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Autore: Chrystal_93    14/02/2015    1 recensioni
Rumbelle minilong - Mondo delle favole, Storybrooke [Partecipa al Rumbelle Festival]
Cap. 1: “Vi prego, ancora un po'.” Gli occhi di Belle lo stavano supplicando dolcemente. “Non ho mai visto un posto più bello e straordinario di questo. Solo un altro po'.” Inavvertitamente le dita di Belle strinsero la mano del folletto che, inebriato dalla sensazione che quel tocco gli stava scatenando, non seppe protestare e si fermò a fissare il sorriso felice e trionfante della splendida donna che aveva di fronte.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Origami



Cap. 3A: Primo appuntamento - Rose

Belle continuava a starnutire, anche se era accoccolata su un divanetto con una tazza fumante di tè.

Dopo la scampagnata nel giardino di rose infinite, e la sua performance saltellante sotto la pioggia, aveva cominciato a sentire il freddo penetrarle nelle ossa, tanto che, in carrozza, Rumplestiltskin dovette far apparire un altro mantello e lasciare che la giovane le si sedesse accanto, per avere un po' più di calore.

Quella vicinanza, quel tocco, l'aveva sconvolto e confuso ma, visto che non era la prima volta in quella giornata che aveva la ragazza così vicina a sé, la strana sensazione si era presto trasformata in un sottile piacere. Cosa che, ovviamente, non avrebbe ammesso nemmeno con se stesso, attribuendo infatti quella piccola scossa piacevole al fatto di aver stretto un altro patto succoso.

Quand'erano tornati al castello, Belle aveva tentato di fare qualche faccenda, ma era molto lenta e tremava sempre di più.

Quando poi si era messa a preparare la cena, non faceva altro che tossire e starnutire, cosicché fu Rumplestiltskin stesso a obbligarla a mettersi comoda sul divanetto dove soleva leggere.

L'aveva coperta con una coperta pesante e l'aveva circondata di tante candele, in modo tale che il calore le arrivasse da varie direzioni, avvolgendola.

Belle, di rimando, era rimasta a osservarlo mentre le portava del tè -borbottando- e mentre scompariva di nuovo nelle cucine.

Non si accorse nemmeno di essersi assopita quando un odore delizioso le riempì le narici, facendole aprire gli occhi.

“Voi... voi avete cucinato,” disse lei, osservando un vassoio posato sul lungo tavolo di legno.

“Pensavi che morissi di fame prima del tuo arrivo?”

Le porse una ciotola di brodo fumante. Belle lasciò che la coperta le scorresse un po' sulle spalle, così da permetterle di maneggiare stoviglie e cucchiaio.

Prese una prima cucchiaiata e notò che il sapore della pietanza era sorprendentemente migliore del suo profumo.

“E' molto buona. Grazie.” disse lei, sorridendo al folletto.

Lui per un attimo sorrise, poi, per non perdere la sua aria burbera, si girò e si diresse all'arcolaio.

“Ma come, voi non l'assaggiate nemmeno?”

Rumplestiltskin cominciò a far girare la ruota e a filare. “Non ha particolarmente fame. Dopo tutti i tuoi starnuti...”

Belle protese le labbra in avanti, gonfiando un po' le guance da finta offesa.

“Non l'ho fatto apposta.”

“E' vero, non l'hai fatto apposta. Ma ti sei ammalata apposta! Te l'avevo detto, dearie, che non mi serviva una cameriera malata.” disse lui, senza smettere di filare.

“Mi dispiace, volevo solo tirarvi su di morale. E poi quel giardino era bellissimo...”

“Be' allora spero che lo spettacolo sia valso la pena del raffreddore che ti sei presa.” disse lui, accigliato.

Belle sorrise, soffiando un po' sul brodo. “Rumplestiltskin, siete forse preoccupato per me?”

Lui alzò la testa, colto in fallo. “No, certo che no.” si affrettò a dire.

Belle sorrise ancora di più. “In ogni caso siete stato molto gentile.”

Il folletto questa volta la guardò con un sorriso molto strano sulle labbra. “Oh, dearie, non pensare che tutto questo sia gratuito. Dovrai lavorare il doppio quando ti rimetterai.” disse, ridacchiando soddisfatto.

