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Autore: seasonsoflove    10/02/2015    8 recensioni
"Era quasi ora di pranzo alla Storybrooke High School, e Belle era seduta in classe insieme ai suoi compagni.
Belle era la tipica ragazza...atipica.
Graziosa ma di una bellezza antica, di classe. I lunghi capelli rosso scuro leggermente mossi, la carnagione pallida, le guance rosee, gli occhi di un azzurro irreale, il viso tondo, e il corpo minuto."
AU!Highschool - Young!Storybrooke.
Pairing (Rumbelle/SwanQueen e altri possibili)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Belle, Emma Swan, Regina Mills, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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What do you get when you fall in love?
You only get a life of pain and sorrow
So for at least until tomorrow
I'll never fall in love again
No, no, I'll never fall in love again



Regina era completamente ignara di ciò che era accaduto dalla parte opposta della città, in ospedale: in quel momento, la vita le sorrideva.
Non si capacitava di come si fosse fatta intimorire da Zelena per qualcosa che in realtà non esisteva: o meglio, lo capiva, ma cercava di ignorarlo.
Poteva essere tutto nella sua vita: cheerleader, figlia perfetta e amica di Emma. Nessuna delle cose escludeva l’altra ed ora le era chiaro più che mai.
Zelena poteva anche provare a minacciarla o a intimorirla di nuovo, ma lei non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa.
E così camminava per le vie di Storybrooke col cuore leggero, pensando che sua madre e suo padre erano fuori città e questo significava avere la casa tutta per sé, senza assilli o preoccupazioni.
Accanto a lei, Emma parlava animatamente della situazione coi suoi genitori.
“Così la mia scrivania è ancora in uno scatolone, abbandonata in un angolo. E resterà così fino alla fine dei miei giorni, temo.”
La studentessa si ridestò dai suoi pensieri.
“Come? Perché?”
“Perché non ho idea di come montarla!”
Regina sorrise leggermente.
“Possiamo provare insieme, ma non assicuro nulla. Non sono un granchè nei lavori manuali.”
Emma scosse la testa infastidita.
“Sono le istruzioni, non la parte manuale! Faccio confusione e mio padre continua a chiedermi se voglio una mano.”
 Seguì qualche secondo di silenzio. Un autobus passò accanto a loro e Belle French che era su quell’autobus, seppur in lacrime, le vide. Ma entrambe erano ignare della situazione.
“Pensandoci, potrebbe essere una buona idea. Potresti darmi una mano, almeno non sarei più costretta a correggere i compiti sul tavolo della cucina tra le briciole.”
Emma aveva davvero bisogno di una mano e chiedere a Walsh, il ragazzo che aveva incontrato pochi giorni prima le sembrava inappropriato.
“Allora abbiamo un accordo.”
 
 
 
In realtà era da tanto che Emma aveva in mente di invitare Regina a casa sua per bere un tè insieme, o un caffè, per chiacchierare comodamente e senza la formalità che la scuola imponeva.
Ciò che non si aspettava, era di trovarsi con la ragazza a cercare disperatamente di montare, seguendo dei complicatissimi schemi, una scrivania dell’IKEA.
Avevano preso la cosa sottogamba, ma non era per niente facile, neanche con le istruzioni. Lo scatolone era pieno zeppo di assi, viti e altri strani aggeggi difficili da identificare ad un primo sguardo.
“Va bene, ora passami il martello.” Biascicò Emma sotto un’asse di legno, con due chiodi in bocca.
“Ecco qua. Cerchi di tenere fermo l’angolo dell’asse però, o si sposterà come prima!”
“Fai facile a parlare…”
Regina alzò gli occhi al cielo ed afferrò il foglio delle istruzioni.
“Bene, il chiodo lì a destra.”
“A destra dove?”
“A destra! Lì sopra, insomma, vicino all’angolo!”
“Va bene qui?”
“Sì!”
Emma infilò il chiodo all’estremità dell’angolo. Purtroppo non riuscì a tenerlo fermo, così l’asse intera si spostò e mandò a monte l’assetto del mobile.
“NON E’ POSSIBILE!” Esclamò furente.
“Ecco che ci risiamo.” Disse l’altra sarcastica.
“Ma cosa sbaglio!?”
“Gliel’ho detto, deve tenere unite le due assi! Che senso ha cercare di infilare un chiodo se poi si muove tutto il resto?”
Emma riemerse dubbiosa dalle macerie del suo operato.
“Come dovrei fare!? Io ci provo ma…”
L’altra sbuffò e le schiaffò il foglio sotto il naso.
“Guardi qui! E’ così difficile da capire!?”
La bionda lo fissò contrita.
“Non capisco niente. Nel disegno è pieno di pezzi che non ci sono nella realtà!”
Regina fece per ribattere qualcosa, poi si fermò. Controllò di nuovo le istruzioni.
“C’è tutto! E’ lei che non sa montare quelle stupide assi!” esclamò poi spazientita.
“Ma insomma, tu stai li ferma immobile e fai fare tutto a me! Provaci te!”
“Io non sono fatta per i lavori manuali.”
“Questa è la scusa che stai utilizzando da un’ora per startene lì a bere il tè! Avanti. Prova.”
 
E così Regina, non senza protestare e sbuffare, andò a prendere il posto dell’altra.
“Bene. Ora mi tenga ferme le assi.”
“Prima tu non me le hai tenute ferme.”
Regina alzò la testa e la fulminò con lo sguardo.
“Vogliamo discuterne a lungo?”
Emma arricciò il naso irritata e si avvicinò per tenere immobili e vicini i tue famigerati pezzi di legno.
“Sono fermi?”
“Penso di sì.”
“Come sarebbe a dire – penso di sì –“
“Insomma io-“
“Al diavolo.”
 
