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Autore: Elle Douglas    05/02/2015    1 recensioni
Cosa succederebbe se nella vita di Killian Jones, d’improvviso, tornasse il suo vero primo amore?
No, non Milah, ma qualcuno di ancora più profondo, celato, intimo e nascosto che sapeva fosse morto per sempre? Come reagirebbe Killian? Ed Emma, che ormai sembra aver trovato l’amore? Chi sceglierebbe arrivato a quel punto?
Come cambierà la storia? E quanto scopriremo di più su quest’uomo?
Scopriremo che c’è ben altro dietro Killian Jones, c’è un'altra storia nascosta e non ancora raccontata di un uomo che ha perso tutto e che più di tutti ha perso qualcosa di profondo che credeva irrecuperabile.
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‘I suoi occhi verdi, verdissimi come lo smeraldo sono dentro ai suoi, e per un attimo una lacrima gli scorre su quel viso etereo.
Quante volte aveva pianto credendola persa? Quante volte si era pentito di averle dato quella scelta? Quante volte avrebbe voluto tornare indietro e cercarla, salvarla?
Ed ora era lì davanti a lui.
Vera, viva ma prigioniera.’
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La storia inizia con gli avvenimenti della 3x17, tutto il resto è una mia idea.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I thought I'd lost you forever'
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CAPITOLO XV
 
Esmeralda si senti catturata da quell’ombra e voleva scoprirne di più.
Piegò la testa di lato e affinò la vista per vedere chi si celasse in quella penombra. Quella voce era del tutto sconosciuta e nuova per lei, eppure qualcosa nel suo animo le indicava che non era così lontana, quella voce continuava ad ispirarle fiducia e poteva ben dire che le fosse quasi famigliare.
‘Esmeralda, sei tu?’, continuò quello avvicinandosi mesto a lei, con passo lento e misurato analizzando le circostanze.
Voleva accertarsi che non fosse un illusione, che ciò che aveva di fronte fosse vero e tangibile perciò camminava sicuro verso di lei.
Killian scattò sulla difensiva, non sapeva chi si celasse in quell’oscurità e, per quanto lo riguardava poteva essere chiunque. Temeva per lei.
Chi era quell’uomo che avanzava verso di loro cercando la ragazza che gli era accanto? Come faceva poi a conoscerla? E se fosse stato quell’uomo di cui gli aveva parlato? Quel soldato francese che l’aveva tenuta prigioniera per anni? Strinse ancor più saldamente la sua mano e le si parò davanti pronto a qualsiasi sorpresa. Pronto a difenderla, pronto a qualsiasi cosa per lei.
Nessuno le avrebbe fatto del male.
Esmeralda, dal canto suo, continuava ad esaminare curiosa la sagoma aspettando che si facesse vedere, che uscisse dall’oscurità e si concretizzasse di fronte ai suoi occhi.
Appena un passo e l’uomo, che non faceva altro che fissarla, si mostrò di fronte ai loro occhi.
Era un uomo alto, dalla pelle bronzea, scura. Pur vestito con abiti pesanti, data la temperatura, si poteva percepire quanto i suoi muscoli fossero abbastanza evidenti e affusolati al di sotto degli indumenti e i suoi occhi neri e calorosi, leggermente infossati, furono quelli che più di tutti colpirono Esmeralda facendola sospirare.
Quegli occhi. Quegli stessi occhi erano impressi nella sua mente, ma era tanto, troppo tempo prima che li aveva visti di fronte ai suoi e… No. Non poteva essere, continuava a ripetersi. Non era possibile.
Poi i tratti dell’uomo s’indurirono lasciando posto al disprezzo.
‘Questo sporco pirata ti tiene ancora prigioniera?!’ eruppe fissando Killian con gli occhi quasi iniettati di sangue, pronto a scattare contro di lui.
Esmeralda avvertì il pericolo che incombeva e spostò Killian da davanti a sé e invertì i ruoli: Ora era lei ad essergli davanti, quasi a proteggerlo, anche se Killian non mollava la presa ed era lì sempre pronto a qualsiasi possibilità. Diffidava ancora di quell’uomo e il suo sguardo nei suoi confronti non fu placido.
‘Lui non mi tiene affatto prigioniera, ma tu.. come sai queste cose? Che significa quell’ancora prigioniera? Chi sei?’ domandò Esmeralda a pochi passi da lui.
Ora che la vedeva meglio costui non poteva fare a meno di sorridere: era esattamente come la ricordava. Forse un po’ cresciuta, un po’ più matura ma la ragazza che aveva di fronte ai suoi occhi era esattamente la stessa che ricordava, esattamente la stessa ragazza che durante gli anni gli aveva fatto da guida, e che non aveva smesso di pensare nemmeno per un attimo. La speranza di ritrovarla, anche se impossibile, era sempre stata lì, in fondo al suo cuore a incoraggiarlo e a portarlo avanti. Nemmeno la sua immaginazione riusciva a rendere giustizia a ciò che era davvero, constatò.
‘E’ passato tantissimo tempo, e non pretendo che tu possa ricordarti di me: ero molto diverso da ora. Ma tu, tu sei esattamente identica a come ti ricordo. Tu sei ancora tu. Forse un po’ più matura, più donna ma posso rivederti esattamente come l’immagine che porto nella mia mente.’
La fanciulla lo scrutò nuovamente, in cerca di quel qualcosa, di quel dettaglio, che le facesse capire dove l’avesse incontrato prima e chi fosse. Aveva un viso famigliare certo, ma nella sua mente e nei suoi ricordi il volto non riemergeva, piuttosto erano i suoi occhi a dirle qualcosa, a farla sentire in un certo modo. A riportarla indietro, ma indietro dove? Di nuovo quell’idea le balenò in mente.
Possibile che fosse… ma come poteva essere possibile?
