CAPITOLO SESTO. IL FUOCO DELL’OBLIO.
Avvolta da nebbie eterne, che la
nascondevano agli occhi degli uomini mortali, l’Isola Sacra pareva essersi
sottratta al trascorrere del tempo. O almeno questo era ciò che percepivano i
suoi abitanti, i discendenti degli antichi druidi e gli apprendisti e le
Sacerdotesse che giornalmente vi si allenavano. Ma Avalon, che ne era il
Signore, sapeva che quel sentimento era solo un’illusione, un velo con cui
aveva mascherato per secoli l’isolamento dell’Isola Sacra. Un isolamento di
pura facciata, poiché non tramontava sole senza che egli non fosse venuto a
conoscenza di tutto ciò che in quel giorno era accaduto. Silenzioso, con i
sensi affinati e attenti a udire ogni singolo respiro del mondo, il Signore
dell’Isola Sacra osservava gli eventi svolgersi nelle limpide acque del Pozzo
Sacro, sulla cima dell’alto colle di Avalon, racchiuso in un cerchio di pietre
dalla mistica potenza. E proprio in quel Pozzo aveva visto Flegias strisciare
fuori dalle tenebre che lo avevano partorito e muovere i primi passi verso la
distruzione. Verso l’abisso di oscurità in cui avrebbe voluto precipitare
l’intera Terra.
Una veste frusciò leggera
sull’erba bagnata di rugiada, spezzando l’incantesimo sulla sommità dell’Isola
Sacra. Avalon si voltò e trovò l’Antico di fronte a sé, avvolto in quella
tunica che portava da secoli, forse da millenni, senza mai averla rovinata.
“Un messaggio da Andrei!”
–Esclamò l’Antico, con voce leggera. –“L’ombra ha allungato i suoi confini!”
“Lo so!” –Rispose semplicemente
Avalon, fissando l’anziano saggio negli occhi. –“L’ho appena visto! E ho
ordinato ad Andrei di intervenire!”
“Usciremo dunque dal nostro
isolamento?” –Domandò l’Antico, con una certa ironia nel tono di voce.
–“Traghetterai l’Isola Sacra verso il nuovo millennio?”
“Verso il nuovo millennio… o
verso la fine del tempo?!” –Mormorò Avalon, allontanandosi dal Pozzo Sacro e
dando ordini all’anziano saggio di radunare l’esercito che aveva composto in
quegli ultimi anni, i giovani che sull’Isola Sacra erano stati addestrati: i
Cavalieri delle Stelle.
Non amava mandarli a combattere,
per quanto fossero dei guerrieri. Non ancora. Anche se sapeva che presto
non avrebbe potuto impedirglielo né avrebbe potuto impedire a se stesso di
proibirglielo. Perché quello era il loro destino. Quello era lo scopo ultimo
per cui erano stati addestrati tutti quegli anni. E per quanto li amasse, come
ogni uomo sterile ama i figli degli altri, aveva insegnato loro a esercitare il
distacco. Da ogni bene materiale, da ogni sentimento, da ogni emozione che
avrebbe potuto frenare il loro operato. Due soltanto erano le fedi a cui
dovevano prestare ascolto: la vittoria, necessaria per sé e per la Terra
intera, e il rispetto agli ordini del loro comandante, il migliore che
avrebbero potuto avere. L’uomo scelto da Zeus per guidare la Legione che Avalon
gli aveva concesso di nascondere a Glastonbury secoli addietro. Il figlio del
Drago.
In quello stesso momento,
all’interno del Santuario sotterraneo in un’isola delle Andamane, Andromeda
stava bruciando il proprio cosmo, tentando di risvegliare la sopita Catena che
pareva essere in completa balia dei mistici poteri di Biliku, gli stessi che
impedivano a Kiki di teletrasportarsi altrove. La Donna-Ragno amava
infatti combattimenti corpo a corpo, in modo da potersi avvicinare alla vittima
e infettarla con il suo mortale veleno.
“Non deve venirci troppo
vicino!” –Esclamò Andromeda, espandendo il proprio cosmo, che rischiarò
l’intera cavità con il suo chiarore, e concentrandolo sulla mano destra. –“Onda
energetica!!!” –Gridò, scagliando guizzanti folgori rosa verso l’alto.
