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Autore: fra_atlas    03/02/2015    6 recensioni
[everlark♥] [post-mockingjay]
Era da molto tempo, moltissimo tempo che non ti sentivo ridere. E di te, Peeta, mi è mancato anche il sorriso. Quel sorriso che m’inonda e mi culla, che rimane impresso nella mia testa e mi scalda le membra.
Ora è la sua voce roca e decisa a riportarmi indietro e... ho paura.
-Tu mi ami. Vero o falso?-
-Vero.- dico senza riflettere neppure un secondo, senza un attimo pensarci.
Butto fuori quella parola, una sola parola che racchiude tutto. Racchiude tutte le lacrime che ho versato quando lui non era accanto a me, racchiude i baci che ogni notte mettevano a tacere i miei incubi, le nostre parole sussurrate tra le lenzuola sfatte, tutto quello che abbiamo condiviso e che credo sia amore.
Perché se amare significa soffrire tanto per la lontananza di qualcuno, non poterne fare a meno; se significa sentirsi parte di quella persona, sentire che il suo sorriso è anche il tuo e i suoi occhi vedono come i tuoi... allora credo di averlo provato. E ora ne sono sicura, Peeta è amore.
Genere: Drammatico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!
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Crash


 

Peeta’s POV



I mesi volano via e tutto qui è colorato e luminoso come mai prima. Se non fosse per le cicatrici orribili che ci marchiano e quel grande prato, quella catacomba che siamo costretti a vedere ogni giorno a causa della sua immensità e di tutte le ossa che contiene; ci giurerei, qui non è accaduto nulla di brutto. Ma per una volta in tutti questi anni posso finalmente dimenticare, o almeno provarci, perché tutta questa luce riesce quasi ad accecare anche il passato e illumina ogni notte di questo presente.

-La mia pancia è enorme! Anzi, sono enorme!- sbuffa Katniss al mio fianco davanti al grande specchio in camera da letto.

Rido di gusto. In questo periodo a volte proprio non la riconosco; la mia Katniss non si lamenterebbe mai di una cosa del genere, di una cosa tanto futile. Poi, il più delle volte è così: si guarda allo specchio e sorride accarezzandosi il ventre di ormai sei mesi. Ma la Katniss incinta, quella che a volte risulta addirittura isterica, non fa altro che farmi ridere con pensieri ridicoli ed inusuali che hanno il più delle volte a che fare con la sua “enorme” pancia. Eppure, lei sa quanto amo il suo pancione; sa quanto amo ascoltare il rumore, quella musica acquosa che sicuramente immagino che quel pesciolino produce muovendosi. Sa che amo baciarlo, toccarlo, bagnarlo di lacrime dopo un incubo suo o mio, dopo aver sentito nostro figlio scalciare.

-Sei bellissima, amore...- le sussurro all’orecchio acchiappandola dai fianchi e guardandola allo specchio.
Siamo diffusi entrambi in quel riflesso di ferite ricucite più volte, bruciature indelebili e una strana felicità.

Le bacio l’orecchio, scendendo poi con lentezza ad inumidirle la mascella poco accentuata e infine lambisco il collo morbido. Lei si lascia plasmare dalle mie mani che ora accarezzano la sua pancia mentre il suo capo si reclina da un lato e le mie labbra acquistano il pieno controllo di quella pelle tiepida. Sento il suo respiro aumentare, piccoli sospiri alleggiano nell’aria carica di una passione che è da troppo che reprimiamo e sento che ora vorrei solo spingerla sulle lenzuola di quel colore verde pastello che tanto le piace e farla mia. Fare l’amore con lei senza pensare a nulla, senza staccare neppure un secondo le mie iridi dalle sue color tempesta, entrando in lei dolcemente perché è così che deve essere ed è così che tocchiamo il cielo. La sento girarsi verso di me e le sue labbra sorridenti mi baciano. Sento i suoi denti perfetti scontrarsi con i miei creando un ticchettio dolce mentre prendono tra di loro il mio labbro inferiore. Gemo dalla sorpresa.

-Sai che non sopporto quando mi chiami amore...-

Rido sulle sue labbra mentre con una forza e una voglia implacabile mi fa cadere sulle lenzuola.

 

§§§

 

Io non riesco a capire; perché in un attimo tutto è perfetto e poi l’attimo dopo ogni cosa è distrutta?                                                            

Ci basta davvero così poco a cambiare ogni cosa? Un solo sguardo, un solo gesto, una singola scelta...

Il problema di tutto questo è però un altro. Noi non siamo stati distrutti da niente di tutto questo. Nulla di innocente o normale, di neppure lontanamente simile a quello che ogni umano può concepire.

Siamo stati distrutti da quello che siamo, ci siamo distrutti a vicenda.

E senza accorgercene, senza preavviso ci è caduto il mondo addosso e io non riesco che a pensare a tutto quello che è successo. Accarezzo le mani di Katniss, sotto le cui unghie è ancora incrostato del sangue e ripenso a tutto; ogni dettaglio per quanto terribile, a ogni sensazione per quanto dolorosa.

Ormai era una normalità, per me, sentirla muoversi agitata nel sonno. Gli incubi c’erano ancora, nonostante tutto e anche se non me li raccontava mai ero sicuro avessero a che fare con nostro figlio, con la mietitura, con quegli infernali giochi. Urlava certe volte, ma raramente, soffocando i lamenti col cuscino, mordendo il tessuto candido. Il più delle volte però era il solo corpo a muoversi agitato in preda a convulsioni spaventose. Avevo paura delle notti ma mai come questa. Mai sono stato inorridito a tal punto, la visione peggiore di sempre; peggiore del suo viso deformato sotto le sembianze di quello di un ibrido, peggiore del suo corpo martoriato dalle ferite negli Hunger Games.

