Fanfic su attori > Tom Hiddleston
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Autore: CinderNella    16/02/2015    5 recensioni
Inizialmente si sentiva un po’ strana per il fatto che avrebbe condiviso una casa con un uomo.
Insomma, Colette aveva detto che quel Tom era simpatico e a modo, ma lei, Colette ed Elspeth erano sempre state con delle ragazze in casa… Tranne il modello. Ma lui non stava mai a casa. Laire era l’ultima aggiunta, una matricola alla loro stessa università e si trovavano benissimo, ma erano sempre state solo ragazze.
E ora Colette le mollava per tornare al suo paese natio e le lasciava in balìa di un tipo che nemmeno conoscevano. Era un po’ ingiusto.
"Ma se Colette lo conosce in qualche modo e dice che è alla mano, gentile e ha viaggiato molto, ci si potrà fidare..." pensò lei, rincuorata.
[...] Tom uscì dal portone, tirando un sospiro di sollievo: quell’Aneira era una tipa stramba. In positivo, ma lo era.
L’aveva convinto a prendere la camera sebbene non fosse la migliore opzione, ma nel suo essere strana gli aveva già fatto sentire la casa come sua, come se ne volesse fare parte.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Olèèè la sessione d'esame è finitaaa! E tra 5 capitoli lo sarà anche questa storia :(  Il banner è sempre stato fatto da _Lith_, lo stile del titolo è sempre ispirato a FRIENDS e la foto non è mia ed è stata modificata da me. Spero questo capitolo vi piaccia, è bello lungo e ricco di avvenimenti. Buona lettura!








 
The Guy Who Turned Her Down
 

26. The One With The Countryside Tour, The Cornish Pasties and The Kiss
 
 
 
Aprì gli occhi infastidita: non avrebbe mai pensato che sarebbe tornata a casa e l’avrebbero messa a dormire su una poltrona letto. Avevano ceduto il letto della stanza – la stanza degli ospiti. Degli ospiti. Sua madre si era dimenticata di comunicarle, in una delle loro tante telefonate, che avevano ceduto la sua camera ad Alis e ora a lei toccava la camera degli ospiti ogniqualvolta sarebbe tornata –  a Tom, che si era offerto più e più volte la sera prima di cederlo a lei, ma Aneira aveva rifiutato categoricamente tutte le volte, perché dopotutto “era lui l’ospite”. E se si fosse presa il letto molto probabilmente sua madre avrebbe compiuto un figlicidio per mancata ospitalità. E comunque era ancora sconvolta dal fatto che suo padre avesse acconsentito a mettere lei e un uomo nella stessa camera a dormire in casa sua. Quando la madre gliel’aveva riferito, il padre non aveva battuto ciglio, anzi aveva invitato Tom a fare una partita a tennis come prima cosa la mattina dopo – e difatti il coinquilino in questione non era nel suo letto in quel momento – e lei era rimasta a bocca aperta davanti a loro per ben più di cinque secondi, mentre Tom con tranquillità non aveva avuto problemi ad accettare immediatamente l’invito del padrone di casa. Doveva davvero averli minacciati per bene Alis in caso le avessero ridato per tre giorni la sua camera, se avevano acconsentito addirittura a quello.
Aneira sbuffò a pieni polmoni e coccolò Mycroft, che aveva dormito quasi tutta la notte ai suoi piedi – quando non era sullo stomaco di Tom, nel letto – e si era riavvicinato a lei non appena aveva posato i piedi a terra, e poi si tirò su.
Legò i capelli, controllò di essere decente – per quanto potesse essere decente una maglia bianca macchiata di salsa di pomodoro proprio al centro – e scese le scale, con Mycroft al seguito. Il rumore inconfondibile di una racchetta da tennis – anzi, probabilmente almeno due – che colpiva una pallina ripetutamente la attrasse nel giardino interno: si sporse sulla porta, notando la competizione tra gli unici due uomini presenti in casa – beh, a parte Mycroft – e Alis che, seduta al tavolino, sorseggiava del caffè dalla sua tazza, impassibile.