Belle alzò gli occhi al cielo. “Avevate intenzioni di farmi lavorare persino la sera di Valentino?”

“E' forse un'altra festività che tenti di propinarmi per non fare le faccende, dearie?”

“Lo sapete bene di cosa sto parlando! Ve ne ho accennato proprio l'altro giorno. Di solito gli innamorati si scambiano i doni e...”

Lui si alzò in piedi e, con una risata isterica, la interruppe. “Qui però non ci sono innamorati. Quindi sì, non ti avrei sollevata da nessun compito.”

Belle sbuffò, questa volta esasperata. “Siete il solito. Fate un così bel gesto e poi rovinate tutto.”

Rumplestiltskin tornò a sedersi e, con un sorrisetto, disse: “Che cosa ti aspettavi da una bestia, dearie?”

Belle voleva tanto controbattere, ma si sentiva sempre più stanca e sapeva che sarebbe stato tutto inutile. Così, finì il brodo che il folletto le aveva preparato e poi si riavvolse di nuovo nella coperta. Rimase a osservare le fiammelle danzanti delle candele mentre, di tanto in tanto, guardava il proprio padrone filare tutto concentrato.

Ben presto si assopì di nuovo, tornando mentalmente in quel meraviglioso giardino ricolmo di rose.

Lì però c'era qualcosa di diverso. Rumplestiltskin era di fronte a lei ma continuava a fuggire dietro a una piccola figura lontana che saltellava sulle pozzanghere. Lei lo inseguiva ma non riusciva mai a raggiungerlo, ostacolata da una sempre più fitta pioggia battente.

Intanto fuori dal mondo dei sogni, Rumplestiltskin aveva notato che il sonno della ragazza era diventato agitato e che aveva le guance sempre più rosse. Smise di filare e le si avvicinò. Doveva avere la febbre. Per accertarsene avrebbe dovuto toccarla, ma una parte di sé aveva paura di farlo. Aveva paura di riprovare le stesse sensazioni che l'avevano tanto confuso in quel lungo pomeriggio passato assieme.

Prima di rendersene conto vide il proprio indice sulla guancia della fanciulla. Scottava. Anche le altre dita aderirono sulla morbida e calda pelle della giovane, constatando che effettivamente doveva aver la febbre. Gli si velò lo sguardo di una genuina preoccupazione, ma non fece in tempo ad accorgersene perché, proprio in quel momento, Belle aprì gli occhi.

“Rumpl...” mormorò, vedendolo di fronte a sé.

Lui sbarrò gli occhi e fece due passi indietro, come se il contatto l'avesse scottato.

“Io... io... Aspetta qui.” disse e scomparve alla vista della giovane.

Torno con una tazza ripiena di uno strano e puzzolente liquido grigio-verdastro.

“Bevi, ti farà star meglio.”

Belle prese la tazza tra le mani e lui fu costretto ad aiutarla a reggerla, perché continuava a tremare.

L'avvicinò al volto e storse subito il naso, sentendo che non aveva un buon odore.

“Ma sembra disgustosa.”

“Ogni cosa ha un prezzo, Belle. E se vuoi stare meglio, devi pagare questa piccola tassa.”

Belle lo guardò negli occhi e, facendosi coraggio, ingollò tutto l'intruglio.

“Oddio...” mormorò con la voce roca, dopo aver ingerito anche l'ultima disgustosa goccia.

“Molto bene.” disse lui, sorridendo. Quel sorriso così spontaneo ebbe il potere di ipnotizzare e sorprendere Belle, quel tanto che bastava da farle dimenticare il saporaccio di quella strana bevanda.

Quando però Rumplestiltskin si allontanò, il sapore di ciò che aveva appena bevuto tornò a farsi prepotente. Aveva quasi i conati.

“Non so se riuscirò a sopportarla.” mormorò Belle, nauseata.

Il folletto, che era tornato a sedersi al suo arcolaio, la schernì. “Quanti capricci, dearie. Si vede proprio che sei una principessa.”

Belle lo fissò irata. “Be' mi dareste ragione se l'aveste assaggiata anche voi! Era tremenda!”

“Peggio del tortino bruciato che mi hai rifilato l'altro giorno?”

