Serie TV > Merlin
Segui la storia  |       
Autore: Pandora86    09/02/2015    5 recensioni
Spoiler quinta stagione.
Artù e Merlino. Il re e il mago. Due facce della stessa medaglia.
Due anime legate da un filo indissolubile che finisce, inevitabilmente, per spezzarsi in ogni tempo e in ogni luogo.
Ma forse, era finalmente giunto il tempo in cui le due facce della medaglia avrebbero potuto riunirsi, portando a termine il proprio destino.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Prima dell'inizio, Nel futuro
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ecco il nuovo capitolo.
Come sempre, grazie per le bellissime recensioni.
Grazie anche a chi continua a inserire la storia tra le preferite le seguite e le ricordate.
E, ovviamente, grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Ci vediamo a fine capitolo per le note.
Per adesso, buona lettura.
 
 

Capitolo 46. Punto di non ritorno
 
“Capisco!” rispose Gabriel a chissà quale affermazione proveniente dalla persona all’altro capo del telefono.

“Quindi, tra meno di un’ora” disse, guardando il suo orologio da polso.

“Certo!” annuì ancora. “Sai bene che non sono io a essermi opposto a quest’incontro negli ultimi trent’anni!” ci tenne a sottolineare il guardiano, per amor di pignoleria.

“Tienimi aggiornato” e attaccò.

Perce lo guardava con il fiato sospeso.

“Era… Lui?” chiese titubante.

Gabriel annuì, poggiandosi con le spalle alla parete e incrociando le braccia con aria pensierosa.

“C’è qualche problema?” domandò Perce in un sussurro.

Gabriel fece un’espressione dubbiosa, sfiorandosi il mento con l’indice, prima di andare a sedersi nella poltrona di fronte al cavaliere.

“Sembra di no” si espresse poi, dopo aver accavallato le gambe.

“Sembra che il Re abbia deciso di entrare in azione” esclamò poi, congiungendo i polpastrelli.

“Cioè?” chiese Perce interessato.

“A quanto pare, oggi Klause Badelt ha ricevuto la visita di Artù, nella sua scuola di musica” spiegò l’altro e Perce sgranò gli occhi.

“E pare che abbia ricevuto anche una proposta lavorativa interessante, tanto da spingerlo a incontrare il Re alle otto in punto” riassunse Gabriel e Perce non riuscì a trattenersi.

“Tra un po’, quindi” affermò, notando che mancavano all’incirca quaranta minuti alle otto di sera.

“Quale proposta lavorativa?” chiese poi perplesso e Gabriel sorrise con l’aria di chi la sapeva lunga.

“Avevo intuito che quella era la parte inventata di sana pianta!” e ridacchiò piano.

Perce sospirò, rilassandosi al suono della risata dell’altro.

“Ecco perché Artù aveva così fretta di uscire, oggi!”.

Il suo volto assunse poi un’espressione preoccupata.

“Non ci saranno problemi per Lui?”.

Gabriel ponderò attentamente le parole prima di rispondere.

“I rischi sono altissimi” si espresse poi. “Ma anche i benefici non sono da meno. Dipende tutto da come si comporterà il Re”.

“Artù saprà cosa fare” si rasserenò un poco Perce.

“Nutri molta fiducia in lui, vero?” chiese Gabriel interessato.

“Sì” ammise senza problemi Perce. “E anche tu!”.

Gabriel alzò un sopracciglio in segno di domanda.

“Se pensassi che potrebbe fare del male a Lui, un male certo intendo, non credo che rimarresti qui, così rilassato” gli fece notare con tono ovvio.

“Vero!” annuì Gabriel.

“D’altro canto” si espresse poi, “il Re non è tornato per caso. E la sua preparazione supera di gran lunga quella che aveva a Camelot” concluse.

“E poi, se è uscito indenne dalla visita di oggi” e ridacchiò leggermente, “allora credo che qualche possibilità l’abbia”.

“Che vuoi dire?” domandò Perce curioso.

Gabriel sorrise, prima di cominciare a raccontare.

“Klause Badelt è molto diverso da Merlino. È un uomo arrogante e presuntuoso. Un uomo che ama solo il suo lavoro e che non esita a disprezzare la più piccola forma di stupidità. Quando Merlino veste i panni di Klause Badelt è estremamente irritante” concluse e Perce capì quello che intendeva.

