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Autore: Amber    04/12/2008    6 recensioni
Salve a tutti! Eccomi di nuovo qui con la terza e ultima parte! No, non è un miraggio, sono proprio io... lo so che è da secoli che non posto e mi dispiace moltissimo, ma questa parte è stata davvero dura da scrivere. Comunque eccomi tornata con altri 29 capitoli pronti per essere pubblicati!! Abbiamo lasciato una situazione abbastanza critica nella seconda parte ricordate? Ebbene, sono passati tre anni, Kagome si è chiusa dentro un guscio di protezione, è diventata fredda e menefreghista continuando però ad andare a scuola e lavorando al pub affiancata da Mikado. Sango e Miroku, in questa parte avrenno un sacco di grattacapi ed enormi problemi... Inuyasha? Beh, lui è di ritorno dall'America... Sposato? Fidanzato? Con una frotta di figli? Tutto da scoprire in quest'ultima parte! Buona lettura a tutti!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Note e Anima'
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Basta ci rinuncio… non riuscirò più a postare regolarmente, il fatto è che sono troppo incasinata, in tutti i sensi!!

Intanto grazie a chi ha recensito o chi ha solo letto, purtroppo non riesco a rispondervi uno per uno ma non ho proprio tempo…

Comunque vi lascio al capitolo ^^ spero che vi piaccia e alla prossima… non so quando sarà ma non temete, tornerò di sicuro appena avrò un attimo!!

Spero mi perdoniate ma consolatevi xD il capitolo ha ben 13 pagine!!

 

***

 

Capitolo 18

        Gelosie, sospetti, inviti

 

Domenica. Ore 12.35

Kagome non poteva credere che occuparsi di un bambino piccolo  per solo mezza giornata fosse così faticoso, eppure Eve e Tom lo dovevano fare tutti i giorni e da quasi undici mesi ormai!

Aveva bisogno ogni momento della più piccola attenzione, doveva mangiare, dormire, a volte si metteva a piangere per un motivo a lei incomprensibile, altre volte rideva cristallino e lei non poteva fare a meno di sorridere con lui.

Era stupido, ma non riusciva a controllarsi.

Eve aveva chiamato circa due ore dopo, dicendo che erano arrivati in perfetto orario, ringraziando di nuovo il tempismo perfetto con cui gli avevano prestato la macchina e di accudire per un po’ il piccolo Jhonny. Si era informata su come si era comportato, cosa aveva fatto, se aveva detto qualche cosa… e Kagome pazientemente le aveva raccontato tutto quello che aveva fatto con il piccolo nelle ultime due ore. Alla fine Eve era sollevata e a Kagome non ci volle una grande immaginazione per sapere che l’andata in macchina era stata un po’ tesa e agitata.

Dopo però era intervenuto Tom, che non aveva avuto molti dubbi sull’affidabilità della fam. Higarashi, anche se le richiese come stesse il piccolo. Kagome quindi, notando che il neo padre era più calmo e controllato, gli chiese se poteva portare Jhonny al parchetto dietro casa, tanto per fare due passi. L’uomo ovviamente acconsentì e la ragazza mise giù dopo averli salutati felice.

Guardò Jhonny troppo preso a contemplare la penna per accorgersi di quello che gli stava accadendo intorno e con un sorriso lo prese in braccio

-Naaaa- borbottò il piccolo alzando gli occhi su di lei

-Ciao piccolino- esclamò lei posandogli un lieve bacio sulla guancia –Ti va di andare a fare un giretto?- chiese lei tornando in camera per cambiarsi. Aprì l’armadio mordicchiandosi leggermente le labbra dopo avere messo seduto sul letto il bambino –Dunque…-

Dopo avere variato un paio di possibili capi, decise di indossare un paio di pantaloni neri a vita bassa e una maglietta a maniche lunghe rosa con le maniche leggermente larghe. Mise al piccolo la giacca che indossava all’arrivo e ridiscese le scale, andando incontro alla madre

-Kagome, dove vai?- domandò la donna quando la vide entrare in cucina con il bambino

-Seguo il tuo consiglio mamma. L’ho pure chiesto a Tom e lui è d’accordo. Hai bisogno di una mano però prima?- chiese accennando ai piatti che la donna stava lavando

-Oh no tesoro, va pure- disse asciugandosi le mani e posandole un lieve bacio sulla fronte –Fai una buona passeggiata tesoro-

-Grazie mamma- La donna posò lo sguardo sul piccolo e sorrise

-Anche tu Jhonny- disse sfiorandogli la guancia con le dita

-Aaaaah- rispose ridendo e Kagome, quasi inconsciamente, si ritrovò a sorridere a sua volta.

Quel bambino sembrava davvero un angelo. Vicino a lui non ce la facevi proprio a pensare a te stessa.

-Bene, allora noi andiamo. Jhonny, saluta la “nonna”-

-Aaaaoo- La donna sorrise e i due uscirono di casa respirando l’aria aperta

-Let’s go!!- esclamò lei iniziando a scendere i gradini.

Era davvero strano eppure, dentro di se, sentiva un affetto speciale per quel bambino. Non riusciva a capire, però sentiva che doveva proteggerlo, stargli accanto, farlo stare bene. Era così piccolo, così indifeso, non sapeva ancora quanto amara era la vita e lei… lei doveva proteggerlo da quel dolore.

Non aveva senso. Jhonny aveva già i suoi genitori… capitava a tutte le donne che tenevano in braccio un bambino? Era il noto “istinto materno”?

Kagome lo guardò osservare tutto con estrema attenzione e sorrise

“Si, molto probabilmente è davvero così”

 

Ore 12.35

Inuyasha aprì il frigorifero e, ovviamente, lo trovò vuoto.