Belle aprì la bocca, offesa, e urlò: “Ho solo sbagliato le dosi del sale! Se non vi sta bene, potreste...”

“D'accordo, d'accordo.” disse lui, esasperato. Poi agitò le mani e una nube si materializzò di fronte a Belle, che si ritrovò in mano un libro dalla copertina turchese e di pelle.

“E questo che cos'è? Un regalo per il giorno di Valentino?” disse lei con gli occhi che già le brillavano per la misteriosa storia che non vedeva l'ora di leggere.

“Ma certo che no!” strillò lui. “Così ti distrarrai un po' e la smetterai di lamentarti. Non posso filare se non c'è tranquillità.”

Belle alzò gli occhi al cielo, ma non ribattè. Aprì il libro e si immerse nella lettura.

C'era una volta, in un regno molto lontano, un principe molto cattivo e avido. I suoi cittadini morivano di fame e lui non faceva niente per migliorare la situazione, anzi, puniva chiunque osasse lamentarsi persino a bassa voce e addirittura se si trattava di un bambino. Un bel giorno al portone del suo castello bussò un vecchio incappucciato. Aveva la pelle talmente rugosa che ricordava un terreno pieno di solchi. Il principe fu disgustato da quella vista e, non appena il vecchio gli chiese un bicchiere di acqua e un pezzo di pane per sfamarsi dopo quel lungo viaggio, lui lo apostrofò in malo modo e lo caccio spingendolo via e dandogli un calcio. Il vecchio si rialzò a fatica e, senza batter ciglio gli porse una rosa rossa. Il principe gli schiaffeggiò la mano e buttò il fiore a terra. Poi calpestò il bocciolo rosso e rise sonoramente. Il vecchio gli disse che quel gesto gli si sarebbe ritorto contro e che, fin quando il suo animo non si sarebbe trasformato da rovo di spine a un cespuglio di rose, nessuno l'avrebbe potuto salvare. Poi si girò e se ne andò. Il giovane principe impaurito dalle parole dello straniera prese la rosa da terra per lanciargliela addosso. Tuttavia, quando la prese, le spine lo ferirono e, non appena una goccia di sangue toccò il suolo, sentì la pelle prudergli e bruciargli.

Provava un tale dolore che nemmeno il soffio gelido del vento alleviava quel caldo che lo stava divorando. Tornò dentro, sbattendo il portone, furioso. Quando passò di fianco a uno specchio non prese paura. Di fronte a sé c'era un essere con la pelle solcata da ferite rosse, segni neri e sembrava che si fosse ustionato.

Il principe, spaventato, corse fuori per richiamare il vecchio ma non lo trovò. Prese addirittura il cavallo e andò a cercarlo nei dintorni, sicuro che non si potesse essere allontanato molto vista l'età e il vento e la pioggia che imperversavano. Eppure del vecchio non c'era traccia.

Quando tornò nel suo castello era già mattina e alcuni domestici, non appena lo videro, cominciarono a urlare o a fare cadere le cose che aveva tra le mani.

Una giovane cameriera, assunta da poco, non si accorse che il padrone le stava venendo incontro e così i due si scontrarono. Dalle mani le cadde un grande vaso di terracotta finemente decorato, che finì a terra, rompendosi in mille pezzi.

Il principe, dopo un attimo di confusione, si chinò a terra, per aiutarla a raccogliere i cocci. Stranamente e, inaspettatamente, la giovane non si ritrasse ma lo guardò curiosa, senza più paura negli occhi.

Il principe rimase a bocca aperta ma, appena vide a terra, assieme ai cocci del vaso, delle rose, urlò di dolore e corse via.

I mesi a seguire furono per lui un vero tormento. Non solo la pelle gli bruciala, ma la gola gli ardeva come se avesse un'insaziabile sete e, nonostante tutte le più appetitose pietanze che i cuochi gli preparavano non riusciva a far tacere la propria fame.

Ogni notte si ritrovava a urlare di dolore e a graffiarsi, come a volersi togliere la pelle di dosso.

Una notte però non aveva più lacrime in corpo e la gola gli doleva talmente tanto che persino sussurrare gli risultata difficile. Così uscì fuori dalla propria camera, pronto a inoltrarsi in quella gelida notte di febbraio, speranzoso di trovare un po' di sollievo nella neve che da qualche giorno aveva dipinto di bianco il paesaggio.

