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Autore: Jessy Pax    17/02/2015    4 recensioni
Quando Oliver e Felicity sembrano poter vivere le loro vite da eroi e amanti senza alcun problema, ecco che il destino si intromette con prepotenza.
Una tempesta sta per arrivare, e una epica collaborazione sta per nascere tra gli eroi di Starling City e Gotham.
Arrow e Batman uniranno le loro forze per sconfiggere i criminali che assediano la città del Cavaliere Oscuro. Ogni eroi avrà il suo nemico e ogni eroe sarà costretto a sconfiggere i propri demoni.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, John Diggle, Nuovo personaggio, Oliver Queen
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Angolo della scrittrice (IMPORTANTE): Ecco qui il secondo capitolo! L'unico avvertimento che voglio scrivervi oggi è questo: verso la fine di questo capitolo vedrete all'angolo del testo un * , significa che da quel momento ho iniziato ad ascoltare una canzone che mi ha accompagnata fino alla fine. Consiglio a tutti di ascoltarla mentre leggete, proprio perché le emozioni descritte sono anche frutto della colonna sonora che accompagna il momento.
Il link dove potete sentirla è questa: https://www.youtube.com/watch?v=PLVeMRkjU8c 









 
Addio


 
«Oliver, cosa è successo?» Dig tenne aperta la porta del covo per far entrare Oliver e Felicity ancora addormentata tra le braccia del ragazzo. La posò sul tavolo e le spostò una ciocca di capelli biondi dal viso.
«Lo Spaventapasseri. È fuggito dal manicomio di Gotham e ha rapito Felicity facendola cadere dall’ultimo piano di un grattacielo.» Oliver si tolse la maschera che gli copriva gli occhi e aspettò che Felicity riprendesse coscienza.
«E lei come sta?» chiese Roy apprensivo.
Oliver continuò ad accarezzarle la fronte con il pollice non distogliendo mai lo sguardo dal viso di Fel. «Bene. Sarà sicuramente terrorizzata.» fece una pausa e poi riprese «Non sono stato io a salvarla.» nel tono della sua voce si percepiva rabbia, malinconia e senso di colpa, di certo Oliver Queen si stava incolpando di tutto ciò che era accaduto in quella notte.
«E chi è stato allora?» domandò Dig sporgendosi leggermente in avanti per capire meglio questa storia.
Oliver si voltò per guardare i suoi amici e abbassò gli occhi desolato «Il Cavaliere Oscuro.»
Dig e Roy rimasero a bocca aperta e nessuno dei due sapeva cosa dire.
«Oliver…» Felicity finalmente si svegliò e tentò di mettersi seduta. Oliver l’aiutò tranquillizzandola con dolci carezze sulla schiena. «Sto bene, sto bene. Ho solo un po’ di mal di testa.»
«È per via dello shock. Devi riposare, Felicity.» la ragazza era frastornata ma non si sentiva a pezzi, era semplicemente ancora su di giri e se si concentrava, poteva benissimo ancora avvertire il vuoto della caduta sulla sua pelle. Rabbrividì a quel pensiero e si aggrappò saldamente al braccio di Oliver.
«Come è possibile che Batman sia venuto fino a qui, a Starling City, solo per salvare Felicity?» Roy stava riflettè ad alta voce ma Dig lo contradisse.
«La vera domanda è: Batman è ancora vivo? Su tutti i notiziari avevano detto che era scomparso, che aveva gettato la spugna. Perché è tornato? E perché qui?»
Oliver guardò i suoi compagni sospirando «Non era in città per Felicity, era venuto per me. Mi ha chiesto di collaborare con lui. Dice che sta arrivando una tempesta, qualcosa di molto più grande di noi e ha bisogno del mio aiuto.»
«Spero tu abbia rifiutato. Hai già abbastanza guai qui a Starling, non ti occorrono anche quelli di Gotham!» Dig era un uomo saggio, tuttavia anche molto apprensivo nei confronti di Oliver, probabilmente perché vedeva in lui quel fratello che aveva perso in passato.
«Ho accettato, John. Lui è un vigilante come me, lavoriamo per la stessa causa, se avessi rifiutato è come se avrei tradito me stesso.» Oliver era serio e sicuro di ciò che diceva.
Diggle strinse gli occhi sconcertato e urlò «È accusato di aver ucciso Harvey Dent, colui che ha messo in gabbia metà dei criminali di Gotham!»
«E secondo te, John, quante volte sono stato accusato per medesimi crimini? Quante volte ho avuto una taglia sulla mia testa? Che differenza c’è tra me e Batman? Cosa ne sappiamo noi su ciò che è reale o no? Da quando ci fidiamo dei notiziari e dei giornalisti?» Oliver aveva alzato la voce di conseguenza. Le vene del collo erano tirate e il colorito del suo viso era divenuto di un porpora acceso.
«Per favore, non litigate!» una voce squillante e decisa, interruppe quella lotta tra Oliver e Diggle. Felicity guardò tutti e due con la fronte aggrottata e severa. «Sono stata rapita da uno psicopatico che si fa chiamare “Spaventapasseri”, sono volata giù da un grattacelo di almeno dodici piani, sono stata salvata da un uomo pipistrello eppure sono riuscita a capire che Batman si trovava a Starling City perché seguiva le tracce dello psicopatico di paglia.» scosse la testa afflitta e scese dal lettino barcollando «Come è possibile che voi due non avete pensato ad una simile conclusione?»
Diggle prese un respiro profondo mentre Roy infilò le mani in tasca, Oliver passò una mano dietro la testa cerando di unire tutti i pezzi del puzzle mancante. «Batman seguiva lo Spaventapasseri perché è scappato dall’Arkham Asylum di Gotham, ma non sappiamo ancora perché mi ha chiesto aiuto.»
«Devi incontrarlo di nuovo, Oliver. Devi farti dire a tutti i costi che cosa sta succedendo.» Felicity guardò intensamente Ollie e, quest’ultimo, distolse lo sguardo deglutendo. Si allontanò di qualche passo.
«Ho come l’impressione che una guerra sta per scatenarsi.» Oliver non era mai stato così preoccupato, nessuno mai lo aveva visto così disperato o in preda al panico. Tutti i presenti lo fissarono increduli, timorosi. Avvertivano anche loro un certo formicolio sottopelle, era quella specie di pizzicore che si sente quando si sotto l’effetto dell’adrenalina, quella consapevolezza e impazienza che si prova quando si sta per affrontare la paura.
«Allora dobbiamo vincere la guerra.» Felicity si avvicinò ad Oliver e gli strinse la mano delicatamente.
Il giovane la guardò con tristezza e fierezza al tempo stesso. «Come posso contattare Batman?»
Felicity sorrise tirando su col naso «Ci penso io.»



