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Autore: KomadoriZ71    16/02/2015    5 recensioni
[ Fan Fiction ~ Giovanni, Ivan, Max, Cyrus, Ghecis & Acromio ]
"Sono passati anni da quando i Leader dei vari Team hanno provato a mettere in ginocchio le regioni dei Pokémon ma, a causa di ragazzini spuntati fuori da chissà dove, ognuno di loro ha visto ogni progetto andare in fumo.
Ma che fine hanno fatto, ora che la pace sembra essere tornata?
Semplice: sono stati arrestati e ora si ritrovano limitati dentro un carcere di altissima sicurezza, il quale è stato costruito sopra a un isolotto posto in punto sperduto del mare.
Cosa mai succederà all'interno delle minuscole celle?"
Genere: Angst, Avventura, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Cyrus, Ghecis, Giovanni
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
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5. Vocies
5. Vocies
By Lily

ueeee

Voci.

Sento centinaia di mormorii scorrere alle mie spalle ogni volta che cammino per i lunghi e stretti corridoi del carcere, non ho il tempo di voltarmi che i miei coetanei si sono già raccontati le vicende più bizzarre sul mio conto: “Ho sentito che ha perso l'occhio e il braccio per colpa del suo Pokémon” oppure “Sapete che è riuscito a battere Giovanni in una partita a Poker? Secondo me ha barato”. Ho una voglia immensa di fermarmi per sbraitare contro quei dannati maiali ma, la sentinella che possiede l'incarico di scortarmi verso la cella, mi strattona il braccio con una certa violenza per costringermi a tornare sui miei passi. Ovviamente ha puntato sull'unico che muovo, maledetto bastardo.
Per fortuna il tragitto che devo percorrere è piuttosto breve e, il motivo che mi spinge a cimentarmi in questi mille spostamenti, è dato dal mio pessimo stato di salute: ogni mattina una sentinella si preoccupa di prelevarmi dalla cella così, quando i detenuti sono a faticare sotto ai cocenti raggi del sole, io vengo sbattuto nell'infermeria per sottopormi a molteplici analisi, poi mi abbandonano in una stanza fredda e spoglia in cui sono obbligato ad aspettare l'ora di pranzo prima di uscire; ma quegli incompetenti non sono in grado di curare la parte destra del mio corpo, rimasta semi paralizzata appena sono riuscito a entrare in contatto con i poteri glaciali del leggendario Kyruem, pare che il braccio sia quello che ha accusato maggiormente il colpo visto che non riesco a spostarlo di un millimetro e la carnagione si è colorata di un orripilante nero simile a quello della pece, è talmente insensibile che se vengo colpito in quella zona non percepisco il minimo dolore. In molti durante la colazione hanno provato a infilzarlo con le forchette, inutile dire che sono stato abile nel recuperare il mio bastone per usarlo come arma difensiva.
«Buon pomeriggio Ghecis, com'è andata la visita medica di stamani?».
Quello è stato il benvenuto nella cella da parte di Acromio, il mio “inseparabile” compagno di disavventure, ogni volta che si rivolge a me cerca di mantenere il classico comportamento che utilizzava all'interno del Team Plasma: educato, sofisticato e con un piccolo accenno di malizia per decorare al meglio l'immagine che offre al prossimo.
Dal giorno in cui sono stato rinchiuso per colpa di Bellocchio non mi faccio più scrupoli a ignorarlo, conosco fin troppo bene la perfidia che si nasconde dietro a quel viso angelico, per cui preferisco procedere sui miei passi senza chiedere il suo aiuto.
Però molte volte il mio corpo mi costringe a tendere una mano verso di lui, maledetta vecchiaia.
«Bene».
«Tutto qui? Ancora non ti hanno dato nessun risultato? Accidenti Ghecis, hai deciso il momento peggiore per ammalarti» .
Insieme a quell'assurda frecciatina Acromio mi ha dato una mano a raggiungere il letto, lo scienziato già conosce il fatto che i Dottori si siano messi a parlare di amputazione, quindi sta cercando di farmi perdere le staffe: «Almeno sai come si maneggia il monocolo? Resti da solo ogni mattina, saresti un inetto a non fare pratica con quel fantastico oggettino».
«Sai già la risposta, Acromio».
«Già è vero, l'incontro a Poker con Giovanni. E tu che non volevi farmi installare i raggi X, lo vedi che ti sono tornati utili?» e una leggera risatina è uscita da quell'essere ripugnante, il quale ha preso posto proprio vicino a me.
Inutile dire che mi sono scostato, non lo voglio attorno: «Se hai vinto è solo grazie al mio intervento Ghecis caro, quindi che ne pensi di dividere ciò che hai ottenuto con la tua vincita? Non vorrai che da questa boccuccia uscisse la verità sul tuo trionfo, sono sicuro che sarebbe divertente vedere la reazione del nostro Giovanni».
«Tappati quella boccaccia, Acromio».