“Avrei tanto voluto assistere” esclamò e Gabriel si fece serio.

“Non credo sarebbe stato piacevole”.

Perce corrugò la fronte con aria perplessa domandando all’altro il perché di quell’affermazione.

“Klause Badelt è un bambino prodigio, proveniente da una famiglia ricchissima e di alto livello sociale” incominciò a spiegare Gabriel.

“Nei panni di Klause Badelt, Merlino può utilizzare tutta la sua conoscenza – una conoscenza divenuta oramai millenaria – sentendosi libero di disporne come meglio crede. Le persone però che non hanno questo dettaglio, sanno solo di trovarsi di fronte uno sguardo scrutatore e intelligente. Sanno solo di avere a che fare con un uomo con un quoziente intellettivo nettamente superiore al loro” e fece una pausa, dando modo all’altro di assimilare i concetti.

“Se poi, si tratta di persone con le quali Merlino non ha interesse nell’intrattenersi” e lo guardò attentamente, “allora non credo che queste persone riescano a trarre piacere dall’incontro. Non avresti gradito, infatti, stare a contatto con una persona così diversa rispetto ai tuoi ricordi” specificò parlando, questa volta, al singolare.

“Soprattutto, se questa persona non fa altro che gettarti addosso uno sguardo carico d’odio e di disprezzo” concluse senza fare giri di parole.

“È il diamante, vero?” chiese Perce con gli occhi velati di tristezza.

“Anche” confermò Gabriel, “ma non solo” ci tenne a sottolineare.

“Il diamante non fa altro che amplificare paure già esistenti” spiegò, precedendo le domande.

“È intimamente legato al suo possessore, di conseguenza, amplifica le paure della persona che lo indossa. Riesci a capire questo concetto?” domandò e Perce scosse il capo in segno di diniego.

“Mettiamo caso che il diamante venga indossato da una persona che ha un leggero fastidio verso gli ambienti troppo bui. Cosa credi proverà, questa persona, quando indosserà il diamante?” domandò senza però attendere la risposta.

“Il diamante nero rappresenta il male. E per esercitarlo, e compiere quindi il suo lavoro, si appella ai sentimenti negativi presenti negli animi delle persone. Questa persona, una volta indossato il diamante, non avrà solo un leggero fastidio verso ambienti scuri; ne proverà terrore. Il leggero fastidio diventerà una vera e propria fobia. Capisci ora?”.

“Per questo, Artù ha provato un senso di pace, proveniente dall’altro diamante” rifletté Perce.

“Esattamente!” confermò Gabriel. “Gli anelli devono esistere, e devono essere funzionanti per l’equilibrio del mondo. Non esiste pace senza guerra. Non esiste felicità senza tristezza. Non esiste una cosa senza il suo esatto opposto” e fece una pausa.

“Capisci perché, nel caso di Merlino, amplifica proprio queste paure? Capisci il vero significato dell’esistenza di Klause Badelt?” domandò ancora ma Perce si ritrovò nuovamente a scuotere la testa.

“La famiglia Badelt nacque circa trecento anni fa” gli rivelò allora Gabriel sapendo che l’altro avrebbe colto la similitudine.

“Quando tu gli hai consegnato il diamante” sgranò gli occhi Perce.

“Decennio più, decennio meno” confermò il guardiano.

“Merlino, a Camelot, non veniva da un ceto sociale alto” riprese a spiegare. “Tuttavia, riusciva a conquistare la fiducia di tutti. I suoi migliori amici, infatti, rientravano tra le file dei cavalieri. E tra queste file, dopo l’ascesa al trono di Artù, c’erano persone che, anche se di umili origini, avevano conquistato una posizione sociale più alta della sua”.

Perce annuì con il capo. Merlino, d’altro canto, anche quando loro erano diventati cavalieri, era rimasto sempre un amico. Non era mai stato solo il servitore del Re.

“Tuttavia” riprese a parlare Gabriel, “dentro di sé, covava un potere immenso. Un potere che non sarebbe stato accettato” e Perce annuì ancora, abbassando gli occhi con tristezza.