«Lo sapete che non state alla finale di Wimbledon, vero?»
«Mi è tanto mancato il tuo sarcasmo, Aneira.» rispose ironicamente il padre, chiudendo il punto in quel momento ed esultando.
«Beh, ma chi sta vincendo?» chiese lei, incrociando le braccia. I due fermarono il game – Tom era alla battuta – e il padre rispose: «Ha vinto il primo set 6 – 4 e ora siamo a 4 – 3 per lui. Ma non è ancora detta l’ultima parola!»
«Sta’ attento, Hiddles, che se poi vinci tu se la legherà al dito!» si raccomandò la ragazza, con un ceno del capo.
«Non è vero, non ascoltarla!» rispose il padre, preparandosi a rispondere, mentre invece Aneira mimava nuovamente un “Invece è vero!” a Tom, che scuoteva la testa sorridendo.
«Aneira, se disturbi ancora la partita inizierò a lanciarti palline addosso.»
«Va bene, va bene, buona partita!» terminò lei, alzando le braccia al cielo dirigendosi dalla madre – che lavava i piatti, da sola – in cucina.
«Ti sei divertita a infastidire tuo padre come prima cosa questa mattina?» chiese la donna, alzando un sopracciglio ma non distogliendo lo sguardo dal piatto che stava scrostando.
«In realtà il mio obiettivo era infastidire entrambi, ma con Tom è miseramente fallito. Dev’essere che è ormai troppo abituato ai miei commentini per far sì che gli faccia effetto.» rispose lei, prendendo la scatola dei croccantini di Mycroft dalla credenza per versarglieli nella ciotola.
Nessa si asciugò le mani a uno straccio vicino al lavandino e versò il latte in una ciotola, prese i biscotti che aveva sfornato quella mattina e li portò sul tavolo, attendendo che la figlia si sedesse: «Perché ho la terribile sensazione che tu stia per farmi una sorta di discorso importante?»
La donna glissò la domanda della figlia, mentre quella iniziava a inzuppare i biscotti nel latte, trangugiandoli subito dopo.
«Di che natura è la tua relazione con Tom, cara?» e Aneira per poco non soffocò, iniziando a sputacchiare pezzetti di biscotti ovunque. Persino Mycroft iniziò a osservarla allarmato.
«Come... scusa?»
«L’hai portato fin qui. Stai cercando di presentarcelo come tuo fidanzato?»
«Eh no!» iniziò la ragazza, con l’indice sinistro che puntava al cielo «Non è giusto. Io sono stata letteralmente rapita da lui e tu eri il suo mandante, non puoi chiedermi se l’ho portato in veste di fidanzato! L’hai praticamente fatto venire tu, con me al seguito!»
«Non hai risposto alla domanda!» ribatté la donna, acuta.
Aneira riprese a bere il latte, scuotendo la testa: «No, è il mio coinquilino. Oserei dire anche un amico, ma io non ho portato nessuno qui. Tu ce l’hai fatto venire.»
«Oh, grazie al cielo!» Nessa tirò un sospiro di sollievo, e Aneira alzò un sopracciglio «No, non fraintendermi: è davvero un ragazzo ammodo. Gentile, elegante, bello, simpatico... ma è vecchio
Aneira scoppiò in una risata: «Lo sai che hai vent’anni più di lui, vero?»
«No, intendo... vecchio per te. Insomma, alla sua età vorrà pure sistemarsi...»
Aneira fece spallucce, non avendoci sinceramente mai pensato prima: «Non so cosa voglia lui. Sta di fatto che io non so nemmeno dove sarò tra sette mesi, quindi non ho per nulla intenzione di sistemarmi con nessuno.»
Nessa rimase interdetta – e per qualche secondo sperò il contrario di quello che aveva appena ammesso: «In che senso, Aneira?»