Il sole è tornato a risplendere dopo i giorni di pioggia, quindi posso godermi a pieno il piazzale che è stato costruito apposta per noi detenuti e, anche se lo nascondo, sono contento di essere qui; iniziavo a detestare sul serio quella misera stanza piena di arnesi poco interessanti, i carcerati colmavano l'ambiente con il fumo delle sigarette e ciò rendeva l'atmosfera a dir poco nauseante. Adesso sono su una sorta di panchina, ormai diroccata, mi guardo attorno e mi rendo conto che questo spazio aperto sembra più una landa desolata, almeno verso ovest si innalzata l'inferriata che separa la zona maschile da quella femminile. Da quello sputo di terreno spuntano delle donne veramente assurde, tra tutte hanno uno sguardo omicida e alcune di loro hanno un aspetto talmente mascolino, che faccio fatica a comprendere come mai siano state inserite lì.
Eppure i maschi ronzano continuamente attorno a quella barriera di ferro, non si fanno problemi a nascondere la malizia nelle parole oppure le guardano come se fossero delle dee scese in terra. Ciò mi dà la nausea, per cui stringo il mio amato bastone e svolto gli occhi altrove. A momenti vomito il poco che ho mangiato per colazione.
«Gheeeeeecis!»
Di nuovo lui, Acromio, si sta avvicinando a me e sembra abbastanza allegro. Fin troppo.

No. No. No.
Stavo così bene senza nessuno attorno, perché è venuto qui se prima si divertiva con Ivan e Max? Di sicuro sta escogitando un piano azzardato per separarli, ormai conosco quella volpe e sono sicuro che i suoi piani porteranno scompiglio tra il marinaio e il secchione.«Ghecis caro non sai che notizia è arrivata alle mie orecchie».
«Smettila di chiamarmi in quel modo, portami un po' di rispetto Acromio».
«La pianterai di fare il cane con me appena i medici ti taglieranno via quel braccio, è solo una questione di tempo. Poi verrai a piangere da me perché ne desideri uno meccanizzato, ma sappi che ti ho già fatto fin troppi favori con il monocolo e il bastone, perciò non farmi arrabbiare troppo o mi riprendo tutto e subito».
«Acromio cerca di darti una mossa, non ho molta voglia di parlare con te oggi».
«Grazie a Max ho scoperto che tra un mese i Leader dei Team potranno incontrare la loro squadra di Pokémon, e questo capita solamente una volta all'anno. Siamo stati fortunati a essere rinchiusi vicino a un giorno così speciale, no? Non vedo l'ora di abbracciare di nuovo i miei tesorini. Mi mancano!».
A quelle parole a momenti esplodo dalla gioia, ma non rispondo al discorso e mi alzo malamente dalla panchina. Per cui afferro saldamente il bastone e inizio a zoppicare verso l'enorme porta, l'ora d'aria è vicina alla fine e ogni carcerato deve prepararsi alla cena.
Davvero avrò l'occasione di rivedere Hydreigon?
Sapere che potrò stare in contatto con il mio vecchio amico riesce a farmi sorridere.
«Ghecis perché non mi hai risposto?».
«Perché sono stanco Acromio, voglio andare a letto presto questa sera».
«Ma non hai sentito la parte più importante, riguarda Giovanni!».
«Giovanni?» giro la testa e guardo il mio collega negli occhi, aggrottando le sopracciglia: «E cosa vuole da me?».
«Gira voce che sta cercando di tornare quello di un tempo, quindi sta architettando un piano per schiacciarti davanti a chiunque. Perciò stai attento a quello che fai. Se i miei calcoli sono esatti...Beh...Forse ti lancerà una sfida Pokémon. Te la senti di lottare Ghecis?».
«Vuole davvero farmi questo per una stupida partita a Poker? Che venga pure da me, io non aspetto altro. Non permetterò a nessuno di schiacciare me, Ghecis, capo del Team Plasma».
E detto questo mi incammino nella struttura, ne ho abbastanza ormai di questa storia.
Da quando ho fatto ritorno nella mia cella ho tenuto la mente impegnata sul bastone, l'ho lucidato a fondo e mi sono anche preoccupato di rendere scintillante lo stemma del Team Plasma, Acromio invece si è rifugiato sul letto superiore per leggere così non ha aperto bocca e finalmente sono riuscito a godermi un po' di meritato riposo. Anche se il silenzio non regna sovrano, ma bisogna sapersi arrangiare nella vita.
La sera è calata velocemente sul carcere e la cena non è stata nemmeno un granché, la solita poltiglia dal colore grigiastro e dall'odore nauseante che le guardie ci rifilano, mi scoppiano i nervi nel sapere che la spacciano per cibo commestibile quando loro sono i primi a ingozzarsi di schifezze. Però evito di brontolare e passo la mia misera razione al mio compagno di cella, il quale sembra più bisognoso di cibo visto che è secco allampanato, domani mattina saprò soddisfare il mio stomaco così non toccherò più niente. Ormai faccio un solo pasto abbondante al giorno, almeno evito di ingrassare o di inghiottire schifezze simili.
Alla fine scoccano le sette di sera e il mondo mi crolla addosso appena vedo arrivare la sentinella, ho dimenticato che oggi è Domenica la giornata dedicata alla doccia. Per cui abbandono il mio piatto ancora pieno senza fare storie e, con l'aiuto del bastone, mi avvicino al corridoio dove gli altri Leader dei Team sono già pronti. Ogni fine settimana i tanti detenuti che sono chiusi qua dentro vengono divisi in gruppi di sei persone e spediti all'interno delle docce, così si possono lavare a loro piacimento ed evitano di puzzare come somari, per fortuna noi Boss abbiamo il privilegio di usarle per primi altrimenti i sanitari sarebbero stati scandalosi. Per non parlare dell'acqua, quella calda funziona solo per un breve lasso di tempo.