Il suo viso era piuttosto attraente e regolare, e la sua pelle dava l’impressione di essere molto liscia e levigata con zigomi sporgenti e con il mento un po' arrotondato simile a quello di bambino. I suoi occhi erano scuri come la pece e lo stesso poteva dirsi dei capelli, leggermente lunghi e mossi. Ogni particolare di quell’essere era come un richiamo, anche se Esmeralda non lo intendeva appieno.
‘Prova a cercare in te stessa. Sai in cuor tuo di conoscermi, lo sento, e io conosco te da prima che… quel pirata’, pronunciò a denti stretti, sforzandosi. ‘ti rapisse.’
‘Non conoscevo molte persone prima di allora. Mio padre non mi lasciava frequentare bambini o ragazzi dell’altro sesso, a meno che non lo volesse mio padre, e avevo da badare a miei fratelli in casa.’, osservò lei lasciando la presa di Killian per avvicinarsi ancora di più.
‘Non ci siamo mai visti fuori da quelle quattro mura Esmeralda. Ricordo ancora quando in casa eravamo soli perché la mamma era in locanda a racimolare qualcosa per noi e il papà era fuori chissà dove, mentre tu, tu eri sempre lì con noi a raccontarci storie, a prenderti cura di noi, a tranquillizzarci e a tenerci a bada.’
Il cuore di Esmeralda iniziò a sussultare e i suoi occhi iniziarono a riempirsi di lacrime offuscandole la vista.
Non poteva essere. Continuava a ripetersi incredula.
‘Tu non puoi essere…’ sussurrò incapace di crederci davvero e spezzandosi su quell’ultima parola. Su quel nome.
‘…Raymund.’, continuò il ragazzo anche lui visibilmente provato.
Esmeralda si sentii mancare la terra sotto i piedi a quel nome.
Ecco perché insistentemente lo percepiva come un volto famigliare, ecco perché sin dal primo momento gli era sembrato di conoscerlo. Lui era Raymond, il suo dolce e piccolo Ray, il suo fratello più piccolo.
Lo aveva lasciato che era poco più di un bambino quando tutto avvenne senza la minima possibilità di salutarlo o di dirgli addio e ora lo aveva dinanzi a sé, cresciuto. Era un uomo e lei non aveva visto un solo passo di tutto ciò che era successo nel frattempo. Lo aveva creduto chissà dove e invece eccolo, lì davanti a lei ed era ormai un uomo capace di sollevarla a metri da terra come stava facendo.
Esmeralda si ritrovò nel suo abbraccio e pianse, ed era un misto di gioia unito al dolore per ciò che aveva perso nei secoli. E lui con lei non poteva che fare lo stesso.
Le lacrime solcarono le guance di entrambi in quel ritrovo così inaspettato e insperato.
‘Mi sei mancata così tanto Esmeralda. Non c’è stato giorno in cui non ti abbia pensata, in cui non ti abbia invocata. Tutti in paese avevano detto che eri morta in mare per mano del pirata e io non volevo fare altro che trovarlo per fargli fare la stessa fine.’, disse con la rabbia che gli montava in corpo al ricordo di quei pensieri fissando Killian truce.
Killian era rimasto lì ad assistere a quella scena un po’ sulle sue, distaccato. Quasi pensieroso ma non voleva andarsene da lei.
‘Oh’, esclamò la ragazza mentre veniva messa giù. ‘E’ stato tutto un gran malinteso che si è diffuso negli anni a causa di una… donna che era sulla nave con noi, ma non è vero. Insomma guardami, sono qui!’, affermò asciugandosi le lacrime con il dorso della mano e sfoggiando un enorme sorriso. ‘E lui’, disse indicando Killian dietro di lei. ‘Non mi ha mai fatto alcun male.’dichiarò al fratello facendo avvicinare il pirata. ‘Se sono ancora qui dopotutto è anche merito suo.’
Il fratello lo squadrò ancora con aria dura.
‘Si sono sentite altre storie in giro.’ Non mollava.
‘.. che non rispecchiano i fatti. Anche su di voi, quando sono tornata al villaggio…’
Ray strabuzzò gli occhi interrompendola. ‘Sei tornata al nostro villaggio?’.
‘E’ stato un sacco di anni fa, ed un uomo lì mi disse che la Regina vi aveva catturato radendo al suolo la nostra casa e non ho saputo per anni che fine aveste fatto. Tu, mamma, George. Pensavo foste morti e così mi avevano detto –‘.
Killian era inquieto in quella situazione, qualcosa dentro di lui lo rendeva alquanto nervoso e non riusciva a star completamente fermo. Doveva sbollirsi.
‘Vedo che avete un sacco di cose da dirvi, perciò è meglio che vada.’, l’arrestò il pirata nel bel mezzo del discorso avviandosi oltre la strada con un cenno del capo.
Esmeralda lo bloccò prendendolo per il polso e avvicinandosi a lui.
‘Dopo ritorni qui, vero?’, gli chiese quasi implorante.
Lui di rimando le dedicò un sorriso debole. ‘Certo. Vado solo a fare quattro passi per darvi modo di raccontarvi l’un l’altro, dopo sarò qui con te.’
 
 
Killian iniziò ad incamminarsi in tutto fretta appena fuori dalla portata di Esmeralda.
Era agitato, nervoso e non sapeva bene come reagire ora in una tale situazione. Come aveva potuto credere di non saperlo? Era chiaro dalla notte dei tempi che sarebbe accaduto prima o poi e poteva dirsi fortunato forse al pensiero che fosse passato così tanto tempo da allora? Non pensava che sarebbe mai successo, tutto qui.
Tutto nella sua mente non si era mai avvicinato alla verità dei fatti. La verità viene sempre a galla e peccato che questa volta quella verità includeva qualcuno che amava oltre che lui stesso.
‘Lo so che sei qui dentro! Apri, dobbiamo parlare. Adesso!’, incitò il pirata sempre più burrascoso picchiando sulla porta di una casa nascosta nell’estrema vegetazione.