«Ho fatto diverse richieste per internship dall’altra parte dello stagno. Ve ne avrei parlato – a tutti – se mi avessero preso. Ancora non lo so, quindi non è sicuro. Ma non so effettivamente dove starò da Gennaio in poi.»
«Oh... Oh.» la donna parve spiazzata da quella notizia.
«Scommetto che ora avresti preferito sapere che Tom era il mio fidanzato, vero?» aggiunse la figlia subito dopo, finendo la colazione.
«Eh sì, temo proprio di sì.» rispose Nessa, ancora confusa da quella notizia.
«Non c’è nulla di certo ancora, comunque. Va beh, vado a farmi una doccia.» tagliò corto Aneira, salendo al piano superiore – seguita fedelmente da Mycroft, che era corso con lei non appena aveva terminato la sua pappa.

Dopo aver vinto la partita, Tom aveva preso possesso del bagno e successivamente della cucina – dove Nessa l’aveva viziato con tutti i dolci e biscotti possibili, quasi come se volesse metterlo all’ingrasso... o sistemarlo con la figlia per non farla eventualmente partire attraverso qualche leccornia che aveva preparato, Aneira non aveva ancora deciso quale delle due opzioni fosse la più giusta – e poi prima di uscire in esplorazione, come aveva spiegato la ragazza, erano stati riforniti di cibo dalla madre di lei. Avrebbero voluto portarsi appresso Mycroft – e probabilmente anche lui non sarebbe voluto rimanere solo con gente praticamente estranea in una casa sconosciuta – ma per una giornata intera non sarebbe stato fattibile.
Quando Tom vide che non si stavano dirigendo al luogo dove avevano parcheggiato la sua auto la sera prima, osservò la ragazza incuriosito: poi quella fece ondeggiare un mazzo di chiavi davanti alla sua vista e la sua espressione mutò impercettibilmente «Mi dispiace deluderti, Hiddleston, ma si va con la mia oggi.»
Raggiunsero un vecchio maggiolone giallo parcheggiato poco più avanti e Aneira occupò il posto del conducente – e Tom per un millesimo di secondo la guardò terrorizzato.
«Hai qualcosa di simpaticamente ironico da dire in merito alle donne al volante?»
«No, no, assolutamente no!» rispose lui, tornando impassibile e occupando il posto del passeggero.
«Bene. Anche perché non sopporteresti più di ventotto chilometri su strade a doppia corsia ma dalla larghezza di strade a senso unico.»
E dopo quella dichiarazione – che terrorizzò oltre ogni modo Tom – accese il motore, alla volta di Sennen Cove.

Quando arrivarono a destinazione, Tom osservava estasiato il piccolo paesino semi-diroccato che affacciava direttamente sul mare, le cui onde si infrangevano quasi direttamente sulla strada. Era un piccolo angolo di paradiso – burrascoso, quella mattinata, sebbene un pallido sole facesse capolino tra le tante nuvole – ma era stupendo lo stesso. Nemmeno si era reso conto di aver iniziato a fare foto su foto con il suo smartphone – purtroppo non aveva pensato di portare la macchina fotografica prima di partire in tutta fretta da casa.
Dopo dieci minuti Aneira però era già ripartita con l’auto, lasciandolo interdetto: «Ehi! Era bello! Credevo avessimo fatto un giro!»
«No.» scosse la testa lei «Ti porto da un’altra parte, più spettacolare ancora.»
«Ma questa va benissimo!» ribatté lui – molto più simile a un bimbo a cui avevano tolto il giochino preferito che a qualcuno della sua età.
Dopo dieci minuti in auto si trovavano sempre a Sennen, ma da un’altra parte. E di fronte a loro c’era solo una distesa immensa di acqua.
