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Autore: Matih Bobek    17/02/2015    0 recensioni
Brevi ma intensi spaccati di vita familiare ambientati nei giorni nostri. Simpatici, allegri e solari, questi piccoli racconti vertono su una voce narrante, il giovane figlio, nato e cresciuto nella periferia romana, e la protagonista indiscussa della casa, nonché della storia, la madre: personaggio stereotipato, a tratti assurdo, tanto da sembrare quasi... un alieno.
le storie affrontano, di volta in volta, momenti tipici della quotidianità familiare, prendendosi beffa, in modo ironico e sottile, dell'idea maschilista della donna casalinga.
Lo stile utilizzato è fresco, colloquiale, giovanile e numerosi sono i riferimenti alla cultura popolare, comunemente nota, al fine di rendere più partecipe il lettore.
All'interno del singolo episodio, i cambi di narrazione sono frequenti, pur mantenendo fissa la focalizzazione interna: ogni storia è costruita su uno schema fisso, che vede una breve premessa della situazione, in cui la voce narrante è direttamente coinvolta nel racconto, poi una dettagliata narrazione, da vicino, guidata da una seconda persona, per facilitare la personificazione, e infine il dialogo, in cui il narratore spesso interviene come voce fuori campo.
Spero che vi piacciano, o perlomeno che vi lascino un sorriso, e che lascerete consigli e opinioni, per me utili al fine di perfezionare stile, trama o personaggi.
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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E' presto notte e il terrore accompagna il mio sonno per cinque brevi ore. Mi sveglio di soprassalto alle sei, con la certezza di ritrovarmi la bestiolina sopra le lenzuola, intenta a rosicchiarmi il piumone. Mi guardo intorno con aria circospetta. Nulla. Mi tranquillizzo. Magari è morto, penso. Dopotutto papà ha seminato la casa di bustine avvelenate. Me le sono ritrovate persino nel frigorifero. Le ho inzuppate nel caffè a colazione. Tutto questo, quando poteva tranquillamente cacciarlo via a suon di scopa.
Bevo un sorso d'acqua, faccio un bel respiro, e avvicino la mano all'interruttore. Nel momento stesso in cui le mie dita sfiorano il pulsante bianco, il mio temuto coinquilino fa la sua comparsa, sfrecciandomi davanti come nemmeno Valentino Rossi saprebbe fare. Di nuovo il panico. Lo vedo infilarsi dietro al cassettone dell'Ikea. Non so se sia più la paura del topo oppure che si sfasci il mobile: sappiamo tutti che l'ikea è, come dire, un po' delicata. Attimi di silenzio. Sento solo il battito del mio cuore accelerare il suo ritmo e pulsare frenetico contro la mia cassa toracica. Il respiro si ingrossa, e le mani cominciano a tremare. Ad un tratto, percepisco le unghiette del roditore contro il compensato del cassettone, e poi dell'armadio. Si sta spostando. Sento il suo sgusciare veloce; sento le sue zampette appena sfiorare il pavimento al di sotto; lo sento percorrere l'intera lunghezza del grande armadio e poi lo vedo: eccolo, il suo musetto allungato, i suoi occhietti vitrei, la sua espressione soddisfatta e il ghigno famelico. 
Solo ora so cosa provasse il grande elefante di fronte al piccolo topo. E nessuno lo compatisce più di me.
Più temerario di quanto lo sia mai stato io, il roditore si avvicina al mio letto. I nostri sguardi percorrono la stessa traiettoria e crollano l'uno nel terrore dell'altro. Faccio rumore, per farlo indietreggiare. Subito dopo, eccolo spuntare da sotto il cassettone e arrivare al centro della stanza. Non resisto più. Il terrore mi ha immobilizzato ma devo reagire. Devo reagire per forza. Cazzo, è solo un piccolo topo! Devo trovare il coraggio. Chiamo i miei. E' la soluzione più ovvia. Non importa che sono le sei del mattino. Devo chiamarli.
Certo, se non fossi bloccato sul letto a fissare il topo sarebbe più facile. Idea: li chiamo al telefono. allungo il braccio, e cerco di prendere il cellulare sulla scrivania. I movimenti sono poco fluidi, la mano non smette di tremare. Afferro il cellulare e mi cade. Dannazione! Il topo si è spaventato. Bene. Chiamo: tu tu tu tu. Mamma non risponde.
Chiamo papà: tu tu tu. Non risponde. Ma porca pupazza! Ci riprovo: tu tu tu. Un momento...lo sento squillare... è in salotto! Ma porca di quella!! Perchè Dio? Perchè? Dimmi solo perchè? Niente, non mi resta che alzarmi e svegliare i miei. Alzarmi, sì... e passare vicino al topo. Solo l'idea mi blocca la circolazione nelle vene. Ma devo, devo alzarmi.
In uno slancio di coraggio, prendo i miei beni, nemmeno fosse scoppiato un incendio, e mi catapulto fuori dalla camera, stando ben attento a sigillare la porta. Mi fiondo nella stanza dei miei genitori e li sveglio: " Ma'! Ma'"
" Che c'è??" Come una molla, balza in piedi " Che è successo? Si è rotta la lavatrice?" 
Subito dopo, mio padre, così avvolto nelle lenzuola da sembrare un fagottino della Mulino Bianco, si sveglia preoccupato e mi guarda. Sono pallido in viso e gli occhi stanchi sono un segno della mia notte da incubo: " il topo... è lì..."
Papà borbotta una maledizione in turco ottomano e si rimette a dormire. L'aliena invece, ormai rassegnata e consapevole del fatto che, a costo di liberarmi del topo, darei fuoco a casa, prende la sua fidata ciabatta col fiocchetto rosso e entra in camera mia.  Con una furia mai vista, comincia a spostare i mobili e a tendere agguati improbabili al topo.
Per un attimo mi sono tornate in mente le scene di Tom & Jerry con la padrona psicopatica che insegue il roditore con la scopa. Mia madre è all'avanguardia: lei usa la ciabatta comprata dal cinese a tre euro.
   
 
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