Sospirò richiudendolo.

Sarebbe dovuto andare a fare la spesa. Non si era mai reso conto di quanto fosse difficile tenere in ordine una casa tutto solo.

Prima aveva camerieri, servitù, sempre pronti ad esaudire ogni suo minimo capriccio, pulivano la casa, preparavano i pasti, curavano il giardino… ora invece era lui che doveva occuparsi di tutto.

Anche Kagome doveva cucinare e pulire? Prendersi cura della casa ecc?

Questo pensiero lo intristì enormemente.

Era stato un vero idiota. Miroku aveva ragione, aveva sempre avuto ragione, e lui… lui aveva rovinato tutto.

Uscì di casa, scendendo veloce le scale.

Era da giorni che non la vedeva: come stava? Cosa stava facendo in questo momento? Era con quel Mikado? Dopo quello che era successo cosa pensava di lui? Ma, soprattutto, quando si sarebbero rivisti, cosa avrebbero fatto?

Con tutte queste domande che gli affollavano la mente, gli parve inevitabile che l’immagine di Miroku e Sango comparve nella sua testa.

Sospirò.

Non avrebbe proprio saputo dire quale delle due situazioni era la peggiore…

Il cellulare gli vibrò nella tasca dei jeans e, seccato, lo tirò fuori, controllando chi fosse a quell’ora.

Ma nessuno mangiava in quel posto?

-Dulcis in fabula…- ridacchiò rispondendo –Ciao Sango!-

-Ciao Inuyasha…- salutò la giovane dall’altra parte del telefono. Il tono demoralizzato e spento lo mise subito sull’attenti

-Ehi, tutto bene?-

-Non molto… poi ti racconterò. Ascolta, non è che oggi ti va di pranzare con me e, forse, anche gli altri? Lì da te, ad esempio- propose supplichevole. Sul viso del ragazzo si delineò prepotente una smorfia.

Addio alla pace di casa sua!

-Ma certo Sango, perché no! Mi sembra un ottima idea!-

-Grazie mille, davvero. Vengo direttamente a casa tua?- chiese la giovane sollevata

-Ah no, sono appena uscito, stavo andando a fare la spesa. Vuoi che ti passi a prendere? Tanto ormai sono qui nei paraggi- disse lui scollando le spalle e aumentando il passo

-Ok. Mentre tu vieni io intanto chiamo gli altri-

-Benissimo, a dopo allora-

-Ciao!- Sango riattaccò respirando profondamente.

Meno male Inuyasha non aveva avuto nulla in contrario, almeno così si sarebbe divertita invece di uscire da sola gironzolando a vuoto.

Si sedette sul letto raccogliendo le gambe al petto e cingendole con le braccia.

Un tempo non avrebbe mai pensato di chiamare Inuyasha, senza indugio avrebbe chiamato Kagome, sfogandosi a casa sua, urlando contro sua madre e il mondo.

Appoggiò la guancia sul ginocchio, osservando le pareti ancora immacolate. Doveva ancora decidere quel maledetto colore…

Sentì gli occhi pungerle e chiuse gli occhi ricacciandole indietro.

Ma perché aveva dato retta a quel demente di Inuyasha? Perché si era fidata di lui? Se l’avesse detto subito a Kagome, ora loro due sarebbero state ancora amiche, su quel letto a criticare ogni singolo colore, a sfogare l’un con l’altro il loro dolore, l’ingiustizia della vita, per poi ridere, scherzare e piangere insieme.

Perché accidenti, perché!?

Si alzò di scatto buttando il cuscino a terra in un disperato gesto di rabbia cominciando a prenderlo a pugni come mai aveva fatto.

Era arrabbiata, infuriata. Con sua madre, con Inuyasha, con se stessa, con Kagome e… si, anche con Miroku!

Perché non la portava via? Perché non se ne andavano abbandonando tutto? Era stufa marcia di tutta quella vita! Del Giappone, della sua famiglia… non ne poteva più…

Rilasciò le lacrime e rimase immobile qualche minuto, senza più la forza di sfogarsi.

Respirò profondamente asciugandosi il viso con la manica e prese la cornetta, componendo veloce in numero di Rin aggiornandola velocemente sui progetti del pranzo e del pomeriggio. La ragazza accettò volentieri l’invito e anche Koga acconsentì entusiasta. Dopo aver riposato la cornetta sul ripiano ridiscese le scale entrando in salotto, dove i due genitori stavano comodamente leggendo il giornale o una rivista.

-Papà!- lo richiamò dando le spalle alla madre. Era sinceramente molto delusa.

-Si?-

-Esco, vado a pranzare da un amico. Posso?- domandò impaziente

-Non rimani a pranzo allora? Stavo preparando anche il tuo piatto preferito…-

“Si, solo per farti perdonare e per avere la coscienza a posto” pensò nella sua mente stringendo il pugno –No mamma, ho appena detto che esco- sbottò acida –Posso, vero papi?- chiese mordicchiandosi le labbra allo sguardo scrutatore dell’uomo e abbassando gli occhi

-Ma certo piccola, va pure. Torni per cena?- Le chiese sorridendo

-Si!- esclamò buttandogli le braccia al collo –Grazie papà- mormorò stringendolo.

Lo adorava, era il suo eroe. Lui la capiva sempre, ogni volta che aveva un qualsiasi problema, bastava uno sguardo e lui aveva già capito che aveva bisogno di lui o che voleva stare sola…

Uscì di casa senza prestare più di tanto alle lamentele della madre e attese paziente l’arrivo di Inuyasha che non si fece tardare. Infatti pochi minuti dopo lo vide: i capelli lunghi lasciati liberi, le mani affondate nei jeans e la maglietta a maniche corte nera con una stampa bianca sul davanti a forma di lucchetto chiuso.

