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Autore: DanielleNovak221    08/02/2015    3 recensioni
[AU!Destiel]
Dean e Castiel hanno entrambi nient'altro che dolore nel loro passato, ma se è vero che non tutto il male vien per nuocere, l'ultima di queste ha portato al loro primo incontro: Dean si sveglia in un ospedale, dopo un coma di due mesi, sa che la ripresa sarà una scalata piena di ostacoli, ma se Cas, il suo infermiere, gli starà vicino, allora sarà in grado di raggiungere la vetta sapendo di poterla condividere con qualcuno che merita davvero di avere un motivo per cui sorridere. Tuttavia, i fantasmi sono forti e sempre in agguato, non è mai troppo tardi perché possano decidere di attaccare trascinandoti giù per affogarti nei tuoi stessi ricordi...
{trigger warning per una sola scena di violenza, anche se non esplicitamente dettagliata}
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
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*Si nasconde dietro al Bodyguard*

*si rende conto che no, non ha un bodyguard*

*Ammette di essere in un ritardo abissale e si decide ad arrivare al sodo*

vorrei solo avvertire che in questo capitolo potrebbero risultare un po OOC i personaggi!

Buona lettura!!

 

Quando Sam sollevò la testa dal libro di trigonometria avrebbe giurato di essere sull'altro capo della terra, perché eccetto per la luce gialla e fioca della lampada, la stanza del motel era immersa in un buio bluastro dalla sfumatura delle sei di sera. Erano le undici di mattina quando aveva iniziato, il suo stomaco era vertiginosamente vuoto e la sensazione della fame assassina che lanciava cupi brontolii dal suo ventre gli ricordò che se non si fosse controllato, avrebbe potuto mangiare una persona.

Si passò le dita fra i capelli castani, che per la cronaca non vedevano l'ombra delle forbici da parecchie settimane, mentre con l'altra mano chiudeva a fatica l'enorme tomo che nel giro di qualche giorno gli avrebbe sicuramente fatto colare ciò che restava del suo cervello giù da un orecchio. Quel giorno era rimasto solo: Bobby era tornato a casa, per finire di sistemare, mentre Dean aveva deciso di andare in giro per la città abbandonandolo in compagnia della famiglia di ragni stanziati nell'angolo del soffitto e del turbinare ciclonico di pensieri nella sua testa.

Si alzò in piedi, stirò leggermente la schiena eseguendo una semplice torsione ed aprì il laptop, sperando che una qualche serie tv lasciata a metà gli impedisse di pensare.

Ma non si può smettere di pensare, realizzò.

Eh, troppa grazia.

Sam Winchester aveva sempre il cervello in moto, quindi non poteva fermare tutto quel frullare selvaggio che era diventata la sua testa, e se prima era un pensatore di prima categoria, dopo l'incidente le cose verso cui dirottare la sua mente si erano moltiplicate.

Gli bastava compiere uno sforzo infinitesimamente piccolo, e il suo corpo diventava una voragine colma di assoluto caos traboccante.

Da quando suo padre era morto, si era concesso un po' di tempo per piangersi addosso, non poteva negarlo perché lo aveva fatto, ma il resto lo aveva passato accanto a Dean in attesa che si svegliasse, e per quello aveva dovuto essere forte, per sé stesso ma anche per suo fratello. Vederlo ogni giorno più magro e scarno, più vicino all'essere un'entità fredda e senza vita, prosciugata da ogni energia, lo aveva letteralmente segnato, forse più della scomparsa di John.

Aveva avuto una paura folle, ma non era quella grossolana che lo coglieva come una valanga e lo lasciava soffocato sotto a mille domande e zero risposte, era il genere di paura che come un respiro gelido gli si insinuava nel colletto della camicia e penetrava sotto pelle, ricoprendo di brina ogni sua parte, facendogli perdere la funzionalità del suo intero corpo lasciando però il suo subconscio spaventosamente attivo. Era il genere di angoscia sottile che gli paralizzava le membra e veniva covata dalla sua stessa mente, crescendo ogni giorno un po' di più fino a colonizzare tutte le sue cellule.

