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Autore: evelyn80    11/02/2015    1 recensioni
[Affari a quattro ruote]
[Liberamente ispirata a varie puntate delle stagioni 9, 10 e 11]
Evelyn possiede una dote straordinaria: è in grado di comunicare con la mente con tutti i mezzi di trasporto e principalmente con le auto. Questa sua capacità non passa certo inosservata e Mike le chiederà di unirsi a lui ed Edd nella loro "missione di recupero" di vecchie auto. Lei accetterà, non senza riserve, e non tarderà ad innamorarsi dello spilungone.
Genere: Comico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ispirato alla puntata n° 8 della decima stagione

Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, ne offenderle in alcun modo.





Capitolo cinque

 

Archiviato il capitolo Urraco Mike si mise alacremente al lavoro, alla ricerca di una nuova auto da restaurare e rivendere. Prima ancora di riuscire a vendere la Lambo, un tarlo gli si era ficcato in testa: quando suo padre era giovane – e lui solo un ragazzino – quello aveva comprato una Ford Popular e l’aveva trasformata in una hot rod, chiamandola Pinball Wizard. Il commerciante ricordava con nostalgia quei momenti, e per onorare il suo genitore si era messo in testa di comprarne una anche lui. La sua ricerca fu lunga e quando finalmente ne trovò una andò da Evelyn al cottage per farsi accompagnare.

Negli ultimi giorni la ragazza si era comportata in maniera molto strana: non era mai andata in officina, a volte non rispondeva nemmeno al telefono, tanto che all’inizio aveva temuto che si fosse ammalata. Poi aveva notato che anche Edd era molto strano ed aveva capito che, molto probabilmente, il loro comportamento bizzarro era dovuto a quanto accaduto quella notte a Bologna e quindi decise di lasciar perdere.

Eve rimase in silenzio per buona parte del viaggio: rispose solo a monosillabi alle domande di Mike, che provò varie volte a fare conversazione ma con scarsi risultati. La giovane sembrò riscuotersi solo quando arrivarono dalla Pop.

"Finalmente mostri un briciolo di interesse" commentò l’uomo al suo fianco ma la ragazza non rispose, limitandosi a stringersi nelle spalle.

La Ford in questione era una hot rod rosso fiammante, ma con ben evidenti i segni dell’età e delle riparazioni fai-da-te che aveva subito. Mentre Mike chiedeva informazioni al proprietario, un ragazzo simpatico con gli occhiali, Evelyn si presentò, senza però riuscire a nascondere il suo stato d’animo, che fu subito notato dall’auto.

"Ciao… io mi chiamo Evelyn… posso conoscere il tuo nome?"

"Ciao, Evelyn! Mi chiamo Freddie, come Freddie Mercury!"

La ragazza sorrise appena nel sentir pronunciare il nome di uno dei suoi cantanti preferiti e la vettura si accorse immediatamente che qualcosa non andava:

"Hai una faccia da funerale, tesoro! Cos’è, ti è morto il gatto?"

Lei sospirò prima di rispondere:

"No… anche se forse sarebbe stato meglio, visto che non ho mai avuto gatti… in realtà sto passando un periodo un po’ triste."

"Fammi indovinare: delusione d’amore?"

"Bingo… come hai fatto a capirlo così in fretta?"

"Perché sul fondo della tua mente vedo l’immagine di un uomo dai buffi capelli, mezzi bianchi e mezzi neri."

"Già… non riesco a liberarmene… e, se non me ne vado, credo che non ci riuscirò mai."

"Ed allora perché non lo fai?"

"Perché non riesco a decidermi… sono un’eterna indecisa."

La Popular ridacchiò, prima di aggiungere:

"Il tuo amico panzone vuole comprarmi, non è vero?"

"Si, l’intenzione sarebbe quella; ed io dovrei sondarti alla ricerca dei tuoi difetti."

"Per me non c’è nessun problema. Solo, mi dispiacerebbe di lasciare il mio vecchio proprietario: è un bravo ragazzo!"

Evelyn gli dette una comprensiva pacca sul cofano, ed attese che Mike chiedesse il consenso ad un giro di prova.

Una volta a bordo poggiò le mani sul cruscotto molto spartano, chiuse gli occhi ed entrò nella coscienza dell’auto. Sentì subito che c’era qualcosa di diverso: era come se non fosse un’auto sola, ma parecchie vetture insieme, che sembravano voler parlare tutte in una volta. Fu un’esperienza molto particolare, che prima di allora non aveva mai avuto l’occasione di provare.