Ma Biliku sorprese ancora i
paladini di Atena, emettendo delle onde energetiche dalle antenne e rallentando
così l’assalto di Andromeda, che scemò, frizzando soltanto sulla grossa massa
pelosa di Biliku, senza provocarle danno alcuno.
“Incredibile!” –Mormorò
Andromeda. E anche Kiki sgranò gli occhi, prima di lanciarsi avanti,
concentrando il cosmo in una sfera di energia. –“Para anche questa,
bestiaccia!!!” –Gridò, scagliando la sfera contro Biliku.
Questa volta la Donna-Ragno non
ebbe bisogno di usare le sue antenne e si limitò ad aprire la bocca e a
scaricare fuori un violento getto di fili biancastri, con cui avvolse la sfera
energetica di Kiki, prima di scuotere il muso e rimandargliela contro. Il
ragazzino cercò di scansarsi, ma i fili appiccicosi su cui camminava frenarono
i suoi movimenti, così venne investito in pieno e sbattuto sulla tela,
intrappolato da quella sostanza vischiosa e maleodorante.
“Kiki!!!” –Gridò Andromeda,
vedendo il ragazzino che si dimenava, mentre centinaia di ragni percorrevano i
fili della ragnatela, da ogni direzione, avvicinandosi sempre più.
–“Maledizione!!! Catena di Andromeda, sollevati!!!” –Ma nonostante
l’enorme impegno del ragazzo, e lo sforzo cosmico a cui si abbandonava, non
riusciva a recuperare il controllo della sua arma, srotolata inutilizzabile
lungo le sue braccia. –“Devo fare qualcosa! Kiki ha bisogno di me! Il Grande
Mur ha bisogno di me! E forse mio fratello e i nostri compagni! Andromeda non
vi lascerà in difficoltà, amici! Io tornerò! E il sangue di Biliku sarà con
me!!!” –Esclamò il ragazzo, bruciando al massimo il proprio cosmo, come non
aveva ancora fatto, illuminando l’intero anfratto e costringendo persino Biliku
ad arrestarsi, tappandosi gli occhi per la luce eccessiva. –“Dunque la luce ti
disturba, mia cara Donna-Ragno! Come mai? Troppo tempo trascorso nelle
profondità di quest’abisso a nutrirti di ombre e carogne ti hanno fatto
dimenticare quanto radioso e magnifico sia il potere delle stelle? E sia,
Andromeda adesso te lo ricorderà! Risplendi, Nebulosa di Andromeda!!!”
–Gridò il ragazzo, rilasciando il suo vasto potere, pur senza portarlo ai
limiti massimi.
Il cosmo rosa di Andromeda
vorticò attorno a lui, travolgendo le migliaia di ragni sui fili della
ragnatela e schiacciandoli contro le pareti laterali, avendo cura a non colpire
la tela stessa, prima di dirigersi verso l’alto, risplendendo come la galassia
luminosa della costellazione omonima. Con forza, Andromeda investì Biliku con
la sua tempesta di energia, spingendola verso l’alto, nonostante le forti
resistenze della creatura, che piantò gli artigli nelle mura laterali per non
essere scaraventata via. Ma Andromeda non voleva ucciderla, soltanto metterla
momentaneamente in condizioni di non nuocere, per liberare Kiki e tornare
insieme a lui nella galleria, su un terreno stabile e più sicuro di quella
ragnatela dove ogni secondo qualche filo si schiantava, travolto dall’impetuosa
tempesta di Andromeda. E forse quello fu l’errore del Cavaliere di Atena.
“Adesso, spingila via, Nebulosa
di Andromeda!!!” –Gridò il ragazzo, potenziando il suo assalto e
travolgendo Biliku, che venne scaraventata verso l’alto dal vento energetico,
schiantando il filo a cui era aggrappata. E facendo così ondeggiare
ulteriormente la ragnatela dove si trovavano i due amici. –“Ora, Kiki! Vieni!”
Andromeda aiutò il ragazzo a
liberarsi da quella vischiosa sostanza, mentre la corrente energetica
continuava a soffiare verso l’alto, prima impetuosa, poi rallentando
progressivamente. Quando Kiki riuscì ad alzarsi nuovamente in piedi, e
Andromeda gli disse di salire sulle sue spalle, per balzare verso la galleria
da dove erano precipitati, i due amici si accorsero che Biliku non era stata
affatto sbalzata via. Con maestria, la Donna-Ragno aveva scagliato lunghi
filamenti bianchi dalla bocca, mentre la Nebulosa la investiva in pieno,
usandoli per arpionarsi alle pareti della cavità e resistere alla tempesta.
