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Autore: R e d_V a m p i r e     11/02/2015    3 recensioni
Il BTT. Bad Touch Trio.
Sdraiato su uno scalone degli spalti, lo sguardo rivolto all’annuvolato cielo lombardo, Lovino si ritrovò a riflettere su quelli che erano i loro avversari in questa gara più che nelle altre.
Non avrebbe permesso a quei tre stronzi di trionfare a Monza, fosse l’ultima cosa che faceva!
E poi doveva ancora farla pagare a quel viscido di un francese per averlo mandato fuori pista a Budapest. E tutto perché si era rifiutato di uscire con lui, la sera prima della competizione, dandogli un bel due di picche - l’ennesimo, effettivamente, ma Bonnefoy era un tipo che la marpioneria ce l’aveva nel sangue.
[Spamano | GerIta | Accenni FrUk]
Genere: Comico, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Races
The Most Important Race





-Quest’anno è più difficile delle altre volte. E’ prevista pioggia, e sappiamo tutti cosa vuol dire.-
Non c’era bisogno che il crucco mangia patate lo ripetesse un’altra volta.
Era un discorso che aveva già sentito rimbalzare a sufficienza nella bocca dei meccanici e in quelle ben più fastidiose dei giornalisti. Come se, ripetendo sempre la solita solfa, la pioggia prevista avrebbe deciso di non presentarsi. Così, tanto per fare un torto a meteorologi e scommettitori.
E al loro Direttore Tecnico. Che gufava da così tanti giorni ormai che, effettivamente, si sarebbe anche potuto mettere a nevicare e non se ne sarebbe stupito neppure troppo.
Avrebbe avuto soltanto qualcosa in più da recriminare al tedesco palestrato che fissava tutti quanti con aria marziale, dall’alto dei suoi quasi due metri, come se più che una scuderia automobilistica fossero dei marines pronti all’addestramento. Sarebbe stato di gran lunga meno tediante – avrebbe potuto farsi congedare con disonore semplicemente rifiutandosi di muovere un dito come spesso faceva, ma almeno sarebbe potuto andare via e non avrebbe più dovuto starlo a sentire.
-Vee, che cosa triste! Perché non proviamo ad essere un po’ più positivi, Lud?-
Il giovane che si avvicinò con un grosso sorriso e gli occhi nocciola socchiusi aveva la divisa rossa e bianca perfettamente in ordine, anche il cappellino con il logo del Cavallino Rampante era perfettamente calcato sui lisci capelli castani e solamente un ribelle ricciolo sfuggiva dal lato sinistro. Aveva l’aria completamente rilassata e felice, mentre batteva una pacca amichevole sulla spalla del biondo – anche se dovette alzarsi sulle punte per poterlo fare, perché gli arrivava a stento a metà avambraccio.
Ludwig gli rivolse uno sguardo a metà fra l’accigliato e l’imbarazzato, una lieve traccia rosata sulle guance e l’improvvisa consapevolezza di non sapere che farsene della sua importante mole.
Patetico, arricciò le labbra e si trattenne dal dirlo a voce alta facendo saettare lo sguardo dall’uno che sorrideva ancora in maniera a dir poco idiota, all’altro che pareva aver perso l’uso della parola.
Lovino si scostò bruscamente dalla parete a cui era stato appoggiato fino a questo momento, facendo schioccare la lingua contro i denti e producendo un suono secco che da solo era indice di tutto il fastidio accumulato.
- E ci saranno arcobaleni ed unicorni ad aspettarci all’arrivo. Cazzo, Feli! Pioverà e saremo fottuti perché dovremmo cambiare le gomme e non ce lo possiamo permettere.-
Non gli era mai piaciuto prendersela con il fratellino, soprattutto perché il suo sorriso tendeva a morire piano piano ed era una cosa che non sopportava vedere. Proprio come in quel momento; l’espressione del minore dei fratelli Vargas si annuvolò e anche la mano che teneva ancora contro la spalla del tedesco scivolò via, andando a congiungersi con l’altra in uno stretto nodo delle braccia al petto.
Il DT sospirò abbassando lo sguardo sul proprio ragazzo e poi si passò nervosamente una mano fra i capelli chiari, scompigliandogli, rivolgendo un’occhiata nervosa all’altro pilota. Era sempre così quando gli toccava prendere le parti del maggiore contro il minore – anche se era una cosa molto ma molto rara.
- Lovino ha ragione… partite dalla quinta e sesta posizione. Jones non è un gran problema, ma il BTT non lo supererete mai. Non con i vostri tempi e men che meno se dovrete fermarvi ai box-
Il siciliano sbuffò, stringendo le mani in pugni, sentendo nominare quelli.
Era assurdo anche solo pensare che potessero vincere il Gran Premio d’Italia. Insomma quella era la loro terra, non era concepibile che a trionfare fossero degli stranieri! Eppure le statistiche erano tutte dalla loro parte. Erano quei tre ad essere in cima alle classifiche ed aver raggiunto più podi fino a quel momento.
Uno più arrogante e presuntuoso dell’altro, tra l’altro. Gli venne voglia di bestemmiare in dialetto solo a pensarci. Non lo fece unicamente perché poi sarebbe stato rimproverato dal fratellino – anche se, essendo cresciuti ai poli opposti dell’Italia era difficile per l’uno e l’altro capire cosa dicessero nei momenti in cui si sentivano più… patriottici.
- Vee… allora cosa dovremmo fare, ritirarci? -
Feliciano parlò dopo svariati istanti di silenzio concentrato, guardando entrambi con un’espressione seria che era difficile vedere nel suo bel volto di solito così gioviale e spensierato.
Dei due Vargas era quello che aveva sempre visto il bicchiere mezzo pieno; oltre ad essere il più amato dai fan e dalla stampa per la sua disponibilità e gentilezza.
I due fratelli si scambiarono uno sguardo. Quello del nord era ostinato, quello del sud irritato. Ma fu il primo a vincere, dato che il secondo lo distolse dopo pochi istanti, sbuffando nervosamente fra i denti.
- E va bene, va bene. Porca puttana… col cazzo che ci ritiriamo. Faremo mangiare la polvere a quei bastardi! -
Ludwig abbozzò un sorriso esasperato guardando il suo ragazzo abbattere lo scontroso fratello travolgendolo in un precipitoso abbraccio, che li fece capitombolare entrambi a terra con un gran fracasso e un coro di ‘’cazzo, Feli!’’ e ‘’veee, scusami fratellone!’’
Come persone erano decisamente complicati da giostrare, ma come piloti si qualificavano fra i migliori del panorama italiano.
- E spostati che sei pesante! -
…più o meno.