«Penso che questo sia il luogo più a ovest del Regno Unito, se togli le Highlands. Di fronte a te c’è solo tutto l’Oceano Atlantico, e poi i cugini canadesi.» dichiarò quella, parcheggiando e girando la chiave, per poi uscire dall’auto e indossare la giacca a vento. Tom la seguì subito dopo, confuso: «Non chiudi a chiave l’auto?»
«Tom, siamo solo io, te e l’oceano. E probabilmente i clienti di quella locanda, che non penso vorranno fregarmi l’auto sotto gli occhi.» gli rispose lei, andandosi a sedere su una panchina direttamente affacciata sul mare. Alla destra delle quattro panchine in legno c’era una Union Jack che si moveva in balia del vento.
Tom le si sedette accanto, rendendosi conto dell’immensità che aveva di fronte solo dopo averla davvero guardata: si perse nel mare con gli occhi, cercando di osservare terra – cosa praticamente impossibile, visto che era almeno a cinquemila chilometri di distanza – ovviamente inutilmente.
Ad un certo punto Aneira scoppiò a ridere: Tom si voltò a guardarla, perplesso «Mi sono perso forse una battuta del Signor Oceano?»
La ragazza scosse la testa, avvicinandosi al suo accompagnatore: «No, pensavo a mia madre che oggi mi ha fatto il discorso.»
«Cosa intendi con il discorso, ‘Nei?» era ancora stupito, con un sopracciglio arcuato fisso in quella posizione.
«Oh beh, mi ha chiesto se ti ho portato a casa in veste di fidanzato. Quando è stata lei a mandarti alla LSE per rapirmi e portarmi a casa. Insomma!»
Tom non rispose: era un argomento delicato che non sapeva come affrontare. Ovviamente non c’era nessun legame di quel tipo – non erano in una relazione senza saperlo, insomma! – però Nessa non era la prima persona che li aveva scambiati per fidanzati. E non è che da parte sua ci fosse proprio la volontà di non esserlo, ecco. Ma effettivamente non c’era nulla di ufficializzato – e non sapeva nemmeno il parere di Aneira a riguardo, a dirla tutta.
«Non ci baderei, sai. Insomma, non mi dispiacerebbe.»
Aneira allora scoppiò nuovamente a ridere, posando poi la testa sulla sua spalla: «Che dichiarazione romantica, Hiddleston. Davvero, sai come corteggiare le donne.»
Tom rimase nuovamente interdetto: stava per iniziare ad affrontare sul serio una specie di dichiarazione, ma rimase spiazzato da quello che Aneira aveva aggiunto candidamente dopo – e ne era certo, senza volerlo appositamente buttare giù «E comunque penso sia infattibile. Quando parti tu per l’Irlanda? O comunque, quanti giorni sarai effettivamente a Londra prima di muoverti un po’ ovunque? E io non so nemmeno dove sarò dal prossimo Gennaio.»
Non le rispose, le sue ipotesi erano vere, ma non poté non chiederle il perché dell’altra dichiarazione, sul dove sarebbe stata lei dal Gennaio successivo in poi.
«Ho fatto domanda per diverse internship a New York. Non so quando mi risponderanno e cosa mi diranno, ma... c’è quella possibilità.»
«Oh.» fu l’unica risposta neanche troppo sensata di Tom.
«Sì.» aggiunse quella, avvicinando le ginocchia al petto e accoccolandosi ancora di più sulla spalla dell’uomo «E, per inciso, non sarebbe dispiaciuto troppo neanche a me.» non poté non stringerla a sé, sebbene la natura di quell’asserzione fosse più che chiara: non era possibile niente tra loro due. E non perché si fossero rifiutati vicendevolmente, quanto perché probabilmente sarebbero potuti essere a un oceano – o più oceani – di distanza l’uno dall’altra l’anno dopo – o anche solo qualche mese dopo.