Ricordava, infatti, l’odio che lui stesso aveva provato per la magia. Ricordava le sue battaglie contro Morgana e i principi ai quali si era appellato quando era diventato cavaliere. Ricordava il regno di Uther e la guerra che ne era generata, facendo nascere in tutte le persone quantomeno una certa diffidenza verso la magia. Perché, anche se non tutti la odiavano, era indiscutibile che nessuno sarebbe andato contro il re. Almeno, non a Camelot. I popolani, infatti, non avrebbero esitato a denunciare uno stregone. E, anche quando Artù era salito al trono, nonostante il nuovo regno promettesse pace e giustizia per tutti, gli stregoni avevano continuato a essere gli esclusi. Certo, veniva fornito loro un equo processo, nel caso finissero sotto accusa per qualche motivo. Ma nessuno praticava la magia liberamente nel regno. Un Regno che Merlino sognava. Un Regno che Artù non aveva fatto in tempo a costruire. Perché Perce, era sicuro che, se Artù avesse governato per altri vent’anni, gli stregoni avrebbero visto il regno che sognavano. Però, il tempo non c’era stato. E lui stesso, in qualità di cavaliere, non aveva mai abbandonato i pregiudizi contro quelli che praticavano la magia. La sua famiglia, all’epoca, era stata sterminata dall’esercito di Cenred. E Cenred non si era mai fatto scrupoli nel circondarsi da stregoni. In sostanza, Merlino, in fondo non aveva tutti i torti a ricordare Camelot come un periodo buio. Non alla luce di tutte quelle informazioni, almeno.

La voce di Gabriel lo riscosse dalle sue riflessioni.

“Merlino ha sempre avuto la paura, ben celata, di non essere accettato. Capisci ora, perché è nato Klause Badelt?” domandò e stavolta Perce capì.

“Klause Badelt è un uomo che, attualmente, occupa, nella scala sociale, una posizione più alta della nostra. Una posizione più alta persino di Artù” disse Perce lentamente, capendo solo ora quei concetti.

Gabriel approvò con il capo.

“Klause Badelt è un uomo che non può essere messo da parte, né ignorato, perché potente, ricco e influente” aggiunse.

“E Merlino non si staccherà facilmente da questa maschera. Merlino, che ha sempre temuto il vostro ritorno, non abbandonerà Klause Badelt; soprattutto con voi” terminò.

“Se a Camelot queste paure erano inconsce, ora, grazie al diamante, sono sotto gli occhi di tutti” esclamò Perce e Gabriel annuì.

“All’epoca” spiegò ancora il guardiano, “per lui non aveva importanza essere un servo, perché il suo cuore era libero dall’influenza del diamante. Non gli interessava agire nell’ombra e non essere mai ringraziato per i suoi meriti, perché troppo altruista e disinteressato”.

“Ora invece è diverso” rifletté ancora Perce. “Klause Badelt è un uomo che viene continuamente osannato e che ci tiene a specificare il suo stato sociale”.

“Merlino ha costruito da solo la sua conoscenza, sfruttando i secoli che ha avuto a disposizione” ci tenne a sottolineare Gabriel.

“Tutto quello che ha costruito e imparato, non lo ha fatto grazie alla magia”disse ancora. “Se può, preferisce dimenticare di avere la magia. Quando non è costretto a essere il Sommo Emrys, lui sceglie di essere Klause Badelt” raccontò Gabriel.

“Quando siamo presenti solo noi e lui parla della sua magia, la chiama ‘il mio piccolo problema’” aggiunse e Perce lo guardò incuriosito.

Gabriel riprese a spiegare.

“Quando tiene un concerto o mette in mostra la sua conoscenza, dice sempre: sono Klause Badelt, in fondo, e mi sono costruito da solo, piccolo problema a parte” e sorrise leggermente.

“Ci tiene a specificare che lui non è solo magia” capì Perce.

“Ha imparato molte cose. Si è impegnato a imparare molte cose” precisò Gabriel e, per qualche istante, regnò il silenzio nella stanza.

Perce assimilava le informazioni, trovando tutte le incongruenze e facendole andare al proprio posto.

Era così che funzionava il diamante nero. Era così che esercitava il suo potere. Ed era per questo che solo Merlino poteva indossarlo.

Perché il diamante nero non aveva trovato terreno fertile nel cuore di Merlino, libero da ogni traccia di malvagità. Tuttavia, aveva facilmente scovato le paure nascoste nel suo animo e agiva su quelle.

