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Autore: Beatrix Bonnie    16/02/2015    2 recensioni
Firenze, 1832
Margherita Imbonati, una giovane ragazza perbene, amante di filosofia e letteratura, che frequenta i salotti più in vista della città. Con la sua fede in Dio, ottusa ma genuina, sarà in grado di lasciare un segno indelebile nell'animo tormentato del conte Leopardi?
Bologna, oggi
Margherita Alberti, caotica docente di Religione e dottoranda in Teologia, talmente abituata ai suoi ritardi e alla figuracce da non farci più nemmeno caso. In una lezione improvvisata, con presente il nuovo insegnante di sostegno tanto carino, riuscirà a convincere i suoi indisciplinati studenti ad affrontare la vita con la giusta serietà?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Historia docet'
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I
Incontri


Bologna, oggi

Nessuno ha mai commesso un errore più grande
di colui che non ha fatto niente
perché poteva fare troppo poco.

(Edmund Burke)

Margherita adorava i portici e odiava i turisti. Adorava i portici perché, quando pioveva, nove volte su dieci lei era senza ombrello e almeno poteva ripararsi dall'acqua sotto le arcate; odiava i turisti perché, nove volte su dieci, lei era in ritardo e dover schivare gruppi di vecchietti in visita alle chiese non la aiutava a muoversi spedita.
Esattamente come quel giorno di inizio ottobre: pioveva e lei era in ritardo. «Permesso, scusate» borbottò, facendosi largo tra turisti tedeschi che probabilmente aveano la stessa età della chiesa che si accingevano a visitare. Sbuffò, ma riuscì a salire sull'autobus prima di essere investita da improperi in arcana lingua germanica. La sua fermata era poco fuori dal centro, per fortuna, per cui il tragitto fu piuttosto breve, anche perché il mezzo pubblico era umido e caldo come una foresta pluviale, preso d'assalto dagli studenti di Medicina. Margherita ascoltò uno spezzone di comunicazione tra due ragazzi che si lamentavano dell'esame di anatomia e del professore stronzo di turno. Mal sopportava gli studenti di Medicina, convinti com'erano di essere gli unici a sudare sangue sui libri, mentre a tutti gli altri i voti venivano regalati. Che poi, solo quella di Medicina era una vera università, le altre erano inutili! Cielo, che odio! Margherita di lauree ne aveva collezionate un bel po', tutte assolutamente non spendibili nel mercato del lavoro. Tutte assolutamente meravigliose. Se fosse tornata indietro, le avrebbe scelte di nuovo.
Una volta scesa dall'autobus e abbandonato il gruppo di studenti di Medicina, entrò nella sua facoltà e prese a salire i gradini a due alla volta, giusto perché un po' di esercizio fisico aiutava a mantenersi in forma. Bussò alla porta dello studio con tanta frenesia che per poco non si fracassò le nocche contro il legno.
«Prego, avanti» chiamò il professore, con la sua r moscia leggermente accennata.
Margherita entrò sfoderando il suo miglior sorriso. «Buongiorno!»
Il professor Rainelli la guardò da sopra i suoi occhialetti ovali da lettura. «Sei in ritardo.»
«Lo so, lo so, mi scusi!» brontolò Margherita, prendendo posto davanti alla scrivania e cominciando a frugare nella borsa. «È che c'è sempre un sacco di gente, e poi piove...»
«E poi, e poi... una volta eri più brava ad inventare scuse» sogghignò il professore.
«Grazie» replicò gelida Margherita. «Si vede che quando Dio distribuiva la puntualità, lei era il primo della fila, io ero in ritardo.»
Il professor Pietro Rainelli aveva un sarcasmo piuttosto pungente per essere un frate domenicano, ma Margherita aveva imparato a rispondergli a tono. In fin dei conti, l'aveva scelto come docente per il Baccalaureato e la Licenza in Teologia e ora per il Dottorato, oltre ad aver seguito il suo corso di Storia delle Chiese alla facoltà di Lettere. In tutti quegli anni era stato il suo mentore e da lui aveva assimilato anche il gusto per l'ironia e la prontezza di spirito nel rispondere alle battute.
