due settimane impiegate a pianificare
strategie e tattiche di difesa e attacco contro quei maledetti
licantropi e poi
addormentarsi vicini e stretti separati solo dall’ostacolo
delle loro pelle e
cullati dai loro respiri…
Con
quell’immagine in testa Klaus tentò un passo in
avanti, ma Caroline
indietreggiò di due.
«No»,
ripeté, la rabbia ben lontana dal dissiparsi dai suoi begli
occhi azzurri. «Procurati
un cuscino e una coperta, stanotte dormi sul divano.»
E
sparì dalla sua vista con un whoosh
che lo lasciò per un attimo interdetto – che
diamine, odiava interrompere una
discussione in quel modo, era infantile
– ma poi con un sospiro decise di lasciar perdere e di
rassegnarsi all’idea di
dormire in salotto. Le avrebbe concesso la notte per calmarsi, e
l’indomani
mattina avrebbe cercato il modo di farsi perdonare.
Un
angolo della bocca si piegò verso l’alto, in un
breve sorriso. Ci riusciva sempre.
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Eh niente, qualcuno mi ha
chiesto come mai non aggiornavo questa raccolta dal 2013, e siccome
sono fan della religione del "Chiedi e ti sarà dato", mi
pareva corretto esaudire la richiesta.
E spero che quel qualcuno
non se ne sia pentito, dopo aver letto questa drabble. :D
(Sì, Darkrin, parlo di te ♥)
(Sì, Darkrin, parlo di te ♥)
((Riscrivere di loro porta
a
galla tanti - troppi - feels, mannaggia a Julie Plec che gode nel
frantumare le uova nel nostro paniere ç_ç Mi
mancano, ridatemeli!))
BTW. Grazie di essere passati per questi lidi, di aver letto e - ovviamente grazie anche a chi ha recensito gli scorsi capitoli - e niente, grazie in generale, voglio bene a tutti, oggi mi sento romantica. u.u A presto, se tutto va bene! Sempre la vostra
Niglia.
BTW. Grazie di essere passati per questi lidi, di aver letto e - ovviamente grazie anche a chi ha recensito gli scorsi capitoli - e niente, grazie in generale, voglio bene a tutti, oggi mi sento romantica. u.u A presto, se tutto va bene! Sempre la vostra
Niglia.