Quella notte, sentendola muoversi sul mio petto nudo mi ero svegliato, avevo guardato l’ora. La sveglia rischiarata dalla luna segnava le 2.44 e il viso di Katniss mostrava un espressione addolorata che come un artiglio conficcato nella carne brucia. Le sue dita erano sul suo pancione e non avevano nulla di dolce o amorevole in ciò che facevano. Preso dal panico ho iniziato a scuoterla, svegliandola sarebbe cambiato sicuramente tutto. Non poteva essere davvero conscia di ciò che stava facendo, non poteva essere davvero lei a farsi del male, a fare del male a nostro figlio. Iniziai a scuoterla per le spalle e quando i suoi occhi si aprirono mi crollò il mondo addosso. Erano gli occhi di chi è perso, in un mondo di oscuri pensieri e ricordi sanguinosi. Degli occhi tanto simili ai miei scuri, a quelli di una persona persa; Katniss soffre e nasconde tutto dentro. E io mi chiedo ancora come sia possibile che dopo anni di convivenza, lotte contro noi stessi e contro il nostro terribile passato siamo ancora qui: a soffrire e farci male, nasconderci senza riuscire a parlare, a distogliere lo sguardo senza mai smettere di amare. E continua a graffiarsi la pancia mentre gli occhi le si riempiono di lacrime. E il loro colore sembra spento ed ho paura. Se accendessi la luce forse li troverei così tanto vuoti che mi prosciugherebbero da dentro e rimarrei un inutile involucro vuoto.

-Abbiamo sbagliato tutto...- risento ancora la sua voce rimbombarmi nelle orecchie mentre quelle parole si facevano strada dentro di me. E laceravano, come sale sulle ferite aperte.

-C-cosa...- la voce mi spezzerebbe ancora ora, al solo pensiero.

Poi dopo è stato tutto un susseguirsi di parole roventi e dolorose che stavano pian piano distruggendo tutto, e io non volevo essere distrutto irrimediabilmente da tutto quello. Cercavo di fermare le sue mani che continuavano a graffiarsi e vedevo i segni rossi sulla sua pelle olivastra e pensavo a quell’esserino dentro di lei; ma soprattutto a lei...

Come si sarebbe sentita quando avrebbe visto quei segni rossi sopra la sua pelle?                                                                                      

Perché lo sapevo, lei non poteva davvero essere lucida in quel momento.

-E’ un errore!- aveva urlato indicandosi con un dito tremante la pancia.

Dolore, solo dolore a quelle parole. E nausea...

Non la riconoscevo. Quasi pensavo che dentro di lei esistesse davvero quell’ibrido di cui tanto avevo immaginato. Avevo paura, paura di perdere la ragione proprio come era successo a lei. E piangevo, ero impotente e disperato perché mai mi sarei aspettato una cosa simile, mai.

-Come vivrà nostro figlio? Cosa potremo dargli? Potrebbe venir mietuto...- continuava a ripetere cose assurde e le parole le morivano in gola in singhiozzi forti. Se lacrime le ricadevano sulle labbra ed il suo viso era deformato dal dolore.

Erano stati gli incubi?  Quella serie di immagini che le avevano invaso ogni fibra di corpo, ogni nervo e tessuto ed ora giacevano dentro di lei? Fu l’unico pensiero coerente che riuscii a formulare, doveva essere così. Doveva essere per quel fatto assurdo secondo il quale lei si tiene ogni cosa spiacevole dentro e tutto ciò che ha all’interno preme fortissimo. Vuole uscire.

L’avevo stretta forte tra le mie braccia, sussurrandole parole all’orecchio. Parole che non ricordo mentre il mio cuore era ormai cristalli sul pavimento sottostante. Nell’impeto le avevo afferrato quasi brutalmente i polsi magri e glieli avevo stretti perché potesse smettere e capire l’orrore che stava commettendo. Ai miei occhi appariva quasi come un delitto. Le sue mani erano ghiacciate e le sue unghie avevano portato via pelle e sangue. L’avevo spinta verso il letto e l’avevo sommersa quasi con il mio peso, l’avevo abbracciata fortissimo e lei continuava nella sua danza. Il suo corpo andava quasi a ritmo col suo dolore. Prima un tremolio, poi uno spasmo nel bel mezzo del pezzo infine un sospiro, sporcato dall’insicurezza...

 

-Chiami il dottor Aurelius...- queste le parole del medico in questo istante, mi riportano alla realtà. Alla pelle calda di Katniss ed alle sue occhiaie violacee sotto le palpebre celate.

Sì, per questa volta non affronteremo tutto da soli. 

 


 
Angolo autrice
Premetto che mi vergogno moltissimo per questo ritardo mostruoso e vi capirò se la storia non sarà apprezzata come prima... io stessa non la amo più come una volta e nulla, avrei tante di quelle altre idee in testa per altre ff che inizio a scarabbocchiarle e... questa non mi prende più. Ma se sono qui, sono qui per voi (: ed è per questo che, nonostante tutto spero in qualche recensione, lo spero davvero
Grazie a tutti d'esserci, Fra


 

 

 

  
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