Condividere un attimo così intimo con altre cinque persone è veramente imbarazzante, specialmente per un individuo come me che ha il corpo in pessime condizioni, detesto da morire far vedere agli altri che il mio braccio sembra quasi il piumaggio di un corvo.
Però arrivato a destinazione evito di perdermi in chiacchiere, entro dentro al box doccia fatto in legno e appoggio il bastone in un angolo. A quel punto mi spoglio della vestaglia logora, poi mi levo il monocolo dall'occhio e finalmente apro il rubinetto.
Un getto caldo mi investe fin dal primo momento, mi sento quasi in paradiso.
Allora evito di osservare il caos che stanno combinando Ivan e Max, quei due si comportano più come due bambini dell'asilo che da uomini, e comincio a lavarmi velocemente. Non vedo l'ora di tornare dentro alla cella per infilarmi nel letto, sono talmente stanco che temo di crollare da un momento all'altro, in piedi oppure sdraiato.
«Vedo che le voci sul tuo braccio, allora, sono vere».
Roteo gli occhi verso il soffitto nel sentire quella voce, Giovanni. Di nuovo lui. Accidenti.
Proprio accanto al mio box si doveva mettere?
Maledetto bastardo, giuro che se mi innervosisce saprò sfruttare bene la punta del mio bastone.
«Cosa vuoi, adesso? Non ti è bastata la lezione che ti ho dato giorni fa? Vuoi forse il bis?».
«Hai vinto solo perché hai sfruttato il giocattolino che ha creato il tuo amico, Acromio me ne ha parlato».
Mi mordo il labbro dal nervoso, poi inizio a insaponarmi alla meglio il corpo. È un po' difficile visto che sono mezzo paralizzato, ma sono sicuro che ce la posso fare.
Acromio. Quel bastardo, questa me la paga cara.
«Anche tu hai la meglio sulle partite con le truffe, secondo te ero così fesso da non accorgermene? Io ti ho solo fatto assaggiare la tua stessa medicina, almeno capisci cosa si prova nel perdere qualcosa di veramente caro. Perdente».
«Sì, sì, certo. Comunque avevo voglia di parlare con te, due semplici chiacchiere. Siamo colleghi».
«Colleghi? No. Per le mani ho già Acromio e mi basta».
«Oh beh, ti volevo chiedere di fare coppia fissa con me qui dentro, sai quanti vermi possiamo schiacciare se diventiamo soci in affari?»
«Mi dispiace Giovanni, ma solamente una persona ha il diritto di essere il Re e il tuo turno ormai è finito».
A questo punto mi avvolgo dentro all'asciugamano che le guardie hanno lasciato a disposizione ed esco dal box insieme al bastone, avvicinandomi alle panchine in legno con l'intenzione di asciugarmi e vestirmi. Finalmente questa tortura è giunta al termine.
Non ne posso più.
Se è la guerra che Giovanni desidera, allora l'avrà.
Non vedo l'ora di mettere le mani sulla Pokéball di Hydreigon, così vedremo chi tra i due avrà la meglio.


   
 
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