Una voce debole e quasi assonnata si senti tuonare oltre la porta seguita da passi pesanti che le andavano incontro.
‘Di un po’ Killian, è questa l’ora di presentarti per una visita? Non ti sembra un po’ tardi?’. Fece la donna appoggiata alla porta ancora intenta a risvegliarsi del tutto.
‘Mi dispiace aver disturbato il tuo tenero riposo cara, ma ciò che sarà da qui a poco ti avrebbe sconvolta comunque’. Blaterò Killian entrando nella casa senza attendere consenso alcuno.
Quella spalancò gli occhi, più sveglia ora.
‘Perché cosa succederà da qui a poco?’, chiese la donna intimorita allacciandosi meglio la vestaglia.
Killian si voltò verso di lei, livido in volto.
‘Esmeralda ha incontrato Raymond.’ Buttò lì, senza troppi giri di parole. Diretto come sempre.
La donna incontrò il suo sguardo atterrita.
‘No, non è vero..’, cercò di convincersi.
‘Oh, è verissimo. Ero con lei quando lui l’ha riconosciuta e le si è avvicinato.’ Dichiarò il pirata seguito da un sorriso beffardo.
A quelle parole la donna cadde in uno stato catatonico. Andava su e giù per quel salone cercando di pensare ad una soluzione che non le nuocesse. Che non la implicasse in quel quadro che andava delineandosi.
‘Questo non vuol dire che verranno qui. Avrò il tempo per andarmene, per fuggire via. Lei non mi troverà, non saprà mai nulla.’ I suoi occhi saltarono su Killian in maniera delirante.
Di fronte a quell’evenienza lei iniziava ad impazzire.
Fino a qualche tempo prima se le veniva posta la possibilità lei la dava per scontata. Esmeralda non sarebbe mai arrivata a lei, era lontana dopotutto, e per quel che ne sapeva era morta, ma ora che quel pericolo era ad un passo da lei e iniziava a tremare come una foglia in inverno.
Stava rischiando di cadere trascinando giù con sé tutto ciò che era stato e tutto ciò che aveva costruito.
Killian le andò vicino e le strattonò un braccio portandosela davanti.
‘Quante probabilità ci sono che lui non la porti qui stasera stessa eh? Vive con te, le ha provato che è vivo e anche lei lo è. Le parlerà di te, e conoscendo Esmeralda non farà passare un minuto prima che piombi qui. E pur volendo fuggire non potresti andare da nessuna parte: siamo bloccati qui in città da un enorme muro di ghiaccio.’
I suoi occhi ora erano completamente vuoti.
‘Allora è la fine. E’ la fine.’ Continuò a blaterare cadendo sulla sedia lì accanto.
Ansimava. Le sembrò che la stanza volesse soffocarla.
Killian ruotò gli occhi e sbuffò a quella mancanza di inventiva e programmazione che la donna potesse avere.
‘L’unica cosa è dirle la verità. Anche se tutto questo include anche me, anche se potrà andare su tutte le furie..’.
La donna non accettò quella soluzione.
‘Giammai! Ho costruito una vita intorno a tutto questo e mai nella vita avrei voluto questa fine. Lei non doveva sapere nulla di me, e se tu ci tieni ad essere sincero con lei su tutto, non macchiare anche me! Non ti lascerò portarmi a fondo nella tua storiella!’ urlò con voce straziata.
Un pugno batté forte sul tavolo facendolo tremare.
‘Se non fosse stato per te, ora io non mi troverei in questa situazione con lei quindi non chiedermi di non includerti per non macchiarti! Sei stata tu a volere tutto questo e tu dovrai pagarne le conseguenze!’ sbraitò.
‘Quindi è per questo che sei venuto qui ora? Per farmi cadere nel baratro? E’ questo che vuoi?’. Stava perdendo la lucidità che la contraddistingueva.
La donna scosse il capo restia a quell’ammonimento. Era tutta colpa del pirata e di suo fratello. Erano loro ad aver rovinato tutto.
‘Ciò che voglio è tu ti prenda le tue responsabilità di dirle la verità, quella che non sei stata in grado di fare già secoli fa. Ha sofferto già troppo e non voglio che soffri ancora.’
‘Vuoi che non soffra? Dato che tieni tanto a lei, allora non diciamole nulla! Continuiamo come abbiamo sempre fatto. Lei non saprà nulla e non soffrirà nessuno.’
‘Sa che Ray è vivo, come pretendi che non scopra di te?!’ rantolò Killian.
La donna che aveva di fronte si accasciò nuovamente a quelle deduzioni. Non poteva uscirne. Non stavolta.
Stavolta doveva seguire dritta quella strada e uscirne, anche ferendosi.
Non c’era nessuna soluzione in grado di salvarla da quella situazione, e iniziò a pensare a tutte le conseguenze, a tutto ciò che aveva fatto sentendosi in colpa per la prima vera volta.
Più volte negli anni si era convinta che non fosse per colpa sua, e che era stato il destino a volere tutto ciò che aveva fatto. L’aveva fatto per una ragione che a quel tempo le era sembrata plausibile e giusta, con i danni si ci trovò faccia a faccia subito dopo. Aveva cercato di non darsi colpe per non cadere, per restare imbattibile, per non morire sotto quel peso che portava da anni, ma tutto ciò che era stato l’aveva accantonato e gettato in fondo a sé stessa per non sentirsi peggio. Per non sentirsi ancora più male di quanto già non fosse stata quando se n’era resa conto.
Ogni attimo della sua vita era una conseguenza di quella simulazione.
E ora a pochi passi da lei quel resoconto era pronto ad esserle sputato in faccia e lei non lo voleva.