«Dai, fammi vedere che mi hai portato» disse padre Rainelli, tornando serio.
Margherita cominciò a spargere fogli e quaderni sulla scrivania del professore, mettendo a soqquadro il perfetto ordine che vi regnava. «Ecco!» annunciò soddisfatta, estraendo dalla borsa una cartellina dall'improbabile color verde acido, che mise sotto il naso del professore. «Però non sono molto convinta.»
Padre Rainelli diede un'occhiata veloce alle pagine. «Cos'è che non ti convince?»
Margherita scosse la testa. «Ho riletto talmente tante volte quel pezzo che lo so quasi a memoria, ho spulciato tutta la bibliografia di padre Chenu, ho cercato ovunque, ma non sono del tutto convinta che i due temi si possano mettere sullo stesso piano... o che comunque si possa giustificare la connessione sulla base di quel passo della Summa Theologiae» snocciolò in un sol fiato.
Il professore annuì comprensivo. «Fammi leggere quello che hai scritto, poi valuteremo insieme.»
«Allora attendo sue notizie.» Margherita ficcò alla rinfusa nella borsa la roba che aveva sparso sulla scrivania e si alzò dalla sedia.
«Credo che per fine settimana dovrei riuscire a darci un occhio» le confermò il professore. «Comunque ci sentiamo.»
Margherita annuì e, augurando al professore una buona giornata, uscì dallo studio. Così come aveva fatto le scale di corsa in salita, anche in discesa non si risparmiò, nella speranza di riuscire a non perdere la corsa dell'autobus. Possibile che fosse sempre in ritardo?
Sbuffò, preparandosi ad affrontare un secondo traumatico viaggio sul mezzo pubblico – grazie al cielo, aveva almeno smesso di piovere – e ripassando mentalmente le cose che doveva fare quella giornata. Arrivata alla sua fermata, scese dall'autobus quasi investendo una vecchina che pretendeva di salire dall'uscita. «Mi scusi, mi scusi!» le urlò dietro, già di nuovo di corsa verso la sua seconda meta.
«Oh, buongiorno, professo'!» si sentì salutare quando entrò nell'atrio della scuola.
«Buongiorno, signor Armando» rispose distrattamente al bidello, presa com'era dal frugare nella borsa alla ricerca del quaderno su cui aveva preparato le lezioni della giornata. «Merda, merda, merda e più merda!» scandì la sua camminata veloce verso l'aula insegnanti, quando si accorse che il prezioso quaderno non era in borsa. E quel suo frugare le fu fatale, perché andò a scontrarsi senza ritegno contro qualcuno che veniva nella direzione opposta. Alzò gli occhi verso lo sconosciuto e quel “scusami” che stava per pronunciare le si fermò in gola. Aveva di fronte un bel giovane altro, moro con due stupendi occhi blu. Probabilmente le uscì spontaneo sulle labbra un sorriso da ebete, di certo del tutto involontario.
«Cos'è successo di così tragico da farti invocare escrementi di vario tipo per i corridoi della scuola?» le domandò con un sorrisetto divertito.
Improvvisamente Margherita si rese conto che doveva star facendo una pessima impressione. «Ho lasciato il quaderno con le lezioni preparate sulla scrivania del mio professore, in università» balbettò in risposta. «Credo proprio che oggi dovrò improvvisare.»
«In bocca al lupo, allora» le augurò.
«Professor Ricci?» chiamò in quel momento il bidello Armando. «Paola la vuole in segreteria.»
«Arrivo» rispose il giovane, accomiatandosi da Margherita con un sorriso e un breve inchino.
La ragazza restò immobile nel bel mezzo del corridoio finché l'altro non fu sparito dalla sua vista. Chiuse gli occhi e li riaprì. Fantastico, ho appena fatto una colossale figura di merda con un nuovo professore. Ed è pure carino!
«Margherita!» la richiamò una giovane signora dall'aula insegnanti.
«Ciao, Betta» salutò funerea la ragazza, avviandosi verso di lei. «Oggi non è la mia giornata.»
«Lo sarà anche meno, adesso, fidati» la accolse la sua collega, lanciandogli un'occhiata eloquente.
«Cos'è successo?» sbuffò Margherita, domandandosi cosa potesse accadere ancora per peggiorare la situazione.
«È successo che pioveranno sospensioni come fosse Natale!» esclamò la professoressa di Diritto, non appena Margherita entrò in aula insegnanti.