Non seppe perché, eppure appena vide quella stampa gli venne in mente Kagome. Ma perché? Non se lo ricordava proprio…

Lo raggiunse salutandolo

-Koga e Rin saranno a casa tua tra una mezzora. Andiamo?-

-Ok- I due si incamminarono verso il supermercato vicino lentamente. Il rumore dei loro passi erano accompagnati dal frusciare dei vestiti e dal loro respiro regolare.

Inuyasha si rese improvvisamente conto del silenzio che gravava su di loro e che non erano mai stati soli, lui e Sango. C’era sempre stato Miroku con loro che rompeva il ghiaccio, o Rin, Koga… o Kagome.

Dopotutto era solo grazie a quest’ultima che lui e Sango si erano incontrati e che erano diventati… amici. Perché dopotutto loro lo erano, certo, erano in disaccordo su un sacco di cose però alla fine andavano anche abbastanza d’accordo

-Allora Sango, mi dici cos’hai? Sei giù di morale, si vede benissimo-

-Già- rispose –Non sbagli- Inuyasha la guardò un momento per poi concentrarsi sulla strada –Immagino che Miroku te l’abbia detto-

-So solo che oggi lo ha chiamato tua madre- Un sorriso ironico si fece largo sul viso di lei

-Mia madre? Mia, e basta?-

-Vuoi che dica “vostra”?-

-Beh, sarebbe la pura e semplice verità- costatò lei

-Miroku non si è mai sentito tuo fratello, non ti ha mai visto come sua sorella-

-Però è così. I nostri occhi Inuyasha, ci tradiscono-

-E’ solo un colore-

-Ma è DNA- Lo interruppe lei –DNA- ripeté –E questo Inuyasha, il nostro DNA, le nostre cellule, il nostro sangue… questo non si cambia. È l’unica cosa che non si può cambiare oltre al passato. Passato e sangue sono le nostre uniche certezze- Lei lo guardò –Se queste si potessero cambiare, se una solo di queste si potessero variare io lo cambierei in ogni caso. Non ci penserei due volte a cambiare DNA e non ci metterei nemmeno dieci secondi a decidere di cambiare il mio passato- Lui la fissò

-Vorresti una vita senza Miroku? Chiederesti di non incontrarlo?-

-No Inuyasha, questo mai. Non riuscirei a vivere pensando a ciò che avrei perso… però… chiederei di non essere separati da piccoli- Lui rallentò il passo fino a fermarsi e lei si girò verso di lui, solo qualche passo più in là

-Cosa intendi?-

La giovane osservò l’albero di pesco che spuntava dalla siepe della casa davanti a lei. Le arrivava alle narici il dolce profumo di quei petali delicati e rosa che cadevano leggeri, trasportati da un vento invisibile.

Senza nemmeno a farlo apposta se ne ritrovò uno in mano e lo contemplò, assorta

-Non immagini quanto vorrei andarmene via di casa, anche solo per un po’, anche qualche giorno… Mi sta logorando dentro tutta questa situazione Inuyasha- mormorò stringendo il petalo nel pugno senza alzare gli occhi –So di chiedere l’impossibile, non posso andarmene, non adesso e poi… io e Miroku siamo fratelli. Nostra madre già comincia ad avere i primi dubbi e se partissimo insieme ora… praticamente è come se le dicessimo che siamo innamorati… è una cosa che odio- disse alzando gli occhi e fissandolo –Ma se potessi tornare indietro e cambiare il mio passato e quello di Miroku… se non venissimo separati… Inuyasha, pensi che se fosse successo davvero lo amerei comunque e con uguale intensità?-

Inuyasha corrispose lo sguardo.

Sapeva che avrebbe dovuto aspettarsi una confessione simile, eppure immaginarselo e sentirselo dire era una cosa totalmente diversa.

Respirò profondamente

-Si Sango- rispose infine –Non è un caso se vi amate, anche se vi lega il sangue- Lei lo guardò stupita

-Credi nel destino Inuyasha?-

-Penso piuttosto che niente avvenga per caso- spiegò tornando a camminare.

Lei rilasciò il petalo che cadde vicino ai suoi fratelli e lo seguì pochi attimi dopo, affiancandolo. Rimase in silenzio qualche istante finché non sospirò dando voce ai suoi pensieri

-Non so davvero come Kagome abbia potuto amarti- Lui la fulminò, di stucco.

Ma che centrava quello? E poi come osava??

-Offendi?-

-No, nulla di simile. È un mio semplice pensiero- rispose, per nulla turbata dall’occhiataccia dell’amico

-E da cosa deriverebbe questo pensiero?-

-Il fatto, Inuyasha, è che siete troppo diversi. Capisci?- Alzò le spalle –Notte e giorno, buio e luce, sale e zucchero…-

-Come puoi dire questo? Non ci parli nemmeno più con Kagome ora- considerò malefico. Lei lo guardò malissimo stringendo il pugno

-Infatti stavo parlando al passato, Kujimawa- sibilò accelerando il passo –Infatti si è anche vista com’è finita- borbottò, ma in modo chiaro e udibile.