- - -

Il BTT. Bad Touch Trio.
Sdraiato su uno scalone degli spalti, lo sguardo rivolto all’annuvolato cielo lombardo, Lovino si ritrovò a riflettere su quelli che erano i loro avversari in questa gara più che nelle altre.
Non avrebbe permesso a quei tre stronzi di trionfare a Monza, fosse l’ultima cosa che faceva!
E poi doveva ancora farla pagare a quel viscido di un francese per averlo mandato fuori pista a Budapest. E tutto perché si era rifiutato di uscire con lui, la sera prima della competizione, dandogli un bel due di picche - l’ennesimo, effettivamente, ma Bonnefoy era un tipo che la marpioneria ce l’aveva nel sangue.
Ed ovviamente la cosa aveva una connotazione ancor più personale, dato che il pilota in vantaggio fino a quel momento era nientemeno che il fratello maggiore del crucco mangia patate.
Se non fosse stato per la presenza di Feliciano, Ludwing sarebbe sicuramente passato alla Mercedes da tempo. E lui si sarebbe risparmiato un sacco di mal di pancia da nervoso.
La cosa che gli faceva più rabbia, però, era come le tre punte di diamante di scuderie diverse avessero finito per far fronte unico tra di loro e sacrificato i rispettivi compagni pur di raggiungere il podio e non permettere a nessun altro di rubare loro i primi posti.
Il siciliano non lo trovava affatto giusto. Era disgustoso, scorretto e fuori da qualsiasi spirito sportivo. Ma, purtroppo, non andava contro il regolamento. Del resto i tre competevano fra di loro per il primato ma questo faceva sì che ignorassero gli altri concorrenti non reputandoli alla loro altezza e rifiutandosi di prenderli sul serio.
- Coglioni – biascicò, socchiudendo gli occhi con un sorrisetto soddisfatto.
Era proprio a quello, che avrebbe puntato. La loro totale fiducia nelle loro capacità e sicurezza di sé era la breccia che serviva per poter abbattere quel muro apparentemente invalicabile.
Se solo non fosse stato per il maledetto tempo…
- Oggi es una bela dìa -
Il Vargas sobbalzò, spalancando gli occhi, nel sentire una voce allegra e tristemente conosciuta storpiare la sua bella lingua. Nel sollevarsi seduto di scatto, però, finì per impattare con il capo contro lo stomaco del ragazzo che si era piegato su di lui e che si ritrovò ad indietreggiare massaggiando la zona lesa con le lacrimucce agli occhi incredibilmente verdi.
- Ahi ahi que dolor! -
- Bastardo! Cosa volevi fare? E che ci fai qui?! -
L’italiano ignorò bellamente la sceneggiata dell’altro, consapevole di non avergli fatto poi così tanto male – …vero? –, scoccandogli perciò la migliore delle occhiatacce del suo fornito repertorio. Quel tizio era sempre così fottutamente teatrale che non potevi mai essere sicuro di niente.
Lo spagnolo socchiuse un occhio, smettendola di passare la mano sullo stomaco, arricciando le labbra in un piccolo broncio e cercando, piano piano, di tornare vicino all’altro. A giudicare dalle sue sopracciglia corrugate, però, sembrava esserci in programma una nuova testata. E questa volta voluta.
Scosse il capo, passando una mano fra i ricci scuri e rivolgendogli infine un gran sorriso mentre, sprezzante del pericolo, prendeva posto al suo fianco.
Il pilota del Cavallino Rampante arcuò così tanto le sopracciglia che a momenti sparivano tra le ciocche castane che gli accarezzavano la fronte, sentendo le mani formicolare per il desiderio di prenderlo a cazzotti e dargli un vero motivo per piagnucolare. E, magari, cancellare quell’irritante sorriso ebete dal suo viso.
- Sono venuto a ver la prueba de Kiku – spiegò, dopo qualche istante di silenzio, voltandosi a guardare tranquillamente verso il circuito dove, effettivamente, da un po’ sfrecciava la seconda vettura della Honda.