‘Io vado via. Lei non può trovarmi qui. Non ora almeno, ma starò nei paraggi per evitare che ti vengano in mente decisioni malsane. E’ arrivato il momento che tu riveli tutto, ed io con te.’ Quella annuì, anche se poco convinta.
‘Devo aspettarti?’ domandò una volta che il pirata fu fuori la porta.
‘Aye. Appena dopo di lei io sarò qui’, e sparì oltre gli alberi sulla destra dandole il tempo di prepararsi. Dandosi il tempo di prepararsi a quell’imminente nuova rivelazione che avrebbe cambiato tutto.
 
Esmeralda non tardò tanto ad arrivare alla casa della donna come aveva previsto Killian. Camminava tutta esaltata ed emozionata al fianco del fratello Ray e non stava più nella pelle all’idea di incontrare la donna al di là di quella porta. Ray gliene aveva tanto parlato, e lei ancora adesso stentava a credere che fosse tutto vero. Temeva che da un momento all’altro si sarebbe svegliata e si sarebbe resa conto di aver sognato tutto.
Magari era vero: stava sognando.
‘Okay, ora voglio che ti nascondi qui dietro’, le indicò il fratello posizionandola appena dietro la casa fuori dalla vista. ‘Le prenderà un colpo quando ti vedrà.’ Disse tra sé.
Anche lui non stava più nella pelle dall’emozione e quasi, come la sorella, non ci credeva.
Esmeralda annuì cercando di trattenere quell’enorme sorriso ed emozione che la invadeva a quel pensiero. Un lungo respiro, un ultimo sguardo d’intesa con Ray e un bussare ripetuto picchiettò su quella porta. Pochi secondi e quella si spalancò.
‘Oh mio Dio Ray, ma dov’eri finito? Mi hai fatto penare così tanto. Sai cosa sta succedendo in città e tu sparisci così senza dirmi nulla? Stavo per chiamare lo sceriffo!’, disse la donna abbracciandolo, alzandosi sulla punta dei piedi dato che era molto più alto di lei.
‘Lo so, lo so e mi dispiace tanto averti fatto stare in pena, ma quando scoprirai il motivo della mia assenza prolungata capirai e ne sarai felice!’ disse Ray con un sorriso stampato in volto ispirandole la stessa fiducia che aveva in corpo e invitando Esmeralda a farsi avanti.
La donna sulla porta lo guardò vago non capendo cosa intendesse fin quando non la vide. Quando il suo volto le fu di fronte si portò una mano al petto ansimando e barcollando su se stessa quasi come se avesse visto un fantasma campeggiarle davanti. Ray corse a sorreggerla per non farla cadere, e le portò una sedia per non farla cascare.
La donna che aveva di fronte Esmeralda, portava i lunghi capelli neri in una treccia. Aveva lineamenti minuti e aggraziati , naso piccolo e zigomi alti e gli occhi, gli occhi di quel castano erano quelli che tra tutti aveva sempre ricordato e ammirato.
‘Probabilmente avrei dovuto farti sedere prima.’ Azzardò ridendo, osservando la situazione e la reazione della donna che non riusciva a riprendersi del tutto.
‘E’ impossibile che sia tu. E’ passato così tanto tempo e io… io…’ un tumulto di emozioni la prese alla sprovvista, e un nodo in gola le bloccò le parole.
‘E invece sono io, anche se è passato del tempo, anche se magari non ti sembro più io. Sono io, sono Esmeralda.’ E la fanciulla non riuscì a dire altro, corse ad abbracciarla forte perché erano secoli che non la vedeva, secoli che non si rifugiava in un suo abbraccio, che non sentiva la sua voce e secoli in cui credeva di aver anche dimenticato il calore dei suoi abbracci. E secoli in cui tutto questo le era mancato, e tutto in quel momento le sembrò un sogno. Tutto in quel momento le venne restituito.
Uno degli ennesimi sogni che negli anni erano nati come consolazione al non averla più vista.
La donna le sollevò il capo e la guardò scrutandola in ogni particolare, in ogni dettaglio, e si sentì morire nell’averla ritrovata, mentre Esmeralda non la smetteva di sorridere e piangere in quel ritrovo così inaspettato.
‘Non sei cambiata affatto, sei sempre la mia dolce e stupenda e incantevole bambina dagli occhi smeraldo che ho perso tanti secoli fa.’
‘Io, non avrei mai voluto madre. Mai nella vita avrei sognato di lasciarvi.’ Singhiozzò prendendole le mani leggermente raggrinzite e affusolate. ‘Sa avessi potuto sarei tornata da voi e dai miei fratelli. Non c’è stato momento in cui il mio pensiero non sia tornato a voi. Momento in cui non mi siate mancati.’
A quelle parole non seppe cosa rispondere, ma si limitò a guardarla.
E si ritrovarono a raccontarsi, a parlare, e a vedere che piega avevano preso le loro vite.
Esmeralda le raccontò di ciò che aveva passato, di tutto per filo e per segno, mentre la donna la guardava stranita e turbata a quegli episodi continuando a chiedersi come poteva aver fatto a sopportare tutto quello quella povera ed esile ragazza, mentre una rabbia le montò addosso nel contempo. Le raccontò di Killian, di quanto fosse stato importante per lei, e di quanto ancora continuava ad esserlo. Di quanto si era rivelato essere diverso da ciò che sapeva dei pirati e di quanto, sin dall’inizio, si assicurò che non le venisse fatto del male. Di come l’aveva protetta, del modo in cui si era preso cura di lei, e del modo in cui si era innamorata di lui e di come poi tutto era finito per mano di una subalterna che ingannò entrambi allontanandoli. 
La madre non poté fare altro che leggere negli occhi della figlia quell’eterno sentimento che la legava a quel pirata e pensò a come tutto fosse nato in maniera casuale e in cosa fosse sfociato.