Lui sospirò sconfortato

“Ma perché sono così demente?” pensò raggiungendola –Senti Sango… mi…-

-No Inuyasha- lo bloccò immediatamente lei –Non c’è bisogno che ti scusi di nuovo, mi arrabbierei ancora e io… non voglio. Forza, facciamo queste spese, altrimenti Koga e Rin quando arriveranno a casa tua non troveranno nessuno- disse facendo un breve sorriso lei e anticipandolo dentro l’edificio a porte scorrevoli. Inuyasha sospirò

-Ok- concesse alla schiena della ragazza, ormai dentro al negozio. La seguì ormai giù di corda pensando che quella era certamente una giornata da dimenticare.

 

Kagome sedette su una delle tante panchine nel parco e accomodò Jhonny sulle sue ginocchia sorridendo.

Il piccolo la guardò pensieroso per poi passare lo sguardo intorno a se: c’era verde ovunque, un luogo tranquillo dove godersi le giornate di sole all’ombra della quercia dietro di loro.

Era ancora presto e i bambini non erano ancora arrivati, per questo aveva scelto quel posto, lontano dagli schiamazzi dei bambini e del rumore della città.

Poco più lontano, un gruppo di altalene e scivoli dalle più svariate forme, rimanevano immobili, scaldati dal sole alto.

Il piccolo spalancò i grandi occhi azzurri e li indicò agitandosi tra le braccia della giovane

-Che c’è Jhonny? Vuoi fare un giro sull’altalena?- chiese alzandosi e avvicinandosi, facendolo sedere sul seggiolone dell’altalena.

Il piccolo, notando quanto fosse in alto, fece un gridolino di sorpresa posando le manine sulla catena fredda.

Kagome fece dondolare un poco l’altalena rimanendo nella sua visuale, in modo che non si spaventasse.

“Che strana sensazione…” pensò. Era in momenti come quelli, con la pace che albergava nel suo animo che si sentiva finalmente senza nessuna preoccupazione a gravarle la mente, dimenticando problemi, ansie, paure… Era in momenti simili che avrebbe voluto un bimbo tutto suo da accudire giorno dopo giorno.

Arrossì, inconsciamente, a quel pensiero

“Oh santo Cielo… ma che vado a pensare?” pensò smettendo di far dondolare l’altalena e guardandosi i piedi mordicchiandosi le labbra.

L’immagine di Mikado si fece largo nella sua mente, seguita prepotentemente da quella di Inuyasha.

No, non doveva pensare a quel microcefalo stupendo, ma solo ed esclusivamente a Mikado!

Sospirò ripensando contro la sua volontà a quella breve allucinazione avuta con la foto di Eve, Tom e Jhonny.

Se avesse avuto un figlio da Inuyasha, come sarebbe stato? A chi sarebbe assomigliato?

Sarebbe stato alto? Oppure basso?

Maschio? O femmina?

Meglio che avesse avuto i capelli di Inuyasha, invece dei suoi così dritti e poco vivaci.

E gli occhi?

Grigi e penetranti come i suoi? No, meglio neri e profondi, come quelli di Inuyasha, così belli e scintillanti, con quella dolcezza, che ci si poteva annegare dentro.

E se fossero stati ancora insieme? Oggi sarebbero sposati? Quel bambino lo avrebbero avuto o sarebbe rimasto solo una fantasia?

Sentì gli occhi improvvisamente lucidi e senza nemmeno accorgersene si ritrovò a singhiozzare mentre si passava il dorso della mano sugli occhi cercando di frenare le lacrime. Poggiò la fronte alla catena piangendo e singhiozzando, mentre le spalle erano scosse da forti spasimi.

Era talmente patetica… si faceva schifo…

Un urletto di protesta gli fece abbassare gli occhi verso il piccolo che si dimenava sul seggiolone dell’altalena per farla tornare a muovere…

Sorrise tra le lacrime e tornò a dondolarla

-Scusami piccolo… scusa… non sono forte… abbastanza… scusami…- singhiozzò portandosi una mano al viso, tentando di nasconderle.

Perché era così debole?

Perché voleva farsi così male?

Sarebbe tutto così semplice se si innamorasse di Mikado… se buttasse tutta quella roba in quella scatola… così maledettamente semplice…

E allora perché era così difficile?

Non era giusto, non era affatto giusto!

 

Ore 12.40

Era a casa ormai da qualche ora, eppure non riusciva a non pensare a cosa sarebbe successo quel pomeriggio, a fantasticare negativamente su quello che sua madre voleva dirle.

Miroku chiuse gli occhi appoggiando il braccio alla fronte.

Ma cosa aveva fatto di male nella vita? Perché il destino lo voleva vedere soffrire in quel modo?

Avrebbe accettato chiunque come donna da amare, chiunque… eppure era accaduto con sua sorella.

L’amava a tal punto che gli mancava il respiro quando la vedeva e quando non c’era, non faceva altro che immaginarsela lì mentre rideva, scherzava, lo chiamava…

Avrebbe voluto che lo chiamasse per tutta la vita.

Strinse le labbra.

Eppure… c’era la questione dell’azienda di suo padre.

Era certo che prima o poi il padre avrebbe affrontato l’argomento con lui, per la discendenza, il bene dell’azienda e stupidaggini simili.

Una moglie.

Un matrimonio.

Ma lui non voleva sposarsi, non poteva sposarsi. Non poteva nemmeno parlarne col padre però, lui non avrebbe capito, per farlo avrebbe dovuto parlargli di lui e Sango, e questo era inconcepibile.

Già si immaginava la sua reazione.

Ridacchiò.

Sarebbe impallidito, diventato rosso di rabbia, e poi avrebbe boccheggiato parole incomprensibili, avrebbe riso e gli avrebbe detto certamente che non doveva scherzare, che non era più un bambino per fare certi scherzi.

Sarebbe stata una scena da filmare.

E sua madre?

