By Lily
Voci.
Sento
centinaia di mormorii scorrere alle mie spalle ogni volta che cammino
per i lunghi e stretti corridoi del carcere, non ho il tempo di
voltarmi che i miei coetanei si sono già raccontati le
vicende più
bizzarre sul mio conto: “Ho
sentito che ha perso l'occhio e il braccio per colpa del suo
Pokémon”
oppure “Sapete
che è riuscito a battere Giovanni in una partita a Poker?
Secondo me
ha barato”.
Ho una voglia immensa di fermarmi per sbraitare contro quei dannati
maiali ma, la sentinella che possiede l'incarico di scortarmi verso
la cella, mi strattona il braccio con una certa violenza per
costringermi a tornare sui miei passi. Ovviamente ha puntato
sull'unico che muovo, maledetto bastardo.
Per
fortuna il tragitto che devo percorrere è piuttosto breve e,
il
motivo che mi spinge a cimentarmi in questi mille spostamenti,
è
dato dal mio pessimo stato di salute: ogni mattina una sentinella si
preoccupa di prelevarmi dalla cella così, quando i detenuti
sono a
faticare sotto ai cocenti raggi del sole, io vengo sbattuto
nell'infermeria per sottopormi a molteplici analisi, poi mi
abbandonano in una stanza fredda e spoglia in cui sono obbligato ad
aspettare l'ora di pranzo prima di uscire; ma quegli incompetenti non
sono in grado di curare la parte destra del mio corpo, rimasta semi
paralizzata appena sono riuscito a entrare in contatto con i poteri
glaciali del leggendario Kyruem, pare che il braccio sia quello che
ha accusato maggiormente il colpo visto che non riesco a spostarlo di
un millimetro e la carnagione si è colorata di un
orripilante nero
simile a quello della pece, è talmente insensibile che se
vengo
colpito in quella zona non percepisco il minimo dolore. In molti
durante la colazione hanno provato a infilzarlo con le forchette,
inutile dire che sono stato abile nel recuperare il mio bastone per
usarlo come arma difensiva.
«Buon
pomeriggio Ghecis, com'è andata la visita medica di
stamani?».
Quello
è stato il benvenuto nella cella da parte di Acromio, il mio
“inseparabile” compagno di disavventure, ogni volta
che si
rivolge a me cerca di mantenere il classico comportamento che
utilizzava all'interno del Team Plasma: educato, sofisticato e con un
piccolo accenno di malizia per decorare al meglio l'immagine che
offre al prossimo.
Dal
giorno in cui sono stato rinchiuso per colpa di Bellocchio non mi
faccio più scrupoli a ignorarlo, conosco fin troppo bene la
perfidia
che si nasconde dietro a quel viso angelico, per cui preferisco
procedere sui miei passi senza chiedere il suo aiuto.
Però
molte volte il mio corpo mi costringe a tendere una mano verso di
lui, maledetta vecchiaia.
«Bene».
«Tutto
qui? Ancora non ti hanno dato nessun risultato? Accidenti Ghecis, hai
deciso il momento peggiore per ammalarti» .
Insieme
a quell'assurda frecciatina Acromio mi ha dato una mano a raggiungere
il letto, lo scienziato già conosce il fatto che i Dottori
si siano
messi a parlare di amputazione, quindi sta cercando di farmi perdere
le staffe: «Almeno sai come si maneggia il monocolo? Resti da
solo
ogni mattina, saresti un inetto a non fare pratica con quel
fantastico oggettino».
«Sai
già la risposta, Acromio».
«Già
è vero, l'incontro a Poker con Giovanni. E tu che non volevi
farmi
installare i raggi X, lo vedi che ti sono tornati utili?» e
una
leggera risatina è uscita da quell'essere ripugnante, il
quale ha
preso posto proprio vicino a me.
Inutile
dire che mi sono scostato, non lo voglio attorno: «Se hai
vinto è
solo grazie al mio intervento Ghecis caro, quindi che ne pensi di
dividere ciò che hai ottenuto con la tua vincita? Non vorrai
che da
questa boccuccia uscisse la verità sul tuo trionfo, sono
sicuro che
sarebbe divertente vedere la reazione del nostro Giovanni».
«Tappati
quella boccaccia, Acromio».
Il
sole è tornato a risplendere dopo i giorni di pioggia,
quindi posso
godermi a pieno il piazzale che è stato costruito apposta
per noi
detenuti e, anche se lo nascondo, sono contento di essere qui;
iniziavo a detestare sul serio quella misera stanza piena di arnesi
poco interessanti, i carcerati colmavano l'ambiente con il fumo delle
sigarette e ciò rendeva l'atmosfera a dir poco nauseante.