Non ci aveva nemmeno provato, a scacciarla. Aveva attecchito saldamente a lui e non poteva fare nulla per salvarsi, e nemmeno per salvare Dean: l'incertezza di cosa sarebbe successo poi aveva graffiato la sua anima rendendola un mucchio di brandelli, finché non si era reso conto che per tutto quel tempo si era sbagliato.

La paura era solo un involucro di ghiaccio, una maschera dal volto contorto che racchiudeva come un fascio di catene tutta la rabbia che si stava costringendo a reprimere, e che aveva bisogno di sfogare.

Appena riebbe indietro l'uso della parte inferiore del corpo, o perlomeno quella che per un po' era andata in vacanza, dopo che suo fratello si era svegliato, aveva cominciato a frequentare la palestra vicino all'ospedale, così da poter raggiungere Dean in qualsiasi momento. Se non altro era un buon modo per scaricare tutta la frustrazione che gli avvenimenti di quell'estate avevano accumulato dentro di lui.

Aveva portato il modulo a casa e aveva chiesto a Bobby di firmarlo, che sembrava contento di vedere Sam tentare di andare avanti, e già quello stesso giorno aveva cominciato.

Non dicendo nulla a Dean, che doveva pensare a sé stesso ed alla sua ripresa senza preoccuparsi dei suoi pomeriggi impiegati nello scaricare la rabbia, passava un paio d'ore come minimo ai pesi, o al sacco da box, o al bilanciere, e tutto ciò si stava rivelando una cura migliore di qualunque medicina. Non era un toccasana solo per la sua mente, ma anche per la sua forma fisica, che migliorò nel giro di poche settimane, tonificando il suo corpo magro e regalando al suo fisico già abbondantemente slanciato una discreta muscolatura.

 

 

Quel giorno in particolare, non sapeva che ci avrebbe incontrato Castiel.

Lo individuò immediatamente, poiché se nella sala le persone erano quantomeno radunate o spostate da un lato, il ragazzo era completamente in disparte, a fronteggiare il sacco da boxe con sguardo concentrato ed assetto scattante. Il busto era piegato in avanti, la guardia alta nei guantoni rosso sbiadito nascondeva parte del viso, i muscoli della schiena guizzavano per la tensione contro il cotone grigio della maglietta, il respiro sottile, regolare, tutto della sua figura emanava forza e resistenza.

Sam si avvicinò titubante, osservandolo sferrare un pugno al sacco emettendo un gemito per lo sforzo, mentre quello si piegava e rimbalzava indietro, ritornando poi in direzione del ragazzo che lo schivò e lo rimise fermo con le mani.

Si preparò di nuovo, mosse agilmente le gambe e colpì di nuovo, stavolta piazzando due ganci consecutivi contro il tessuto che rivestiva il sacco.

– Ehi, Castiel. – Sam si sedette sulla panca, cominciando a tirare fuori i guanti, sorridendo debolmente al ragazzo che si voltò verso di lui piuttosto stupito di vederlo lì.

– Ciao, Sam. Come stai? – Castiel dovette compiere un grosso sforzo per apparire impassibile, ma conosceva Sam e sapeva quanto il più giovane dei Winchester fosse intelligente: non se la sarebbe bevuta nemmeno per finta.

– Non mi lamento. – dichiarò il ragazzino, lapidario, e puntando -per quanto fosse dura- lo sguardo negli occhi azzurri ed infiniti di Castiel. – Dove sei stato?

Ecco, Cas se l'aspettava. Non doveva essere preoccupato per quello che avrebbe potuto dirgli, ma Sam era molto più maturo, aveva visto più cose di molti ragazzi della sua età, e in tutta onestà una ramanzina da parte sua lo spaventava un po'.