Mezz’ora dopo, non senza altre imprecazioni e numerosi battibecchi, la scrivania era finalmente pronta.
Regina si rialzò soddisfatta e incrociò le braccia.
“Dovrei riconsiderare la mia vita. Ho un futuro come ingegnere.”
“Tecnicamente, al massimo falegname.” La corresse Emma.
L’altra inarcò le sopracciglia.
“Come preferisce.”
E poi accadde.
Emma fece per rialzarsi ma appoggiò accidentalmente il piede su qualcosa di piccolo, duro ed estremamente scivoloso. Annaspò un momento, muovendo le braccia sgraziatamente, dopodichè si aggrappò alla prima cosa che le capitava, cioè il braccio di Regina, e rovinò a terra insieme alla ragazza.
Entrambe urlarono ed entrambe sbatterono la testa con forza.
Il mondo si fermò per qualche minuto.
“Cosa – diavolo – è – successo.” Biascicò poi Regina.
Emma, incastrata sotto di lei, aprì gli occhi.
“Sono scivolata.” Mormorò.
“Questo l’avevo intuito.” Rispose l’altra digrignando i denti. “Su cosa però?”
La voce di Regina proveniva da qualche punto imprecisato vicino alla sua spalla destra.
La professoressa girò la testa con cautela. Pareva tutto in regola.
E lo vide: un bullone che ancora rotolava leggermente, placidamente appoggiato sul pavimento.
“Un bullone.”
Il tono di voce era inespressivo. Non potevano aver dimenticato nessun pezzo, o la scrivania non sarebbe stata montata correttamente…eppure…
“Non può essere! Tutti sanno che in un mobile dell’Ikea non può avanzare nulla, altrimenti…altrimenti non sta in piedi!”
“Beh, questo è un bullone.”
Dichiarò Emma. Poi aggiunse “E anche bello grosso.”
“Merda.”
“Non usare certi termini di fronte ad una professoressa.” Disse la bionda debolmente, come per abitudine.
“Tecnicamente sono sopra una professoressa, quindi posso dire quello che voglio.”
Se Regina avesse potuto decidere una qualunque frase da poter cancellare nella sua esistenza, sarebbe stata quella.
Alzò il viso titubante, fino ad incontrare lo sguardo dell’altra. Aveva la testa appoggiata sulla spalla e il resto del corpo abbandonato sgraziatamente mezzo sul pavimento, mezzo sul corpo dell’altra. Per un momento sentì la gola seccarsi, complice il profumo di Emma, complici i suoi occhi verdi e il suo sguardo stupito. Poi si riprese.
“Era…era una battuta.”
Cercò senza successo di assumere un’espressione allegra.
“Insomma…non era…”
“Ho capito” Tagliò corto Emma.
Rimasero immobili ancora un momento.
“Ora però dovresti rialzarti, se non ti dispiace.”
“C-certo.”
“A meno che non ti piaccia così tanto stare sopra una professoressa.”
Regina scattò a sedere e si sistemò i capelli.
“Che simpatia.” Disse poi sarcastica, sentendo il viso bollente.
“Più o meno come la tua. Ma immagino che le battute tra ragazze siano così di questi tempi.” Borbottò l’altra rialzandosi e stiracchiandosi.
Le due non parlarono per qualche minuto, mentre Regina ricontrollava le istruzioni senza realmente vederle.
Era arrabbiata, imbarazzata, lusingata e felice. Inoltre il suo cuore batteva molto forte e le dava fastidio, rimbombava rumorosamente nelle orecchie.
Non aveva idea di cosa le stesse accadendo, non riusciva a fare ordine nel turbinio di assurde sensazioni che avevano preso forma dentro di sé.
“Immagino che siamo ancora in tempo per un altro tè.” Esordì infine Emma.
L’altra alzò la testa e sorrise.
Sì, erano in tempo.
 
 
Alle dieci in punto, Robert venne sbattuto fuori dal Rabbit Hole in condizioni pietose. Qualcuno gli urlò dietro qualcosa che suonava tanto come un “non farti vedere mai più”, e la porta del locale si chiuse.
Il ragazzo rimase un momento immobile, stordito a fissare l’edificio.
Poi, pieno di rancore, tirò un calcio al muro e mostrò il dito medio alla finestra.
“Tanto sono più figo di voi!” sbraitò, rivolto alle persone dentro al locale.
Dopodiché se ne andò traballando, con la birra in mano.
Doveva tornare a casa, Bobik aveva bisogno di fare la sua passeggiatina serale.
Bobik doveva anche mangiare.
Ma l’idea di tornare in quella casa disgustava Robert.
Così decise che avrebbe dormito fuori, all’aperto. Tanto era caldo, era primavera.
Mezz’oretta dopo però scoprì che le panchine del porto erano curiosamente scomode e l’aria del mare di Storybrooke era dannatamente fredda, nonostante fosse aprile inoltrato.
Si alzò furibondo, dopodichè gli venne l’illuminazione: sapeva benissimo dove andare a dormire.
 
 
Regina Mills non era mai stata tanto felice in vita sua.
Sua madre era fuori casa, suo padre anche, aveva ordinato del fantastico cibo cinese, molto grasso e pesante, si era gustata anche un muffin al cioccolato che si era comprata prima sulla via di casa.
Ora era davanti alla televisione, con la sua coperta preferita, il suo pigiamino di seta preferito e il suo programma preferito: Masterchef.
E intanto pensava ad Emma, al fatto che quello fosse stato il miglior pomeriggio della sua esistenza, al fatto che era indubbiamente la sua migliore amica…e poi ripensava al suo profumo, era davvero buono, forse doveva chiederle che cos’era…improvvisamente sentì un fastidioso rumore provenire dalla finestra.
Si girò spaventata. Sembrava qualcosa di duro che sbatteva contro il vetro.
E poi udì l’urlo.
Una voce che conosceva bene.
Preparandosi al peggio, aprì la porta di casa ed uscì in giardino.
 
