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Autore: jess87    09/02/2015    2 recensioni
Lady Felicity Smoak ha rinunciato al vero amore quando il suo cuore è stato spezzato da un poco di buono e la sua reputazione rovinata. Si è ormai rassegnata ad una vita passata in solitudine, quando un giorno, durante una delle sue passeggiate ad Hyde Park nel centro di Londra, la sua vita viene scossa da due piccoli diavoletti e il loro affascinante e intrigante padre, il Marchese di Beaufort, Oliver Queen.
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Dove sei stata?” Felicity tese la sua mantella completamente infradiciata al maggiordomo, Smith, e alzò gli occhi verso la sorella minore che se ne stava in piedi sopra le scale.

“Ero fuori, Sin.”

Cindy, chiamata amichevolmente Sin dalle sue sorelle, alzò gli occhi al soffitto e scese le scale. “Ovviamente. A Tommy non piace che tu vada fuori da sola. ”

Felicity arricciò il naso. No, a suo fratello non piaceva che lei lo facesse. Dopo lo scandalo con Cooper Seldon, era diventato iper protettivo verso di lei, anche grazie al suo personale senso di colpa. “Sono una donna adulta,” disse.

Sin si fermò di colpo di fronte a lei. Guardò il viso di Felicity e aggrottò le sopracciglia.

“Che c’è?” chiese Felicity prima di poter ritrarre le parole. Avrebbe dovuto imparare da tempo a non alimentare la curiosità della sorella.

 

“Sembri diversa,” disse Sin.

Felicity fece un sorriso. “In che modo?”

Sin inclinò la testa con fare drammatico, e cominciò a girarle attorno per osservarla meglio. Si fermò quando le due si trovarono una di fronte all’altra. “Non hai la solita espressione che hai ultimamente di qualcuno, il cui cucciolo è stato buttato sotto le ruote di una carrozza.”

Una risata involontaria le scappò dalle labbra. Scosse la testa. “E’ una cosa bruttissima da dire.”

Sua sorella sbuffò. “Che cosa avresti voluto che dicessi? Che sembravi una persona felice di vedere il suo cucciolo finire sotto le ruote?”

Una risata ancora più forte le scappò dalle labbra. “Oh, Sin.” Ecco cosa succedeva ad avere una madre espansiva, senza peli sulla lingua e che aveva lasciato loro la libertà di crescere ed essere chi volevano essere, senza troppe regole. Anche se a volte Felicity si chiedeva se Donna si fosse mai pentita di questa scelta dopo il disastro che lei stessa aveva combinato la scorsa primavera.

“Be lo sei.” Sin disse incrociando le braccia al petto. “Di solito ti aggiri con quel tuo sguardo perennemente triste sul viso.” Fece un’espressione corrucciata, con le labbra tremanti, in un tentativo di imitarla.

“Non sono così,” disse Felicity in modo terso, dirigendosi verso l’atrio.

“Sei esattamente così. E ancora ti rifiuti di dirmi dove vai. Ogni. Santo. Giorno.” Sin, tenace com’era sempre stata, cominciò a seguirla a poca distanza. Felicity aumentò il passo mentre percorreva il corridoio, e la sorella fece altrettanto per riuscire a starle dietro.

“Non è affar tuo.”

Sin non le diede retta, comportandosi come se non avesse sentito nulla. “Subito pensavo che andassi a fare delle compere. Ma poi ho notato che non tornavi mai con dei pacchi.” Scosse la testa. “Per cui sicuramente non è quello che fai.“

“Sicuramente,” mormorò Felicity.

“E in più non sei mai stata come Thea.”

“Chi non è come me?” Le due sorelle strillarono leggermente mentre Thea usciva improvvisamente dal salone.

Sin la guardò in modo storto. “Perchè devi sempre comparire dal nulla, spaventando a morte le persone?”

Felicity le ignorò e proseguì per la sua strada, ringraziando silenziosamente l’intervento inaspettato di Thea. Purtroppo per lei, però, la sua altra sorella esattamente come Sin, sembrava non avere nulla di meglio da fare, per cui si mise ad inseguirla incuriosita pure lei. Felicity entrò nella sala della musica e fece per chiudere la porta, ma Thea bloccò il suo tentativo disperato con un piede.

“Non te la caverai così facilmente,” disse sbuffando e si intrufolò nella stanza insieme a Sin.

Felicity fece un sospiro, avvicinandosi al pianoforte. Si sedette sul seggio e cominciò a suonare in un disperato tentativo di distogliere l’attenzione delle sue sorelle.