La ragazza le rivolse un sorriso stiracchiato. Non erano mai andate d'accordo lei e la professoressa Antonella Tozzetti, da tutti soprannominata Fanny per via dell'omonimia di cognome con la nobildonna fiorentina, nonché per la sua indiscussa bellezza e il suo fascino. Oltre ad una sana antipatia a pelle, forse dovuta anche – Margherita era costretta ad ammetterlo – all'invidia per la bella presenza della Tozzetti (mentre lei aveva l'aspetto anonimo di una trentenne qualunque), a dividerle c'era una profonda divergenza di vedute: Margherita era convinta che la scuola dovesse educare prima che punire, fornire competenze prima che nozioni. “Tu fai tutto facile” le ripeteva sempre la professoressa di diritto, “non hai nessun contenuto da insegnare.”
Margherita aveva smesso di rispondere alle sue provocazioni: erano solo gli sterili attacchi di una cieca positivista, che credeva nel progresso umano, nella scienza, nella legge positiva, e che valutava la religione alla stregua della notte buia dell'umanità. Lei che si proclamava tanto aperta di mente, non aveva nemmeno le orecchie per ascoltare le posizioni di Margherita: le bollava immediatamente come retaggi medievali di oscurantismo.
«Cos'è successo, di grazia, per far piovere sospensioni?» sospirò Margherita, rassegnata all'idea che quella si sarebbe rivelata una pessima mattina.
La Tozzetti le rivolse un sorrisetto, come se la possibilità di sospendere qualcuno la divertisse. «Ha cominciato a girare per scuola un giochino: bisogna andare in bagno, farsi una foto in biancheria intima e pubblicarla su Facebook, taggando almeno tre amici» spiegò, con una smorfia di disprezzo. «Chi viene nominato deve fare altrettanto, per non venir etichettato come sfigato e venir preso di mira da tutta la scuola.»
Margherita sbuffò rassegnata. Perché i ragazzi erano sempre così idioti? Come potevano pensare che una scemenza del genere non venisse prima o poi scoperta dai professori?
La campanella d'inizio della terza ora suonò proprio in quel momento. La Tozzetti prese al volo la sua borsetta di chissà quale marca famosa e si mise sotto braccio i libri di diritto. «Pare che tutto sia partito dalla tua adorata quinta B» rivelò a Margherita, con un sorriso falso.
La ragazza arricciò in su gli angoli della bocca, ma i suoi occhi rimasero freddi. «E scommetto che hai già dato una bella nota di classe.»
«Ovvio.» La donna ne sembrava enormemente compiaciuta. «Ah, è vero che tu sei quella che predica contro l'inutilità delle note sul registro!»
«Anche se ti diverti a fare dell'ironia, io resto della stessa idea» replicò Margherita, seria. Era convinta che le note sul registro fossero solo delle parole buttate al vento, vane minacce che non avrebbero mai fatto cambiare atteggiamento agli studenti, almeno finché non si fossero convinti da soli a scegliere la retta via.
La Tozzetti si avvicinò a lei quel tanto che bastava per sovrastarla. «Fai come vuoi, tanto una bella punizione non gliela leva nessuno» mormorò, sempre senza smettere di sorridere. «Forse così impareranno, una buona volta.»
«Cosa impareranno?» la provocò Margherita. «Ad odiarti? Oh, fidati, quello lo fanno già benissimo.»
«E tu che credi di fare?» le rispose con sdegno la Tozzetti, improvvisamente meno aggraziata senza il suo sorriso seducente. «Non puoi salvarli tutti: alcuni non si meritano nemmeno di essere salvati e comunque sei solo un'insegnante di Religione. Non hai alcuna influenza su di loro.»
Margherita fece un passo avanti e alzò gli occhi su di lei, determinata. «Farò tutto quello che posso» replicò decisa. «Anche se fosse troppo poco, è sempre meglio di niente.»
«Professoresse, è suonata» le avvertì il bidello, mentre spediva in classe gli studenti che erano usciti al cambio dell'ora.
«Grazie, Armando» rispose Margherita, con un cenno di saluto alla collega.
«Buona lezione» sibilò quella, il suono dei suoi tacchi che riecheggiava per il corridoio vuoto.