Il sorriso che aveva quando parlava di lui erano direttamente proporzionale alla luce dei suoi occhi. Quella ragazza che aveva di fronte era totalmente innamorata di quello che tutti conoscevano come capitano uncino e che lei non faceva altro che chiamare Killian. ‘Io l’ho conosciuto come Killian e per me resta Killian. Nessun altro nome o derivati potrà prendere il suo posto.’
‘Così come nessun uomo.’ Aveva dedotto il fratello osservandola, poco più in là che era rimasto in ascolto per tutto il tempo contenendo le sue reazioni. Esmeralda aveva abbassato lo sguardo sulle sue mani e si era sentita avvampare in viso.
Era tutto, troppo evidente, pensò.
‘E lui sa tutto questo?’ intervenne la madre sedutale accanto.
‘Si, credo di sì, almeno.’ Rispose Esmeralda ancora più imbarazzata.
E la madre non poté fare altro che constatare che ciò che aveva di fronte era puro amore verso quell’uomo. Quello era lo stesso amore che Esmeralda aveva desiderato sin da piccola e non poté fare altro che sorridere.
‘E continua a farti star male?’ continuò imperterrito il fratello.
‘Non è come pensi, e pur essendo in questa situazione non riesco ad odiarlo. Lui tiene a me, quanto io tengo a lui. E’ semplicemente … complicato.’ Concluse prima che qualcuno iniziò a bussare in modo ripetuto alla porta della piccola casa.
Ray guardò la madre confuso. Chi poteva essere a quell’ora tarda, di notte fonda poi?
Aprii la porta di getto, ed Esmeralda restò confusa dall’immagine che le si presentò dinanzi: era Killian.
‘Cosa ci fai tu qui? Mi hai seguita?’, chiese incredula.
‘Niente di tutto ciò Esm.’ Fece Killian chiudendosi la porta alle spalle. ‘Agnese’, disse con un cenno a mo’ di saluto. Esmeralda fissò la madre che le era accanto come frastornata, poi di nuovo lui che le andava incontro.
Si alzò di scatto e cercò una spiegazione a tutto ciò che nella sua testa non riusciva a quadrare perfettamente.
‘Ti avevo chiesto di tornare da me, ma.. ma… come fai a conoscere questo posto? Mia madre?’, ora il suo sguardo si posò sulla donna che a capo chino cercava di trovare la forza necessaria a quel momento. ‘Madre lo conosci?’, domandò Esmeralda.
La verità era vicina, e Agnese non sapeva come porsi a tutto questo. Avrebbe voluto rimandare ancora una volta, ma non poteva più.
Si sfregò le mani sulle gambe in cerca di calore, d’improvviso era fredda come il ghiaccio.
‘Che succede qui, insomma?’ chiese il fratello non capendo. Killian le andò accanto pronto ad afferrarla, pronto a calmarla, pronto a stringerla tra le braccia quando sarebbe arrivato il momento, perché sarebbe arrivato.
‘Esmeralda ho bisogno di parlarti.’ Le disse Agnese rivolgendole il suo sguardo.
 
*
 
Era una giornata piuttosto calda nel regno quel giorno, il cielo era completamente limpido e privo di nuvole che occultassero le stelle. Per me, invece, era l’ennesimo giorno in taverna.
Avevo lasciato Esmeralda con i piccoli a casa a prendersi cura di loro mentre mio marito era chissà dove per l’ennesima volta, ormai era anche inutile chiedere dove andasse. La nostra vita non era delle più semplici e agiate come molte altre, e tutto ciò che facevo, tutte le decisioni che prendevo erano per dare alla nostra famiglia un po’ più di benessere.
Dopotutto non chiedevo altro.
E tra tutti Esmeralda pagava lo scotto più alto probabilmente. A quel tempo aveva poco più di 16 anni, eppure portava un peso enorme sulle spalle insieme a me.
Lei era l’unica figlia femmina di tre figli.
L’unica in grado di assicurare dote e ricchezza alla famiglia, il padre voleva darla in sposa al migliore che potesse farlo campare in lusso e ricchezza per il resto dei suoi giorni, ed Esmeralda non ci stava. Esmeralda non riusciva ad accettare tutto questo e non faceva che parlarmene, che sfogarsi con me su quella che per lei era un ingiustizia. Voleva scappare.
‘Semmai dovrò sposarmi un giorno, voglio che sia per amore.’ Faceva lei con occhi sognanti  e con lieve decisione, ignorando la cruda realtà della vita per noi donne. ‘Non voglio che mi si venga imposto nulla, voglio poter decidere da sola. Voglio poter sentire quelle farfalle di cui parlano in molte quando il fatidico uomo della tua vita si avvicina. Voglio innamorarmi ma di chi dico io!’ faceva lei autoritaria, e io non facevo altro che ascoltarla annuendo del tutto poco convinta.
Non volevo abbatterla, ma sapevo in cuor mio quanto fossero vane quelle parole.
Le decisioni della vita non spettavano a noi e continuavo a patire per lei il dolore di andare incontro a quella che sarebbe stata la dura realtà quando non sarebbe stato come desiderava.
Esmeralda aveva l’animo inquieto e sognante di chi non smette di crederci anche se non cerca nemmeno di provarci, non perché non ne fosse capace o non lo volesse davvero ma perché lei nella sua povera vita non aveva mai fatto nulla di temerario, nulla per sé e perché qualcosa a quei sogni continuava ad essere a fare da stallo. Qualcosa in quella terra continuava a trattenerla in quel posto e io sapevo cos’era. Sapevo cosa c’era a non farla andare oltre e la vedevo rifugiarsi quasi tutti i giorni in quella radura appena aveva un po’ di libertà o voleva sfuggire dalle proposte di un probabile marito imposto dal padre, ma non le dissi mai nulla per non violare la sua solitudine. La vedevo crogiolarsi in quella vita troppo stretta e stavo zitta.