“Ugh, perchè insisti imperterrita a voler suonare, Lis?” Thea disse facendo una smorfia. “Sai che sei piuttosto terribile. Voglio dire, sicuramente te ne rendi conto.” Felicity la ignorò. Una nota piuttosto discordante, echeggiò nella stanza.

“Mi piace suonare,” disse un pò sulla difensiva. Sua sorella aveva ragione. Non c’era davvero niente di eccezionale nel suo modo di suonare il pianoforte, oltre al fatto di quanto terribile fosse. Suonava troppo lentamente, le sue dita erano troppo maldestre, ed era stata spesso presa in giro alle recite musicali. Ovviamente, i gossip più lascivi non avrebbero più menzionato qualcosa di così mondano come il suo terribile modo di suonare il pianoforte, ora che era scappata con un poco di buono che non aveva mai davvero avuto nessuna intenzione di sposarla.

Sospirò, e spinse via dalla sua mente i pensieri su Cooper. Dimenticò l’insistenza delle sue sorelle, e si concentrò sul pianoforte. Anche se l’avevano sempre derisa per le sue doti di suonatrice, la realtà era che Felicity si divertiva molto a farlo. Lo strumento le dava l’unico piacere che riusciva a trovare nella vita, e l’unico piacere che non fosse condizionato dagli altri. Le sue dita incespicarono sui tasti.

“Oh ecco, ha di nuovo quello sguardo. Ha di nuovo quello sguardo,” disse Sin, questa volta rivolgendosi a Thea.

Ignorale, ignorale.

Thea sospirò. “Ce l’ha.”

“E non vuole dirmi dove va ogni giorno.”

“Perchè probabilmente non è affar vostro.” Tre paia di occhi si voltarono verso la porta dove Sara, la loro sorella maggiore era appena entrata nella stanza.

Felicity suonò in modo ancora più forte. Sin si coprì le orecchie con le mani. “Lo devi proprio fare?”

Felicity imperterrita: “Si.”

Per quanto le sue sorelle giocassero con la sua pazienza, nei giorni bui dopo il tradimento di Cooper, le erano state vicino più di chiunque altro..e per quello non sarebbe mai stata capace di ripagarle. Se fosse stata del tutto onesta, poteva ammettere però, che le preferiva in veste di supporto che non in quello di pettegole.

“Stiamo cercando di capire dove sia stata,” disse Sin a Sara, parlando forte per cercare di contrastare il rumore fastidioso del pianoforte.

“Ma non ce lo vuole dire,” finì Thea per lei.

Felicity alzò lo sguardo dai tasti brevemente, abbastanza da vedere passare velocemente uno sguardo ferito negli occhi di Thea. Cercò di ricacciare indietro il senso di colpa. Dopo aver messo seriamente in bilico la prospettiva di matrimonio per le sue sorelle minori con la sua stupida condotta, le ragazze erano state fin troppo magnanime verso di lei, più di quanto meritasse. Doveva loro per lo meno la verità, eppure..non voleva rivelare del suo incontro con il Marchese.

Sara si accigliò. “Mamma ed io siamo preoccupate che abbia qualcosa a che vedere con… quell’essere.” Quell’essere era diventato il termine usato quando chiunque in casa Smoak si riferiva a Cooper Seldon. Quel vile farabutto che aveva osato rovinarle la reputazione, ma che era anche stato uno degli amici di suo fratello, Tommy. Proprio per questo, per non aumentare il suo senso di colpa, si limitavano a chiamarlo ‘essere’.

Sara iniziò in modo esitante, “Non mi dire che davvero hai ancora dei sentimenti per quel..”

Le sue dita scivolarono sui tasti. “No.”

La loro sorella più piccola, Sin, si mordette il labbro. “Sei sicura? Perchè..”

“Sicurissima,” disse Felicity, chiudendo in modo brusco il coperchio del pianoforte. Con un sospiro accettò la fine dei suoi sogni pacifici per quel giorno.

Le ragazze si scambiarono un’occhiata. “Odiamo vederti in questo stato,” mormorò Sara, la maggiore delle sorelle, che a differenza sua, era riuscita a sposarsi lo scorso Natale. “Sei sempre così triste…”

“Tranne oggi,” si intromise Sin. “Oggi è tornata da qualsiasi posto vada tutti i giorni, con un sorriso.”

Thea e Sara parlarono all’unisono, con occhi spalancati. “Lo ha fatto?”

Felicity alzò gli occhi al soffitto e pregò per un salvataggio instantaneo da queste fastidiose sorelle.