Il meridionale rimase a guardare per un po’ l’espressione rilassata dell’altro, studiando il suo sguardo attento che sembrava seguire ogni curva dell’auto del compagno di squadra, per poi premere nervosamente le labbra fra di loro.
Dannazione, non riusciva a capirlo! Perché sembrava così interessato all’altro pilota, quando in gara non faceva nulla per aiutarlo quantomeno a schiodarsi dal perenne settimo posto?
- Che te ne fotte del giapponese? Tanto il terzo posto è tuo - sbottò, alla fine, non riuscendo a trattenere l’acidità nel suo tono.
Finalmente Carriedo tornò a prestargli attenzione e guardarlo. Lovino trasalì. Nei suoi occhi c’era… tristezza? Possibile mai?
- Lui se impegna mucho, sai? La scuderia es dela su familia da muy tempo, e per lui es un vero honor corere per loro. Mas… non è mai stato molto… come se dice? -
- Portato? – azzardò l’italiano, inarcando un sopracciglio.
- Portado – storpiò con un sorriso gentile, convenendo con lui, l’iberico.
- Non voleva fare el piloto. Voleva entrare nell’ejército. – continuò, tornando a guardare la prova. L’auto di Kiku era appena finita fuori pista, dopo aver preso male una curva – Asì continua a corere solo per non dare un desegrado a loro. Es admirable, non trovi? -
Il ragazzo più giovane strinse le labbra in una smorfia, distogliendo rapidamente lo sguardo dalla figura dell’altro pilota.
- E’ da coglioni -
Antonio sobbalzò, preso alla sprovvista da quella reazione. Non che si potesse aspettare più finezza da un tipo come l’italiano, non ne aveva mai mostrata da quando l’aveva conosciuto, ma non pensava fosse anche tanto indelicato.
- Como? -
- Seh, il lago. Ascoltami bastardo storpiatore di lingue altrui… non dico che non sia una bella cosa. Ma è… stupido, rinunciare ai propri sogni per far contenti gli altri. Honda sarà sempre infelice, no? E così anche la sua famiglia, perché non lo vedrà mai arrivare al podio. – sbottò, alzando gli occhi al cielo, un po’ perché orma stufo di come lo spagnolo martoriasse l’italiano – anche se sotto sotto lo trovava divertente, e un po’ perché parlare in quel modo era per lui molto difficile.
Quello bravo in certi tipi di discorsi, o forse solo relazionarsi con la gente in generale, era Feliciano non certo lui.
Il secondo pilota della scuderia giapponese socchiuse gli occhi, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e curvandosi leggermente in avanti col busto, tornando a guardare la pista con le labbra nascoste dietro le mani intrecciate.
- Eh… credo proprio che abbia razón tu, Lovinito -
- Certo che ho ragion-… come mi hai chiamato, bastardo!? -
Antonio rise, piegandosi di lato e cercando di ripararsi con le braccia dalla tempesta di pugni del più piccolo. Certe volte Lovinito sembrava proprio un ragazzino, nonostante i ventiquattro anni abbondantemente compiuti.
- Mi amor, non essere crudele! Il mio corazón piange quando mi tratti asì! -
Lovino, rosso ormai fino alle orecchie (come un pomodoro, rifletté lo spagnolo), si alzò di scatto stringendo i pugni e guardandolo con un misto di nervosismo e frustrazione. Avrebbe anche battuto un piede per terra, se solo non avesse saputo di sembrare ancor più ridicolo.
- Mi amor ‘sto cazzo. Ma tu talia a chistu, oh!- si lasciò sfuggire, in dialetto, dandogli rapidamente le spalle ed allontanandosi dalla scalinata senza nemmeno salutare.
Carriedo rimase a guardarlo finché la sua divisa rossa e bianca non divenne che un puntino, all’orizzonte, poi si lasciò tranquillamente cadere sdraiato dove prima si trovava l’altro, portando le braccia dietro il capo e chiudendo il occhi con un sorriso.
Dopo uno scontro col suo querido, una bella siesta era del tutto meritata.