"Ma quante coscienze hai?" gli chiese, quando finalmente riemerse dalla sua esplorazione: poiché non era omologata per la guida su strada, non avendo superato la revisione, stavano correndo sulla pista di un vecchio aeroporto in disuso, con Mike aggrappato freneticamente al volante nel tentativo – vano – di farlo stare dritto.

"Molte, non è vero? E’ perché io, ormai, non sono più solo una Ford Pop: sono anche Jaguar, Volkswagen e chi più ne ha più ne metta! Sono una specie di coperta patchwork!"

Il paragone la fece sorridere e l’uomo accanto a lei se ne accorse:

"Finalmente ti vedo sorridere ancora! Temevo che non sarebbe più successo! Cosa ti ha detto?"

"Che è una coperta patchwork."

Anche il commerciante sorrise, ancora aggrappato al volante:

"Bè? Cosa hai scoperto?"

"Il problema più grave è proprio quello che ti impedisce di tenere lo sterzo fermo: l’avantreno è un completo disastro, tutto da rifare. Poi ovviamente c’è la carrozzeria usurata e qualche altro acciacchetto qua e la…"

"Si, avevo immaginato che ci fosse qualcosa di sbagliato nella geometria dello sterzo: mi sembra di guidare un motoscafo… comunque la adoro, e credo proprio che la comprerò!"

"E’ un maschio. Si chiama Freddie. E mi ha detto che gli dispiace di dover lasciare il suo attuale proprietario."

Mike dette due pacche sul cruscotto:

"Non preoccuparti, Freddie! Prima ti rimetteremo a nuovo: ti faremo brillare come una stella! Poi troveremo qualcuno degno di possederti!"

"E sia… in fondo, non è mai troppo tardi per cambiare."

Le trattative si conclusero in fretta e Mike, impaziente di portarsi la Pop in officina, chiamò subito il suo amico Paul Brackley per farla venire a prendere con il carrello.

Era la prima volta che Evelyn lo vedeva e ciò che la colpì di più furono i suoi occhi: azzurri come un cielo settembrino. Per il resto era un uomo di mezza età come tanti altri, alto circa un metro e settantacinque, con corti capelli grigi ed il viso solcato da diverse rughe di espressione. A detta di Mike, era l’uomo più taciturno di tutta l’Inghilterra, ed infatti non pronunciò nemmeno una parola, né durante le fasi di carico della macchina, né durante il viaggio di ritorno, che si svolse quasi nel più completo mutismo.

La ragazza ne approfittò per crogiolarsi nel suo dolore, tanto che ad un certo punto sia il furgone sul quale stavano viaggiando, un Mercedes giallo di nome Drew, che la Ford sul carrello dietro di loro, la rimproverarono:

"Non per farci gli affari tuoi" esordì il furgone, cogliendo la ragazza alla sprovvista e facendola sobbalzare, tanto che i due uomini si voltarono entrambi dalla sua parte: "Ma non ti sembra di farti del male? Non sarebbe meglio se tu smettessi di pensare a Edd?"

"Non ci riesco…"

"Ed allora cerca di conquistarlo, che diamine!" esclamò la Pop

"E come? Mi ha detto di essere "felicemente sposato"" rispose, amara.

"Tze… comincio ad avere qualche annetto alle spalle, ed ormai ho imparato a conoscere gli esseri umani di sesso maschile, visto che ho avuto a che fare con molti di loro. Non c’è n’è uno che non disdegni una scopata facile! Come dice Roger Taylor in Drowse: "…and the easier lays…"" cantò la hot rod, imitando il falsetto del batterista dei Queen.

"Parlate bene, voi, ma io non voglio accontentarmi di una scopata! Io vorrei farlo innamorare di me!"

"Ed allora prova a farlo ingelosire" suggerì Drew.

"Ingelosire?! E con chi, con Mike? Per l’amor divino!"

"No, con Mike no; ma potresti provarci con lui" ed il Mercedes le inviò l’immagine del viso di Paul assorto nella guida, gli occhi cerulei fissi sulla strada.

Evelyn trattenne a stento un brivido, ma decise di provarci:

"Bè, in fondo, tentar non nuoce…" e senza rendersene conto cominciò a fischiettare allegramente la canzone cui aveva fatto riferimento la Popular.