Se il diamante fosse stato indossato da una persona con un cuore malvagio, allora, ammesso che questa persona fosse riuscita a controllarlo, avrebbe causato solo distruzione.

Certo, era stato al dito di Gabriel ma non aveva mai funzionato, dato che il guardiano lo custodiva.

Ma se fosse stato predisposto per essere indossato da una persona dal cuore malvagio, invece?

Beh... inutile dire che gli effetti sarebbero stati devastanti.

Tuttavia, non era colpa del diamante, perché il male doveva esistere per l’esistenza del bene.

Il diamante doveva esercitare il male e, al dito di Merlino, non proiettava il suo potere verso gli altri.

Al dito di Merlino, il diamante proiettava il male verso il suo possessore.

Ed era per questo che i guardiani lo avevano accompagnato e istruito.

Ecco perché esisteva Klause Badelt. Perché Merlino, da qualche parte, doveva trovare un appiglio per non farsi schiacciare. Doveva trovare un appiglio per non impazzire.

Questo appiglio era appunto la maschera che indossava. Una maschera che sopperiva tutte le paure che provava, creando un personaggio completamente opposto.

Sicuramente, Gabriel era stato uno degli artefici della nascita della famiglia Badelt. Lui, essendo il creatore dell’anello, aveva ben presente quali sarebbero stati i suoi effetti.

“Ovviamente” riprese a parlare Gabriel, distogliendo Perce dalle sue riflessioni, “è un bene che finalmente il Re conosca i timori di Merlino. Due metà devono conoscersi alla perfezione prima di incastrarsi” concluse con voce profonda e Perce lo guardò.

“E tu?” domandò con un sussurro.

Gabriel aggrottò lo sguardo.

“Io cosa, esattamente?”.

Perce si prese un istante di pausa, come per raccogliere le idee.

“Una volta che queste metà si saranno incastrate, tu cosa farai?” domandò, con un tono di voce bassissimo.

Gabriel lo guardò perplesso.

“Probabilmente, continuerò a fare quello che ho sempre fatto” rispose, non capendo cosa volesse dire l’altro.

“Certo” annuì Perce. “Ci sono sempre gli altri, vero?” domandò infervorandosi.

“Sinceramente, non capisco!” ammise Gabriel visibilmente spiazzato.

“Ci sono gli equilibri, i diamanti” cominciò a elencare Perce, alzandosi e camminando per la stanza.

“C’è Lui, c’è Artù, c’è Kyle” continuò Perce. “Ci siamo noi, e tutto il resto!” e fece un istante di pausa, prima di inginocchiarsi di fronte al guardiano, che era rimasto seduto, portando, in questo modo, i loro occhi alla stessa altezza.

“Ma Gabriel, dov’è?” domandò poi con foce profonda.

Gabriel sostenne lo sguardo dell’altro avvertendo la stessa situazione di poche ore prima: battito cardiaco accelerato.

Non fece tuttavia trapelare nulla dal proprio volto.

“Continuo a non capire” affermò, stavolta mentendo spudoratamente con espressione impassibile.

Il discorso dell’altro cominciava a essere chiaro. Tuttavia, nonostante Gabriel fosse sceso a patti con se stesso – ammettendo quindi di provare qualcosa per il cavaliere – non aveva nessuna intenzione di rendere note queste ammissioni, né incoraggiare la sbandata dell’altro.

Perce era solo un essere umano, dalle emozioni volubili e dai sentimenti passeggeri.

Lui, invece, era un essere immortale e non aveva intenzione di assecondare una persona in situazioni non appropriate.

Il cavaliere sembrava aver preso coraggio – a giudicare dal modo in cui si era rivolto – ma lui, nonostante avesse ammesso di gradire la presenza dell’altro, non aveva intenzione di far prendere una tale piega agli eventi.

Ci avrebbe messo poco, considerò, a riportare la situazione alla normalità.

“Non fare finta di non aver capito!”.

La voce rammaricata di Perce lo distolse dalle sue riflessioni. Gabriel studiò a fondo la sua espressione.

Il cavaliere non lo stava rimproverando. L’esclamazione, nonostante avesse la sintassi di un rimprovero, era stata pronunciata con voce implorante e malinconica. Gli occhi di Perce, in quel momento, erano tristi.