– All'università, ho finito il tirocinio. – disse, come se fosse assurdamente ovvio. Sferrò un pugno al sacco, un po' meno convinto dei precedenti, ma non si scompose.

Per quanto tentasse di evitare lo sguardo di Sam, i suoi occhi verdi lo attrassero come una calamita, e vi lesse rimprovero e disappunto.

– Che c'è? – chiese, forse la sua voce suonò un po' troppo frustrata.

– Dean ha rischiato di morire. Di nuovo. Non saperti lì è stato devastante per lui. – La voce del giovane Winchester suonava piatta e tagliente.

Castiel distolse gli occhi ed abbandonò le braccia lungo ai fianchi, come se si fosse scordato come usarle contro il sacco da boxe. Corrugò la fronte, pensando a come scappare da quella situazione sia imbarazzante che dolorosa, e il sorprendersi a tentare di scappare per l'ennesima volta fu come ricevere la scossa.

Rimase impalato lì a fissare un punto indefinito appena sopra la linea del suo sguardo, come cercando un appiglio nel vuoto di fronte a sé.

– Lo so. Meg me lo ha detto. – disse, la sua voce suonò roca e bassa, colpevole.

Sam inarcò un sopracciglio. – Ed era troppo impegnativo passare anche solo ogni tanto? Sa che hai molti esami, avrebbe capito se glie lo avessi spiegato di persona, non si sarebbe arrabbiato. – si alzò di scatto, stringendo lo strap dei guanti e piazzandosi dall'altra parte del sacco.

– Non ho idea di quello che stia succedendo fra voi. – disse, poi vibrò un pugno al centro della X fatta con lo scotch nero con tutta la forza che aveva nel braccio. – Ma Dean è stato male, ed il modo in cui te ne sei andato lo ha ferito. – un altro pugno, il sacco vacillò avanti ed indietro, assumendo un ritmo altalenante.

Castiel lo fissò, impassibile. – Pensi che non lo sappia? – con un gancio preciso ed esperto, lo rispedì verso il ragazzo. – Pensi che io lo abbia fatto con leggerezza? –

Sam si scansò dalla traiettoria dell'attrezzo e lo fermò con le mani. Caricò indietro il gomito, ma Castiel lo fermò e lo aggirò, fermandosi davanti a lui.

Rimase un attimo perplesso dal fatto che lo stesse raggiungendo in altezza, ma decise di non darci troppo peso. – In questo modo, – iniziò, con fare pratico, sfilandosi i guanti. L'aria fresca a contatto con le mani accaldate lo rilassò un attimo. – Rischi di slogarti una spalla. – continuò. Ignorando la riluttanza di Sam a farsi prendere i polsi, glieli sollevò davanti al viso, posizionandoli nel tipico atteggiamento della guardia alta. – Muovi i piedi, spostando il peso da una parte all'altra, così. In questo modo sei sempre pronto a schivare. Ora piegati leggermente in avanti, e fletti le ginocchia... bravo. Adesso prova a colpirmi. – Il ragazzo, che fino a quel momento aveva diligentemente assecondato le sue spiegazioni, si bloccò. – Cos...?

– Non mi farai male, tranquillo. – Castiel alzò i pugni chiusi davanti alla faccia, squadrandolo attentamente attraverso il bordo delle nocche sbiancate. Sam però rimase immobile, titubante.

– Avanti, Winchester, colpiscimi! – esclamò, incitandolo, e Sam spostò indietro il gomito, mirando al suo viso. Fu un attimo, ed il suo colpo incontrò l'aria a pochi centimetri dall'orecchio di Castiel, che con uno scatto laterale aveva schivato a sufficienza da non essere preso sul naso.

Il ragazzo lo fissò esterrefatto. – Ci ho messo tutta la forza possibile! – disse, passandosi il dorso del guanto sulla fronte per scostare i capelli.