Placatosi l’assalto energetico, aveva usato quegli stessi filamenti per
discendere verso il basso, portandosi proprio sopra i due amici e sollevando
minacciosa i suoi artigli.
“Aaah! Attento, Andromeda! È
qua!!!” –Gridò Kiki, alla vista di quei famelici occhi gialli a pochi metri di
distanza.
All’istante, Andromeda si spostò
a destra, cercando di rimanere in equilibrio sulla ragnatela, proprio mentre
Biliku falciava alcuni fili con rabbia, quindi si spostò verso il centro,
continuando ad evitare i ripetuti assalti degli artigli della Donna-Ragno. Kiki
cercò di scacciarla, dirigendo contro i suoi occhi una raffica di sfere di
energia, ma non sortendo altro effetto che farla infuriare ulteriormente. Un
ultimo filo e la ragnatela si schiantò e Andromeda, Kiki e la stessa Biliku
precipitarono nell’abisso oscuro.
“Aaaah!!!” –Gridò Kiki, alla
vista dell’enorme massa di Biliku che crollava su di loro, mentre ancora
agitava famelica i suoi artigli.
“Onda energeticaaa!!!”
–Urlò Andromeda, dirigendo violente scariche di energia cosmica contro la
creatura, soprattutto verso il volto e gli occhi, una zona notoriamente
delicata nei ragni.
Le folgori stridettero con forza
sulla pelle corazzata di Biliku, facendola infuriare e, per quanto cercasse di
difendersi con le sue onde psichiche, venne raggiunta più volte e ferita,
finché, stufa di quella situazione, di quel precipitare vuoto verso abissi che
ben conosceva, non si voltò verso l’alto, sparando alcuni filamenti biancastri
per rallentare la sua caduta. Andromeda nel frattempo mise tutto se stesso
nell’espandere il suo cosmo lucente, per riattivare la vitalità delle Catene.
Vi riuscì infine, tra le grida di gioia di Kiki, giusto in tempo per scagliarle
verso le pareti laterali e piantarvi entrambe le punte, in modo da frenare il
loro pericoloso precipitare. Andromeda strinse con forza le mani sulla Catena,
mentre fiotti di sangue fumavano fuori dalla pelle, allo stridere violento sul
metallo, ma riuscì ad arrestare la loro caduta.
Dopo aver tirato un sospiro di
sollievo, Kiki, ancora abbracciato al collo di Andromeda, si sporse a guardare
in basso, rendendosi conto di non essere a più di una decina di metri da terra.
Così Andromeda decise di scendere, ordinando a Kiki di tenersi ben saldo,
mentre lui lasciava allungare le Catene dell’Armatura, usandole come corda per
scendere verso terra, con perfetta maestria.
“Bravo Andromeda! Finalmente
abbiamo nuovamente i piedi su qualcosa di solido!” –Commentò il ragazzo,
arrivati a terra, prima di guardarsi intorno e realizzare di essere in una
grande caverna sotterranea, la cui poca luce derivava da rocce particolari che
costellavano il soffitto. Rocce probabilmente capaci di immagazzinare una certa
quantità di luce e di disperderla lentamente, permettendo così ai due amici una
discreta visibilità.
“Preferirei non vedere, in
realtà!” –Commentò Andromeda, osservando disgustato il paesaggio.
Ossa e carcasse di bestie
avvolte in bianchi filamenti, mucchi di escrementi che emanavano un fetore
bestiale e grandi fosse nel terreno, probabilmente scavate dalla stessa Biliku.
E, in lontananza, un leggero soffio di vento, che faceva loro ben sperare sulla
possibilità di un’uscita.
“Credo che questo sia uno dei
tanti tunnel che la Donna-Ragno ha scavato nel corso della vita! E, a giudicare
da quanto siamo precipitati, dovremmo trovarci al di fuori del suo suolo sacro,
per questo la mia Catena ha ripreso vitalità!” –Commentò Andromeda, sollevando
la Catena e generando un luccicante mulinello, che per un momento risollevò
l’animo di Kiki. Durò un attimo, prima che entrambi udissero il pesante tonfo
del corpo di Biliku strusciare contro la parete sopra di loro, e capissero di
essere di nuovo due ambite prede.