- - -

- Venti secondi -
- E’ troppo – smorfiò, dando un lieve calcio alla pila di copertoni che gli si trovava al fianco.
Il tedesco sospirò, abbassando il cronometro e tornando a guardare l’auto rossa uscire velocemente dai box. Anche se non abbastanza velocemente.
- Lo so. -
Lovino sembrava nervoso. Più del solito.
- L’americano ha venticinque secondi di vantaggio su di me. Venticinque, crucco. Sai che vuol dire? -
Ludwig stava iniziando a spazientirsi. Avere a che fare con il maggiore dei Vargas dava sempre fondo a tutta la sua pazienza.
- Lo so, cosa vuol dire, Romano. Chi è il Direttore Tecnico fra i due? -
Quando Beilschmidt iniziava a chiamarlo col secondo nome voleva dire, di norma, che aveva tirato troppo la corda.
Lo fissò per qualche istante, poi sbuffò stizzito e si voltò per tornarsene al garage. Feliciano non ce l’avrebbe mai fatta, con tempi come quelli. E nemmeno per lui sarebbe stato facile superare Alfred, figurarsi pensare di competere per i primi tre posti!
Non si curò nemmeno di scusarsi con il meccanico danese che aveva colpito distrattamente con un braccio, sorpassandolo, e quello non provò nemmeno a fermarlo limitandosi a scrollare le spalle e tornare verso il DT. Tutti ormai conoscevano fin troppo bene il caratteraccio del primo pilota della Ferrari.
Ma solo uno, oltre suo fratello, avrebbe avuto il coraggio di farsi trovare appoggiato come se nulla fosse alla sua bambina.
- Mon dieu, Lovinò, cher… che aria copa che abbiam osggì. Più del solito, intendo -
Il riccolo sul lato destro del capo dell’italiano sembrò arricciarsi ancora di più.
- Viscido bastardo, togli subito quel grasso culo francese dalla mia auto! –
Il ragazzo biondo sgranò gli occhi azzurri, portandosi teatralmente una mano al cuore e scostandosi con un gesto stizzito dalla vettura rossa che gli aveva fatto da appoggio fino a quel momento. Probabilmente più offeso dal fatto che si fosse insinuato che il suo culo fosse grasso, più che dell’insulto in sé.
Il siciliano lo guardò in un modo che avrebbe fatto scappare a gambe levate chiunque altro, ma Francis si limitò a sorridere in maniera tirata ed allontanarsi di un altro passo mentre quello lo sorpassava per andare a pulire la carrozzeria con la manica della tuta.
- Je n'ai pas, mio carro Lovinò! Non si fa così con gli amì venoti a darti una manò – lo rimbrottò, con un tono affettuoso e dispiaciuto falso come una moneta da tre euro.
Il siciliano dovette reprimere un brivido, contemplando il sorriso sulle labbra dell’altro. Chissà come facevano a trovarlo seducente.
- Primo: tu non sei mio amico. Secondo: io non ho bisogno dell’aiuto di nessuno. Tantomeno di un viscido bastardo pervertito! - quasi gridò, agitandogli contro un pugno, tanto per mettere in chiaro le cose. Non aveva mai perso l’abitudine di quelli del sud di gesticolare tanto e urlare ancora di più, mentre parlava.
Il pilota della Renault non sembrò perdersi d’animo, azzardando persino ad avvicinarsi a lui con passi cauti; non potevi mai sapere quando quel focoso italiano ti avrebbe tirato un calcio nelle regioni vitali.
- Sce l’hai ancora con moi per quel picolo inscidente a Barscellonà? -
- …a Budapest. A Barcellona hai speronato l’austriaco con cui è uscito il sopracciglione inglese -
Il francese si accigliò, accarezzandosi il pizzetto biondo, poi sembrò ricordare.
- Ah, sgià. Ma quello s’era permesso di provarci col mio Arthùr… comonque non dovresti portar tant rancore, Lovinò! – e scosse il capo, come se ne fosse deluso.