 
“REGIIIIIINAAAAAA”  Urlò Robert, agitando le mani nel bel mezzo del giardino.
Nessuno rispose.
“Stupida stronza, lo so bene che sei in casa. Hai tutte le luci accese!” biascicò.
Prese un sassetto e lo lanciò verso la finestra del soggiorno.
“REGINA!” Urlò di nuovo preparandosi a lanciare un nuovo sasso.
In quel momento la porta d’ingresso si aprì.
“Brutto ammasso di merda!” urlò la mora andandogli incontro furibonda, attraversando il giardino con passo spedito.
“Regina! Ma quanto ci hai messo, vieni qua che ti do un abbraccio!” Gold cercò di avanzare ma inciampò nei suoi stessi piedi e finì con la faccia a terra.
“Cosa vuoi! Cretino! Non puoi urlare in questa maniera, tutto il vicinato ti ha sentito!”
Robert cercò di rialzarsi sputacchiando erba.
“E quindi? Avranno pensato che sono il tuo ragazzo venuto a farti una romantica serenata.”
Regina lo fissò con disgusto e tristezza.
Era ridotto in uno stato pietoso.
I capelli spettinati, lo sguardo vacuo, la camicia quasi aperta, sporca, scucita su una manica e una bottiglia di birra in mano.
“Ti piaccio vero? Non sono male, devi ammetterlo. Non sono molto alto e palestrato, è vero, ma sono un tipo interessante.” disse lui ammiccando.
“Cosa diavolo ci fai qui.”
“Ho bisogno di un posto dove dormire. Ho provato sulla panchina del porto ma è scomodissima. Quindi dormo qui.” Disse semplicemente. Dopodiché cercò di camminare in avanti ma Regina lo spinse indietro.
“Con che coraggio vieni qua, ubriaco marcio, alle undici di sera, pretendendo di dormire a casa della tua ex-ragazza che disprezzi e prendi in giro da mesi!?”
“Non ho voglia di tornare a casa. Odio tutti, a parte il mio cane. E non posso andare da Killian. Ora fammi passare dai.”
“Perché non vai ad implorare pietà dalla French? Scommetto che se ti vede ridotto così ti accetta.”
Gold rimase immobile e fissò il terreno.
“Beh!? Hai qualcosa da dire!?” abbaiò Regina.
Era in pigiama. Era furiosa. Era così felice fino a poco prima, aveva passato un pomeriggio splendido e si stava godendo la sua televisione in alta definizione, guardandosi le repliche di Masterchef.
Per una volta che sua madre era fuori città, ecco che arrivava quel fantasma dal passato a tormentarla.
“Lo sai che non posso tornare da Belle.” Mormorò piano.
“Perché vi siete mollati. Sì, lo so.”
“Lei mi ha piantato.” Specificò.
Regina inarcò le sopracciglia.
“Davvero? Lei ti ha lasciato? Perché?”
“Non sono cazzi tuoi!” ringhiò lui.
Lei sorrise amabilmente.
“Fammi capire. Vieni qui a chiedermi asilo e non mi dai neanche un valido motivo per cui dovrei aiutare l’essere più stronzo e miserabile sulla faccia della terra?”
“Mi ha lasciato perché l’ho tradita. Ma non l’ho fatto apposta. Lei non mi parlava più e credevo che …volesse mollarmi. Avevamo litigato…no, non proprio. Insomma, era una cosa stupida…lei era sparita dopo la cena coi miei…” la voce gli si spense.
“Hai tradito Belle? Ma tu i pantaloni allacciati non te le sai proprio tenere, vero!?” esclamò Regina disgustata.
“Bada a come parli!” Gold le agitò un dito contro “Non l’ho tradita in quel modo lì. Ho baciato appena un’altra, perché mi sentivo solo, triste e non amato. Anzi, mi sono fatto baciare da un’altra. E l’altra è corsa a dirglielo.”
“Chi è la fortunata?”
“Non so se la conosci, si chiama Zelena, è arrivata da poco in città ed è più stronza di te.”
Regina si immobilizzò, sentendosi gelare dentro.
E così Zelena era arrivata a distruggere anche l’amore immortale di Robert Gold e Belle French…Quella ragazza era male allo stato puro. Pensò fugacemente ad Emma. Forse era meglio non sottovalutare la cugina: poteva seriamente fare loro del male.
“Beh? La conosci!?” chiese lui. Bevve un sorso di birra.
“No.” Mentì subito Regina. “Smettila di bere. O mi vomiterai tutto in giardino.” Aggiunse poi, osservando apprensiva la bottiglia nelle sue mani.
“E’ tuuutto sotto controllo!”
Non fece in tempo a dirlo che si piegò su sé stesso e avverò in pochi secondi la predizione di Regina.
La ragazza fece un balzo indietro e imprecò.
“Merda che non sei altro!” Sbraitò a vuoto.
“Sc –“  Provò a dire Robert “Scusa”
“IO CHIAMO LA POLIZIA” Strillò l’altra istericamente. “TI DENUNCIO! Ti faccio sbattere in galera per molestie!”
Lui si accasciò su sé stesso, tenendosi la pancia, in preda ai conati.
“VATTENE SUBITO DAL MIO GIARDINO! FUORI!” Urlava lei.
Lo afferrò per un braccio, badando di tenersi ben lontana dalla sua faccia e fuori tiro, e cercò inutilmente di trascinarlo sul vialetto, lontano dalle peonie curate di sua madre.
Robert iniziò a piagnucolare.
“Oddio santissimo no. Anche questo no!”
In men che non si dica il ragazzo piangeva come una fontana, aggrappato al braccio della sua ex-fidanzata.
Regina era completamente senza parole.
“Ti prego non mi abbandonare anche tu!” biascicava continuamente Robert, sempre tenendosi la pancia e dondolandosi su di sé.
Lei valutò l’idea di fargli un video ed inviarlo a Belle, dicendo di tornare subito a riprenderselo.
Ma non era un’idea intelligente.
Doveva farlo sparire al più presto o i vicini avrebbero iniziato a fare domande, chiedendosi chi è che urlava e piangeva nel giardino accanto al loro alle undici di sera passate.
Quella era una via rispettabile.
“Senti” disse disperata “Okay puoi entrare. Ti prego, rialzati, smettila di fare baccano, vieni, adesso sistemiamo tutto.”
Ma Robert ormai era completamente andato. Si era sdraiato a terra, rannicchiato su sé stesso, e scuoteva la testa.
Regina respirò profondamente. C’era una sola cosa da fare.
Chiedere aiuto.
E c’era una sola persona che sarebbe corsa ad aiutarla a quell’ora, pur di vivere un’avventura indimenticabile: Tink.
 