– È questo il tuo errore: non devi essere forte, ma veloce, e strategico. Puoi colpire con tutta l'energia dei tuoi muscoli, ma se l'avversario ha più forza di te ed una migliore difesa, non puoi nulla contro di lui. Velocità, costanza e strategia. – Replicò, riportando i polsi davanti al viso.

– Cerca di tenere i gomiti un po' più aperti.

Sam rimase pensieroso per qualche istante, poi annuì energicamente.

Fecero qualche altra prova, e nel giro di una mezz'oretta Castiel capì che forse era meglio adottare una tecnica diversa quando per poco il ragazzo non gli ruppe il naso sul serio. Si piazzò dietro al sacco e distribuì il suo corpo sopra di esso per tenerlo fermo, facendo cenno a Sam di avvicinarsi.

– Proviamo in questo modo: io lo blocco, così non si sposta, tu cerca di colpirlo velocemente e resistendo il più possibile. –

Nel giro di poco, i ganci di Sam si fecero più dritti e precisi, più veloci e anche più forti, quasi costantemente. Durò una decina di minuti, finché non si abbandonò sulla panca stremato dallo sforzo di dosare la forza e di tenere ogni sua parte del corpo in allerta, mantenendo il ritmo degli spostamenti e dei pugni finché le braccia e le spalle non cominciarono a fare parecchio male e dovette chiedere il timeout.

Si tolse i guanti e fece flettere le dita indolenzite, passandosi una mano fra i capelli che si erano appiccicati alla fronte per il sudore. Anche Castiel sembrava stanco, ma quando era entrato si stava già allenando da un po', quindi era comprensibile che avesse il fiatone quanto Sam.

– Sei bravo, sai? Impari molto in fretta.

Sam prese un sorso dalla bottiglietta d'acqua e la offrì a Cas, che rifiutò con un gesto della mano. – Tu sei un buon insegnante. Da quanto pratichi la boxe?

– Da cinque anni, ma mi son sempre limitato ai semplici allenamenti. Non mi interessavano gli scontri. – disse, passandosi una mano sul viso sudato.

– Ah, no? – il ragazzo era perplesso.

– Già, – confermò – se devo essere onesto, avevo solo bisogno di imparare a difendermi. – ammise, abbandonando la schiena contro al muro.

Calò un silenzio leggero e rilassato, nulla di imbarazzante, mentre Sam cominciava a sistemare i guanti nella borsa ai suoi piedi cercando di interpretare le parole di Castiel.

– Papà lo diceva spesso, a me e a Dean. – mormorò, abbassando lo sguardo facendosi improvvisamente serio. – Che dovevamo saperci difendere. Dean era la sua ombra, venerava tutto ciò che faceva, ma io non reputavo le mani un buon modo per risolvere i problemi e mi rifiutavo di imparare. – abbozzò un sorriso amaro e nostalgico, privo di vera felicità nel ricordare tutte le discussioni che erano state parte del suo rapporto con John Wincester e che lo avevano, nonostante tutto, cresciuto al meglio.

Castiel lo stava fissando. – Avevi il diritto al libero arbitrio.

– Lo so, ma era mio padre! Non avrei dovuto dargli tante delusioni.

– Scommetto che non lo hai fatto davvero.

– L'ho fatto, e non ci avrei nemmeno pensato se avessi saputo che sarebbe finita così. – replicò Sam, inamovibile. Appoggiò la testa al muro, reclinandola all'indietro e chiudendo gli occhi.

– Andiamo, come potevi saperlo? Non ci si deve colpevolizzare per qualcosa che non abbiamo commesso. – disse Castiel, sorridendo debolmente, ma in modo pur sempre rassicurante. Il ragazzo rimase in silenzio, schiudendo le palpebre e squadrandolo sospettoso come indagando sul suo viso alla ricerca di chissà quale indizio.
– Allora, se è come dici tu, nemmeno Dean dovrebbe colpevolizzarsi per il fatto che tu lo abbia abbandonato a sé stesso. – Scattò, piantando il suo sguardo di rimprovero negli occhi azzurri dell'infermiere.