Da parte sua, Lovino sentiva che se l’altro avesse di nuovo pronunciato il suo nome in quel modo gli avrebbe fatto ingoiare tutti i denti. Non aveva idea di quanto fosse fastidioso, ed irritante.
Ma a Francis non sembrò importare dell’ennesima occhiataccia e, piuttosto, bruciò qualsiasi distanza fra di loro costringendo il più piccolo a piegarsi di schiena contro il cofano dell’auto alle sue spalle.
L’alito del francese sapeva di vino rosso e menta, una combinazione che all’italiano dava il voltastomaco. O forse era solo l’eccessiva vicinanza, e l’avere il suo petto premuto contro il proprio.
All’improvviso si sentì in trappola, sentendo l’aria mancare. Cosa voleva quel maniaco mangia lumache da lui?
Rabbrividì, sentendo le sue labbra contro l’orecchio. E non era un brivido di piacere, affatto. Ma non poteva liberarsi, Bonnefoy era più grosso e forte di lui ed aveva piazzato un ginocchio fra le sue gambe per impedirgli qualsiasi tentativo inconsulto.
- Per dimostrar che io sono sgeneroso e ho dimenticato partout, ti offro un piccolo regalo… -
- C-che regalo? -
Il sorriso da Stregatto del pilota biondo se lo poteva perfettamente immaginare, pur non avendolo davanti. Gemette, però, di dolore e frustrazione nel sentire i suoi denti chiudersi sul lobo delicato e tirare.
Non si era mai spinto a tanto, prima.
- Io avrò un… inscindente di percorso, une mia disattenzione, chiamiamola così. Che coinvolgerà il nostro poverro amì Alfrèd. Tu non sci metterai molto a superare Antoine e il tuo fratellino tanto carino potrà avere il quarto posto… tutti contenti, je n'ai pas? -
Lovino non poteva credere alle sue orecchie. Questo andava oltre la mancanza di spirito sportivo.
Eppure… eppure non ce l’avrebbero fatta a superare l’americano, combinati così. Nessuno dei due avrebbe ottenuto un posto sul podio e avrebbero deluso tutti quanti.
Gli girava la testa e gli mancava l’aria. Deglutì.
- E tu… cosa vuoi, in cambio? -
- Oh, che cosa brutta da dire mon cher! – sospirò l’altro, fingendosi contrariato – Ma potresti dimostrarmi la… tua reconnaissance… in molti modi… - mormorò, baciandolo sulla guancia.
L’italiano si sforzò di non sputargli in faccia.
- Scopando con te, vuoi dire. Neanche morto, schifoso pervertito! Mi hai sentito? Buttami pure fuori pista ed investimi, ma io non mi venderò mai a t-… -
Si bloccò, raggelato. Il fottuto francese stava ridendo.
Francis lo lasciò andare di scatto, indietreggiando e portandosi una mano al petto ed una al fianco, piegandosi leggermente in avanti scosso dalle risate.
- Mon dieu avresti dovuto vedere la tua fascia! ‘’Buttami pure fuori di pista!’’ Ah… Antoine ha davvero rasgione, sei così carino ed onesto Lovinò.-
L’italiano sgranò gli occhi, strofinando nervosamente la mano dove le labbra dell’altro l’avevano toccato, disgustato. Il suo viso era rosso e gli occhi nocciola ardenti.
- Che cosa vuol dire, figlio di puttana? -
Le spalle dell’altro pilota ebbero qualche altro sobbalzo, mentre asciugava una lacrimuccia intrappolata fra le ciglie chiarissime con un indice. Quando riaprì gli occhi, l’azzurro brillava ancora ma non c’era più traccia di divertimento nel suo sorriso. Bensì sfida.
- Vuol dir, stupide, che il secondo posto te lo dovrai guadagnare. Quindi vedi di fare del tuo meglio… Lovinò – lo salutò, flettendo le dita della mano ed andandosene come se nulla fosse successo, lasciando lì il maggiore dei Vargas che sentiva di poter mettersi ad urlare da un momento all’altro.
Quello stronzo ce l’aveva fatta a prenderlo per il culo… anche se in senso figurato.