 
Tink, stesa a letto e con un libro abbandonato sulla pancia, pensava al pomeriggio passato.
Non aveva cenato e non aveva fame, era triste e non sapeva cosa fare.
Fin da piccola aveva sempre tenuto la sua vita e le emozioni che non riusciva a gestire, sotto controllo. Il suo autocontrollo aveva fallito qualche ora prima, in quella stanza dell’ospedale.
Anche se poteva dirsi relativamente soddisfatta di com’erano andate le cose.
Aveva affrontato la sua paura e i suoi errori, si era scusata e aveva aiutato il suo amico in un momento di difficoltà. Non lo aveva abbandonato e non era scappata.
E Killian era stato davvero gentile con lei.
Nonostante fosse arrabbiato con più o meno chiunque, non le aveva serbato rancore.
“Non tocco il cellulare da giorni. Non so che messaggi tu mi abbia mandato ma non fa niente.” Aveva borbottato il ragazzo.
 Tink gli era grata per non essersela presa.
Se fosse stato arrabbiato con lei, o peggio, se avesse sofferto a causa sua non se lo sarebbe mai perdonato.
Così, chiusa quella spiacevole storia, la giovane si era semplicemente avvicinata all’amico e gli aveva stretto la mano e lo aveva consolato.
Non era mai stata brava in quel genere di cose, ma poteva ritenersi soddisfatta. Ora però, nella sua cameretta, cominciava a sentirsi di nuovo triste.
Era desolata anche per Belle, per l’espressione della sua amica e per quella di Robert. E si sentiva male per aver tenuto per sé il ciondolo che le era stato chiesto espressamente di consegnare.
Killian cosa le avrebbe detto di fare? Si sarebbe arrabbiato se avesse scoperto che in qualche modo stava tenendo i due amici uno lontano dall’altra?
E poi, come un segnale divino, il cellulare della ragazza squillò.
Squillò così forte che per poco Tink non cadde dal letto, persa com’era nei suoi pensieri.
Chi poteva essere a quell’ora?
Rabbrividì pensando a Jones, magari suo fratello era peggiorato, oppure aveva finalmente letto i suoi fatidici messaggi pieni di odio e aveva deciso di non perdonarla…
Invece era Regina.
 
 
“Aiutami a portarlo dentro.”
“Ma che puzza! Come si è ridotto così!?”
“Lascia perdere, non lo vuoi sapere.”
Le due ragazze avevano afferrato Robert sotto le braccia e lo stavano trascinando faticosamente dentro casa.
“Belle…” mormorò lui.
“No. Non c’è Belle. Basta frignare ora.” Disse Tink sbrigativa. Riuscirono, con immenso sforzo, a portarlo in soggiorno. Lo fecero sedere sul divano e Regina gli portò di corsa un secchio in caso di problemi estremi.
“Okay. Io lo tengo sott’occhio. Tu vai di là e prepara acqua e limone, va bene?”
Disse Tink concitata.
“Acqua e limone. Perfetto.”
“Anche un caffè.”
“Io odio il caffè…anche Belle lo odia…” biascicò a fatica il ragazzo.
“Tu devi stare zitto, hai capito!? Regina, il caffè.”
“Bene.”
 
Regina fu di ritorno in men che non si dica.
Robert era sdraiato sul divano mentre Tink gli teneva la mano e annuiva alzando gli occhi al cielo ogni volta che lui mormorava “Mi dispiace.”
“Ecco qua.” Disse Regina posando il necessario sul tavolino del soggiorno.
“Prima il caffè, poi l’acqua e il limone. Ti avviso che potrebbe stare male di nuovo ma è l’unico modo per farlo riprendere in fretta.”
 
 
Tre ore dopo il ragazzo giaceva sul divano, con espressione sofferente e la testa che iniziava lentamente a fargli un male inconcepibile.
Regina e Tink, in preda alla noia e alla disperazione, avevano riacceso la TV e guardavano le repliche di Game of Thrones.
“Dove sono?” Chiese ad un certo punto Robert.
“A casa mia.” Rispose Regina concentrata sulla televisione, senza degnarlo di uno sguardo.
“Chi è che puzza così!?”
“Tu.” Disse Tink fissando lo schermo.
Lui mugugnò ancora qualcosa.
“Bagno.”
“Cosa?” Regina si voltò verso di lui.
“Bagno!” ripeté.
“Stai male? C’è il secchio. Non voglio rischiare che tu mi sporchi qualcosa nel tragitto verso il bagno!” esclamò lei.
“Devo…voglio solo andare in bagno!” ripeté lui.
“Ti ho detto di usare il secchio!”
“Ma devo fare la pipì!”
Tink lanciò a Regina uno sguardo eloquente.
Quando Robert fu davanti alla porta del bagno, con Regina accanto che lo sorreggeva, si schiarì la voce.
“Entro allora.”
Sparì e si chiuse la porta a chiave.
Regina imprecò. Non doveva chiudere la porta a chiave.
Cinque minuti dopo, terrificata, udì lo scroscio della vasca da bagno.
Batté  con violenza sulla porta ma non udì risposta.
“Tink vieni qui!” chiamò subito.
“Che c’è” disse l’altra accorrendo “Dai che mi sto perdendo il Purple Wedding!” (*)
“Senti l’acqua correre?”
“Sì.”
“Lui non risponde.”
Entrambe picchiarono forte con i pugni sullo stipite finchè la porta non si aprì e non apparve Robert con espressione stupita e praticamente nudo.
“COPRITI!” urlò Tink scandalizzata.
“Mi…sto facendo una doccia!” esclamò lui sdegnoso.
Regina dovette reprimere l’istinto di strozzarlo.
“Perché diavolo vuoi fare una doccia!?”
“Lei” indicò Tink che lo guardò con disprezzo “Ha detto che puzzo.”
“Va bene ma devi farti un bagno proprio ora!?”
“Sì.”
La porta venne chiusa con violenza e le due ragazze lo sentirono cantare a squarciagola una tremenda canzone di Celine Dion.
“Sembra che stia meglio.” Disse poi Tink perplessa, mentre Joffrey Baratheon (**) moriva avvelenato sullo schermo della loro televisione.
“Già. Piccolo bastardo, gli vanno sempre tutte bene.” Commentò Regina con amarezza.