Quando iniziò a piovere si rintanarono in auto, e Aneira decise di guidarlo alla meta successiva della giornata: Minack Theatre, il più famoso teatro all’aperto della Cornovaglia – e probabilmente il più scenico. Sapeva avrebbe apprezzato, da bravo attore, e l’aveva anche preso in giro chiedendogli perché avesse quella forma e a chi si sarebbe potuta attribuire: da bravo classicista aveva risposto correttamente a tutto, non deludendola in nessun modo possibile. Poi guidò per quattordici chilometri fino a Mousehole, dove pranzarono seduti sulla spiaggia – da quella parte della costa il mare era calmo e piatto, e quella baia era perfetta per sedersi lì, pensierosi, a rimuginare e guardare il paesaggio mangiando. Poi avevano vagato per il paesino composto perlopiù da case di residenti, a parte per la strada principale che costeggiava la baia in cui erano ormeggiate tante barchette e dove c’era qualche negozietto e diverse locande, rigorosamente mano nella mano, nonostante il discorso di quella mattina.
Nel primo pomeriggio raggiunsero poi l’ultima meta della loro giornata: l’aveva condotto a Marazion, con l’intento di visitare l’isola di St. Michael’s Mount per poi osservare dalla terra ferma il tramonto, bevendo Cream Tea rigorosamente alla maniera della Cornovaglia e mangiando paste della Cornovaglia.
«Tra te, le paste della Cornovaglia e tua madre sarò costretto ad andare in palestra non appena torneremo a Londra.» commentò Tom, spalmando su una metà del suo scone prima – necessariamente – la marmellata e poi la panna. Aveva già finito il dolce serio – come l’aveva chiamato Aneira – quindi poteva dedicarsi agli scone e al tè liberamente.
«Non ti farebbe male mettere un po’ di morbidume su quegli addominali, eh.» rispose immediatamente la ragazza, posando entrambe le mani sulla pancia, sazia.
«Certo, dillo a Luke. O anche a qualche regista a caso, così, per vedere cosa ne pensano.»
«Al massimo quelli che scelgono il cast ti dicono di fare una dieta ferrea...»
«Che eviterei volentieri, appunto!»
«È una vita triste, quella con pochi dolci.» sentenziò la ragazza, e lui scosse la testa con un sorriso: se la sarebbe aspettata una dichiarazione del genere da lei.
Avevano continuato e terminato la loro pausa tè quando il sole ancora tramontava, ma Aneira decise che era il caso di tornare a casa: nei venti minuti che impiegarono per arrivare a St. Ives non parlarono molto, sia per la stanchezza che per l’intensità della giornata.
E appena arrivati, erano stati per un po’ lontani, Tom con Mycroft e William Hier e Aneira con la madre e Alis, che sosteneva che quei due dovessero assolutamente accompagnarla al punto d’incontro con i suoi amici, perché sarebbe stata molto più una tipa interessante se fosse stata la sorella della fidanzata di Tom Hiddleston. Aneira aveva ribattuto che non era quella la verità, ma ad Alis non interessava: potevano anche odiarsi, ma voleva confermare il suo status da tipa “cool” del gruppo quella sera.
Aneira raggiunse mezz’ora prima di uscire Tom in giardino – che era già vestito di tutto punto – e alzò gli occhi al cielo: «Detesto dover interrompere le vostre accorate chiacchiere su chi sia il migliore giocatore di tennis di tutti i tempi, ma dobbiamo accompagnare Alis in centro, Tom. Deve vantarsi del fatto che io e te ci conosciamo.»
«Oh. Sfrutta la conoscenza indiretta per conquistare cosa, per essere ben chiari?» le chiese lui, seguendola in casa.
«Per conquistare e sancire il suo status nel gruppo. Vuole essere riconosciuta dalla marmaglia come persona figa. Sei fondamentalmente la sua campagna di Marketing.»
«Ouch. Mi sento oggettificato.»
«Non sono i principi con cui siamo cresciute noi, ma Alis è particolarmente senza scrupoli in merito al suo status sociale. Quindi le faremo da chaperon.» fece spallucce Aneira, aspettando nell’ingresso assieme a Tom l’arrivo di Alis.