Esmeralda sognava, sognava viaggi lontani. Sognava di lasciare quel posto ed esplorare il mondo intero con i suoi occhi, andando di regno in regno e solcando i sette mari, ma non si azzardò mai a farlo per davvero così si limitava ad immaginarlo, a viverlo nella sua testa, stando lì in quella radura, su quella roccia, e io tutto quello riuscivo a vederlo e a sentirlo nel profondo perché prima di sposarmi era il mio stesso desiderio.
Esmeralda era ciò che io ero stata, la mia esatta copia, e vederla crescere in quel modo era per me un dolore maggiore di quanto non fosse già stato.
Il padre era un uomo egoista e avido, tutti nel regno lo conoscevano e tutti sapevano che lo era sempre stato, ma negli anni quell’aspetto si era rafforzato fortificandosi sempre di più e portandolo a livelli impietosi: ciò che aveva e che racimolava lo teneva per sé e noi vivevamo di stenti.
Per lui la figlia era un trofeo, un premio da sfoggiare tanto era incantevole sin da quando era bambina, e all’inizio quei gesti e quelle premure le scambiai ingenuamente per amore paterno, ma non fu così. Per lui tutto aveva un valore da scambiare, e la figlia che il cielo le avevo donato non era da meno.
Sin da piccola vide il suo futuro, con la sua bellezza disumana che attirava tutti a sè, come qualcosa che avrebbe attratto uomini ricchi e che gli avrebbe fatto cambiare posizione. Non si accontentava di ciò che aveva, voleva sempre di più e di più e di più e la figlia ai suoi occhi era l’unico modo per varcare la soglia della prosperità. Sua figlia era il mezzo per arrivarci.
Di fronte a tutto ciò non potevo starmene con le mani in mano e fu per questo, anche, che mi ritrovai a lavorare in una piccola locanda poco lontana da casa.
E fu in quello stesso posto che da qualche giorno una ciurma di pirati appena approdati veniva di sera in sera per divertirsi e ubriacarsi il più della volte. E fu in quella stessa ciurma che conobbi il capitano Killian Jones.
Sin dal primo momento in cui lo vidi varcare la soglia, venni catturata da lui e non era solo il gran fascino che emanava in maniera chiara e lampante, c’era qualcos’altro.
Di tanto in tanto, tra un portata e l’altra, mi fermavo ad osservarlo e pur essendo un pirata m’ispirava fiducia, e non sapevo se fosse sbagliato o meno ma era ciò che sentivo quando me lo ritrovavo accanto.
Era vero anche che si riempiva di donne, e non le biasimavo affatto, il suo dannato fascino non passava inosservato e probabilmente se fossi stata giovane e disponibile anch’io non ci avrei pensato due volte ma non era per me, lui doveva servire a qualcun altro. Qualcuno più bisognoso di me in quella vita. Qualcuno da salvare.
E’ risaputo che i pirati difficilmente sono salvatori, ma lui… lui era totalmente diverso potevo percepirlo, potevo sentirlo. Lui non era come gli altri pirati con cui si accompagnava, né come tutti gli altri che avevo incontrato di tanto in tanto, lui era diverso. Migliore. Lui aveva un cuore, anche se ben celato e chiuso dietro la sua sfacciataggine ed era l’unico a poter fare ciò che stavo per chiedergli.
Era una scelta su cui avevo ponderato per un po’, una scelta dovuta e che non potevo rimandare. Ne andava di lei, e del suo futuro e non potevo aspettare oltre.
Alla quarta sera in cui si presentò decisi di avvicinarlo, nonostante non ci avessi mai parlato.
Lui si alzò dalla panca e mi si avvicinò con fare abbastanza insolente. ‘Qualsiasi cosa voglia, amore, dovrà aspettare che beva almeno un goccetto.’ Mi alitò a pochi centimetri.
Lo scostai interponendo un certo spazio tra noi.
‘Non è per questo che l’ho chiamata. Vorrei un favore da lei.’, chiesi sicura.
Lui mi guardò sospetto per poi arretrarsi. ‘Un favore? I pirati non fanno favori!’, chiarii lui duro.
‘Di certo non senza qualcosa in cambio!’ ribattei io affinché non andasse via.
Lui ci pensò un po’ su. ‘Di cosa si tratta?’ chiese subito dopo. Sospirai a ciò che stavo per dirgli perché non era facile e non era facile nemmeno averlo pensato.
‘Ho bisogno che voi rapiate una ragazza’.
Lui era l’unico in grado di portarla via da lì, in grado di farle da guida per i suoi sogni. L’unico che sapesse cosa c’era là fuori, l’unico in grado di guidarla e l’unico che sapesse cosa significasse viaggiare. L’unico in grado di proteggerla e me lo feci promettere: Mai e mai avrebbe dovuto farle del male, questo era il patto affinché tutto si concludesse. Questo era ciò per cui lo pagai, con i soldi di una vita racimolata e sacrificata. Questo era tutto ciò che feci per lei, per salvarla dal mio stesso destino e per far avverare i suoi sogni, perché senza quello non se ne sarebbe mai andata, e sarebbe rimasta intrappolata. Perché quello era l’unico modo per spingerla via di lì, e decisi con lui quella sera stessa che tutto sarebbe passato come un rapimento.
Un rapimento che non era vero, un rapimento di cui mio marito non mai seppe nulla: per lui Esmeralda era scappata quel giorno stesso, per lui sua figlia sparì senza lasciar traccia senza che io gli rivelassi mai nulla. Dopo un paio di mesi morì d’ansia per tutto questo in attesa di Esmeralda, in attesa di un ritorno, di un riscatto, di qualcosa. Sentendosi perennemente in colpa e pensando fosse per lui e io continuai a vivere con un doppio senso di colpa che aumentò quando lui venne a mancare.
 
Esmeralda ascoltò l’intera storia in silenzio e ne restò sconvolta: Tutta la sua vita, la sua intera vita era stata un inganno progettato e pianificato da chi l’aveva messa al mondo, a detta sua per proteggerla da un futuro peggiore.