Firenze, maggio 1832

Amami, per Dio.
Ho bisogno d'amore, amore, amore, fuoco, entusiasmo, vita:
il mondo non mi par fatto per me.
(Giacomo Leopardi, lettera al fratello Carlo)

Margherita se ne stava seduta sul prezioso divanetto del salotto di casa. Era ben lavorato, non c'era niente da dire, e comodo, anche, ma avrebbe gradito un passatempo più interessante che non quello di ammirare il mobilio di casa Targioni Tozzetti. Eppure, a quanto pareva, la sua compagnia non era giudicata sufficientemente interessante dagli altri ospiti della serata. Uno dei vecchi membri dell'Accademia della Crusca, nel passarle davanti, le rivolse un cenno di saluto e un breve inchino. Margherita rispose con un sorriso tirato. Sapeva di non essere né bella né affascinante come la padrona di casa: era piccola e minuta, con un viso sgraziato, capelli incolore e occhi anonimi. Eppure riteneva che, quanto meno, le sue idee meritassero di essere ascoltate, indipendentemente dal suo aspetto fisico. Ma anche tra i colti letterati fiorentini, il mondo era fatto solo d'apparire.
Si era da poco trasferita a Firenze con la famiglia, lasciando per qualche tempo la caotica Milano, ma era certa che gli inviti che aveva ricevuto per i più prestigiosi salotti letterari della città fossero dovuti al suo cognome, piuttosto che alla sua cultura. Dopotutto, lo zio di suo padre, Giovanni Maria Imbonati, aveva dato vita alla più importante accademia letteraria di Milano, l'Accademia dei Trasformati.
«Tutta sola, signorina Imbonati?» Uno degli ospiti si avvicinò sorridente.
Margherita scattò in piedi come se qualcosa l'avesse punta, aggrappandosi con tutte le sue forze a quello spiraglio di conversazione. «Pietro Giordani, quale piacere» lo salutò speranzosa.
«Non vorrei disturbare la vostra solitudine, ma mi sembra una serata troppo interessante per non approfittare di qualche piacevole conversazione.» Giordani le tese la mano per prenderla sotto braccio e condurla a spasso per il salotto.
«Vi ringrazio, signor Giordani» rispose Margherita. «A quanto pare, le conversazioni con una donna non sono sufficientemente piacevoli se non sono corredate da un aspetto gradevole.»
Giordani sogghignò per tanta franchezza. «Io trovo che il vostro aspetto sia gradevole quanto basta per poter conversare insieme.»
«Vi ringrazio, ma non per tutti è così.» Gli occhi di Margherita indugiarono sulla padrona di casa, la tanto ammirata Fanny, che lei considerata tanto bella quanto effimera.
«Non dovete adirarvi con lei» le sussurrò all'orecchio Giordani, intuendo i suoi pensieri. «La natura le ha elargito molti doni e lei li elargisce agli altri.»
Margherita lanciò a Giordani un'occhiata di leggero rimprovero. «Dio elargisce a ciascuno dei talenti, secondo la Sua divina misericordia, ma non per sbatterli in faccia agli altri» replicò tagliente. «O, peggio, per usarli al fine di procurarsi una schiera di ammiratori. E di amanti.»
Giordani scoppiò a ridere, divertito. «Oh, voi e il vostro dio. Adoro quando lo infilate in ogni conversazione.»
Margherita gli rispose con un sorriso furbo. «Il mio Dio è il Dio di tutti, per quanto voi non lo riconosciate» precisò compiaciuta. «E lo infilo in ogni conversazione, perché Egli è la roccia su cui ho fondato la mia vita.»
Giordani la guardò con intensità per una frazione di secondo. «Voglio presentarvi una persona» esclamò poi, conducendola sempre a braccetto verso un uomo dall'aspetto malaticcio. Si appoggiava ad un bastone da passeggio, malfermo sulle gambe e con i primi segni della gobba. Ma la prima cosa che notò Margherita furono i suoi occhi blu, enormi ed espressivi come se fossero stati dipinti dal più grande degli artisti.
«Giacomo, questa è la signorina Margherita Imbonati» la introdusse Giordani. «Signorina, vi presento...»
«Il conte Leopardi» concluse Margherita, incantata dalla personalità del poeta. «Non sapete quanto mi senta onorata di conoscervi, signor conte.»
«Lasciate, lasciate pure perdere i titoli» rispose l'uomo, facendo un gesto svolazzante con la mano. «Li trovo quanto meno eccessivi, nella situazione in cui mi trovo.»
Margherita fece un breve inchino come segno d'assenso, ma non osò chiedere quale spiacevole situazione avesse indotto il poeta a rifiutare il suo titolo. I suoi occhi saettarono in direzione del Giordani, nella speranza di ottenere un aiuto per intavolare una conversazione che non offendesse l'animo del suo interlocutore, quando la voce trillante di Fanny richiamò l'uomo di lettere al suo volere. «Pietro caro, vi prego, raggiungetemi un attimo» ordinò con tale soavità che era impossibile rifiutarsi.