 

* * *

 

Quando Edd doveva procedere con riparazioni più rognose del solito o doveva smontare pezzi di carrozzeria piuttosto voluminosi, era solito rivolgersi a Paul per farsi dare una mano. Era una specie di tuttofare, come Evelyn poté constatare durante le riparazioni della Pop.

La hot rod aveva bisogno di una nuova parte frontale ed Edd fece ricorso al suo aiuto parecchie volte. Per la ragazza fu l’occasione giusta per mettere in atto il suo piano.

Cominciò ad andare in officina solo quando sapeva che l’uomo era presente; e se ignorava quasi completamente lo spilungone, riservava invece all’altro molte piccole attenzioni, interessandosi al suo lavoro e facendogli un sacco di domande.

All’inizio Paul sembrò molto stupito da quello strano interesse, poi cominciò a gongolarne: in fondo, a quale uomo non farebbe piacere ricevere le attenzioni di una ragazza di quindici anni più giovane? Accoglieva l’arrivo della giovane donna con calorosi sorrisi e divenne persino più loquace, fermandosi a volte a parlare con lei al termine del turno di lavoro.

Edd tentava di far finta di nulla, ma la cosa lo infastidiva parecchio: in primo luogo perché non gli piaceva lo strano nuovo atteggiamento di Evelyn, che sembrava volto intenzionalmente a farlo ingelosire; ed in seconda battuta perché la ragazza ci stava riuscendo benissimo! Scoprì di essere geloso marcio del collega, tanto da arrivare al punto di rischiare di spezzarsi la schiena con l’avantreno della Pop piuttosto che chiamarlo per farsi dare una mano.

Quando Eve arrivò in officina, quel giorno, sembrò molto delusa nel non trovare l’uomo sul posto:

"Oggi non è venuto Paul?"

"No… non avevo bisogno…del suo aiuto…" gemette il meccanico in risposta, mentre tentava di alzare un pezzo pesantissimo sopra la testa.

"Come no… lo vedo, sei perfettamente in grado di gestire la riparazione" commentò lei con un tono così acido che lo spilungone vacillò, tanto da farsi scivolare di mano il blocco metallico che si infranse al suolo a pochi centimetri dal suo piede: "Come volevasi dimostrare" aggiunse, indicando il pezzo ormai inutilizzabile.

Edd lo fissò a sua volta, ansimando, per qualche secondo, poi alzò lo sguardo verso di lei:

"Ascolta: non so cosa ti sia preso, ma non mi piace che tu faccia la civetta con Paul!" sbottò, incapace di tenersi dentro quello che provava.

"Senti senti… e da quando ti interessa così tanto quello che faccio?"

"Da quando mi sono reso conto che non sei più la stessa di prima!"

"Ed hai pensato al perché non lo sono più?"

Il meccanico aprì la bocca per ribattere ma non trovò niente di idoneo da dire, così la richiuse.

"Appunto! E’ proprio la reazione che mi aspettavo! Non ho bisogno di una balia, Edward, so badare a me stessa! Quindi fammi la cortesia di non impicciarti nei miei affari!" gridò la ragazza, prima di lasciare l’officina.

Il meccanico rimase per un attimo interdetto, poi afferrò il primo oggetto che gli capitò a portata di mano – una chiave inglese – e lo scagliò con rabbia dall’altra parte del garage, con un grido di frustrazione, prendendosi poi la testa tra le mani. Che cosa gli stava succedendo? Perché era così geloso di quei due?

"Che diamine, lo so il perché! Mi sono innamorato di lei, cazzo!" urlò a pieni polmoni, perdendo il suo solito aplomb tipicamente inglese, ed il vasto spazio dell’officina amplificò la sua voce.

Ma Evelyn era ormai già troppo lontana per sentirlo: era corsa via, in preda alla rabbia. Perché lo aveva trattato così male? Avrebbe dovuto farlo ingelosire, non inimicarselo!

"Sei una stupida, Eve!" si disse, mettendosi le mani nei capelli: "Questi raggiri non ti si addicono! Tu non sei così! Questa non sono io, non più… basta, voglio lasciar perdere tutto! Non mi importa più di farlo innamorare di me, basta solo che non riprenda ad odiarmi come all’inizio…"

"Ti amo Edward!" gridò al cielo, talmente forte da far volare via gli uccellini appollaiati su un albero lì vicino.