Adesso
sono su una sorta di panchina, ormai diroccata, mi guardo attorno e
mi rendo conto che questo spazio aperto sembra più una landa
desolata, almeno verso ovest si innalzata l'inferriata che separa la
zona maschile da quella femminile. Da quello sputo di terreno
spuntano delle donne veramente assurde, tra tutte hanno uno sguardo
omicida e alcune di loro hanno un aspetto talmente mascolino, che
faccio fatica a comprendere come mai siano state inserite lì.
Eppure
i maschi ronzano continuamente attorno a quella barriera di ferro,
non si fanno problemi a nascondere la malizia nelle parole oppure le
guardano come se fossero delle dee scese in terra. Ciò mi
dà la
nausea, per cui stringo il mio amato bastone e svolto gli occhi
altrove. A momenti vomito il poco che ho mangiato per
colazione.
«Gheeeeeecis!»
Di
nuovo lui, Acromio, si sta avvicinando a me e sembra abbastanza
allegro. Fin troppo.
No.
No. No.
Stavo
così bene senza nessuno attorno, perché
è venuto qui se prima si
divertiva con Ivan e Max? Di sicuro sta escogitando un piano
azzardato per separarli, ormai conosco quella volpe e sono sicuro che
i suoi piani porteranno scompiglio tra il marinaio e il
secchione.«Ghecis caro non sai che notizia è
arrivata alle mie
orecchie».
«Smettila
di chiamarmi in quel modo, portami un po' di rispetto
Acromio».
«La
pianterai di fare il cane con me appena i medici ti taglieranno via
quel braccio, è solo una questione di tempo. Poi verrai a
piangere
da me perché ne desideri uno meccanizzato, ma sappi che ti
ho già
fatto fin troppi favori con il monocolo e il bastone, perciò
non
farmi arrabbiare troppo o mi riprendo tutto e subito».
«Acromio
cerca di darti una mossa, non ho molta voglia di parlare con te
oggi».
«Grazie
a Max ho scoperto che tra un mese i Leader dei Team potranno
incontrare la loro squadra di Pokémon, e questo capita
solamente una
volta all'anno. Siamo stati fortunati a essere rinchiusi vicino a un
giorno così speciale, no? Non vedo l'ora di abbracciare di
nuovo i
miei tesorini. Mi mancano!».
A
quelle parole a momenti esplodo dalla gioia, ma non rispondo al
discorso e mi alzo malamente dalla panchina. Per cui afferro
saldamente il bastone e inizio a zoppicare verso l'enorme porta,
l'ora d'aria è vicina alla fine e ogni carcerato deve
prepararsi
alla cena.
Davvero
avrò l'occasione di rivedere Hydreigon?
Sapere
che potrò stare in contatto con il mio vecchio amico riesce
a farmi
sorridere.
«Ghecis
perché non mi hai risposto?».
«Perché
sono stanco Acromio, voglio andare a letto presto questa
sera».
«Ma
non hai sentito la parte più importante, riguarda
Giovanni!».
«Giovanni?»
giro la testa e guardo il mio collega negli occhi, aggrottando le
sopracciglia: «E cosa vuole da me?».
«Gira
voce che sta cercando di tornare quello di un tempo, quindi sta
architettando un piano per schiacciarti davanti a chiunque.
Perciò
stai attento a quello che fai. Se i miei calcoli sono
esatti...Beh...Forse ti lancerà una sfida
Pokémon. Te la senti di
lottare Ghecis?».
«Vuole
davvero farmi questo per una stupida partita a Poker? Che venga pure
da me, io non aspetto altro. Non permetterò a nessuno di
schiacciare
me, Ghecis, capo del Team Plasma».
E
detto questo mi incammino nella struttura, ne ho abbastanza ormai di
questa storia.
Da
quando ho fatto ritorno nella mia cella ho tenuto la mente impegnata
sul bastone, l'ho lucidato a fondo e mi sono anche preoccupato di
rendere scintillante lo stemma del Team Plasma, Acromio invece si
è
rifugiato sul letto superiore per leggere così non ha aperto
bocca e
finalmente sono riuscito a godermi un po' di meritato riposo. Anche
se il silenzio non regna sovrano, ma bisogna sapersi arrangiare nella
vita.