 
Quando Robert uscì dalla doccia, Tink e Regina stavano chiacchierando in soggiorno.
“Scusate…scusate.” Provò lui, ancora un po’ confuso.
La testa gli pesava e faceva molto male, ma il mondo aveva iniziato a riacquistare senso.
Per uscire però, aveva indossato in fretta e in furia un accappatoio di Regina, rosa, che gli copriva a stento ciò che doveva coprirgli.
“Mettiti dei vestiti! Vegognoso!” Abbaiò subito Tink.
“Ehm…sono qui per questo. Non ne ho!”
“Come sarebbe. Rimettiti quelli vecchi. E anche velocemente!” esclamò Regina.
“Sono sporchi!” disse lui indignato.
“Li hai sporcati tu! E’ roba tua!”
“Ma io ora sono pulito e profumato.”
Regina sbuffò rabbiosa mentre Tink scuoteva la testa.
La mora si alzò e sparì al piano di sopra, mentre Robert pestolava agitato in soggiorno, nel suo accappatoio rosa.
“Se potessi…non dire niente a Belle, ecco.” Disse poi rivolto a Tink.
“Non lo farò. Anche se sto seriamente pensando che te lo meriteresti per quello che le hai fatto.”
La bionda guardava davanti a sé con espressione corrucciata.
“Smettila. Lo sai che la amo e che non volevo ferirla.”
“Sì, lo so. Però più ci penso e più mi verrebbe voglia di prenderti a sberle e di-“
Robert non scoprì mai cosa gli avrebbe voluto fare Tink.
In quel momento arrivò Regina con in mano alcuni indumenti puliti.
“Qui ci sono un paio di mutande larghissime di mio padre. E sì, in caso te lo stessi chiedendo, ti ho dato le più brutte apposta.  Lo stesso vale per i calzini. E questa invece mi risulta che fosse tua.”
Gli porse una t-shirt nera con una scritta bianca e lui sparì mogio mogio nella camera degli ospiti.
Tornò poco dopo in boxer, calzini e con la t-shirt indosso.  Sulla maglietta troneggiavano due frecce, una puntava verso l’alto, e l’altra verso il basso.
La scritta recitava “The Man, The Legend”. Ovviamente la freccia di The Legend puntava verso il basso.
“Sei sicura che fosse mia?” chiese profondamente dubbioso.
Le tue ragazze si fecero sfuggire una risata.
“Non penso che mio padre abbia mai comprato una cosa simile.” Disse Regina sogghignando.
“Neanche io ricordo di averla mai comprata.”
“E’ tua, te lo assicuro.”
Gold si guardò perplesso, poi alzò le spalle.
“Me l’avranno regalata.”
 
 
Fu quindi deciso che sia Robert che Tink si sarebbero fermati a dormire.
Da una parte Regina li avrebbe volentieri cacciati entrambi a pedate da casa sua, dall’altra era piacevole l’idea di avere due amici con cui condividere una serata così movimentata.
Osservando Tink che si accampava sul divano e cercava disperatamente uno pseudo-pigiama da indossare e Robert che gironzolava per casa con la sua ridicola maglietta e con quei boxer larghi a quadretti, mentre beveva acqua e limone e sgranocchiava fette biscottate, Regina si sentì, forse per la prima volta in vita sua, davvero a casa. E in un certo senso, amata.
Le era mancato avere un gruppo di persone con cui condividere un certo tipo di esperienze.
La sua divisa da cheerleader non le aveva mai procurato dei veri amici.
Ma Tink sì. Ed Emma, inconsapevolmente.
E Regina pensò che non ci fosse nulla di migliore al mondo.
 “Hai una coperta o qualcosa del genere?” chiese Tink mentre spostava dei cuscini dal divano.
“Sì, nell’armadio della stanza degli ospiti.”
Robert intanto si lamentava perché non trovava il suo spazzolino da denti.
“Ne avevo lasciato qua uno! Proprio qui, in questo bicchiere!” urlò dal bagno.
“Sono mesi che non vieni qui, mi hai mollata tu e pretendi anche che io abbia ancora il tuo spazzolino da denti?”
“Avrebbe fatto comodo ora! Potevi tenerlo.” Esclamò scontento.
“Puoi sempre usare quello del water.”
Tink arrivò con un’enorme coperta di pile.
“Ho trovato questa, posso usarla?”
“Sì, certo.”
 "Ce la facciamo ad andare a letto!?" esclamò poi Regina, vedendo che Robert usciva dal bagno con fare bellicoso.
"Dopo che avrò trovato uno spazzolino da denti!" rispose con rabbia.
L'altra alzò gli occhi al cielo e si avviò verso il bagno.
 