Sin annuì in modo vistoso. “Lo ha fatto. E ora non vuole dirmi, o meglio dirci, niente.”

Tre paia di occhi accusatori si voltarono nella sua direzione. E dato che Felicity riconosceva di avere ben poca speranza di riuscire ad avere un pò di pace e solitudine se non dava loro qualcosa, rivelò loro un frammento della verità. “Ho incontrato due piccoli combinaguai ad Hyde Park oggi, che mi hanno tirato palle di neve.”

Sin boccheggiò e si portò la mano alla bocca per mascherare una risata. “E’..orribile.”

“Ho restituito loro il favore.”

Tutte e tre le sorelle si misero a ridere questa volta. “Ben fatto, Felicity” disse Sara. “Pensavo che non sapessi più come divertirti.”

Aggrottò la fronte. Che cosa intendeva dire esattamente la sorella con quella frase?

Come se le stesse leggendo nel pensiero, Sara si affrettò a precisare, “Non perchè tu non lo sia mai stata divertente, anzi, eri una ragazza piuttosto solare prima di..quell’essere. Ma ecco..sei sempre stata anche più seria rispetto a tutte noi.”

“Non è vero,” replicò instantaneamente. Le tre sorelle si scambiarono uno sguardo, e lei scosse la testa al loro palese disaccordo. “So essere divertente, e non sono così seria come mi dipingete,” sussurrò a testa alta mentre percorreva il tragitto tra le sorelle per uscire dalla stanza.

“Si, un pò lo sei.” La risata tagliente di Sin la seguì attraverso il corridoio. Felicity aggrottò la fronte. Le sue sorelle non avevano tutti i torti. Era sempre stata colei che preferiva stare sui libri invece che andare alle feste mondane. Colei che non si abbassava mai al livello delle birbonate delle sue tre sorelle. Ma questo non voleva dire che non sapeva divertirsi, semplicemente le piaceva divertirsi in altro modo. Per lo meno una volta sapeva come ridere..prima di quell’essere.

Salendo le scale, le tornò alla mente il suo incontro con il Marchese di Beaufort. L’uomo era stato cupo, accigliato e serio. Era in quel modo che le sorelle la vedevano? Il resto del mondo la vedeva così?

Si incamminò verso la sua camera. Il fermo ticchettio dell’orologio andava a tempo con i suoi passi. Non era di certo colpa sua se quando era entrata in società, non c’erano stati tantissimi corteggiatori per lei. E questo l’aveva portata a credere in modo sciocco, ai bei complimenti che Cooper Seldon le aveva sussurrato all’orecchio.

O così per lo meno, era solita pensare. Felicity si fermò di fronte alla sua camera e aprì la porta, rintanandosi dentro. Solo ora, mentre era in piedi a fissare la sua desolata stanza, confrontò l’orribile possibilità che forse c’era qualche difetto nel suo carattere che aveva fatto scappare via i possibili pretendenti. Forse l’avevano vista come l’avevano descritta le sue sorelle: una troppo seria ragazza che non sapeva come divertirsi. Esattamente come il Marchese di Beaufort.

Felicity si avvicinò alla finestra. Spostò le tende color avorio e osservò le strade completamente deserte. La neve cadeva, pesante e copiosa, creando uno strato di bianco candore. Quando si era confrontata con il Marchese, lo aveva fatto senza nessuna traccia di accondiscendenza. Come si permettevano lui e i suoi bambini indisciplinati di distruggere i piccoli momenti di quiete che si era ritagliata per se stessa, per fuggire dagli sguardi di pietà della sua famiglia? Lo aveva giudicato freddo, e insensibile. Ma doveva anche ammettere con se stessa che era intrigata da lui, dalla sua storia, dal motivo per cui parlasse così freddamente della morte della moglie. Dopotutto, nonostante la sua iniziale freddrezza, era tornato sui suoi passi. Le aveva offerto il suo aiuto quando invece lei lo aveva già giudicato come un bastardo pomposo.

Felicity lasciò cadere le tende, le quali tornarono al loro posto. Forse, lei e il Marchese di Beaufort erano più simili di quanto volesse ammettere. Come lei infatti, quest’uomo, che si era meritato inizialmente il suo disprezzo e disdegno, aveva una storia. Sicuramente era stato soggetto di un grande dolore in passato che potesse spiegare la sua freddezza attuale. E Felicity, che non aveva fatto altro che pensare alla sua di miseria durante i mesi passati, si trovò improvvisamente assillata dal desiderio di sapere qualcosa in più di quell’oscuro e distante Marchese. Dopotutto, aveva sempre odiato i misteri.

   
 
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