- - -

Felicano sorrideva, come suo solito, guardando il circuito dove l’indomani avrebbero avuto la loro resa dei conti – certo, il Campionato non era affatto finito. Ma, per un pilota, la sfida nella propria terra d’origine era di sicuro la più importante da vincere.
Sembrava del tutto tranquillo e rilassato, nonostante i minacciosi nuvoloni neri all’orizzonte che rovinavano il tramonto.
- Non sei preoccupato? -
Il minore dei Vargas scosse il capo, voltandosi poi a guardare il fratello al suo fianco e rivolgendogli un bel sorriso.
- Vee sono fiducioso fratellone. E poi noi faremo del nostro meglio, no? -
Lovino appiattì le labbra, incerto, poi si costrinse a sorridere a propria volta e passare un braccio attorno al collo del fratello, attirandolo a sé e scompigliandogli con vigore i capelli fin troppo ordinati come faceva quando erano bambini.
- Hai ragione, Feli. Faremo del nostro meglio -
Il milanese ridacchiò, passando le braccia attorno al torace del più grande ed appoggiandogli il capo sulla spalla. Una volta tanto che il suo fratellone non faceva il musone e lo scacciava, ovvio che avrebbe approfittato!
- Nonno Roma sarebbe stato orgoglioso di noi, vero? -
- Uhm -
Questa volta il meridionale si limitò ad annuire, stringendolo più forte. Del resto, se avevano iniziato a correre era proprio per il vecchio Romano che, su quella pista, ci aveva vinto il Gran Premio più di una volta.
E anche se ormai il vecchio era morto, avrebbero continuato a portare avanti il suo sogno.
Chissà… magari Feliciano aveva ragione. Magari bisognava avere solo un po’ di fiducia.