“Corri via, Kiki!” –Gridò
Andromeda, incitando il ragazzo a raggiungere l’altro lato dell’immensa caverna
sotterranea. Ma Biliku, con un’agilità sorprendente, balzò tra loro e l’uscita,
investendoli con una pioggia di appiccicosi filamenti. –“Oh noo!!!”
Kiki venne completamente
immobilizzato, mentre la Donna-Ragno si avvicinava al ragazzo, terminando di
avvolgerlo nella tela con le sue zampe, che si muovevano con una sincronia
allucinante. Andromeda, impossibilitato a muoversi, bruciò il proprio cosmo,
per sollevare le Catene, ma Biliku diresse contro di lui violenti schizzi di
bianchi filamenti, avvolgendolo e tirandolo poi a sé con forza. Strattonato
dalla creatura, Andromeda cadde in avanti, con la faccia sull’orrido filamento
che Biliku arrotolava con impressionante velocità, per farne solidi bozzoli
dentro cui lasciar morire le proprie prede. Kiki era già stato interamente
avvolto, e Andromeda si dimenava furioso, mentre Biliku lo tirava a sé con
rabbia, sbattendo i suoi eccitati artigli sul terreno. Agitato com’era, in
preda alla paura, anche per la sorte di Kiki, che stava morendo soffocato in
quel bozzolo, Andromeda perse per un momento la concentrazione necessaria,
venendo afferrato da Biliku e stretto a sé, quasi a ricreare una di quelle
scene di lotta incise sui pannelli esterni del tempio. Fu in quel momento,
invischiato in quell’orrido filamento, vicino alle antenne di quell’antica e
deforme creatura, che ad Andromeda sembrò quasi di sentirla parlare. O meglio,
ebbe la percezione di sentire i pensieri di Biliku dentro di sé, nella sua
mente, come se le onde psichiche emanate dalla Donna-Ragno potessero entrare nel
suo animo e chiarire ciò che non poteva esprimere a voce.
“Creazione… e distruzione!”
–Furono le uniche cose che Andromeda percepì, insieme ad un’immensa solitudine,
ma furono abbastanza per spingerlo a reagire. Aveva perso fin troppo tempo, non
volendo ferire un essere che, per quanto orribile apparisse, era comunque
innocente, e un tempo venerato come forza progenitrice del mondo. Ma Kiki stava
morendo, e anche Asher e gli altri Cavalieri di Atena. Per questo non poteva
più esitare.
Espanse al massimo il proprio
cosmo, lasciandolo esplodere pochi istanti dopo, mentre tutto l’antro
sotterraneo risplendeva di un’intensa luce color rosa. Biliku venne accecata da
quell’improvvisato sole e costretta a balzare indietro e a correre a
nascondersi in qualche anfratto laterale, mentre i filamenti che avevano
intrappolato Andromeda fino a quel momento esplosero, avvampando, e il ragazzo
ne uscì, tossendo e sputando più volte, finalmente libero. Immediatamente,
ancora avvolto dal suo lucente cosmo, Andromeda corse verso il bozzolo di Kiki,
strappando con rabbia i fili bianchi che lo avevano intrappolato. Ma lo trovò
vuoto, e di questo si stupì sinceramente. Non ebbe però il tempo per riflettere
che dovette fronteggiare un attacco diretto di Biliku, balzata contro di lui,
con i pelosi artigli sfoderati, pronta a trafiggerlo con il suo veleno.
Andromeda sollevò le sue Catene,
creando un’impenetrabile difesa circolare su cui gli artigli di Biliku si
scheggiarono più volte, senza riuscire a penetrarla. Allora, la Donna-Ragno
tentò di fermare quel vorticoso mulinare, avvolgendo la Catena con i suoi
filamenti, ma quella volta Andromeda non glielo permise, scagliando la punta a
Triangolo all’assalto. Veloce e rabbiosa, la Catena di Andromeda trinciò tutti
i filamenti di Biliku, prima di arrotolarsi attorno ai quattro artigli sul lato
destro del suo tozzo corpo. Quindi Andromeda diede un brusco strattone,
sbattendo la Donna-Ragno a terra e facendola gridare di rabbia e dolore, prima
di concentrare nelle braccia tutte le sue forze. Iniziò a girarle intorno,
sempre più velocemente, finché non riuscì a sollevare la carcassa della
creatura, che sputava fili bianchi in gran quantità, e allora la scaraventò con
forza contro una parete laterale, che venne sfondata dalla sua mole. Quando
Andromeda richiamò la sua Catena si accorse che era in parte macchiata di
sangue, e ritenne che probabilmente gli aveva spezzato qualche artiglio. Biliku
ricomparve poco dopo, risollevandosi tra le macerie che le erano franate
addosso, con un’antenna troncata e chiazze di sangue sparso sul corpo, che la
rendevano ancora più demoniaca. Zoppicando, la Donna-Ragno fece per correre
verso Andromeda e avvolgerlo nei suoi bianchi filamenti, ma il ragazzo fu abile
a saltarla con un balzo, atterrando alle sue spalle e caricando il cosmo sulle
braccia.