Oddio… non riusciva proprio ad immaginarsela quella di scena…

Poi gli avrebbero impedito di vedere Sango e questo era inconcepibile, impossibile… non avrebbe mai retto una lontananza.

Lo avrebbero messo nel primo aereo diretto dall’altro capo del mondo e non si sarebbero mai più rivisti.

No, no, assolutamente no!

Scosse forte il capo mettendosi seduto.

Qualsiasi cosa gli avesse detto il pomeriggio sua madre, lui non avrebbe detto niente di niente.

Niente.

 

Solo quando si fu calmata del tutto e le lacrime asciugate del tutto, Kagome fermò la piccola altalena, tirando fuori dal seggiolino Jhonny.

Non voleva stancarlo troppo, quindi era meglio tornare a casa visto che poi lui doveva dormire un po’

-Su tesoro, torniamo a casa- mormorò incamminandosi verso casa, prendendo però la strada più lunga. Camminare le avrebbe fatto bene.

Doveva piantarla di pensare a certe cose, doveva proprio finirla.

 

Inuyasha e Sango uscirono fuori dal negozio: il primo con la busta della spesa in mano e una smorfia che gli delineava i lineamenti, la seconda palesemente soddisfatta e felicemente sorridente.

E c’era anche chi diceva che lo shopping non metteva di buon umore le donne…

-A questo punto facevamo prima a ordinare qualche cosa di pronto da farci portare a casa…-

-Ma non esiste. Con quello che abbiamo preso sei a posto per qualche giorno e poi ti voglio sinceramente vedere ai fornelli- ghignò lei incamminandosi verso il parco. Il ragazzo, di riflesso, rabbrividì

-Se vuoi morire avvelenata così giovane lo farò…- borbottò facendola ridere

-Non puoi essere così terribile Inuyasha!-

-Bah!- esclamò raggiungendola –Comunque mi dici perché stiamo passando per il parco? Illuminami- Lei lo fissò accigliata

-Ma come, non lo sai? A piedi è un ottima scorciatoia per arrivare a due passi dal tuo appartamento- Lui scrollò le spalle

-Non ne avevo idea-

-Vedo che giri molto a piedi allora- lo prese in giro lei

-Beh, sai com’è… non è che ho molto tempo per farmi una passeggiatina ogni giorno- sbottò –Io lavoro-

-E io vado a scuola, che centra?-

-Carissima, io comincio alle 7.00 e finisco se mi va bene alle 15.00! E se non ho finito il mio lavoro lo devo fare a casa mia!- Lei sorrise

-Oh, povero piccolo… perché infatti io il pomeriggio non ho proprio nulla da fare eh?-

-Vuoi dirmi che quello che faccio io è una bazzecola?-

-Ma no, dico solo che 10 minuti ogni giorno li potresti anche sprecare per fare due passi. Fa bene al corpo e all’anima, non lo sapevi?-

-Ma io cammino, dal bagno alla camera, dal bagno al salotto! Più di così!-

-Ah, che simpatico che sei Inuyasha!-

-Non ti sei mai vista allo specchio?-

-Devo dire che sono una gran ganza-

-Puliscilo allora-

-Fanculo-

-Prima tu e di certo non con me-

-Ma chi ti vuole!!-

-Ok, basta-

-Bene!-

-Benissimo!-

-Ottimo!-

-Ma perché vuoi sempre avere l’ultima parola Sango? Non so come faccia Miroku a sopportarti!-

-Guarda un po’ me lo stavo chiedendo pure io!-

-Ma che permalosa!-

-Che attaccabrighe!-

-Feh!-

Si squadrarono poi continuarono a camminare, offesi l’un con l’altro. Continuarono a camminare per qualche altro metro finché Sango si fermò abbassando gli occhi

-Inuyasha, aspetta un attimo per piacere- disse. Il ragazzo si voltò appena fissandola

-Che c’è ora?-

-Ascolta… per prima… quando parlavo di te e Kagome… mi dispiace. Ho davvero esagerato. Non volevo aggredirti, sul serio- concluse senza alzare gli occhi. Il giovane sbatté le palpebre

-Non c’è problema Sango, me ne ero già dimenticato-

-E’ che sono così abbattuta che me la sono presa con te, il primo che mi è capitato sotto mano… mi dispiace davvero tanto-

Inuyasha le si avvicinò prendendole gentilmente il braccio, in modo tale da guardarla diritto negli occhi

-Sango, ascoltami, credo di capirti almeno un po’, so come ti senti… So che non l’hai fatto per ferirmi o cose simili. Sei tu che devi scusare me per come ti ho risposto, sono io che ho esagerato. So che per te e Miroku questi sono tempi duri e difficili, eppure lo assillo sempre con i miei problemi senza preoccuparmi mai di lui, sono io che devo chiedere scusa a tutti, perché è vero che io vi ho messi in questo situazione scomoda. Eppure sono certo che si risolverà tutto Sango, tornerà tutto come prima… ne sono sicuro. Ok?-

Sango lo guardò, tremendamente colpita.

Aveva sempre pensato che Inuyasha fosse un sempliciotto e per questo si era sempre chiesta perché Miroku continuasse ad essergli amico, o come Kagome avesse potuto innamorarsi di un tipo simile, così geloso e violento.

Il suo ragazzo, con la testa sulle spalle, ragionevole, calmo.

Kagome, con sani principi in testa, l’opposto di Inuyasha.

Eppure in quel momento, dopo averle detto tutte quelle cose, il modo in cui l’aveva consolata… ora Inuyasha le sembrava così gentile, così… a dire il vero non lo sapeva dire neppure lei.

Ma di certo, quel carattere di Inuyasha che non aveva mai visto l’aveva colpita molto.