- - -

- Felicitaciones -
Lovino fece cenno di andare al fratello al suo fianco, ignorando il sorrisetto con cui aveva salutato l’iberico. Rimase a guardarlo correre verso il suo fidanzato, quasi atterrando quel colosso di Ludwig mentre gli saltava in braccio ridendo e baciandolo davanti a tutto il resto del team. Nonostante tutto non poté fare a meno di sorridere.
- Hm. Ci saresti stato tu sul podio, lo sai. Sei stato solo sfortunato, bastardo. -
Antonio si strinse nelle spalle, ritrovandosi poi a chiudere gli occhi con una smorfia. Dimenticava di avere il braccio destro leggermente fuori uso.
L’incidente con la McLaren di Alfred, a causa del brusco taglio di strada di Francis che aveva finito per perdere realmente il controllo dell’auto forse per colpa delle gomme per il bagnato (alla fine non aveva piovuto, contro ogni previsione, ma ormai era troppo tardi per un cambio), era stato abbastanza scenografico e aveva fatto temere il peggio, ma gli unici danni riportati erano stati quelli alle vetture e al braccio dello spagnolo, più sfortunato dell’americano che ne era uscito soltanto con qualche escoriazione.
- Non si può siempre vincere querido – gli fece notare, sorridendo mite.
Lovino lo fissò per qualche istante, imbronciato come suo solito, ricevendo un’occhiata confusa dall’altro. Che aveva detto di male, questa volta?
- Ti sei giocato Singapore e Suzuka. E la possibilità di vincere il Campionato, idiota -
Ah, allora era questo. Antonio sorrise, facendo spallucce e invitandolo con un cenno del capo ad incamminarsi insieme a lui.
- Non lo avrei vinto en todo caso. Gilbert non lo ferma nessuno – e ridacchiò, accennando col capo al tedesco che stava parlando, poco lontano, con i giornalisti del suo ennesimo primo posto – Mas vorrà dire che ti seguirò e tiferò per te, Lovinito -
L’italiano si trattenne dal tirargli una gomitata solo perché era già messo male, ma voltando il capo sorrise.
- Beh, bastardo, dovremmo festeggiare questo secondo posto non trovi? -
Lo spagnolo sgranò gli occhi verdi, che improvvisamente si illuminarono e fecero arrossire ancora di più il ragazzo al suo fianco.
Che stava iniziando a rimpiangere quello che aveva tutta l’aria di essere…
- …un appuntamento, mi vida? Vuoi davvero uscire conmigo? -
- Ci sto già ripensand-… uhm -
Antonio sorrise, contro le labbra del più piccolo, stringendolo contro di sé con il braccio buono. Entrambi non si curarono, in ogni caso, dei flash delle fotocamere dei giornalisti o di Francis, abbracciato allo scontroso DT inglese della scuderia americana, che sorrideva prendendo una mazzetta da quest’ultimo.
C’erano voluti tredici Gran Premi, certo. Ma ne era valsa la pena.

- - -

- Vee ma adesso devo considerarti mio cognato?
- Feli non credo sia una cosa da dire così… -
- M-ma Lud! Adesso Antonio sta con il fratellone! -
- Ahahaha, que lindo Felicianito! Puoi chiamare fratellone anche me se vuoi! -
- B-bastardo, non mettere certe cose in testa a mio fratello! -
- Comunque, non per rovinarvi la festa, ma vorrei ricordarvi che il Campionato non è ancora finito… -
- Cheppalle che sei, crucco! -


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Angolino di Red: inizio con lo scusarmi con tutti gli appassionati di gare di Formula Uno. Tutto quello che trovate in questa storia è frutto della mia ricerca su Wikipedia (io sono davvero un ignorante in materia!) quindi potrei avere toppato qualcosa. Quasi sicuramente. E non me ne vogliano i veri piloti delle scuderie citate, soprattuto. Ci tengo tra l'altro a precisare che l'itinerario segue i circuiti del Campionato del 2014 (per chi se lo stesse chiedendo).
Perdono anche per i linguisti (?), il francese e lo spagnolo utilizzato sono tutta opera di Google Translate. La frase di Lovino *ma tu talia a chistu, oh! è un’espressione dialettale di facile intuizione, credo, ma per chi non lo capisse vuol dire letteralmente “ma tu guarda questo!”.
Per quanto riguarda la storia in sé, diciamo che mi è venuta in mente guardando Planes (guardatelo, tra l’altro, è davvero molto carino!) e soprattutto vedendo quanto l’aereo spagnolo e quella italiana mi ricordassero proprio Antonio e Lovino. Devo ringraziare quindi anche sorella che mi ha suggerito di scriverci su un’AU, anche se con gli aerei non c’entra niente (ne so ancora meno che delle auto da corsa, fatevi ‘n po’ due conti).
E basta, credo. Mi farebbe piacere sentire che ne pensate, se vi va. In ogni caso grazie e complimenti (?) a chi ha avuto il coraggio di arrivare fino a qui.
Alla prossima, gentaH.

   
 
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