“Onda energeticaaa!!!”
–Gridò Andromeda, scagliando guizzanti folgori di energia contro la
Donna-Ragno, che venne investita in pieno, impossibilitata ormai a difendersi,
priva di una delle sue antenne e delle zampe che le garantivano agilità nei
movimenti. Venne percorsa da fremiti violenti, mentre schizzi di sangue
esplodevano dal suo tozzo corpo, finché non si accasciò a terra, boccheggiando
stanca.
Andromeda rimase un attimo ad
osservarla, in parte dispiaciuto per il dolore che le aveva recato. Era
indubbio che Biliku fosse una creatura distruttrice, e che avrebbe voluto
ucciderli, come aveva ucciso tutti gli uomini e gli animali che nei secoli
avevano tentato di avvicinarla, ma a suo tempo era stata una Dea della
creazione. E tutto ciò che aveva fatto in seguito forse rientrava
nell’equilibrio del mondo. Un equilibrio fatto di creazione e distruzione. Di
nascita e di morte.
Sospirando, Andromeda si
avvicinò alla carcassa deforme della Donna-Ragno, con la Catena ancora in
tensione, e pronta per scattare in caso di attacco. Ma Biliku non lo degnò
neanche di uno sguardo, limitandosi a guaire dolorante. Andromeda allora riempì
l’ampolla che gli aveva dato Mur del sangue che sgorgava da una ferita sul
ventre, avendo cura di non venirne a contatto. Distratto dal pensiero di Kiki,
Andromeda non si avvide di un brusco movimento della Donna-Ragno, che lo
raggiunse al collo con un artiglio, spingendolo indietro e strappandogli un
pezzo di pelle. Il ragazzo ricadde a terra, tastandosi la ferita e sentendola
ardere, come se un fuoco primordiale gli fosse entrato dentro. Fece per
rimettersi in piedi, ma per un momento la vista gli si appannò, e crollò sulle
ginocchia, febbricitante. L’ultimo suo pensiero, mentre confuse immagini di una
lotta continua tra luce e ombra si susseguivano nella sua mente, andò all’amico
che lo aveva accompagnato in Asia. Quindi svenne, senza sapere dove fosse
finito Kiki.
Il ragazzino infatti, dopo
essere stato immobilizzato da Biliku e avvolto in quel bozzolo per morire,
aveva iniziato a perdere conoscenza, debole, stanco e con profonde difficoltà
respiratorie. Lentamente aveva sentito i sensi abbandonarlo e la vita scorrere
via, prima che una voce lo risvegliasse di scatto.
“Kiki! Che fai, già ti arrendi?
Non vorrai morire adesso e non diventare mai un Cavaliere, come hai sempre
sognato?!” –Esclamò una donna, e Kiki, anche se intontito e debole, la
riconobbe subito.
“Mamma!” –Mormorò.
“Coraggio, figlio mio! Trova la
forza per reagire! Sei l’ultimo discendente di Mu, l’ultimo di una stirpe di
uomini saggi e potenti! In te scorre il sangue del nostro popolo, un sangue che
ribolle di forza e di sapienza! Dimostrati degno di questa eredità! Dimostrati
degno del sapere che ti è stato affidato!” –Lo incitò sua madre. –“Alzati,
adesso!”