«Non supporto la tua fase emo, sappilo, Alis. Fa molto anni 2007.» dichiarò lei non appena la sorella si fece strada nel giardino esterno.
«Le mode arrivano tardi a St. Ives, e non mi pare di aver chiesto la tua approvazione.» aveva risposto quella, guidandoli su Carrack Dhu.
«Mi limitavo ad osservare che nel mondo reale va più l’hipster dell’emo, cara sorellina.»
«Difatti mi sto evolvendo, sarò la portatrice dell’esser hipster a St. Ives.»
«Che sarà sicuramente la cosa più figa in assoluto, vero?» ribatté la maggiore, beccandosi un’occhiataccia di Alis grazie al tono particolarmente sarcastico con il quale aveva pronunciato quella frase.
Non appena arrivarono sulla costa, Alis si voltò verso di loro, puntando un dito contro entrambi: «Ora, non mi interessa quale sia la vostra relazione in questo momento, o in generale, odiatevi pure, ma...» afferrò la mano di Aneira, poi quella di Tom e le intrecciò insieme «Tenetevi per mano. Ne va della mia reputazione.»
«Alis, cosa hai detto ai tuoi amici?» Aneira seguì gli ordini della sorella, ma assottigliò gli occhi impercettibilmente.
«Mah, niente di particolare... solo che state insieme da un po’ e che tu lo neghi categoricamente perché non vuoi essere vista e riconosciuta dal mondo intero solo come la fidanzata di Tom Hiddleston. Insomma, tutte quelle cavolate del “voglio trovare il mio posto nel mondo e non essere vista come la figlia di qualcuno, o la fidanzata di qualcuno”. Cose che tu hai detto nella realtà... solo modificate un po’.» sorrise quella, facendole una chiara linguaccia.
Aneira divenne color pomodoro e iniziò a sbraitarle – a bassa voce – contro: «Ma non è vero! Hai detto diverse bugie!»
«Rilassati, non lo diranno a nessuno!» aveva risposto con calma Alis, spavalda «E poi tutto il resto è vero. Quella storia della figlia, fidanzata, moglie...»
E Tom lo sapeva: Alis, pur avendo montato quella bugia per fare in modo che andasse a suo favore, sapeva che la base che riguardava Aneira era vera; lei non sarebbe mai stata la borsetta di qualcuno. Sarebbe probabilmente andata dall’altra parte dell’Atlantico per affermare ciò, per seguire la sua carriera – e aveva ragione, la ammirava per quello. Ma era anche il motivo principale per cui non sarebbero mai – probabilmente – potuti stare insieme: pensando entrambi alle proprie carriere quando avrebbero potuto pensare a loro come ipotetica coppia? E questo lo rendeva un po’ più malinconico.
«Alis! È sbagliato!»
«Zitta, ci stanno guardando. Sorridi e annuisci.» la riprese la minore, facendo lo stesso anche lei: Aneira continuò a guardarla malissimo, ma venne seppellita dall’abbraccio palesemente finto della sorella, che coinvolse sia lei che Tom, per poi correre dai suoi amici.
«Aneira, dalla colorazione del tuo viso posso assumere che stai per esplodere.» Tom le diede una pacca affettuosa sulla spalla, mentre lei passava a diverse altre sfumature di rosso.
«Quella ragazza sarebbe un’attrice fottutamente brava, è già falsa da morire per affermare il suo status!» borbottò lei in risposta, riafferrando brutalmente la mano del ragazzo, nervosa.
«Me l’hai quasi arpionata. Calmati. Tu non hai mai fatto queste cose da giovane?»
«Avevo Sev, Alia e Millie, cosa me ne importava dello status sociale?! E Morvoren, che conosco da una vita. Non me n’è mai potuto fregare nulla davvero di quello che pensavano i coetanei. Certo, passare per quella strana non era piacevole, ma non ero così interessata a mostrare... diamine, non è nemmeno la realtà!»