Cas sussultò, spiazzato. Era stato messo all'angolo, con le spalle al muro e privo di qualsiasi via d'uscita senza nessuno sforzo da parte del giovane Winchester, che sembrava essere perfettamente a conoscenza della svolta che quella conversazione avrebbe preso. Lo fissò spaesato, sentendosi tremendamente esposto ed insalvabile.

– Stai dicendo che lui si sente in colpa perché io sono un idiota? Questa è buona, l'ho capita persino io. – disse, sorridendo sarcastico (sul serio, aveva fatto del sarcasmo? Okay, magari no, ma ci era andato vicino!).

– Esatto. Non ho idea di che cosa dovrebbe accusarsi, ma il fatto che tu sia sparito così all'improvviso e non ti sia fatto più vedere ha influito sulla sua guarigione! – Esclamò Sam, intendendo nessun tipo di replica da parte di Castiel.

– Senti, non voglio parlare di Dean. È stata una decisione sofferta anche per me, e sembra che tu mi stia accusando di omicidio indiretto! – Rispose comunque, sentendosi un po' a disagio discutendo del ragazzo per il quale aveva più di una semplice cotta con il fratello minore, che oltre ad avere sei anni in meno di lui era anche al suo stesso livello di maturità.

– Bè, non è che tu abbia lasciato ad intendere di essertene veramente fregato, voglio dire, avevi finito la carta da lettere o cos'altro? – Sam alzò la voce, tirandosi in piedi e puntando le mani sui fianchi, gettandò una breve occhiata al resto della sala che, con l'avvicinarsi dell'orario di chiusura, si era vuotata.

L'espressione di Castiel si fece improvvisamente perplessa. – Non si spediscono più le lettere, o almeno non in queste circostanze. – gli fece notare.

Sam alzò gli occhi al cielo, ma non disse nulla: da quel punto di vista era assolutamente senza speranza.

– Il punto è che avresti anche potuto salutare invece che volatilizzarti senza dare più tue notizie! Dean ha creduto che fosse colpa sua, quando in realtà era soltanto tua, e l'ho visto morire di nuovo, Castiel! Ho avuto paura che se ne andasse davvero, che mi lasciasse solo! Capisco che non te ne fregasse niente, ma non credo nemmeno tu sappia cosa si provi. –

Quando vide l'ennesima mutazione sul viso di Cas, Sam si pentì immediatamente di ciò che aveva detto. C'erano un miliardo di sensazioni almeno che balenavano nello sguardo del moro, facendo sembrare i suoi occhi infiniti e tempestosi come l'oceano.

Rabbia, paura, nostalgia, confusione, incredulità, tristezza, angoscia, ed il Winchester ebbe quasi paura che si fosse bloccato, o che non sapesse cosa dire.

Non sapeva nulla di Castiel, non aveva il diritto di giudicarlo così, e considerando il modo in cui la sua espressione sembrava persa come smarrita in un mare senza bussola, aveva fatto male.

Avrebbe accettato una sfuriata, o una predica, qualsiasi cosa, lui era adulto e non meritava di essere trattato così da un ragazzino, ma se la possibilità di un Castiel veramente incazzato era inimmaginabile e lo spaventava, quello che accadde lo lasciò ancor più di sale:

sembrava stranamente apprensivo, quasi mite, ma sotto quello sguardo sornione era celata la più infinita tristezza che Sam avesse mai visto negli occhi di un essere umano, incluso suo fratello.

– Ho visto mio fratello venire assassinato davanti ai miei occhi. So cosa si prova, e questo è il primo punto su cui sei in errore, Sammy. Il secondo, è il fatto che Dean, in queste settimane è diventata una delle persone più importanti della mia seconda vita. Ma per il resto è tutto vero, è colpa mia se me ne sono andato senza dire nulla. Lui non ha nulla di cui rammaricarsi.