Kiki, incantato dalle parole di
sua madre, bruciò il proprio cosmo, molto più di come aveva fatto fino ad
allora, dando fondo a tutte le sue risorse, come nello scontro con Thanatos,
desideroso di non deludere sua madre e gli insegnamenti ricevuti da suo
fratello. Di dimostrarsi all’altezza, di non essere soltanto un’appendice, ma
di possedere lo spirito di un vero Cavaliere. Lasciò esplodere il suo cosmo, in
un’abbagliante luce color verde acqua, e quando riaprì gli occhi si accorse di
essere di nuovo nella foresta, fuori dal tempio della Dea Ragno. Un po’
stordito, Kiki si tirò su, toccandosi la testa indolenzita e osservando le sue
vesti, lacere e sporche di quella vischiosa sostanza. D’un tratto si ricordò
dell’amico, ancora alle prese con la terrificante creatura.
“Andromeda!!!” –Gridò, balzando
in piedi e accorgendosi di essere sul tetto di un edificio laterale del tempio,
non troppo distante dalla costruzione in cui erano entrati originariamente.
Concentrò il proprio cosmo, cercando di vincere le resistenze spaziotemporali
di quel luogo mistico, ma non riuscì a muoversi di un passo. Non riuscì a
teletrasportarsi all’interno del tempio, ancora protetto dagli ancestrali
poteri della Donna-Ragno. Sospirando, e cercando di accantonare la paura che
provava al solo pensiero di entrare di nuovo in quell’anfratto oscuro, Kiki
balzò a terra, rotolando sul terreno erboso, prima di scattare verso l’edificio
principale, deciso a sfruttare nuovamente la porta d’ingresso per accedere al
tempio.
Ma ancora prima di giungere di
fronte all’entrata percepì due violente emanazioni cosmiche, che, seppure non
ostentassero la loro oscurità così chiaramente, sprigionavano una potente
energia satura di ombra. Due emanazioni cosmiche che apparvero proprio di
fianco a lui.
“Chi è questo ragazzino?!”
–Esclamò un uomo alto e robusto, afferrando Kiki per la maglietta e
sollevandolo da terra.
“Non deve essere uno delle
tribù! I suoi lineamenti sono diversi da quelli degli indigeni!” –Intervenne un
altro avvicinandosi. Alto e magro, un po’ curvo sullo schiena, con lunghi
capelli marrone sbiadito che scivolavano sinuosi sulla sua nera corazza, le cui
oscene fattezze parevano rappresentare le squame di un serpente, Iaculo
sembrava proprio uno storpio.
“Certo che no! Indigeno io?!
Pfui! Ma per chi mi avete preso? Io sono molto acculturato!” –Esclamò Kiki,
facendo la linguaccia.
“Che caratterino! Interessante!”
–Ironizzò l’uomo alto e magro. E a Kiki sembrò di sentirlo quasi sibilare.
“Cos’ha di interessante questo
moccioso, Iaculo?” –Brontolò l’uomo robusto, scrutando Kiki con attenzione e
storcendo il naso, nel percepire il disgustoso odore che emanava. –“Credo che
non si lavi da settimane!”
“Lui niente! Ma i resti di
filamenti sul suo corpo mi fanno pensare che abbia incontrato Biliku!” –Esclamò
Iaculo, sfregandosi le mani, prima di esplodere in una sottile sghignazzata,
alla vista di Kiki irrigidirsi impaurito al solo udire il nome della
Donna-Ragno.
“Non so come tu abbia fatto a
sfuggire a quel mostro, ragazzino! Ma certo non sfuggirai a noi!” –Tuonò l’uomo
robusto, con voce possente.
“Buono tu, Iemisch! Non
terrorizzarlo! Possiamo estorcergli qualche informazione… prima di ucciderlo!
Ih ih ih!” –Sibilò Iaculo.
“Da me non saprete niente! Piuttosto
voi chi siete?” –Brontolò Kiki, dimenandosi, ma Iemisch non accennava a
lasciarlo andare.
“Puoi chiamarci “i controllori”!
Ah ah ah!” –Esclamò Iemisch, prima di sbattere con forza Kiki contro un albero.
–“Adesso parla, bamboccio! Che ne è stato del tuo compagno? Dov’è il Cavaliere
di Andromeda?”
“Perché non lo credete
direttamente a Biliku?!” –Gridò Kiki, rimettendosi in piedi e scattando via, in
direzione del tempio.
“Fermati, maledetto!” –Esclamò
Iaculo, dirigendo verso di lui cinque lance di energia cosmica, che si
piantarono nel terreno proprio di fronte ai piedi di Kiki, fermando la sua
avanzata, come una palizzata che sorge improvvisa. –“Non abbiamo voglia di
scherzare, ragazzino!”