 

* * *

 

 

Si decise a tornare all’officina solo il giorno successivo, nella speranza che anche la rabbia di Edd fosse evaporata come la sua. Per sua grande sfortuna, il meccanico non c’era: intento a trafficare con il frontale della Popular c’era solo Paul. Ormai decisa a rinunciare alla sua pantomima – che, tra l’altro, non le era mai piaciuta – rivolse a malapena un saluto all’uomo, chiedendo poi notizie dello spilungone.

"E’ andato da una ditta esperta in verniciature a scegliere il colore per questo vecchio macinino…"

"Vecchio macinino a chi?! Ma come ti permetti, brutto topo di fogna!"

"Ma che cosa te ne importa…? L’importante è che ci sono io, qui…"

Mentre parlava l’uomo le si era avvicinato, ignaro della rimostranza della Pop che per la rabbia mandò ad Evelyn un’immagine del tuttofare con la testa ricoperta dal suo olio esausto.

In altre circostanze la ragazza si sarebbe messa sicuramente a ridere, ma in quel momento non le piaceva affatto lo sguardo di Paul: la stava letteralmente spogliando con gli occhi e per la prima volta ebbe il timore delle conseguenze che la sua recita avrebbe potuto provocare.

L’uomo si era avvicinato ancora, facendola retrocedere finché non si ritrovò con le spalle al muro.

"Non avrai mica paura di me! Sono tre giorni che mi provochi, con tutte le tue domandine e le tue attenzioni… adesso non venirmi a dire che non vuoi qualcosa di più."

"Credo… credo sia meglio che me ne vada, eh? Tornerò più tardi, magari quando c’è Edd" disse la ragazza, con la voce resa acuta dal nervosismo, tentando di defilarsi verso l’uscita, ma Paul l’afferrò per le braccia, schiacciandosi contro di lei, impedendole di fare qualunque mossa.

"Non così in fretta… quel dannato spilungone se n’è andato da poco: abbiamo tutto il tempo che vogliamo."

"Paul, ti prego… non so cosa tu abbia in mente, ma ti scongiuro di smettere!"

"Prima mi stuzzichi e poi vuoi che mi fermi? Oh no, non se ne parla nemmeno!" e con una forza che la ragazza non immaginava avesse, visto che aveva il fisico minuto per essere un uomo, si schiacciò ancora di più contro di lei, togliendole il respiro. Cominciò a sfregarglisi contro, il membro turgido che premeva contro il suo ventre. Tenendole ancora le braccia bloccate, tentò di baciarla. Evelyn dimenò la testa a destra ed a sinistra, nel tentativo di evitare il contatto, ma l’uomo era quanto mai risoluto: tenendola ferma con tutto il peso del suo corpo usò una mano per bloccarle il viso, serrandole le guance in una morsa di ferro e schiacciando le sue labbra su quelle di lei.

La paura e la tensione avevano fatto salire alle stelle il livello di energia psichica della ragazza: riusciva persino a sentirla fluire fuori dalle sue membra; ed anche la Ford se ne accorse, tanto che le gridò nella mente:

"Chiama Edd! Cercherò di convogliare la tua energia verso la sua auto! Se non è troppo lontano, forse riuscirà a sentirti!"

Tentando allo stesso tempo di tenere le labbra serrate per impedire alla lingua di Paul di farsi largo nella sua bocca, Eve lanciò un grido disperato, con tutta la potenza che aveva:

"Edd, ho bisogno di te! Paul sta tentando di violentarmi! Aiutami!"

La Popular raccolse l’energia sprigionata dalla ragazza e, con la forza delle sue molteplici coscienze, la indirizzò verso l’auto di Edd.

"Speriamo che riesca a sentirci!" esclamò, osservando la scena che si svolgeva davanti ai suoi fari senza poter fare altro per aiutare la ragazza.

 

* * *

 

Edward era fermo ad un semaforo, con le mani strette sul volante della sua Range Rover, quando la voce disperata di Evelyn gli esplose nel cervello:

"Edd, ho bisogno di te! Paul sta tentando di violentarmi! Aiutami!"

Sobbalzò sul sedile, guardandosi intorno: dov’era la ragazza? Ma non c’era nessuno nelle vicinanze… doveva esserselo immaginato, rifletté: in fondo, per tutta la notte non aveva fatto altro che pensare a lei. Persino mentre faceva l’amore con sua moglie aveva avuto in testa Eve!