Tom le diede un’altra pacca affettuosa sulla spalla, come per tirarla su di morale: «Sono un uomo, non so cosa siano questi giochetti da donna. Nel senso, l’ho visto fare, ma quando ero ormai grande. Non ho visto molte ragazze tra i tredici e i diciott’anni, o almeno, non abbastanza a lungo per studiarne il comportamento.»
«Ah, già, il collegio maschile. O meglio, Eton. Beh non ti sei perso assolutamente nulla.»
«Non sarebbe stato un brutto studio antropologico, però.» ammise lui, ridacchiando.
«Sarebbe stato uno studio sicuramente variegato.» concluse lei, sapendo esattamente dove si stessero dirigendo – o meglio, le sue gambe lo sapevano – ma senza prestarci troppa attenzione: doveva prima sbollire la rabbia per godersi veramente la cena nel suo locale preferito di St. Ives.

Chiacchierando, passeggiando sulla sabbia e poi in città, tra artisti di strada e localini caratteristici, alla fine le era passato il nervosismo: aveva davvero portato Tom nel suo locale preferito, ma dopo erano tornati subito a casa. Per dispetto non aveva aspettato Alis – che avrebbe sicuramente fatto più tardi di loro, essendo stanchi come due turisti all’estero – e sapeva che ciò avrebbe costretto il suo gruppo ad accompagnarla fino a casa: sperò che non facessero casino, sennò li avrebbe sgozzati indistintamente tutti nel caso in cui l’avessero svegliata.
Aveva raggiunto la camera degli ospiti poco dopo rispetto a Tom, e l’aveva trovato a occupare la poltrona letto – ma era ancora sveglio.
«No! Non dormi lì! Io non dormo nel letto!»
«E invece sì.» aveva ribattuto lui, impuntatosi.
«E invece no.» ma nessuno avrebbe mai battuto Aneira in quanto a testardaggine e spirito di contraddizione, così si infilò con lui nella poltrona letto «Se vuoi stare scomodo tu, dormiremo entrambi scomodamente.» dichiarò quella fermamente.
Tom aveva imparato a conoscerla e non ribatté, si limitò a passarle un braccio attorno alla vita e a mormorare qualcos’altro: «Non ti caccerò e non ribatterò: e so quanto questo ti darà fastidio.» aprì un occhio per bearsi dello sguardo infuocato di Aneira – che probabilmente voleva davvero sputargli fuoco addosso in quel momento – e ridacchiò «Buonanotte, Hier.»
«Mpf! Buonanotte!» aveva risposto lei in uno sbuffo, tirando più su le coperte ma non voltandosi dall’altra parte: quella poltrona letto era imbarazzantemente piccola, corta e scomoda per tutti e due, ma ormai era diventata una questione di principio.
Lo stava osservando da un po’ – non capiva se fosse ancora in quella fase di dormiveglia, quando sei ancora semi-cosciente di quello che accade intorno a te o se fosse già crollato in un sonno profondo – ma nel frattempo si dimenticò per un po’ del suo spirito di contraddizione, ripensando alla frase meno romantica della storia, probabilmente, ma che per lei era stato comunque un colpo al cuore: “Non ci baderei, sai. Non mi dispiacerebbe.”. Stava cercando di dire qualcosa di molto importante dandogli meno peso, conscio del fatto che se ne avessero parlato sul serio non sarebbe andata a finire bene. Ma aveva, più o meno, reso chiari i suoi pensieri – e le sue emozioni. Sorrise, nonostante tutto. E lasciò scorrere l’indice lungo la sua fronte alta, il naso imponente, il labbro superiore che non lo era per nulla e quello inferiore che era leggermente più carnoso, per poi fermarsi alla barba ispida del mento: riusciva a riconoscere persino qualche efelide sul viso, sebbene l’unica luce che entrava dalla finestra fosse quella della luna. Se si fosse avvicinata un po’ di più, se l’avesse baciato, probabilmente lui non l’avrebbe saputo: magari avrebbe potuto ricordarselo vagamente, ma non sapendolo distinguere dalla realtà. Non era una certezza: poteva tranquillamente non essere accaduto nulla. Ed era l’unica cosa – che avrebbe saputo solo lei – che avrebbe sancito in qualche modo il loro interesse romantico mai espressamente palesato a parole. Che era a quanto pareva presente, ma non era mai stato esplicitamente portato fuori. E poi voleva conoscere il sapore delle sue labbra, il suo inconscio se lo chiedeva da un po’ di settimane – venendo quasi sempre brutalmente zittito dalla ragione e dal cervello della stessa. Si avvicinò di qualche altro millimetro, percepiva chiaramente il suo respiro sul viso: era curiosa. Si stava avvicinando a lui in un misto di curiosità e sentimenti, domande, pensieri. Non sapeva che senso avesse, ma a quel punto lo voleva e basta. Non stava nemmeno più pensando alle motivazioni sensate o poco sensate che aveva, era arrivata a un punto di non ritorno: l’avrebbe baciato e basta.