Era quello che faceva innamorare le ragazze? Che avvicinava gli amici?

Forse, anzi, di sicuro (se parliamo ovviamente di amori e amicizie sincere, altrimenti cera tutta quella gente doppiogiochista che si avvicinava solo per i soldi… che orrore).

Sorrise

-Grazie Inuyasha. Ora capisco perché piaci sia a Kagome che ai tuoi amici…- disse –Se non amassi Miroku, sono certa che in questo momento mi sarei innamorata di te- Il giovane scoppiò a ridere

-Non tentarmi Sango. Altrimenti poi chi lo spiega a Miroku?-

Un fruscio dietro di loro li fece sobbalzare e girare di scatto.

Pochi metri davanti a loro, una giovane aveva visto tutta la scena e nel suo viso si poteva notare lo stupore, lo choc… perché quello che aveva udito, il poco che aveva udito… non era possibile.

Inuyasha, senza parole, non mosse un muscolo mentre Sango spalancò gli occhi, balbettando.

Cavolo! Ma che sfiga! Proprio con delle frasi così equivoche dovevano farsi beccare?

-Kagome?- farfugliò Sango senza fiato

 

[…]

-… in questo momento mi sarei innamorata di te-

-Non tentarmi Sango… chi lo spiega a Miroku?-

[…]

 

Kagome strinse il piccolo tra le braccia cancellando nel suo viso tutte quelle emozioni lasciate trapelare, ma dentro di lei, il sangue ribolliva, lo stomaco le si attorcigliava, il cuore aumentava i battiti…

Gelosia…

Le parole che rimbombavano nella sua testa, le davano la nausea.

Fece un passo indietro, quasi inconsciamente.

Sango e Inuyasha insieme…

Sango e Inuyasha insieme…

La borsa della spesa nella mano di lui e l’altra che stringeva l’avambraccio della ex-amica…

Non era assolutamente possibile. Si stava di certo facendo i suoi soliti viaggi mentali, aveva di certo capito male, non era vero quello che sembrava… o no?

Gelosia…

Strinse ancora più a se il piccolo, sentendone il calore confortevole.

Inuyasha seguì lo sguardo della giovane e staccò la mano dal braccio dell’amica, come se si fosse scottato.

Nessuno aveva avuto ancora il coraggio di dire una sola parola, quindi Sango si decise a spezzare il silenzio, tentando di spiegare a Kagome l’equivoco

-Kagome, non è come sembra, davvero c’è… un equivoco- La giovane presa in causa fece passare lo sguardo dalla sporta alla castana davanti a lei

-E come sembrerebbe?- domandò.

Doveva stare calma e non spaventare il piccolo appoggiato con la testolina alla sua spalla. Aveva già visto e provato come si spaventava se la sentiva agitata o spaventata, non era il caso di farlo piangere in mezzo alla strada.

Doveva essere forte, solo per lui.

-Oggi c’è un pranzo a casa di Inuyasha con tutti i COBRA e io l’ho aiutato a fare la spesa visto che è una cosa decisa da meno di un ora… gli altri dovrebbero arrivare a casa sua tra poco e…-

-Non devi darmi nessuna spiegazione- la bloccò guardando Inuyasha che corrispose lo sguardo. Il loro ultimo incontro si fece largo nella loro mente, facendo distogliere lo sguardo alla ragazza che tornò a guardare Sango.

E se Inuyasha avesse capito il significato di quella scatola?

No, era impossibile…

-Allora a domani, a scuola Koshuzo- disse gelida girando i tacchi per tornare indietro e riprendere la strada più corta.

Maledetta lei che aveva deciso di prendere la strada più lunga! Sarebbe stata già a casa a quell’ora!

-Ah! Kagome? Ma chi è?- domandò la castana facendo un passo avanti. Kagome sospirò e si voltò

-Chi Koshuzo?- domandò seccata alzando il sopracciglio

-Il bimbo che tieni in braccio. Che amore, chi è?-

Solo in quel momento Inuyasha notò la chioma bionda sulla spalla di Kagome che incorniciavano due stupendi occhi azzurri e un visetto paffuto

“Che sia il figlio di Eve e Tom?” si chiese.

Kagome sbatté le ciglia sorpresa poi guardò il piccolo mettendoselo ben comodo tra le braccia aprendosi in un sorriso dolcissimo e pieno di amore.

Inuyasha quasi si sentì male nel vedere quello sguardo: quante volte lo aveva guardato così?

-Lui Sango è Jhonny… il bambino di Tom e Eve. Vero cucciolo?- chiese sfiorandogli il nasino ereditato dalla madre con l’indice.

Il bimbo a quel gesto rise battendo le mani

-Aaaaah! Maa…aaaa!!-

-Si piccolo, dopo la mamma torna, ma adesso torniamo a casa mh?- Lo rimise come prima e guardò la ragazza davanti a lei –Non voglio che si affatichi troppo quindi, come ti ho detto prima, a domani Koshuzo- Senza nemmeno attendere una risposta, cominciò a camminare dalla parte opposta alla loro, allontanandosi e sparendo dietro una siepe.

Sango sospirò pesantemente portandosi una mano al cuore

-Oh Kami… per un momento ho pensato fosse suo…- mormorò –Non sai che colpo mi è preso Inuyasha-

Il ragazzo, dal suo canto, sedette su una panchina vicina senza abbandonare con lo sguardo il punto dove poco prima Kagome aveva sorriso e Jhonny e dentro di lui, una voce si era fatta largo tra il suo orgoglio.

Kagome non lo avrebbe mai più guardato così, men che meno dopo quello che era successo qualche sera prima…

Perché aveva dovuto rovinare tutto?