Questo tuttavia non distolse il guardiano dai suoi propositi.

“Potresti ripetere?” lo sfidò il guardiano.

Fu questa la domanda di Gabriel e mai nessuna domanda pronunciata dalla sua voce fu più tagliente di quella.

L’espressione era dura, le labbra piegate in una linea severa. Gli occhi, più neri della pece, non erano mai stati più freddi.

La risposta di Perce lo spiazzò nuovamente.

“Quando penserai a te stesso?” chiese il cavaliere in un sussurro, con gli occhi velati di tristezza.

La domanda aveva assunto il tono di una preghiera.

Gabriel ghignò con espressione supponente.

“Mi costringi a ricordarti” sibilò, “che questi non sono affari tuoi”.

“Lo so!” lo spiazzò nuovamente il cavaliere.

Gabriel sgranò impercettibilmente gli occhi.

“E non conta quanto sarai scostante e freddo” aggiunse Perce. “Non conta quanto mi allontanerai o manterrai le distanze” continuò, parlando lentamente eppure senza incertezza.

“Non potrai mai impedirmi di preoccuparmi per te” affermò con voce profonda avvicinando, lentamente, la sua mano a quella dell’altro poggiata sul bracciolo della poltrona.

“Non potrai mai impedirmi di provare quello che sento” sussurrò, sfiorando con la punta del dito il dorso della mano dell’altro, facendo durare il contatto meno di un istante, e poi poggiandola a una distanza irrisoria da quella del guardiano.

Gabriel lo guardò.

Seguì la traiettoria della mano del cavaliere, notando come l’avesse posata vicino alla sua,
sfiorandola appena.

Guardò poi il suo volto.

Quanta purezza nel suo sguardo, quanta bontà che traspariva dai suoi occhi.

Perce era un puro di cuore, dall’animo nobile.

Non come lui, che aveva visto il mondo evolvere, guerra dopo guerra, massacro dopo massacro.

Non come lui che aveva rinchiuso il suo cuore nel freddo oblio, per vivere l’eternità da essere umano.

Perce era puro. E quello che provava era sbagliato.

Fu per questo che Gabriel decise di disilluderlo, nel modo più crudele, pezzo dopo pezzo.

Fu con il suo sguardo più freddo che si rivolse a lui. Fu con il suo tono più glaciale che parlò.

“E credi che a me, personalmente parlando intendo, importi qualcosa?” e lo guardò sorridendo appena, mentre le labbra assumevano una linea cattiva.

“So anche questo” esclamò invece Perce, contro i suoi propositi, continuando a sorridere.

Un sorriso molto diverso da quello appena accennato di Gabriel. Un sorriso buono.

“Credi davvero che io non mi renda conto di essermi impelagato in una cosa a senso unico?” chiese ancora il cavaliere con tono rammaricato.

Gabriel lo guardò con un sorriso sarcastico.

“Quindi” disse lentamente, “sai quanto siano stupidi i tuoi propositi” lo provocò.

“Questo non mi impedisce di tentare” gli fece eco Perce. “Ogni uomo deve essere in grado di prendersi ciò che vuole”.

Gabriel si irritò, ritraendo di scatto la mano che era vicina a quella del cavaliere.

“Non provare a usare le mie parole contro di me, piccolo uomo” sibilo a denti stretti, senza nessuna traccia di sorriso sul volto.

“Non giocare con il fuoco” lo avvertì, alzandosi di scatto. “Potrebbero non piacerti le conseguenze” lo minacciò.

Perce si alzò a sua volta. Nonostante fosse notevolmente più alto dell’altro, questo diveniva un dato irrilevante se di fronte ti trovavi Gabriel che ti puntava addosso quello sguardo adirato e oltraggiato.

Tuttavia, non si tirò indietro, provando invece a spiegare il perché delle sue parole.

“Non volevo farti innervosire” provò a ragionare non capendo perché l’altro, improvvisamente, fosse diventato una furia.

“Allora non provare a manipolarmi per ottenere i tuoi scopi” sibilò Gabriel muovendo appena le labbra e mostrandosi in tutta la sua alterigia. “Soprattutto, con parole mie” ci tenne a specificare.

Perce lo guardò, considerando che Gabriel, in quel momento, avrebbe intimorito chiunque, anche chi non fosse stato a conoscenza della sua magia.