“Se è per questo nemmeno io!”
–Gridò Kiki, concentrando il cosmo tra le mani e lanciando un paio di sfere di
energia contro i due uomini, che non ebbero alcun problema ad evitarle
semplicemente spostandosi di lato. –“Oh oh!” –Mormorò il bambino, vedendo
Iaculo sollevare nuovamente la mano destra al cielo e caricare le proprie dita
di cosmo, fino a farle allungare e divenire lunghe aste di energia.
“Parla ora, o taci per sempre!”
–Esclamò Iaculo, muovendo il braccio avanti a sé. Ma prima che potesse
scagliare le cinque lance di energia, venne afferrato al polso da una lunga
catena luminosa e strattonato all’indietro, obbligato a vedere in faccia il
volto di colui che aveva fermato il suo attacco. –“Andromeda!!! Sei ancora
vivo?”
“Vivo e più in forma che mai!”
–Esclamò il ragazzo, richiamando a sé la propria Catena, mentre Kiki si
teletrasportava per riapparire al suo fianco, di fronte agli occhi sgranati di
Iemisch e Iaculo. –“Voi piuttosto, chi siete? E come fate a conoscere il mio
nome?”
“Siamo coloro che finiranno il
lavoro, Andromeda!” –Ironizzò baldanzoso Iemisch, entrando nella conversazione.
–“Perciò facci un favore! Lasciati uccidere, come Flegias ha ordinato che sia!
E sentiti lieto di divenire il mio trofeo di caccia!”
“Flegias?! C’è dunque lui dietro
tutto questo? Cos’altro ha ordito quel bastardo figlio di Ares?” –Esclamò
arrabbiato Andromeda, non dimentico del dolore e delle morti causate dal
Flagello degli Uomini.
“Questo!!!” –Esclamò Iaculo,
dirigendo contro Andromeda un violento attacco, costituito da cinque lance di
energia che si piantarono nel terreno davanti e accanto a lui, obbligandolo a
schizzare via, portando Kiki con sé.
“Catena di Andromeda!
Viaaa!!!” –Gridò il ragazzo, lanciando avanti la sua guizzante Catena, che
sfrecciò verso i due uomini, obbligandone uno a scansarsi, per non essere investito.
L’altro invece rimase
curiosamente al suo posto, irrigidendo il corpo e caricandosi di una violacea
energia, prima di scattare come una lancia verso Andromeda. Strusciò contro la
Catena, senza venirne frenato, piantandosi con forza contro il pettorale
dell’Armatura Divina del Cavaliere di Atena, spingendolo indietro, fino a farlo
schiantare contro uno dei millenari alberi della foresta equatoriale.
“Ouch!” –Mormorò Andromeda,
rialzandosi e toccandosi il petto, ancora caldo per l’assalto subito. –“Che
singolare tecnica di assalto! Lanciarsi come un’asta contro il nemico, per
trafiggerlo?!”
“Iaculo son io, il Serpente
Giavellotto!” –Esclamò l’uomo che lo aveva abbattuto, atterrando
compostamente davanti a lui. –“Il Capitano dell’Ombra custode dei veleni degli
uomini! Quei sentimenti di odio e di invidia, di brama e di sospetto, o di
trame nascoste, che hanno provato nella vita, e che hanno avvelenato il loro
cuore, depravandolo nel peccato!”
“Ed io sono Iemisch!”
–Intervenne l’uomo alto e robusto. –“La possente Tigre d’Acqua, i cui artigli
sono così potenti da dividere in due i flutti di un fiume!”
“Iaculo?!” –Mormorò Andromeda,
rimettendosi in piedi. –“Ricordo qualcosa! È una delle strane bestie citate da
Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia! Gli Iaculi cacciano restando
sopra gli alberi, aspettando che la preda passi sotto di loro e lanciandosi
come frecce contro di essa, per trafiggerla sul colpo! Ugualmente tu, guerriero
che ne sfrutti i poteri, ti scagli contro i nemici per ucciderli! E ci saresti
riuscito se non avessi indosso la mia Armatura Divina!”
“Adesso che le presentazioni
sono state fatte, Cavaliere di Andromeda, spero che morirai più facilmente! È
sempre bello sapere il nome del proprio carnefice! Soprattutto se questi è uno dei
possenti e oscuri Capitani dell’Ombra!” –Sogghignò Iaculo, sollevando la mano
destra verso Andromeda e concentrandovi il cosmo.