Stava per oltrepassare il salone quando vide una luce fare capolino dalla porta semichiusa. La spinse un po' e vide il camino acceso e un'ombra che si stagliava oltre la poltrona. Si avvicinò piano e sorprese una giovane -la stessa giovane bibliotecaria che era stata l'unica a guardarlo con curiosità- intenta a leggere un libro.

Cercò di dire qualcosa ma dalla gola gli uscì solo un rantolo. La ragazza sobbalzò e si spaventò, ma quando vide che si trattava del principe sorrise, sollevata. Lui aprì la bocca, ottenendo solo una smorfia. La giovane però sembrò capirlo e chiuse il libro, mostrandogli la copertina.

Si alzò e fece per congedarsi quando il principe la fermò e la invitò a sedersi di nuovo. Non potendo conversare di nulla, la ragazza ebbe un'idea e cominciò a leggere il libro.

Lo fece anche le sere seguenti e così per molte altre notti. Piano piano fu il principe a proporre libri e, anche se non potevano discutere, gli occhi e le parole delle storie lo facevano per loro.

Intanto il villaggio continuava a soffrire la fame, anche se il principe non si faceva più vedere di giorno. Il suo regno però si era inasprito a tal punto che, per orrore della rosa che l'aveva ridotto come un mostro inguardabile, aveva estirpato ogni fiore del genere e aveva vietato a chiunque, pena la morte, di piantarne di nuove.

Una povera vecchina che abitava in una sgangherata casetta di legno si era vista espropriare dell'unica cosa che riusciva a darle gioia: il profumo delle rose. Essendo cieca da ormai molti anni, non poteva più bearsi della visione di quegli splendidi fiori. Il loro profumo tuttavia riusciva a riportarle in mente tutti i ricordi felici.

Così ora non solo viveva di stenti a causa delle neve che le aveva sepolto il piccolo orticello che coltivava per sopravvivere, ma non poteva nemmeno tirarsi su con il profumo delle rose.

Ben presto però la maledizione che aveva colpito il giovane si spezzò. La giovane cameriera e il principe si erano avvicinati molto in quelle serate passate a leggere, tanto che, una notte, il principe si ritrovò a pochi centimetri da lei e bastò una sguardo a far convergere le loro labbra le une sulle altre.

Di colpo il principe sentì come le pelle si muovesse, tirandosi fino all'inverosimile. Sentiva un gran fuoco avvolgerlo, cosicchè, in preda al dolore, corse fuori nella neve, pronto a esalare il suo ultimo respiro.

La cameriera lo inseguì e, quando lo vide, lo trovò riverso per terra, incosciente. Lo spostò a pancia in su e notò che sotto di lui c'era una rosa un po' appassita, come se fosse stata calpestata ma il gelo comunque l'avesse conservata.

Cercò di scuotere il principe ma lui non si muoveva. Così si accasciò sul suo petto, e cominciò a pregare e singhiozzare. Mentre il sole portava via le tenebre della notte, una lacrima scivolò sul petto dell'uomo, e, piano piano, la giovane percepì una strana onda avvolggerli.

Prima che potesse accorgersene il principe si era svegliato e la sua pelle era tornata normale, come prima delle loro lunghe serate passate a leggere, quando lei era soltanto l'ultima -e maldestra- arrivata.

Per un attimo fu pervasa dalla paura che lui potesse respingerla, ora che era tornato il principe di sempre. Forse, addirittura, non solo aveva riacquistato il proprio aspetto, ma anche la crudeltà che non aveva mai notato nelle loro serate segrete.

Il principe si alzò e si mise a sedere. Era molto confuso e si guardò in giro, non capendo cosa fosse successo. Vide la giovane di fronte a sé e tutto gli fu più chiaro. Aveva sconfitto la maledizione ed era stato solo meriti del vero amore che l'aveva liberato dalle tenebre e dalla malvagità che l'avevano reso schiavo tanto tempo prima.

Prima che i dubbi sommergessero la giovane, lui la strinse a sé e la baciò. Quando si staccarono, dopo essersi confidati di essere innamorati, si abbracciarono e fu allora che lui notò la rosa. Sorrise e, senza staccarsi dall'amata, la prese in mano. Questa volta però nessuna spina lo punse.