Sistemò la borsa e chiuse la lampo con un gesto sbrigativo che tradiva la sua frustrazione, se la issò in spalla ed attraversò la stanza. Sam rimase impalato senza dire nulla, troppo sconvolto ed ancora incapace di metabolizzare quello che aveva appena sentito.

Quando si riscosse, Castiel era sulla porta, con le dita chiuse attorno alla maniglia, e stava uscendo.

– Cas, aspetta!

Il ragazzo si bloccò sulla soglia.

– Mi dispiace. Mi dispiace davvero, io non lo sapevo, e sono mortificato. Se sei arrabbiato con me, ne hai tutto il diritto, e non te lo negherò. Ma Dean è mio fratello, è la mia famiglia, e non potrei volergli più bene di così. E vederlo soffrire in quel modo, più per la tua sparizione che per la malattia mi ha devastato, e sto cercando di intuire come sono andate le cose perché voglio aiutarlo. È stato dimesso, ma si vede un miglio che ancora gli manca qualcosa. O qualcuno. Diamine, io non capisco più nulla. – si passò una mano fra i capelli e tornò verso la panca, sollevandoci sopra la borsa e sistemando le ultime cose, aspettandosi che Castiel se ne fosse andato mentre lui gli dava le spalle.

Invece era ancora lì, e studiava i suoi movimenti con il capo inclinato e lo sguardo perplesso.

– Se era solo capire, ciò che volevi, avresti potuto chiederlo prima. – disse, rassegnato.

– La verità è che amo tuo fratello in tutto ciò che lo caratterizza, e proprio perché sono innamorato di lui non posso costringerlo ad essere qualcosa che non è.[*] –

sorrise brevemente, spostò lo sguardo imbarazzato sul pavimento e, senza attendere nessuna risposta, se ne andò.

– In ogni caso, sto cercando di riaggiustare tutto! – disse, dal corridoio.

Sam rimase immobile, completamente paralizzato e basito, i circuiti del cervello andati in vacanza con un biglietto di sola andata.

La verità è che amo tuo fratello.

Amo tuo fratello.

Amo.

Sono innamorato di lui.

Qualcosa che non è.

Inaspettatamente, il suo cervello riprese a funzionare, tutti i suddetti circuiti ritornati in sede operativa che collegavano rapidamente ogni concetto ed ipotesi, immagine e spiegazione.

Sorrise divertito, picchiandosi una mano in fronte come se si fosse ricordato come disinnescare una bomba sul punto dell'esplosione, scuotendo la testa con gli occhi al cielo.

– Ecco cosa ti è preso, Dean! – disse fra sé e sé, come se si aspettasse che comparisse al suo fianco una volta pronunciatone il nome.

– Invece che farmi dannare, potevi dirlo subito di avere una cotta per lui!

 

 

Lo ripeto, sono imperdonabile, ma siate buoni...

[*] allora, questa frase ho paura di averla sentita o letta, se senza rendermene conto l'ho presa da una qualche altra fic, non esitate a dirmelo e la cambierò subito. Scusatemi in anticipo, ragazzi...

 

Allora. So che probabilmente vi aspettavate qualcos'altro, ma era da un po' che volevo dedicare un capitolo a Sam perché... chi non lo ama? Comunque, anche nella serie tv, mi è sempre piaciuto il rapporto di amicizia che, seppur incomparabile alla Destiel, c'è fra lui e Cas, ed ho voluto rendergli giustizia :)

Scuse infinite a tutte le shippers che aspettavano per l'incoronazione dei nostri amati, ma non temete, il loro momento arriverà...

mi hanno fatto piacere molto le ultime recensioni, ne aspetto altre!!

bacioni, Danielle

 

 

   
 
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