La sera è calata velocemente sul carcere e la cena non
è
stata nemmeno un granché, la solita poltiglia dal colore
grigiastro
e dall'odore nauseante che le guardie ci rifilano, mi scoppiano i
nervi nel sapere che la spacciano per cibo commestibile quando loro
sono i primi a ingozzarsi di schifezze. Però evito di
brontolare e
passo la mia misera razione al mio compagno di cella, il quale sembra
più bisognoso di cibo visto che è secco
allampanato, domani mattina
saprò soddisfare il mio stomaco così non
toccherò più niente.
Ormai faccio un solo pasto abbondante al giorno, almeno evito di
ingrassare o di inghiottire schifezze simili.
Alla fine scoccano
le sette di sera e il mondo mi crolla addosso appena vedo arrivare la
sentinella, ho dimenticato che oggi è Domenica la giornata
dedicata
alla doccia. Per cui abbandono il mio piatto ancora pieno senza fare
storie e, con l'aiuto del bastone, mi avvicino al corridoio dove gli
altri Leader dei Team sono già pronti. Ogni fine settimana i
tanti
detenuti che sono chiusi qua dentro vengono divisi in gruppi di sei
persone e spediti all'interno delle docce, così si possono
lavare a
loro piacimento ed evitano di puzzare come somari, per fortuna noi
Boss abbiamo il privilegio di usarle per primi altrimenti i sanitari
sarebbero stati scandalosi. Per non parlare dell'acqua, quella calda
funziona solo per un breve lasso di tempo.
Condividere
un attimo così intimo con altre cinque persone è
veramente
imbarazzante, specialmente per un individuo come me che ha il corpo
in pessime condizioni, detesto da morire far vedere agli altri che il
mio braccio sembra quasi il piumaggio di un corvo.
Però
arrivato a destinazione evito di perdermi in chiacchiere, entro
dentro al box doccia fatto in legno e appoggio il bastone in un
angolo. A quel punto mi spoglio della vestaglia logora, poi mi levo
il monocolo dall'occhio e finalmente apro il rubinetto.
Un
getto caldo mi investe fin dal primo momento, mi sento quasi in
paradiso.
Allora
evito di osservare il caos che stanno combinando Ivan e Max, quei due
si comportano più come due bambini dell'asilo che da uomini,
e
comincio a lavarmi velocemente. Non vedo l'ora di tornare dentro alla
cella per infilarmi nel letto, sono talmente stanco che temo di
crollare da un momento all'altro, in piedi oppure sdraiato.
«Vedo
che le voci sul tuo braccio, allora, sono vere».
Roteo
gli occhi verso il soffitto nel sentire quella voce, Giovanni. Di
nuovo lui. Accidenti.
Proprio
accanto al mio box si doveva mettere?
Maledetto
bastardo, giuro che se mi innervosisce saprò sfruttare bene
la punta
del mio bastone.
«Cosa
vuoi, adesso? Non ti è bastata la lezione che ti ho dato
giorni fa?
Vuoi forse il bis?».
«Hai
vinto solo perché hai sfruttato il giocattolino che ha
creato il tuo
amico, Acromio me ne ha parlato».
Mi
mordo il labbro dal nervoso, poi inizio a insaponarmi alla meglio il
corpo. È un po' difficile visto che sono mezzo paralizzato,
ma sono
sicuro che ce la posso fare.
Acromio.
Quel bastardo, questa me la paga cara.
«Anche
tu hai la meglio sulle partite con le truffe, secondo te ero
così
fesso da non accorgermene? Io ti ho solo fatto assaggiare la tua
stessa medicina, almeno capisci cosa si prova nel perdere qualcosa di
veramente caro. Perdente».
«Sì,
sì, certo. Comunque avevo voglia di parlare con te, due
semplici
chiacchiere. Siamo colleghi».
«Colleghi?
No. Per le mani ho già Acromio e mi basta».
«Oh
beh, ti volevo chiedere di fare coppia fissa con me qui dentro, sai
quanti vermi possiamo schiacciare se diventiamo soci in
affari?»
«Mi
dispiace Giovanni, ma solamente una persona ha il diritto di essere il
Re e il tuo turno ormai è finito».
A
questo punto mi avvolgo dentro all'asciugamano che le guardie hanno
lasciato a disposizione ed esco dal box insieme al bastone,
avvicinandomi alle panchine in legno con l'intenzione di asciugarmi e
vestirmi. Finalmente questa tortura è giunta al termine.
Non
ne posso più.
Se
è la guerra che Giovanni desidera, allora l'avrà.
Non
vedo l'ora di mettere le mani sulla Pokéball di Hydreigon,
così
vedremo chi tra i due avrà la meglio.