Quando scattò il verde il meccanico ripartì, ma non fece in tempo a fare pochi metri che un’altra voce gli risuonò in testa, una voce maschile dallo spiccato accento britannico meridionale:

"Sbrigati, idiota! Evelyn ha bisogno del tuo aiuto!"

Senza pensarci su fece inversione a U, tirando addirittura il freno a mano per derapare meglio, beccandosi una selva di clacson e di insulti da parte degli altri automobilisti in transito. Pigiò il pedale a tavoletta e corse più veloce che poté verso l’officina.

 

 

* * *

 

 

Evelyn aveva cercato inutilmente di spingere via Paul: l’uomo le aveva insinuato le mani ovunque, spingendola ad aprire la bocca in un gemito di dolore quando le aveva stretto un capezzolo tra le dita, torcendoglielo come se fosse stato un bullone da svitare. La sua lingua l’aveva soffocata, lasciandole in bocca un fastidiosissimo gusto amaro di nicotina. Aveva continuato a sfregarsi contro di lei, costringendola a prendergli in mano il pene, che aveva tirato fuori dai pantaloni. La ragazza aveva tentato di schiacciargli i testicoli, nella speranza di provocargli dolore al punto da farlo allontanare, ma lui l’aveva prevenuta, bloccandole la mano sul fallo, che ora pulsava gonfio e turgido tra le sue dita.

Scoppiò a piangere per la rabbia, la frustrazione e la paura: non si era mai sentita così indifesa, così vulnerabile in tutta la sua vita!

Le dita di Paul si misero ad armeggiare con la lampo dei suoi jeans. Avrebbe potuto forse sopportare tutto, ma non quell’ultimo affronto. Tentò di dimenarsi con rinnovata energia, incoraggiata anche dalla Pop che continuava ad incitarla a reagire, ma l’uomo la ridusse all’impotenza, dandole un pugno nello stomaco che la fece rimanere senza fiato. Scivolò a terra, ormai rassegnata a soccombere, quando qualcuno spuntò alle spalle del suo aguzzino: un angelo dai capelli pepe e sale, con sfolgoranti occhi castani, alto due metri e dalle mani grandi come badili. Quelle mani afferrarono Paul per le spalle e lo strapparono letteralmente via dal suo corpo, scaraventandolo parecchi metri più in la.

Confuso e stordito, il tuttofare fece a malapena in tempo ad alzare lo sguardo per capire cosa stava succedendo che un pugno lo colpì in pieno viso. Evelyn riuscì a sentire distintamente lo scricchiolio del setto nasale che si fracassava sotto le nocche dello spilungone. Poi il malcapitato fu afferrato per la collottola e per la cintura dei pantaloni e scaraventato fuori dall’officina come un sacco di immondizia.

"Non farti mai più vedere qui dentro!" gli sibilò Edd, prima di sbattere la porta del garage, chiudendolo fuori.

Si voltò a guardare Evelyn: la ragazza era rannicchiata a terra, con il viso bagnato di lacrime e muco, la maglietta mezzo strappata ed i jeans sbottonati. Respirava affannosamente, guardandolo come se fosse stato un eroe dei fumetti. Senza perdere altro tempo corse da lei e gli si inginocchiò accanto, stringendola dolcemente tra le braccia.

"Oh, Edd! Mi dispiace! E’ stata tutta colpa mia! Non avrei mai dovuto fare la stupida con Paul! Io volevo solo farti ingelosire… non credevo che sarebbe andata a finire così!"

"Sshhh… l’importante è che sono arrivato in tempo" le sussurrò il meccanico, carezzandole i capelli e posandovi sopra un lieve bacio: "Per fortuna sono riuscito a sentirti."

"Allora mi hai sentito davvero?"

"Si. La tua voce mi è letteralmente esplosa nelle orecchie, e subito dopo ne ho sentita un’altra, che mi ha intimato di sbrigarmi."

"Sono stato io! Ho pensato di rincarare la dose."

Lo spilungone si voltò di scatto verso la Ford sul ponte sollevatore, guardandola con gli occhi sgranati dallo stupore:

"Io… io riesco a sentirti! Come… com’è possibile?"

"L’energia psichica di Evelyn è schizzata alle stelle a causa della tensione e dello stress. Questa stanza ne è letteralmente inondata! E’ per questo che ci hai sentito a distanza, ed è per lo stesso motivo che riesci ad udirmi anche adesso! Ma non temere, non durerà ancora per molto… ora che si sta rilassando i livelli di essenza stanno tornando alla normalità: tra poco l’effetto di questo picco di emozioni svanirà e non sarai più costretto a sentire i nostri pensieri."

