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Autore: MaCk_a    01/02/2015    8 recensioni
Nel 1910, Virginia Gaetani ha diciassette anni. Fanciulla dalla natura vivace e allegra, si ritrova a dover reprimere le proprie esigenze a causa dei genitori, nobili che tengono all'onore e al rispetto più che all'amore.
La storia ha inizio quando a Virginia viene annunciato che un uomo ha chiesto la sua mano.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate
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Le visite di Francesco proseguivano, sebbene il livello di conoscenza e intimità tra lui e Virginia non variasse affatto: non era mai accaduto loro di trovarsi da soli, e in presenza dei genitori o dei fratelli la ragazza si guardava bene dal mostrarsi troppo loquace; ragion per cui i loro incontri finivano con l’essere momenti di colloquio tra Francesco e i coniugi Gaetani, o tra Francesco ed Elio, e se Virginia era comunque presente fisicamente, la sua mente vagava altrove. Fin da bambina, aveva avuto la tendenza a sedere sulle poltrone più vicine alle finestre, per aver la possibilità di contemplare il paesaggio e aiutare la mente a volar via, oltre le mura di quella casa e i confini di quella città, in un mondo che non aveva nulla di quello reale e fondeva in sé le caratteristiche di tutti i luoghi che Virginia aveva conosciuto tramite i libri letti; in questo mondo la giovane viveva rocambolesche avventure che di logico e plausibile avevano ben poco e spesso, durante le assurde fantasticherie, la fanciulla non poteva fare a meno di sorridere estasiata. E Francesco, che la conosceva poco, fraintendeva i sorrisi, credendo fossero rivolti a lui, o almeno provocati da lui.

La proposta di matrimonio, comunque, non era stata ancora formulata.

“Dev’essere colpa di quella sciocca!” aveva inveito Elio, che nell’ultimo periodo appariva nervoso e suscettibile. “Non apre bocca se non per dargli l’arrivederci, è ovvio che lui non si decida! Deve temere che sposandola si condanni a una vita di silenzio!”

Virginia non aveva alzato gli occhi dal piatto, ma era tranquilla: si passò il tovagliolo sulle labbra e fece segno a un cameriere di versarle l’acqua.

“Credevo che la mia famiglia mi volesse silenziosa”, ammise in tutta sincerità.

“Silenziosa non vuol dire muta!” replicò il fratello, prima che chiunque altro potesse reagire. “Ti reca troppo fastidio partecipare a una conversazione?

Possibile che non esista un argomento in grado di interessarti?”

La ragazza aveva alzato gli occhi. “Evidentemente”.

“Forse dovremmo chiedere alla servitù” aveva ironizzato Elio, sorridendo al padre che sedeva a capotavola, accanto a lui. “Pare che con loro parli, non è che così? Allora, questa rispettabile signorina potrebbe dirci di cosa ami discorrere la nostra cara Virginia?”.

Virginia si era irrigidita. La rispettabile signorina era Silvia, che in quel momento stava servendo a tavola; e Virginia non voleva che Silvia fosse in qualche modo danneggiata a causa sua, né che venisse coinvolta in questioni spiacevoli o imbarazzanti. Dal canto suo, la cameriera non aveva reagito; con i begli occhi chiari rivolti unicamente alle portate, rimaneva in austero silenzio, ma l’apparente tranquillità era stata distrutta quando Elio, insoddisfatto, le aveva afferrato il polso con forza, ricordandole che bisognava sempre rispondere alla domanda di un padrone.

“Elio, lasciala!”

Virginia, sbattendo le mani sulla tavola, si era alzata in piedi. “Sei in collera con me: continua a turbare me, dunque! Non sfogarti su persone che nulla hanno fatto per contrariarti! Vuoi che parli a quell’uomo? Lo farò, se ciò può bastare a concludere questa assurda discussione!”

“Virginia, sei pregata di sederti”, l’aveva esortata il padre con voce pacata ma fredda, e la ragazza aveva obbedito, mentre Elio, un sorriso strafottente sul volto, aveva lasciato il polso di Silvia.

“Dunque, ora sappiamo come incoraggiare il nostro angelo al decoro e all’ubbidienza; è sufficiente minacciare le sue preziose amicizie”.

Quella sera Virginia non aveva risposto ad altre provocazioni, ma l’immagine dell’amica toccata dal fratello l’aveva turbata enormemente e, quando Francesco tornò a farle visita, fece del suo meglio per prestare attenzione a ogni singola parola del ragazzo, sperando che questi affrontasse argomenti meno noiosi del solito. In effetti, il suo futuro sposo (continuava a pensare a lui in questi termini, sebbene ancora non fossero ufficialmente fidanzati) aveva parlato della sua famiglia d’origine, che stando alle sue parole era molto numerosa, e Virginia si ritrovò a provare una sincera curiosità per quella che, forse, sarebbe divenuta anche la sua famiglia. Francesco aveva molti fratelli minori, e il più piccolo di loro aveva poco meno di dieci anni; “mi piacerebbe molto conoscerlo”, aveva quietamente affermato la ragazza, creando nell’uomo un certo stupore: era quasi un privilegio poter udire la voce di quella creatura.