Da quel momento le cose cambiarono. Il regno tornò a prosperare e tutti erano impazienti di prendere parte alle nozze del principe e della giovane cameriera. Tutti i sudditi fecero loro visita, lieti di vedere un nuovo principe come sovrano.

Solo una donna non si recò a corte. La vecchina cieca infatti non aveva ricevuto alcuna notizia che la maledizione si era spezzata e così era rimasta rintanata nella casupola di legno.

Quando il principe lo venne a sapere, s'informò di più e si ricordò che lui stesso aveva ordinato che il giardino della donna fosse raso al suolo, nonostante le suppliche e le lacrime di quest'ultima. Si sentì così in colpa che quel dolore che l'aveva attanagliato durante la maledizione tornò a tormentarlo. La futura principessa però lo prese per mano e quel solo tocco bastò a rassicurarlo e fargli capire cos'avrebbe dovuto fare.

Così, durante la notte, andò dalla vecchina con una squadra di giardinieri e, senza farsi scoprire, trasformarono i dintorni in un giardino popolato da migliaia di rose.

Quando il sole salì in cielo, l'anziana si svegliò come suo solito e si preparò ad affrontare un'altra triste giornata di stenti. Quando mise piede nella piccola cucina però un odore inconfondibile la investì. Uscì di corsa e fu stupefatta di riconoscere l'odore di mille rose invadere il suo giardino.

Il giovane principe le strinse le mani e si scusò innumerevoli volte, arrivando persino a inginocchiarsi e a bagnarla con le proprie lacrime.

La vecchina sorrise e lo ringraziò, perdonandolo e augurando ogni bene a lui e alla sua sposa, un bene immenso tanto quanto quel giardino di rose che era tornato a rallegrarle la vita. Da quel giorno la vita di ogni suddito del reame migliore e la felicità non abbanndonò mai quel luogo, nemmeno dopo anni e anni. Come simbolo di ciò e monito per chiunque passasse di lì, rimasero le rose che resistevano agli inverni più gelidi e aveva la forza di rifiorire più splendide, forti e profumate di prima, proprio come aveva fatto l'amore della giovane cameriera con la vita del principe.

Belle finì di leggere la storia e solo allora si accorse che stava trattenendo il fiato. Non ci poteva credere, quel giardino era talmente familiare che un'idea le balenò in testa.

“Rumplestiltskin, ma il giardino di cui parla questa favola è...?”

Il folletto alzò gli occhi sulla domestica e sorrise, dolcemente e gentilmente, in un modo talmente spontaneo che non fu necessaria nessuna risposta.

Belle fu talmente sorpresa e felice, che strinse al petto il volume turchese e, sorridendo a Rumplestiltskin, arrossì, pensando che nessuno le aveva fatto un regalo migliore in tutta la sua vita.

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Note dell'Autrice
Come già detto ieri, questa è la prima parte dell'ultimo che capitolo che, essendo troppo lungo, ho dovuto dividere a metà. Per cui spero vi siate goduti questa parte nel Castello Oscuro. Per quanto riguarda i prompt volevo precisare che 'primo appuntamento' può sembrare che non c'entri nulla. In realtà è molto sottile; primo appuntamento si riferisce al fatto che la serata di San Valentino, grazie al raffreddore di Belle, si è trasformato in una sorta di primo appuntamento implicito (alla fine il libro era un vero e proprio regalo, solo che Rumplestiltskin non lo ammeterebbe mai). Tuttavia, questo prompt si riferisce molto di più alla favola, dove il primo appuntamento è il primo incontro di lettura notturna tra il principe sfigurato dall'incantesimo e la giovane cameriera, che sfrutta il tempo libero dalle faccende immergendosi in un buon libro.
Le rose sono un elemento che avevo inserito già nel capitolo scorso, ma torneranno anche a Storybrooke, in maniera molto più calzante.
Vorrei ringraziare B e l l e per aver recensito il capitolo precedente, tutti coloro che seguono questa minilong e i lettori silenziosi. Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, e che la favola non sia una 'schifezza'.
Buona San Valentino a voi e, ovviamente, ai Rumbelle!



  
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