Poco dopo, si lasciò cadere a letto, sfinita.
Chiuse la luce mentre sentiva Tink che borbottava qualcosa nel bagno accanto alla sua stanza.
“Ma dov’è il dentifricio!?” la sentì dire.
“Se l’è preso Robert e se l’è portato in camera. Ne trovi un altro tubetto nello scaffale accanto al lavandino!” rispose lei fissando il soffitto.
“Perché se l’è portato in camera?”
”Chiedilo a lui. Magari ci dorme assieme.” Rispose vaga l’altra.
Passarono circa quindici minuti. Sentì Tink scendere le scale e avviarsi verso il divano.
Sorrise.
Avere due amici in casa era davvero una sensazione straordinaria. Certo la loro era una strana amicizia, in realtà non sapeva esattamente se potesse essere considerata tale, ma stavano comunque dormendo da lei e avevano condiviso con lei dei momenti incredibili.
Se sua madre avesse saputo…
Si girò nel letto e guardò fuori dalla finestra.
Chiuse gli occhi, pensando che l’indomani avrebbero fatto colazione insieme e avrebbe potuto prendere in giro Gold per l’immonda performance della sera precedente e per la sua ridicola t-shirt.
E poi, all’improvviso, sentì qualcuno zampettare nel corridoio fuori dalla sua camera. Il qualcuno in questione bussò alla porta e senza aspettare una conferma entrò.
Anche al buio poteva intravedere la stupida scritta di quella stupida maglia che Robert indossava.
“Cosa ci fai qui!” sibilò.
Gold non disse niente e si avvicinò al suo letto.
Poi disse a disagio: “C’è uno strano rumore.”
Regina si tirò su disorientata.
“Eh?”
“C’è uno strano rumore giù di sotto. Tipo…qualcosa che fischia e sospira forte.”
“Ma va.”
“Ti dico di sì. Io non ci voglio più dormire al piano terra.”
“Ma smettila! Torna di sotto imbecille, quanti anni hai!?”
“Vieni a sentire se non ci credi. Non è che hai i topi in casa?”
Regina sbuffò, scalciò rabbiosa la coperta e si alzò.
“Bel pigiamino.” Disse Robert sarcastico.
“E’ pura seta. Inoltre non mi faccio dire cosa indossare da uno che si è comprato quella maglietta!”
“Ti ho detto che me l’hanno regalata!”
Continuarono a battibeccare sotto voce fino alle scale.
Dopodiché, a passi felpati, scesero i primi gradini.
Da lì avevano la visuale completa e sul corridoio e su parte dell’ingresso.
Si udì un respiro profondo e Regina si voltò spaventata verso Robert.
Lui sgranò gli occhi.
“Cos’è?” chiese lei dubbiosa.
“Ma che ne so, sono venuto a chiedertelo apposta! Credevo fosse tipo la caldaia ma…”
Si udì di nuovo quello strano rumore sommesso, e si aggiunse anche uno strano brontolio.
Regina arretrò per le scale.
“Okay. Adesso ci procuriamo un’arma scendiamo di sotto.” Iniziò lei agitata fissando il corridoio.
“Un’arma!?”
“Sì. Ecco.” Tirò giù dalla parete un quadro e lo mise in mano a Gold. “Se è un ladro colpiscilo forte in testa con questo.”
Lui la fissò turbato.
Dopodiché Regina sparì per un secondo di sopra e ritornò tenendo in mano un abat-jour.
“Siamo pronti.” Disse solennemente.
“Non possiamo semplicemente chiuderci in camera tua e aspettare che faccia giorno!?”
“Non pensi a Tink!? Se è qualche malintenzionato chissà cosa le faranno!”
Robert pensò che in effetti il discorso filava.
Così, silenziosamente, i due scesero per le scale, cercando di limitare il più possibile i movimenti bruschi.
Gold controllò la cucina. Non si muoveva nulla. Fece segno a Regina di seguirlo.
Sentirono quello strano rumore, ancora. Proveniva dal soggiorno.
Il ragazzo si bloccò davanti alla porta socchiusa.
Fece segno di no con la testa e si spostò.
“Vigliacco.” Mormorò Regina.
Spalancò la porta con rapidità e si preparò a colpire.
Nulla si muoveva. Poi quel rumore.
Proveniva dal divano.
Regina si avvicinò al divano, osservò ciò che le si palesava davanti agli occhi e si girò lentamente.
La testa di Gold spuntava spaventata dallo stipite della porta.
Lei gli si avvicinò furibonda brandendo la lampada con odio.
Si chiuse la porta alle spalle.
“Brutto demente che non sei altro! ERA TINK!” Sibilò.
“Eh?” chiese lui perplesso.
“E’ Tink! Russa!”
“Ma come fa a fare quel rumore! Ha qualche problema al setto nasale? Guarda che secondo me non è mica normale!”
“Ma chissenefrega! Mi hai fatta agitare per niente! Sei un idiota, un codardo e un credulone!”
I due continuarono a litigare furiosi nel corridoio davanti alla porta del soggiorno, finché Regina risalì le scale schiumante di rabbia.
Rimise il quadro al suo posto e la lampada.
Gold la seguì agitato fino alla sua camera.
“Vuoi sparire!? Il tuo posto è una rampa di scale più sotto, nella stanza degli ospiti.””
“Io…non mi piace stare di sotto.”
Regina si costrinse a non prenderlo a pugni e respirò profondamente per calmarsi.
 “Ti ho accolto in casa mia. Ti ho dato asilo, gentilezza, una stanza, un bagno e ti ho aiutato. Cosa vuoi ancora!” sbottò infine.
“Niente. Non lo so. Mi sento solo. Non mi piace il buio e sono ancora un po’ ubriaco. E la finestra dà sulla strada. Ho paura di vedere qualcuno che guarda dentro.” Confessò lui fissando il pavimento.
Era così ridicolo, con quell’espressione spaventata, i capelli arruffati, quei terribili boxer larghi a quadretti e i calzini a righe. E quella maglietta.
Le scatenava una sorta di sentimento di pietà misto a rabbia ed ilarità.
Ma non solo quello.
Ciò che più la turbava e la infastidiva, era anche una certa nostalgia che le stava dando emozioni tutt’altro che piacevoli.
“Va bene. Dormi qua. Prenditi il lato del letto che so che ti piace tanto. Poi stai zitto, non muoverti e non fare rumore. Non voglio sentir volare una mosca. E guai a te se provi a fare qualcosa di strano. Se sento anche solo qualcosa che si appoggia contro la mia schiena o le mie gambe giuro che...”
Robert la guardò costernato.
“Voglio solo dormire!” esclamò poi traboccante di indignazione.
Senza dire più una parola, entrambi si infilarono sotto le coperte e si girarono, dandosi le spalle.
Regina rimase immobile, ascoltando i battiti del suo cuore rimbombare nelle orecchie.
Era una situazione strana, imbarazzante e triste.
C’era stato un tempo in cui loro si erano trovati in situazioni del tutto analoghe, e le avevano sfruttate al meglio.
Poi le cose erano cambiate, il destino aveva scelto per loro due strade separate.
Forse non lo aveva mai amato, ma questo non voleva dire che in fondo al suo cuore, Regina non provasse un pizzico di affetto per quel ragazzo che aveva condiviso con lei così tanto.
“Posso chiederti una cosa?” disse improvvisamente la mora.
“Credevo di non poter parlare.”
“Puoi parlare se interrogato.”
“Spara.”
Regina esitò. Come chiederlo senza sembrare ambigua?
Non c’era un modo, così andò dritta al punto.
“Mi…mi hai mai amata?”
Gold non rispose subito.
Lentamente si girò dalla parte della ragazza e rimase a fissarle la schiena.
“Non credo.” Disse poi piattamente.
Seguirono alcuni minuti di silenzio.
“Tu?” chiese poi lui.