“Lo conoscerai di certo”, le aveva risposto con dolcezza, per poi avventurarsi nella descrizione dettagliata di ogni giovane De Martino, divertendo Virginia con i racconti delle varie marachelle combinate da uno o dall’altro ragazzino.

L’atmosfera era stranamente piacevole: Virginia si stava sentendo, per la prima volta, in affinità con quello che fino ad allora aveva considerato quasi uno sconosciuto; e persino la presenza di Elio la turbava poco, poiché anche questi pareva soddisfatto dal quadretto idilliaco che si era venuto a creare. Poi, però, Francesco aveva concluso il discorso con un “Prego Dio che mi risparmi dall’avere marmocchi come quelli. Non sopporto i bambini”.

Per Virginia era stato un fulmine a ciel sereno.

“Dunque non vorreste avere figli?”

“Sì, certo che ne voglio! Non mi sposerei, altrimenti… ma uno, due al massimo”.

La ragazza aveva sbattuto le palpebre, perplessa e, soprattutto, delusa. Aveva sempre adorato i bambini, e l’idea del matrimonio la allettava soprattutto perché sperava di diventar madre di decine di bambini che avrebbe educato con amore e rispetto, facendoli crescere in assoluta libertà. Come madre, avrebbe dato ai propri figli ciò che sua madre non aveva dato a lei; e la voglia di donare era tanto grande da farle desiderare di avere molti, moltissimi bambini da cullare, coccolare e viziare.

“Io ne vorrei molti, invece”, aveva affermato con sicurezza, rendendosi conto troppo tardi che, forse, sarebbe stato più cortese (e saggio) tacere.

Elio aveva aggrottato le sopracciglia; Francesco, un po’ imbarazzato, abbozzava un sorriso.

“È ovvio che, se la nostra frequentazione proseguirà, uno di noi dovrà cedere”.

… e quella dovrei essere io, pensò Virginia.
 
***
 
“Lasciami immediatamente, Elio!”

Le proteste erano tanto appassionate da spaventare chiunque udisse la voce della ragazza; Anna aveva abbandonato il proprio lavoro per correre a vedere cosa diavolo stesse accadendo, e l’immagine che si era trovata davanti non le era piaciuta affatto: Elio teneva stretto il polso della sorella, e la trascinava con forza lungo il corridoio.

“Signore!”

“Apri le porte della sala, Anna! Questa screanzata avrà quel che si merita!”

Dopo aver gettato una rapida occhiata a Virginia, troppo intenta a cercare di liberarsi per prestarle attenzione, Anna aveva obbedito ad Elio: i coniugi Gaetani erano nella stanza, seduti a un tavolino, occupati l’una a ricamare, l’altro a fumare una pipa. La donna si chinò lievemente prima di lasciar entrare i due fratelli, e si posizionò in un angolo, decisa a proteggere, per quanto possibile, la ragazza.

Il signor Gaetani si era alzato, già stanco. “Posso sapere cosa sta accadendo?”

Elio liberò dalla presa sua sorella, lasciandole sulla pelle candida un’impronta delle proprie dita.

“Questa ragazzina indegna ha turbato il suo pretendente con discorsi ai limiti della decenza; ha rivelato in sua presenza una natura egoista e lussuriosa, e questo mi riempie enormemente di vergogna!”

Anna, come Virginia, aveva in volto un’espressione di puro sgomento. La ragazza era tanto sconvolta da non riuscire a parlare; era abituata a essere accusata ingiustamente, ma di solito le accuse avevano un piccolo fondo di verità; che la si accusasse di lussuria, ora, era assolutamente assurdo, anche perché tutto ciò che poteva riguardare quell’argomento le era completamente ignoto.

“Non hai nulla da dire, Virginia?”

La voce della signora Gaetani aveva risvegliato la fanciulla dall’oblio dei propri pensieri: guardò Elio, contrariata, poi i suoi genitori, poi ancora Elio. “E cosa dovrebbe dire, questa sciagurata?”, aveva aggiunto questi, creando nella ragazza un senso di nausea.

“Come puoi affermare tali sciocchezze?” aveva sussurrato, incredula. “Cos’avrei detto di inappropriato o volgare?”

Elio aveva scrutato nei suoi occhi per qualche istante, in silenzio, ma quando aveva risposto non stava più guardando lei.

“Padre... madre… vostra figlia ha affermato di non veder l’ora di concepire decine e decine di bambini”

I signori Gaetani erano impalliditi, e anche Virginia. “Non è vero!” aveva esclamato, indignata; “non ho detto questo!”

“Madre, dovete credermi!” aveva implorato, sovrastando Elio che continuava ad accusarla, “le mie parole erano diverse! Ho detto di desiderare dei bambini, è vero, ma perché il signor De Martino aveva appena affermato di non volerne! E che senso ha sposare un uomo, se non è intenzionato ad avere una famiglia? E cosa c’è di volgare nel desiderare molti figli?”