Tuttavia, capì anche perché l’altro si fosse improvvisamente arrabbiato.

“Hai frainteso” ci tenne a specificare. “Non volevo raggirarti con parole tue” continuò a parlare con sicurezza. “Volevo soltanto farti sapere che ho intenzione di seguire una delle tante cose che ho imparato da te, nelle poche sere in cui ci siamo incontrati” e gli si avvicinò amichevole.

“Cambi la forma, ma non la sostanza” lo guardò truce il guardiano. “Non provare a raggirarmi” ripeté. “Mai” sibilò.

“Le tue parole mi hanno fatto capire che, anche io, posso provare a raggiungere ciò che voglio” rispose Perce soprassedendo all’ennesima minaccia.

“Anche io, posso provare, con tutto me stesso, a essere felice” disse ancora.

“Voglio provare a seguire il tuo consiglio, diventando l’artefice del mio destino” continuò, implorando dentro di sé che l’altro capisse.

“Anche se so che non ho speranze” e scosse il capo, sorridendo con tristezza.

“Anche se so che sono niente a confronto” aggiunse con tono più basso.

“Voglio provare a migliorarmi, per raggiungere questa persona, passo dopo passo” e si avvicinò ancora.

Gabriel indietreggiò istintivamente.

C’era troppa sincerità nelle parole del cavaliere. Gabriel aveva sempre saputo che un animo nobile come Perce non avrebbe mai provato a raggirarlo. Tuttavia, quello che lo aveva colpito maggiormente era l’intensità dei sentimenti che professava.

Perce non aveva preso una sbandata. Perce non provava una cotta passeggera. Il suo sentimento non era volubile e transitorio.

Perce lo amava. Con un’intensità e un bisogno tali da arrivare alla disperazione.

Perché il cavaliere era cosciente dell’immenso divario tra loro e questa conoscenza doveva fare male. Molto male.

Il cavaliere, nonostante tutto, non poteva impedirsi di amarlo. Era questo che aveva voluto dirgli. Era questo il messaggio che aveva voluto trasmettergli.

Fu per questo che Gabriel decise di porre fine a tutto quello.

Perce, così come il Re e gli altri cavalieri, era tornato per risanare gli equilibri del mondo.

Era su questo che il cavaliere doveva concentrarsi. Quelli erano risvolti inaspettati e indesiderati. Risvolti inopportuni. Risvolti cui Gabriel avrebbe messo la parola fine definitivamente.

Aveva sottovalutato i sentimenti del cavaliere, paragonandoli a un’infatuazione di breve durata.

Ora, avrebbe rimediato.

Il cavaliere lo amava, per chissà quale arcano motivo. Bene! A breve, lo avrebbe odiato.

Fu con la sua migliore faccia da poker che lo affrontò.

“Come sei divertente” e ridacchiò con scherno. “Anche abbastanza ridicolo, devo ammettere” e gli puntò contro uno sguardo denigratorio.

“Ti rendi conto di essere un piccolo uomo mortale?” gli ricordò.

“Ne sono consapevole” sussurrò Perce volgendo lo sguardo altrove.

Gabriel lo scrutò: aveva fatto centro! Il cavaliere doveva aver pensato a questo piccolo particolare e lui aveva rigirato il dito nella piaga.

Chissà quanto si era tormentato su quell’ostacolo insormontabile.

“O forse” lo provocò ancora Gabriel, “è l’immortalità ciò che vuoi?”.

Perce scosse la testa, con gli occhi velati di lacrime.

“Non me ne faccio nulla dell’immortalità, se non ci sei tu” ammise senza problemi, sentendosi sconfitto.

“Prova a dirmelo tra cento anni” gli fece notare il guardiano con tono dubbioso.

Tuttavia, nonostante avesse messo in dubbio la veridicità dell’affermazione dell’altro, sapeva bene che Perce aveva parlato con sincerità. Questo, tuttavia, non lo smosse dai suoi propositi.

“Oh, che sbadato” parlò ancora. “Tu, fra cento anni, non ci sarai” gli fece notare cattivo afferrando il cappotto dalla poltrona.