“No.” Rispose Regina, dopo averci pensato.
Si girò anche lei.
“Ami Belle?” domandò, guardandolo nella penombra.
“Sì.”
“E perché l’hai tradita?”
“Non…non l’ho fatto apposta. Lei era sparita. E’…una storia lunga. E…mi aveva chiesto del tempo. Credevo che fosse un modo per lasciarmi e addolcire la pillola, mi sono fatto prendere dal panico. Avevo…così paura che mi lasciasse che ho cercato di convincermi che ero pronto ad affrontare la cosa e ad andare subito avanti. Non è così. Lei non voleva neanche lasciarmi. Stava lavorando per ottenere una borsa di studio e…era sparita per quello. Ho rovinato tutto.” Concluse mesto.
Regina rimase in silenzio per un momento.
“Gliele hai dette queste cose?”
“Ci ho provato. Non le interessa.”
“Mi dispiace.”
Gold seppellì la testa nel cuscino.
“Sembra che per quanto mi impegni io non riesca a fare la cosa giusta.” Disse poi.
La ragazza sorrise tristemente.
“Beh, siamo in due.”
"Davvero? In realtà mi sembri serena ultimamente..."
"Lo sono...più o meno."
Lui la guardò di striscio.
“Vuoi dirmi che succede?”
Regina esitò.
Era un argomento spinoso ma non aveva nessuno con cui parlarne. Con Tink non poteva, per ovvie ragioni.
“Alla festa di Tink qualche settimana fa…quella dove-” iniziò.
“Quella dove siamo venuti a prenderti. Sì, continua.”
Era inutile cercare qualche perifrasi o degli eufemismi, così disse schiettamente: “A quella festa…sono andata a letto con Tink.”
Robert non disse niente ma Regina poteva vedere che la stava osservando, al buio.
“Nel senso che…ci ho fatto ses-“
“Sì, ho capito cosa intendi.”
“Okay.”
Lui si alzò e si mise a sedere.
“Beh, non penso che sia un problema...” Disse infine.
“Credo che mi sia piaciuto. Insomma...non...non so spiegarlo. Non mi è piaciuto perchè era con lei ma...ma mi è piaciuto.” Confessò lei.
“Beh, buon per te!”
Si mise a sedere pure lei.
“Credi di essere…si insomma…ti piacciono...” riprese Robert.
“Le ragazze?”
Lui annuì sorridendo leggermente.
“Non saprei. Non mi sono mai posta il problema.”
“Beh,  puoi pensarci. Ti piace Tink?”
Regina aggrottò le sopracciglia.
“Non credo proprio.”
“Ti piace…qualcun’altra?”
Emma Swan.
“No.”
“Allora abbi pazienza, arriverà il momento in cui lo capirai.” Disse lui saggiamente.
Regina si lasciò andare e ridacchiò. Si sentiva nettamente meglio.
“Non pensi che sia strano?” chiese poi però.
“No. Cioè, mi sento vagamente offeso nel sapere che potresti essere diventata lesbica dopo essere stata con me, insomma, non credevo di essere così terribile ma-“
Regina scoppiò a ridere e Robert si unì a lei.
“Sai, stiamo meglio ora di quando stavamo realmente  insieme. Se avessi saputo che non eri così insopportabile sarei stata meno stronza..” Esclamò lei.
“E’ perché ora hai cambiato sponda. Non c’è più tensione sessuale tra noi due. Ti considero al pari di Killian.”
La ragazza afferrò un cuscino e glielo sbattè in faccia.
“Sei odioso!” sibilò.
Ma non lo pensava davvero.
Era stato davvero gentile con lei e aveva saputo farla ridere e farla sentire a suo agio su una questione che la tormentava da settimane.
Una questione di cui non aveva parlato a nessuno.
E soprattutto, una questione che non aveva neanche mai avuto il coraggio di portare alla luce con sè stessa.
Robert afferrò un altro cuscino e glielo spappolò sulle gambe.
“Senti, ma tu sei attiva o passiva? Comunque ti ci vedo, sposata con Ellen DeGeneres e cinque bambini adottati!”
“E pensa che potrebbero dire che è stata colpa tua!” disse Regina cercando di difendersi da un secondo attacco. “Dopo le tue tremende performances io-“
“Zitta!”
Gold le si lanciò di peso addosso e la atterrò contro il materasso immobilizzandole i polsi.
La casa era immersa nel silenzio e improvvisamente i due si resero conto della vicinanza che si era creata tra i loro corpi.
Regina sentì un brivido lungo la schiena, guardando quei grandi occhi che credeva di aver perso per sempre.
Le mani calde di Robert che erano ancora strette intorno ai suoi polsi, mollarono lentamente la presa.
La ragazza sentì le loro dita intrecciarsi quasi inconsapevolmente.
“Regina…”soffiò lui.
“Una notte. Una notte soltanto.” Ribatté lei decisa.
Senza farselo ripetere, Robert annullò le distanze tra loro e appoggiò le proprie labbra su quelle di Regina.
Fu come tornare indietro nel tempo e riavvolgere il nastro.
Le immagini di quegli ultimi mesi si susseguivano nella sua mente: Belle che lo lasciava, la cena a casa sua, la festa di Tink e prima volta con Belle, Belle che lo baciava, San Valentino con Belle, la punizione con Belle, il Ballo, Regina…Regina.
Erano passati mesi ma era come se non fosse passato neanche un giorno.
Regina gli tolse finalmente la stupida maglietta, graffiandogli la schiena e divorando le sue labbra.
Si chiese distrattamente di cosa sapessero le labbra di Emma Swan.
Poi tutto finì.
Robert si staccò di colpo, indietreggiò sul letto e si appoggiò a fatica sul materasso, respirando forte.
“Beh?” esclamò Regina.
Si controllò al buio, cercando di capire se ci fosse qualcosa di strano che avesse portato il ragazzo a scostarsi.
Lui non disse nulla e rimase immobile.
“Guarda che ho fatto la ceretta.” provò incerta.
Robert tirò su col naso e improvvisamente si rannicchiò sul lato destro del letto.
"Ma cos'hai!?" abbaiò la ragazza.
"Scusami...non ci riesco...Belle...Lei..." mormorò lui infelice, iniziando a singhiozzare.
Regina chiuse gli occhi, respirando forte. Sapeva che stava per ricominciare a piangere ed era la cosa più deprimente a cui avesse mai assistito. Inoltre aveva interrotto quella che poteva essere una piacevole nottata. Ciononostante lui era stato gentile con lei nel momento del bisogno. Era suo dovere morale fare lo stesso.
"Va bene, senti...ti prego, no, non piangere, hai una faccia terribile mentre piangi e...e ti trema tutto il mento!"
Troppo tardi. Il corpo di Robert era scosso dai singhiozzi e il ragazzo aveva afferrato il cuscino e l'aveva abbracciato.
"Scusami" provò tra le lacrime  "Sono una checchetta isterica, lo dice sempre anche Killian, ma Belle mi manca, la amo così tanto e io non dovevo fare quello che ho fatto poco fa...se lei lo sapesse..."
Infine Regina capì che c'era un'unica cosa da fare in quel momento.
Comportarsi da amica.
Così si avvicinò con discrezione al corpo del ragazzo e lo abbracciò.
"Ho capito." disse semplicemente.
Rimase in attesa che i singhiozzi si calmassero.
"Non...non lo dirai a nessuno vero? Mi prenderanno tutti in giro." mugugnò poi Robert.
"No, non lo dirò a nessuno." dichiarò l'altra pazientemente.
Alzò lo sguardo fino ad incontrare, seppur al buio, quello dell'altro.
"Ma tu non dire a nessuno...quell'altra cosa. Di me e Tink. Va bene?"
Lui annuì, tirando su col naso.
"Abbiamo un patto!" disse poi.
Regina sorrise.
Avevano un patto.
E infine, si addormentarono.