E allora posò le labbra sulle sue: candidamente, innocentemente, velocemente. Era in procinto di ritrarsi, quando qualcosa che non si sarebbe mai aspettata – e che, se l’avesse saputa prima, l’avrebbe sicuramente fatta desistere dal provare quello che aveva tentato di fare, riuscendoci – accadde: Tom rispose. Lui era sveglio, manteneva ancora gli occhi chiusi, ma era più che sicuramente sveglio: e aveva risposto al bacio intensamente, passionalmente, completamente e per nulla innocentemente. Era un bacio ricco di sentimenti, che coinvolgeva entrambe le parti nello stesso modo, con la stessa veemenza e con lo stesso bisogno di suggellare quel momento e ricordarlo come probabilmente unico nel suo genere, unico tra di loro. Si cercavano ripetutamente, cercavano l’unico contatto fisico che avrebbero mai potuto avere – l’unico che avevano deciso di avere – l’unico che sapevano di bramare e nel quale erano incappati un po’ per la situazione, ma per buona parte volendolo. Senza però averlo pianificato.
Quando si separarono, Tom diede un altro chiaro segnale del suo essere vigile: le baciò la punta del naso, poi la fronte; e aprì gli occhi. Passò un braccio sotto la vita di Aneira, mentre l’altro la liberava e la mano andava a posarsi sul viso, lievemente. Era il primo bacio sulla fronte del quale Aneira fosse a conoscenza, il primo di cui sapesse l’esistenza: lo impresse quasi con forza, come se volesse che la sua permanenza lì fosse eterna – anche quando sarebbero stati sicuramente lontani.
E poi la guardò negli occhi: lei non si nascose, rispose allo sguardo con fermezza, senza spostarlo di un millimetro. Si guardarono così a lungo che probabilmente a un certo punto sarebbe potuto diventare imbarazzante, ma non lo era per loro.
Poi però cercarono ognuno la presenza fisica dell’altro, nello stesso momento: Tom l’attirò a sé, molto più vicino di qualsiasi altra notte che avevano passato a dormire insieme, e Aneira si nascose letteralmente sulla spalla del ragazzo, passando la gamba destra tra quelle di lui. Non sarebbero potuti essere più intrecciati in quell’abbraccio, ma per quella sera sarebbe andata bene: dovevano rimanere così, non avrebbero sopportato null’altro, in nessun’altro modo. Tom spostò la mano sinistra sulla nuca di lei, avvicinandola un altro po’ a sé: non gli importava quello che sarebbe accaduto la mattina dopo, quando avrebbe percepito entrambe le braccia palesemente intirizzite.
Avrebbe accettato volentieri il formicolio delle braccia la mattina dopo per giorni e giorni, se quello avesse significato che avrebbe potuto tenere Aneira stretta a sé così, in quello stesso identico modo, sempre.
 
  
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