Anna, triste, aveva lasciato la stanza. Aveva già visto troppo.

“Anche lui condivide il mio punto di vista, in realtà”, aveva proseguito indicando il fratello, “o si sarebbe già sposato!”

Il barone, a questo punto, era intervenuto, per evitare che la figlia entrasse in un argomento ormai divenuto quasi proibito. “Basta così”, aveva sentenziato. “Credo che effettivamente vi sia stato un malinteso: Virginia non aveva cattive intenzioni”

La ragazza aveva aperto la bocca pronta a ribattere, ma poi si era dovuta fermare, stranita: davvero suo padre l’aveva difesa?

“A volte capita, Elio, che persone con molta esperienza, come te e me, scorgano in ogni frase i significati più nascosti; occorre tuttavia ricordare, figliolo, che al mondo esistono anche persone ingenue come tua sorella. Non parlare, so cosa vuoi dire: non è una fanciulla perfetta, ma è innocente, di questo sono certo. Dimentichiamo tutto: parlerò io con Francesco, se sarà necessario; ma non credo servirà”.
 
*****
 
Quella giornata era stata turbolenta per Virginia, che ora non riusciva a tranquillizzarsi: se da un lato era felice perché il padre le aveva dimostrato una sottospecie di affetto, dall’altra si sentiva turbata da un pensiero che, fino ad allora, non aveva mai accarezzato.

Vivendo in una quasi totale solitudine e conoscendo poco l’universo maschile, la ragazza non aveva riflettuto molto sulle relazioni tra uomini e donne: le era capitato di fantasticare leggendo alcune storie romantiche, ma la sua immaginazione si era sempre limitata agli aspetti platonici dell’amore, tralasciando completamente quelli pratici.

Che esistesse un tipo d’amore detto carnale lo sapeva, ma non sapeva in cosa consistesse esattamente; una volta aveva parlato con una suora, e questa le aveva spiegato che l’unione tra uomo e donna era necessaria ai fini della riproduzione, ma doveva avvenire solo tra persone sposate, e solo per procreare, appunto, o sarebbe stata condannata dalla Chiesa. Ciò che non le aveva spiegato, però, era come avvenisse questa unione.

Essendo una ragazza particolarmente intelligente e istruita, Virginia si era spesso segretamente vergognata di quella sua lacuna e, per consolarsi, si era detta che l’ignoranza in materia non avrebbe recato grossi danni finché fosse stata nubile. Ora, però, la prospettiva di un matrimonio diveniva sempre più vicina, e lei temeva di ritrovarsi ad affrontare situazioni che non era pronta a fronteggiare. Cosa avrebbero fatto, lei e Francesco, la prima notte di nozze? Sarebbero entrati nello stesso letto – questo l’aveva capito – ma, dentro quel letto, cosa sarebbe accaduto?

“Anna, dovrei chiederti una cosa”, sussurrò esitante, mentre la donna le spazzolava i capelli. “Ma non voglio che tu mi fraintenda; non devi ritenermi sfacciata! Vedi, non so a chi rivolgermi, e non… non posso sposarmi se non scopro prima questa cosa…”

Anna si era fermata, e inarcava un sopracciglio.

“Anna, cosa dovremo fare io e Francesco… la notte? Intendo dire, la prima notte di nozze?”

Una sonora risata aveva riempito la stanza, creando malcontento nella ragazza.

“Oh, smettila!” aveva obiettato, “E non farti sentire, o si insospettiranno!”

Anna allora si era asciugata una lacrima e, ancora ridendo e scuotendo la testa, aveva preso posto sul letto della baronessina.

“Che il Signore m’assista! Anche questa mi doveva capitare!”
 


Virginia aveva ascoltato con attenzione le spiegazioni della donna, arrossendo a ogni momento, anche perché Anna non era abituata a usare eufemismi e aveva sottoposto alle orecchie della giovane la descrizione più cruda che potesse esser formulata sul rapporto sessuale.
Quando la cameriera si era interrotta, Virginia le si era avvicinata, andando a prender posto sulle sue gambe: Anna era una donna robusta, e toccarla e abbracciarla era un piacere per lei, come per Silvia: sembrava di affondare in un’immensità di tenerezza

“Ma Anna, è mostruoso… che schifo!” aveva esclamato con sincerità, ridendo. I commenti erano stati molteplici, nessuno entusiasta, per la verità, e Anna aveva appreso (con un po’ di preoccupazione) che davvero quel Francesco De Martino non era riuscito a creare desideri di alcun tipo nella dolce fanciulla.

“Ah, non farai tante storie quando lo vedrai nudo, stanne certa!” aveva sdrammatizzato infine, dando alla ragazzina una pacca sul sedere che la fece ridere ancora.

“Va’ a dormire, ora, e non pensare troppo a quello che farete, o va a finire che tuo fratello ti legge nel pensiero e poi chi se lo sente…”
  
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