"Bè, un po’ mi dispiace" commentò Edd, tornando a rivolgere la sua attenzione sulla ragazza che teneva ancora stretta tra le braccia, e che tremava come un uccellino: "Veramente volevi farmi ingelosire?" le chiese dolcemente.

Prima di rispondere lei tirò su con il naso:

"Si… Edd, io ti amo, te l’ho già detto a Bologna, e nonostante tu mi abbia risposto che non ti interesso non riesco a fare a meno di pensarti. Sono stati Freddie e Drew, il furgone di Paul, a convincermi a tentare questa strada" la Pop fischiettò fingendo indifferenza: "Non credevo che sarebbe andata a finire così male…"

Con grande stupore di Evelyn, il meccanico le prese il mento tra pollice ed indice, facendole alzare il viso verso di lui:

"Evelyn… ho commesso tanti errori nella mia vita, ma il più grave è stato quello di negare persino a me stesso i miei veri sentimenti nei tuoi confronti. Mi sono innamorato di te sin dal primo momento, da quando mi sei svenuta tra le braccia, è solo che non volevo ammetterlo… se lo avessi fatto prima, ora tutto questo non sarebbe successo" e siglò le sue parole posando le labbra su quelle di lei.

La ragazza rimase per un attimo rigida tra le sue braccia, poi si sciolse lentamente, lasciandosi andare e socchiudendo lievemente la bocca. Questa volta il meccanico non la respinse, ma rispose dolcemente all’invito, lasciando che le loro lingue si incontrassero a metà strada ed ingaggiassero una sinuosa danza.

Il sapore di Edward era dolce ed aromatico, un misto di zucchero e cannella, che la inebriò. Gli passò le mani dietro la nuca, lasciando scivolare le dita tra i suoi morbidi capelli. Sarebbe rimasta così per sempre se Edd non avesse spezzato l’idillio allontanandosi.

"Non ti ho nemmeno chiesto come stai. Quel bastardo ti ha fatto del male?"

Lei scosse la testa:

"Non eccessivamente. Mi ha dato un pugno nello stomaco, e mi ha strizzato un seno, ma niente di troppo terribile, per fortuna."

L’uomo tornò a serrarla dolcemente tra le sue braccia, baciandola sulla fronte:

"Ti accompagno al cottage, così potrai cambiarti e farti una doccia, se vuoi. E… mi farebbe molto piacere se poi volessi accompagnarmi a scegliere il nuovo colore per la Pop."

"Molto volentieri… grazie."

La aiutò a rialzarsi e la accompagnò a casa, rimanendo ad aspettarla seduto sul divanetto nel piccolo salottino.

Una volta pronta i due uscirono di nuovo, diretti verso la ditta specializzata in verniciature speciali per auto custom. Furono condotti in una stanza piena di campioni di vernici, alcune quasi normali, ma altre talmente stravaganti da apparire quasi futuristiche. Il meccanico andò in brodo di giuggiole: lui adorava le stranezze! Cominciò a confrontare vari colori, chiedendo anche il parere della ragazza, che si divertì molto in sua compagnia, riuscendo perfino per un attimo a dimenticare la brutta avventura che aveva da poco subìto.

Alla fine, arrivarono davanti al campionario di colori che il meccanico ritenne adatto:

"Ecco! Questo è proprio quello che avevo in mente!" esclamò, togliendosi di tasca un foglio piegato in quattro ed aprendolo: era una fotografia della Pinball Wizard, la Ford Pop del padre di Mike. Quell’auto era di uno sgargiante giallo canarino, con i profili esaltati da una tonalità più scura.

"Vorresti farla uguale?"

"Mi piaceva l’idea dei profili, ma non in giallo. Magari un colore un po’ più aggressivo! Che ne dici di questo viola con scaglie metallizzate? Non è una forza?"

Eve non condivideva l’entusiasmo dello spilungone: non le erano mai piaciute le verniciature troppo eccentriche, ma considerando il carattere di Freddie approvò comunque la sua scelta.