«Scusatemi, miei signori.» Giordani si accomiatò con un inchino. «Il dovere mi chiama.»
Non appena l'uomo si fu allontanato, calò un silenzio imbarazzante. Leopardi giocherellò con il bastone, Margherita si stropicciò le mani, lo sguardo fisso a terra. Aveva tanto amato i suoi scritti e le sue poesie, ma ora che ce l'aveva davanti non sapeva cosa dirgli. Certo, i loro orizzonti erano completamente differenti, ma i versi di quell'uomo erano così densi di struggente umanità che non potevano lasciare insensibili.
Passarono una manciata di secondi in silenzio e poi, nello stesso momento, si guardarono negli occhi e presero a parlare. Si bloccarono immediatamente. «Vi prego, scusatemi» balbettò Leopardi.
«A voi la parola» lo invitò Margherita.
«Oh, no, ci mancherebbe.» Il poeta parve quasi a disagio. «A voi.»
La giovane prese un profondo respiro. «Ho letto le vostre Operette Morali e le ho trovate sublimi» rivelò, illuminandosi al solo ricordo di quelle pagine magistrali. «Per quel che vale, ritengo siano ben migliori della Storia d'Italia di Botta.»
Leopardi si concesse di sorridere. Aveva un bello spirito, quella giovinetta, per pronunciarsi così apertamente contro le decisioni dell'Accademia della Crusca, che due anni prima aveva assegnato il premio alla Storia d'Italia del Botta invece che alle sue Operette Morali. «Peccato non siate membro dell'Accademia della Crusca, allora.»
Margherita accennò ad un sorriso. «Dubito che sarebbe permesso ad una donna» commentò, ma poi i suoi occhi saettarono in direzione di Fanny, ancora intenta a chiacchierare di chissà cosa con Giordani. «A meno che non sia di piacevole aspetto, è ovvio.»
Leopardi soffocò un risolino. «State parlando con l'uomo sbagliato, signorina» le confessò. «Si può dire tutto di me, tranne che io abbia tanta cura per l'aspetto del corpo.»
«Voi forse no, perché siete un'anima poetica.» Margherita sorrise per il buffo inchino che inscenò Leopardi a mo' di ringraziamento per quell'elogio. «Tuttavia – si sentì in dovere di continuare, – il resto del mondo tiene molto in considerazione l'aspetto esteriore del corpo.»
«Allora pare che il mondo non sia fatto per me» concluse il conte, riservandole uno sguardo che voleva trasmettere l'evidenza di quel ragionamento logico. Margherita rise. «Il mondo è per tutti.»
«Non per me, fidatevi» insistette Leopardi, scuotendo la testa.
«Forse – azzardò Margherita, – il mondo non vi par vostro perché avete bisogno di amore, fuoco, entusiasmo e vita.»
Pietro Giordani, sopraggiunto proprio in quel momento, si abbandonò ad un'allegra risata. «E dove si possono comprare questi gustosi ingredienti?» ironizzò. «Forse dal droghiere?»
Margherita non si fece intimidire: non sarebbe certo bastata l'ironia pungente del Giordani per metterla a tacere. «Il vostro droghiere non ne è per caso fornito?» rispose per le rime. «Fossi in voi, domani mattina, andrei a lamentarmene.»
Giordani le mise una mano sulla spalla. «Siete una donna davvero singolare, signorina Imbonati. Una novella Aspasia» si complimentò l'uomo, paragonandola alla colta amate di Pericle, che aveva diffuso la fama della sua intelligenza in tutta Atene.
«Vi ringrazio, signor Giordani» rispose Margherita, con un accenno d'inchino. «Addirittura una singolare, novella Aspasia?»
«Dalla lingua un po' tagliente» precisò Leopardi, guardandola di sbieco. «Ma... singolare, sì. Come Aspasia.»










Ebbene, ecco qui il primo capitolo della storia che ho scritto per il contest QUESTO è ciò in cui credo. In realtà, ci sarà solo un altro capitolo e l'epilogo, perché il tema del contest era quello di mettere in scena le nostre convinzioni più profonde, quindi non ho creato una storia dalla trama elaboarta.
Comunque, siete venuti a conoscenza di tutti i personaggi, ognuno con il suo doppio. Giusto perché io NON sono una tipa che adora le immagini, ecco qui le belle facce dei protagonisti:
QUI Margherita Imbonati e Margherita Alberti;
QUI Giacomo Leopardi e Giacomo Rizzi;
QUI Pietro Giordani e padre Pietro Rainelli;
QUI, infine, Fanny Targioni Tozzetti e Antonella "Fanny" Tozzetti.
Bene, spero che questi incontri vi siano piaciuti. A breve il capitolo dedicato al credo delle due Margherite! ;)
A presto,
Beatrix B.

   
 
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