Le sembrò di vacillare, la testa le girava e non era in grado di proferire mezza parola a riguardo. Guardava la donna che l’aveva messa al mondo, che aveva appena ritrovato e per cui era felice, con gli occhi vuoti di chi non si sa ritrovare, di chi non si riconosce.
Chi era lei davvero e cosa ne era di ciò che sentiva?
‘L’ho fatto per te piccola mia, per darti una vita migliore…’ continuava a blaterare la madre in parole che andavano via via ovattandosi.
Si alzò barcollante dal piccolo divano su cui era seduta e iniziò ad oscillare fino alla porta. Killian cercò di afferrarla, di prenderla per stringerla a sé se ne avesse avuto bisogno anche se dopo quella visione delle cose come avrebbe fatto? Esmeralda lo scansò andando oltre di lui, oltre la sala, oltre tutto ciò che la ostruiva: Aveva bisogno di aria, aveva bisogno di respirare perché tutta ad un tratto sembrava non saperlo più fare. Sembrava avere i polmoni stretti in una morsa, chiusi e sigillati peggio del maleficio di Zelena.
Ansimava con gli occhi offuscati incapace di ragionare per davvero e di vedere con distinzione dove stava andando e cosa stava facendo, sembrava che stesse cadendo nell’oblio più tetro. Le sembrò di cadere e probabilmente così fece perché non si sentiva nemmeno più il corpo.
La ragazza rimase distesa un attimo per riprendersi.
Il terreno sotto di sé era fradicio, sentì il muschio folto che le si insinuava tra le dita, come se volesse inghiottirla. E forse sarebbe stato meglio di tutto ciò che aveva udito in quella casa, di tutto ciò che sentiva in quel preciso istante avvenirle dentro.
Tutto lì era assurdo, e le sembrò un incubo. Un incubo che non voleva cessare.
A poca distanza da lei dei passi le si facevano più vicini. Sapeva chi fossero, non c’era nemmeno bisogno che alzasse lo sguardo per constatare la presenza di Killian al suo fianco che cercava di aiutarla. Lui che insieme alla madre non aveva fatto altro che ingannarla. Esmeralda si alzò e si allontanò in fretta cercando di ragionare, di non essere toccata, di mettere in moto i suoi pensieri e la rabbia non poté che esplodere.
‘Una vita migliore? Una vita migliore dici? Come osi pensarlo, come… come hai potuto?’ ruggì con tutta l’ira a debita distanza da entrambi e con il fratello poco più in là. ‘Hai mai pensato a me? E se non lo avessi voluto e se quei sogni non erano che semplici sogni insieme a quei viaggi mentali, ci hai mai pensato? Come hai potuto tagliarmi fuori dalla mia famiglia?’ sbraitò ormai sull’orlo.
‘Non pensare che non ci sia stato giorno in cui non mi sia pentita di quella decisione. Me ne pentii subito dopo che venni a sapere che Killian aveva fatto ciò che gli avevo chiesto. Volevo tornare indietro, volevo riprenderti ma non potevo più farlo. Eri già lontana! Io non potevo immaginare cosa avrei causato… a te, a tuo padre. E lo so, lo so che tu ora ce l’hai con me, ma ti prego di perdonarmi. Di capire le mie ragioni…’ Si avvicinò la madre con occhi piangenti cercando di afferrarla per calmarla.
‘Come posso farlo? Dimmi come solo pensi ci possa riuscire. Hai deciso per me! Mi hai tolto la possibilità di vivere con i miei fratelli, di vederli crescere, di stare con loro, come dovrei stare? Dovrei ringraziarti madre? Non le capisco le tue ragioni e non voglio capirle, ero poco più che una ragazzina quando ti dicevo tutto quello e pur rivendendoti in me dovevi sapere che ce l’avrei fatta in qualsiasi circostanza. Non mi importava d’altro se non di stare con te e con la mia famiglia, ma tu questo non l’hai visto. Hai visto ciò che volevi, hai rivisto te stessa e ti sei data una via di fuga come se io fossi te. Beh, non era così’.
‘L’ho fatto per darti un futuro migliore, per darti la migliore delle possibilità è questo che devi comprendere.’ La incitò la madre del tutto disperata e sconfitta.
‘Continui a ripeterlo per convincerti e darti ragione, ma non è quello che hai fatto! Tu mi hai distrutta!’ ringhiò infine zittendo la madre che restò pietrificata e spiazzata da quella verità che temeva di sentirsi dire.
Ecco perché voleva restare nell’ignoto, ecco perché non voleva che la figlia sapesse di lei.
Avrebbe continuato la sua vita con l’idea di essere stata rapita e tutto avrebbe continuato a ruotare intorno a quello. Lei non sarebbe stata macchiata, Esmeralda avrebbe conservato dentro sé quell’immagine della madre così come era. Così invece sapeva tutto, e l’amore di un tempo per lei si era trasformato in odio.