Eccolo, il cuore del cavaliere che si frantumava, Gabriel riuscì quasi a sentirlo, attraverso lo sguardo pieno di dolore di Perce. Eccoli, quei sentimenti che si spezzavano, definitivamente, davanti a una realtà tanto oggettiva quanto crudele. Eccolo, un dato di fatto che non si poteva in nessun modo cambiare: mortalità e immortalità a confronto.

Gabriel si avviò silenzioso verso la porta.

“Dove vai?” chiese Perce preoccupato.

“Non sono affari di tua competenza” rispose Gabriel senza guardarlo.

“Manderò qualcuno a prendere la roba recapitata da Lenn” aggiunse, annodandosi la sciarpa.

“Mi dispiace!” provò a fermarlo Perce.

Gabriel lo guardò perplesso.

“Non mi dire che sei già pronto a ritrattare tutto!”.

“No!” lo contraddisse Perce con veemenza.

“Non c’è bisogno che tu vada. Io non mi aspettavo nulla da te. Ho sempre saputo di non avere speranze” ammise con foga.

“Volevo solo che lo sapessi, tutto qui” concluse.

“Avresti dovuto pensarci prima!” lo riprese l’altro avviandosi alla porta con decisione.

“Concentrati sul tuo scopo” lo ammonì. “E non perdere più tempo in cose inutili” e uscì definitivamente.

Perce guardò la porta chiusa per diversi istanti, sentendo una lacrima rigargli il volto.

Perché?

Perché era finita in quel modo?

Si sedette, notando che l’altro aveva dimenticato i guanti.

Li afferrò, stringendoli forte.

Poteva ancora sentire l’odore di Gabriel su quella piccola stoffa, se si concentrava.

Si prese il capo tra le mani sentendosi disperato.

Perché aveva rovinato tutto?

Gabriel non era stato cattivo con lui. Gli aveva semplicemente fatto notare l’ovvio.

Come sarebbe stato facile non provare quel sentimento così intenso e devastante.

Eppure… eccolo ancora lì, l’amore verso il freddo guardiano.

Eccolo ancora lì, l’amore per quella creatura così potente eppure così sola.

Un’eternità condannato a vivere da solo. Questa era la realtà di Gabriel. Questa era la vita che aveva scelto. Tuttavia, Perce sapeva anche che si trattava dell’unica realtà che l’altro conoscesse.

Ma lui, cosa poteva mai fare?

Perché Avalon non aveva dato loro qualcosa in più?

Perché lui, un tempo Sir Parsifal, non era tornato con qualcosa in più?

Perce.

Si sentì chiamare.

Perce.

Sgranò gli occhi.

Chi era, quella voce nella sua testa?

Perce.

Aveva già sentito quella voce.

Sì! Perce la conosceva.

Fu in quel momento che accadde.

Accadde nel momento di massima disperazione. Nel momento in cui, senza volerlo, Perce malediceva la sua natura mortale.

Fu in quel momento che svenne. Nelle mani, stringeva ancora i guanti dell’altro.

A chilometri di distanza, intanto, una piccola crepa in un oggetto immune al tempo e allo spazio si risanava.

A chilometri di distanza, un oggetto antico più del mondo, divenuto oramai una ragnatela di crepe e di graffi, creava qualcosa al suo interno.

Un piccolo rubino a forma di cuore, più rosso del sangue.

Continua…
 

Note:

Non ho molto da dire. La storia si infittisce ma, al contempo, si dirada anche.

Come avrete notato, uso la coppia Perce-Gabriel per dare informazioni riguardanti Merlino. In questo caso, Gabriel chiarisce ulteriormente il funzionamento del diamante nero e spiega il perché della nascita della famiglia Badelt. Queste spiegazioni saranno fondamentali nel prossimo capitolo quando, finalmente, arriveremo a mercoledì sera e Merlino e Artù si incontreranno. Uso questo capitolo, anche per analizzare meglio l’introspezione di Merlino vista da un osservatore esterno. Introspezione fondamentale per i prossimi capitoli quando, finalmente, avremo il punto di vista del mago.

Inoltre, nella parte finale, compare un nuovo mistero. Stavolta però si tratta di un mistero risolutivo e decisivo per l’avviamento della storia verso la conclusione.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Attendo curiosissima i vostri commenti.

Nel frattempo, ringrazio chi è giunto fin qui.

Pandora86
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Merlin / Vai alla pagina dell'autore: Pandora86