 

* * *

 

 

La Ford rimase in verniciatura per una settimana, durante la quale le furono date ben sette strati di vernice, più tre di lucido. Evelyn ed Edward andarono spesso a vedere come stava proseguendo il lavoro, ed ogni volta il meccanico si mostrava con la ragazza dolcissimo ed amorevole, ma senza spingersi mai più in la di qualche tenero e casto bacio. Eve cominciò a temere che la sua dichiarazione fosse stata dettata solo dalla tensione del momento in cui era stata fatta, e che in realtà i sentimenti dello spilungone non fossero così intensi come aveva creduto all’inizio. Senza contare il fatto che lui viveva ancora con sua moglie.

"Devi accontentarti Eve…" si ripeteva spesso; ma in fondo al cuore sentiva che quelle piccole attenzioni non le bastavano: avrebbe voluto molto di più. Avrebbe desiderato essere stretta tra le sue lunghe braccia, schiacciarsi contro il suo corpo, sfregare la sua pelle nuda contro quella di lui, vivere appieno l’estasi suprema che è propria dell’idillio dell’amore. Ma il meccanico continuava a non spingersi più in la di qualche bacetto e lei cominciava a diventare di nuovo inquieta, anche se cercava di non darlo a vedere.

Quando finalmente la Pop tornò in officina, di uno sfolgorante color prugna metallizzato con finiture in oro, e Mike la vide per la prima volta, l’uomo non riuscì a trattenere le lacrime: abbracciò il suo amico e socio e scoppiò in un pianto dirotto, senza ritegno alcuno.

"Cosa c’è che non va? Sono così brutto?" esclamò la povera Ford, smarrita e sconcertata dalla reazione del commerciante.

"No, Freddie, sei splendido! E’ solo che gli ricordi la vecchia hot rod di suo padre, tutto qui!"

"Ah, meno male! Credevo di essere orrendo!"

Non appena Mike riuscì a riprendere il suo contegno i tre partirono per la prova di guida. Edd aveva organizzato una gita al mare, a sud di Londra, dove aveva dato appuntamento – all’insaputa del socio – al padre del commerciante.

Evelyn si godé il viaggio spaparanzata sui sedili posteriori: mentre i due uomini davanti parlavano tra di loro delle migliorie apportate alla vettura, lei e Freddie cantarono a squarciagola – anzi, a "squarcia-mente" – molte canzoni dei Queen, di cui anche la Pop era fan.

"We are the champions, my friends…" intonarono entrambe, scegliendo la canzone simbolo del loro gruppo preferito, "We are the champions", appunto; e Freddie riusciva ad imitare alla perfezione il tono di voce del mitico cantante, tanto che alla ragazza ad un certo punto venne il dubbio che parte del suo spirito, alla sua morte, avesse deciso di installarsi proprio in quella Pop.

Una volta giunti a destinazione la ragazza decise di lasciare i tre uomini da soli: Mike abbracciò il padre, un simpatico signore arzillo, che non dimostrava affatto i suoi settant’anni suonati, e gli chiese subito la sua approvazione. Quello si disse molto soddisfatto del lavoro, ma Eve non sentì altro: si isolò in conversazione con la macchina, salutandola in vista della sua futura partenza verso una nuova casa.

"Mio caro Freddie, è stato un onore ed un piacere conoscerti!"

"Anche per me, tesoro! Scusami se ti ho suggerito quella stupida idea della gelosia: neanche io immaginavo potesse creare tanto scompiglio! Per colpa mia, per poco non ti sei fatta violentare!"

La ragazza fece un sorriso sghembo:

"Per fortuna è andato tutto per il meglio. Lo spilungone ci ha sentito!"

"A proposito dello spilungone… cerca di non avere troppa fretta, con lui: quel giorno, grazie a tutta quell’energia nell’aria, sono riuscito a sentire distintamente i suoi pensieri e le sue emozioni. Ti ama veramente, è solo che ha paura di andare troppo in fretta. Non vuole accelerare troppo i tempi, per timore di perderti. Ma, vedrai… prima o poi si deciderà a fare un passo avanti! Buona fortuna, amica mia!"

"Buona fortuna anche a te, Freddie!" e sorprendendo gli altri tre, specialmente Roger Brewer, che non sapeva chi fosse quella ragazza, Evelyn abbracciò la vettura dandole un sonoro bacio sul tetto.


Spazio autrice:
Buongiorno a tutti! La storia continua, e spero di non avere esagerato, questa volta... Questo è stato un capitolo che mi ha preso molto, durante la scrittura, e spero sinceramente che possa piacervi! Vi va di lasciarmi un parere? Please...
Bacioni!
Evelyn

  
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