Esmeralda cercò di calmarsi. Si guardò intorno e si abbracciò come aveva sempre fatto cercando quella forza e quel sostegno in sé stessa. ‘Tu non sai quello che ho passato a causa di ciò che tu hai fatto. Sarei potuta restare a casa, nel regno. Nessun rapimento, nessun dolore, nessuna morte, nessun senso di colpa, sarebbe stato più facile non credi? Avrei potuto essere felice anche lì dopotutto, non c’era bisogno di andare altrove per cercare la serenità che avevo intorno. E l’uomo della mia vita avrei potuto conoscerlo anche da quel posto…’ in quel momento Killian incontrò il suo sguardo che lo indicava, e la madre con lei constatava quella possibilità. ‘Avrei poi deciso cosa fare da sola e il mio futuro sarebbe stato migliore. E invece mi sono ritrovata dopo vari anni sola, a causa di una donna, lontana da casa e dai miei affetti più cari, Imprigionata per dieci anni subendo le peggiori sevizie e poi perseguitata e messa al rogo a causa di quella che è la mia bellezza che venne considerata come stregoneria. Ho visto morire il mio più caro amico a causa mia e ho creduto che la mia famiglia fosse morta, e che Killian mi avesse abbandonata perché ero un peso. Per anni non ho fatto altro che sentirmi il nulla consumandomi e distruggendomi piangendo e chiedendomi perché mi fosse capitato tutto ciò. Perché un pirata tra tanti avesse deciso di prendere proprio me che non valevo nulla, e a cui nulla potevo dare, desiderando nei momenti più bui, un abbraccio di mia madre. Uno di quelli che era capace di rimettermi al mondo e farmi superare una giornata. Ho desiderato il calore della mia famiglia, le risate dei miei cari e ho continuato a ricordare i momenti felici per non perderli. Per secoli non ho fatto altro che logorarmi a causa di tutto quello che ora scopro essere opera tua.’ Disse infine con la voce rotta.
‘Ma ora potremo riprovarci, potrai vivere qui con noi e potrò riacquistare la tua fiducia.’ Esclamò la madre speranzosa.
Esmeralda abbassò lo sguardo nervosa.
‘No.’ Un tonfo al cuore. ‘Non ho alcuna intenzione di venire a vivere qui tra le tue menzogne. Tu continuerai a vivere qui crogiolandoti nei tuoi sensi di colpa e non mi vedrai mai più. Sono cresciuta e maturata da sola, ho combattuto da sola in questa vita e non ho bisogno di nessuno ora. Per me tu sei esattamente dov’eri prima nei miei pensieri: sperduta nel villaggio e catturata dalla Regina. Probabilmente morta e sepolta chissà dove.’ Esclamò dura in volto e nell’anima.
Era stanca di soffrire.
La madre a quell’esito cadde a terra disperata chiedendo perdono, ma nessuno la rispose e nessuno l’aiutò. Nemmeno il figlio Raymond che aveva assistito a tutto e la guardava attonito e ferito.
Anche lui era all’oscuro di tutto e stentava a crederci.
Nessuna pietà, nessuna misericordia come aveva fatto lei. Così pensò Esmeralda.
In fondo quanto sapeva di quella donna? Tutto ciò che aveva saputo l’aveva cambiata e stravolta.
E pur essendo dura andarsene in quella disperazione, voltò le spalle alla volta del bosco pronta a procedere senza più tornare indietro.
Poco più avanti da quel delirio che non osava placarsi, una sensazione fredda le percorse il braccio bloccandola. Era Killian che l’aveva afferrata con l’uncino costringendola a voltarsi.
Era livido in volto con una viva espressione contorta dal dispiacere che lo attanagliava. Voleva spiegarsi, voleva che vedesse almeno il suo punto di vista. Fare del male ad Esmeralda era per lui la cosa peggiore. Era come ferire sé stesso, lo era sempre stato.
Ogni dolore, ogni gioia, ogni lacrima la pativano in due. Erano come collegati.
‘Esm…’, esclamò cercando di dirle qualcosa, di spiegarsi.
La ragazza si discostò bruscamente da quella presa allontanandosi restando zitta. ‘Ti prego Esm, dammi la possibilità di spiegarmi. Io non avrei mai voluto farti tutto questo. Quando tua madre mi ha chiesto di farlo io non ti conoscevo, non sapevo nulla di te, io non sapevo cosa saresti diventata per me. Tutto ciò che è stato, tutto ciò che ti ho detto, tutto ciò che provo non era e non è una messa in scena è la pura verità. Dovevo proteggerti all’inizio per volere di tua madre, ma alla fine è diventato una questione mia. Un mio dovere. Io non voglio che inizi a credere..’
Esmeralda lo ascoltava assente, non aveva nessuna voglia di ascoltare altro, specie da lui.
Lui che aveva avuto accanto per così tanti anni, lui che aveva ritrovato e che le aveva nascosto un segreto del genere.
Perché non me l’ha detto? Almeno lui perché non mi ha evitato tutto questo quando sapeva? Perché continua a dire che tiene a me quando dimostra il contrario?
Il cuore sembrò subire un ennesima crepa e un ennesimo dolore si aggiunse ai precedenti quasi straziandola del tutto.
‘Killian…’ lo interruppe guardandolo dritto in quegli occhi, ora, con espressione rigida, priva di vere emozioni. ‘Non voglio vederti mai più.’
 

Note Autrice: 
E… okay ce l’ho fatta. Voi?
Credetemi che scrivere questo capitolo è stato veloce e allo stesso tempo infausto. E l’ennesima volta che faccio soffrire Esm, e Killian anche, ma questo è il nocciolo che schiude tutta la questione e porta a vedere le cose in maniera diversa da come sono state fino ad ora.
Tutto assume una nuova visione.
Sinceramente è da biasimare Esmeralda per la decisione presa alla fine? E la madre dopotutto, è vero che voleva darle un futuro migliore ma cosa a cosa ha dato vita facendolo? Credete abbia fatto bene e le sue motivazioni siano valide? Di certo se non fosse stato così la storia non si sarebbe mai sviluppata e Killian non avrebbe mai incontrato Esmeralda. C:
Il parallelismo con Emma e la sua storia è in parte voluto.
Anyway ditemi davvero cosa ne pensate, sono davvero curiosa di scoprirlo.
Ringrazio come sempre chi già lo fa, davvero grazie mille.
Detto questo vi abbraccio tutti.
 
Al prossimo capitolo.
- Elle.

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QUI trovate un blog Tumblr dedicato alla mia fan fiction con anteprime e stralci della storia, le canzoni e musiche che mi hanno ispirato nel scrivere, se vi va di seguirlo.
   
 
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