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*I'll never fall in love again - Burt Bacharach

(*) e (**) Purple Wedding: Game of Thrones. Anche se non siete fan della serie e DOVRESTE ESSERLO, la scena...è questa: https://www.youtube.com/watch?v=l2W2xHM4cWo


Taratra - ta ta ... 
Ciao! 
Allora...voi vi chiederete: ma questo capitolo è stato scritto sotto influssi di LSD? 
Cari amici, la risposta è SÌ. Non so neanche io come giustificarmi. So che molti di voi *allegra combriccola di Rumbellers di Facebook/Skype/Whatsapp sì, sto parlando a voi* si aspettavano dosi infinite di angst, dolore e sofferenza...ma...no.
O almeno...un po' sì, ma non tanto. 
Personalmente, sono una grandissima fan delle cosiddette dramedy, ossia drama + comedy ...insomma, cosa c'è di meglio? E ho notato che ultimamente C'ERA UN PO' TROPPO DRAMA. Quindi...
A parte gli scherzi, io sono un'amante della GoldenQueen in tutte le sue forme. Potrei shipparli alla morte se non amassi i Rumbelle e se non avessi la strana sensazione che Regina potrebbe essere la figlia di Rumple (il che renderebbe tutto vagamente incestuoso quindi NO). In ogni caso, loro sono LA BROTP.  Durante la loro scena della 4x11 ho pianto. Per me sono semplicemente fatti per essere amici, si capiscono, hanno lo stesso taglio di capelli e c'è quel bel rapporto di amore/odio perfetto per le grandi amicizie. Insomma, LI AMO.
E sì, lo so che stava per succedere una brutta cosa, ma...quello a cui ho pensato è che entrambi erano in un momento di assurda debolezza e...qualcosa ha preso il sopravvento. Ma poi l'amicizia ha vinto su tutto <3.
Oh, e ve lo giuro, montare i mobili dell'IKEA è un'esperienza trascendentale. E' terribile. Parola di scout.
E poi boh, è tutto vago.
Ditemi voi. Non sono mai convinta, questo si sa, ma non sono convinta di...praticamente qualsiasi cosa. Quindi, sarò felice se mi farete sapere cosa ne pensate, IC, OOC...tutto insomma. Criticate anche, perchè sarò ben felice di migliorare qualsiasi cosa! :)
Una piccola cosa...questa fanfiction ha raggiunto e superato le 300 recensioni. Non posso neanche esprimere la mia gratitudine e la gioia che provo a sapere che questo...folle esperimento nato per caso in un giorno del dicembre 2013 ora sia seguito e recensito da così tante persone. Veramente, è bellissimo per me poter condividere un po' dei miei viaggioni mentali giornalieri con persone come voi.
Perciò, grazie davvero.
Un bacioe dearies, alla prossima...lunedì (notte) 23 febbraio!
Seasonsoflove

 
   
 
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