Perché?

 

Ore 15.00

Puntuale come un orologio svizzero, Miroku suonò il campanello di casa Koshuzo.

Tolto il dente, tolto il dolore…

Mito aprì la porta di casa e gli sorrise aprendogli il cancello.

-Miroku, ciao, come stai?-

-Bene signor Koshuzo. Lei?-

-Dammi del tu, ormai ci conosciamo e poi facciamo parte della stessa famiglia-

Probabilmente ricevere un pugno avrebbe fatto decisamente meno male e accolto più volentieri piuttosto che una frase simile…

-Già-

-Comunque sto bene… non so di cosa voglia parlarti tua madre… ma sono certo che non sarà nulla di importante-

“Per lei forse” pensò acido Miroku. A volte quell’uomo era davvero privo di tatto, anche se gli stava decisamente simpatico –Ma certo, dopotutto io e mia madre non ci vediamo mai da soli-

-Infatti, ma entra… io e Kohaku adesso andiamo al campo di calcio così vi lasciamo in casa da soli, per farvi avere un po’ di intimità. Avrete molte cose da dirvi- Lo fece accomodare in salotto e il giovane si sedette sul divano guardandosi intorno.

Era circondato da delle foto di Sango da piccola, era un amore anche a quell’età, ma lui lo sapeva bene.

-Te la vado a chiamare, aspetta. KYOKO!- urlò l’uomo sulle scale –C’è Miroku!! Scendi dai! KOHAKU! Se sei pronto muoviti che andiamo!-

Miroku sentì il trambusto provenire dal piano di sopra, delle voci rispondere e poi Kohaku che entrava in salotto col fiatone buttandogli le braccia al collo per salutarlo

-Ciao Miorku!!- gridò

-Ciao Kohaku, come stai?-

-Benissimo!- rispose –Senti…- sussurrò al suo orecchio senza farsi né sentire né vedere, come se si stettero ancora abbracciando.

Miroku alzò lievemente il sopracciglio. Aveva proprio preso dalla sorella in quel lato…

-…non so cosa voglia la mamma da te, ma vorrà sicuramente parlarti di Sango, vedere le tue espressioni mentre parlate di lei ecc… è molto brava in questo quindi per carità, sta attento-

-Kohaku! Muoviti su!-

-Si papà!- Il piccolo si staccò e lo guardò negli occhi preoccupato prima di voltarsi e andarsene, pallone sotto braccio, con il padre

“Anche Kohaku l’ha capita… Oddio, mi sto agitando e non va bene. Ok Miroku, pensa che per il bene della vostra relazione, tu oggi non devi far trapelare nulla, nulla!!”

-Ciao tesoro, scusami, ma mi stavo asciugando i capelli… vedo che come tuo padre anche tu ami la puntualità- disse la donna arrivando in salotto sorridendo

-Ciao mamma, ti vedo in splendida forma sai?-

-Grazie, anche tu stai benone a quanto vedo-

“A quanto vedi…” la riprese mentalmente il giovane

-Desideri qualche cosa da bere? Dai, vieni in cucina-

-Ok, che hai in frigo?- domandò lui

-Niente birra- lo prese in giro

-Naaa, preferisco dal succo se proprio proprio!- La donna rise e gli allungò un bicchiere colmo di succo all’arancia mentre il giovane si sedette su una sedia accanto al tavolo. Lo voleva mettere a suo agio… che donna calcolatrice e manipolatrice! Voleva farlo rilassare per poi estorcergli informazioni a quanto pareva da una prima veloce analisi…

-Ho anche dei dolcetti, li ho presi nella pasticceria in centro. Sai, era così agitata per oggi che non ne ho potuto fare a meno!- esclamò prendendo un vassoio dal frigo e mettendolo in mezzo ai due

-Grazie. Allora mamma, di che vuoi parlarmi?- chiese

-Una madre non può incontrare il proprio figlio in un normalissimo pomeriggio per parlare del più e del meno?-

-Certo, e di preciso, di che cosa vorresti parlare con me?- domandò

-Non so, per esempio di tuo padre… di quando si è risposato e come ti trovi con Emily, la tua madre adottiva-

-Lei è una persona meravigliosa mamma e papà è un buon padre, che mi fa studiare e che mi ha cresciuto con sani principi. Ho un buon rapporto con tutti e due-

-E dimmi, le ragazze? Non credo che parli con la famiglia con cui vivi delle tue esperienze-

-No infatti, mamma- rispose “Ecco, il nocciolo, mamma cara”

-Siamo stati lontani così tanto tempo Miroku… non ti ho potuto vedere crescere, non ho potuto stare con te in carne e ossa e… ora vorrei rimediare… mi sono accorta che anche Sango è strana e io… voglio avere un maggiore dialogo con i miei figli- Miroku sorseggiò dal suo bicchiere e annuì

-Ok, di cosa vuoi che ti parli? Dopotutto il tuo desiderio lo ritengo giusto e appropriato mamma-

-Dimmi Miroku, vuoi davvero fare quello che tuo padre ti sta facendo studiare? Vuoi davvero diventare il nuovo erede dell’azienda di famiglia. Tuo padre ti ha allontanato da me e preso in affidamento per quello… oppure hai altri sogni?- chiese. Il giovane sorrise

-Effettivamente prendere in mano l’azienda mi annoierebbe dopo un po’. Però mi piacerebbe andare in un posto piccolo e lontano da qua… non so dove, però mi piacerebbe aprire un negozio di auto o di moto- Non lo aveva mai detto a nessuno quel suo piccolo sogno, se non a Sango. Era strano ora parlarne con sua madre.