“Capitani dell’Ombra? Che titolo
è mai questo?!” –Gridò il ragazzo, ma Iaculo lo zittì dirigendogli contro il
suo assalto.
“Contentati di sapere il tuo!
Colui che morrà! Concatenazione!!!” –E migliaia e migliaia di lance,
lunghe e appuntite, caddero dal cielo, piovendo su Andromeda, obbligato a
schizzare in mille direzioni diverse per evitarle. Così facendo però si espose
all’assalto del secondo avversario, la possente Tigre d’Acqua, che caricò
ringhiando, travolgendolo con i suoi artigli di pura energia. Roventi, si
conficcarono negli spazi non protetti dall’armatura, incendiando i vestiti e la
carne, e facendo gridare Andromeda dal dolore, mentre profondi squarci si
aprivano sul suo corpo e la corazza si crepava in più punti.
“È veloce costui! E i suoi
attacchi sono precisi e potenti! Tantissimi, cadono a pioggia su di me, come il
pentagramma di energia di Mime! Ma devastanti come gli artigli di Alcor!”
–Rifletté Andromeda, sollevando la Catena per difendersi. Ma la foga di Iemisch
lo travolse ugualmente, sbattendolo a terra, con la faccia sul terreno.
“Andromedaaa!!!” –Gridò Kiki,
correndo in aiuto dell’amico. Ma questi lo pregò di non preoccuparsi e gli
consegnò un’ampolla carica di un liquido dal colore rosso scuro.
“Torna al Grande Tempio, Kiki!
Adesso!!!” –Sorrise Andromeda, mettendo una mano sulla testa del ragazzino e
arruffandogli i capelli, come erano soliti fare quando giocavano insieme.
“Ma Andromeda…” –Mormorò Kiki,
con gli occhi lucidi. –“Non me ne andrò senza di te!”
“Sei grande abbastanza per
capire quando è il momento di comportarsi da uomini!” – Ma Andromeda non riuscì
ad aggiungere altro che Iemisch fu subito su di loro, caricandoli e sbattendoli
a terra, uno su un lato e uno sull’altro. Iaculo fece cadere una nuova pioggia
di lance energetiche su Andromeda, obbligandolo a ricreare la sua difesa
circolare, su cui l’attacco del Capitano dell’Ombra si infranse. Ma Iaculo non
demorse, irrigidendosi e caricando nuovamente con tutto il suo corpo, con lo
scopo di trafiggere Andromeda. Non ci riuscì, grazie alla difesa della sua
Catena, ma fu comunque in grado di spingerlo indietro, facendolo ruzzolare a
terra, proprio mentre Iemisch si avventava su Kiki come una belva pronta a
sbranare.
“Cedimi quell’ampolla,
marmocchio!” –Ringhiò il Capitano dell’Ombra.
“Né ora né mai!” –Rispose Kiki
con una smorfia, prima di scomparire dal suo campo d’azione e ricomparire dietro
di lui, con una sfera di energia tra le mani. –“Prendi, bestione!”
Ma l’attacco di Kiki venne
afferrato da Iemisch semplicemente con la mano destra, che riuscì a contenere
il piccolo globo energetico, rinviandolo poi contro il ragazzo. Kiki venne spinto
indietro dall’esplosione della sfera, perdendo la presa dell’ampolla col sangue
di Biliku, che rotolò per qualche metro sul terreno. Iaculo, a tal vista, gli
diresse contro una pioggia di lance energetiche, per circondarla interamente,
creando una barriera così stretta che Kiki non riusciva neppure a infilarci un
braccio per recuperarla. Poco dopo Iemisch torreggiava nuovamente su di lui,
guardandolo con i suoi occhi argentati, prima di calare la mano per afferrarlo
al collo e strangolarlo. Ma Kiki, per quanto avesse deplorato fino in fondo
quell’eventualità, scomparve all’istante, lasciando la mano di Iemisch ad
afferrare l’aria, riapparendo all’interno della palizzata di energia creata
dalle lance di Iaculo e recuperando l’ampolla perduta. Con un sorriso triste
sul volto si voltò verso Andromeda, impegnato a combattere contro Iaculo, e
pianse, prima di scomparire, lasciando definitivamente le Isole Andamane.