-Beh, se apri quell’azienda riusciresti a farlo-

-Ma non potrei occuparmene io a tempo pieno… Comunque mi sono rassegnato, dopotutto mi era chiaro sin da piccolo il mio posto nell’azienda. Non devi preoccuparti per me mamma- La donna sospirò

-E le ragazze?-

-Nessuna per ora- rispose alzando le spalle –Sono un ragazzo un po’ cattivello e ribelle… Sono in un periodo che ho tutte e nessuna, sinceramente-

-Un dongiovanni!!- esclamò senza parole la donna

-Diciamo di si…- La guardò abbassare lo sguardo –Che cosa ti preoccupa ‘ma?- chiese

-Ecco Miroku… tu e Sango avete un buon rapporto, non è vero?-

-Certo… da fratello e sorella. Perché?- domandò noncurante

-E’ che in questo periodo mi sembra così strana… così… depressa… non lo so io ho l’impressione di non capirla più negli ultimi tempi. Non è che ti ha detto qualche cosa?- chiese speranzosa. Miroku fece finta di pensarci un momento poi scosse il capo

-Non che io sappia di così grave… insomma, da quando ha litigato con Kagome è più depressa del solito, si vede. Poi gli esami si avvicinano ed è molto stressata con lo studio- Scrollò le spalle –Credo abbia paura di non farcela, o cose simili- La donna sospirò

-Capisco… ma si, forse hai ragione Miroku, mi sto preoccupando troppo- disse sorridendo. Miroku perplesso sbatté le palpebre

“Beh? Tutto qui?” pensò

-Tutto bene tesoro?-

-Certo mamma, certo!- Lei sorrise alzandosi e dandogli le spalle

-Comunque visto che devi pensare comunque all’azienda devi pensare a sposarti… Se non vuoi che ci pensi tuo padre devi darti una mossa-

Le viscere di Miroku fecero una capriola e sorridendo tirato rise

-Ma dai mamma! Ho solo 23 anni!- Lei si girò accigliata

-Che centra scusa? Il tuo amico… quell’Inuyasha… se l’azienda di suo padre non fosse crollata, lui a quest’ora sarebbe già sposato, o no?-

-Già. Ma tra le due famiglie c’è una tradizione diversa mamma-

-Non credo… dopotutto se fai due conti, tuo padre si è sposato con me alla tua età- Scrollò le spalle riempiendogli di nuovo il bicchiere

-Hai ragione…- mormorò

-Hai già in mente una fanciulla a cui chiedere la mano?- domandò sorridendo la donna

-No… nessuna ancora-

-Guardati intorno, ci sono tante belle ragazze in giro- Sospirò –Anche Sango dovrebbe muoversi… al massimo inviterò degli amici a cena coi loro figli, tanto per vedere se succede qualche cosa. Che ne pensi?-

Il ragazzo trattenne il respiro, quasi soffocandosi con il succo.

Sango e un altro… un altro uomo con la sua Sango, con la sua bellissima, stupenda, intelligentissima Sango…

Gelosia…

No, quello mai, tutto, ma non quello!

-Si mamma, la trovo una stupenda idea anche se non credo sia il caso fare a mia sorella una cosa del genere. Lei dice che l’amore viene da se, non va programmato- La donna sorrise

-Ma io non lo programmo Miroku, lo aiuto-

-Già…- sibilò il ragazzo stringendo il pugno sotto il tavolo fino a farsi sbiancare le nocche –Davvero fantastico…-

Kyoko lo guardo fisso e deglutì leggermente.

Doveva stare calma, vedere come si svolgevano gli eventi… doveva stare calma.

Quello che vedeva negli occhi di suo figlio non era gelosia, era solo preoccupazione. Massì, era semplicemente quello.

I suoi sospetti erano assolutamente infondati, alla fine era ovvio che si fosse creato un legame speciale tra lui e Sango, dopotutto non c’era quella grande differenza d’età e poi erano stati lontani tanti anni, era chiaro che ora stavano insieme tanto, perché volevano conoscersi a fondo.

Certo, era semplicemente così.

Sorrise raggiante, rilassata e rincuorata.

-Bene Miroku, guarda che orario abbiamo fatto! Ora devo proprio prepararmi, altrimenti stasera alla cena di lavoro ci arrivo in ritardo e non va per niente bene far aspettare i propri clienti!- Il ragazzo si alzò in piedi

-Effettivamente anche io ora sarei dovuto andare comunque- spiegò dirigendosi verso la porta d’ingresso

-Torna a trovarmi ok Miroku? E chiamami!-

-Certo mamma, grazie per lo splendido pomeriggio-

-Grazie a te tesoro. A presto-

-Ciao mamma!- Il giovane uscì e aspettò di essere sbucato in un’altra via per fermarsi e sospirare, buttando fuori tutta la tensione accumulata, rilassandosi.

Era andata bene, fortunatamente era andato tutto per il meglio.

Sorrise raggiante e tirò fuori il cellulare componendo il numero di quello di Sango, finalmente felice di darle una buona notizia.

 

Lunedì. Ore 9.20

Il postino arrivò davanti alla villa e sospirò guardando l’enorme casa che gli si parava davanti

-Odio vedere certe cose- borbottò controllando nome, indirizzo e numero –Perfetto, Kazana Miroku, via… ottimo- Imbucò la lettera e ripartì veloce a bordo del suo motorino.

Nel fondo della buca, la bella calligrafia di Kikyo macchiava la purezza della busta bianca e il francobollo della Grecia ne risaltava il biancore.

 

Caro Inuyasha e Miroku…

  
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