 
Il giorno seguente.
Ore 23.00



 
 
L’ombra scura del mantello lungo e nero, sventolava nel cielo su quel terrazzo dell’ultimo piano di uno dei tanti palazzi che abitava Starling City.
Arrow si fermò a pochi metri di distanza da quell’uomo grosso e imponente che aveva di fronte.
«Non pensavo di rivederti così presto. Avevo detto che saresti venuto a conoscenza della verità a tempo debito.» la voce rauca del pipistrello era piatta e senza emozioni.
Oliver alzò le spalle e fece un passo avanti «Ho bisogno di sapere di più. Cosa ci facevi la scorsa sera a Starling City?»
«Cercavo lo Spaventapasseri.» Batman finalmente uscì dal quell’ombra che lo oscurava completamente e si posizionò sotto la luce riflessa della città. Arrow, così, vide il volto dell’uomo in nero. I lineamenti del viso erano impossibili da riconoscere ma quella maschera era un tripudio di timore e terrore. «E cercavo te.» Oliver non chiese altro ma aspettò che il suo collega continuasse a parlare «Gotham è malata. Ha bisogno di essere curata ma non ce la farò mai da solo senza il tuo aiuto.»
«Ma Gotham non è la mia città.» constatò Oliver.
«Lo so. Ma nemmeno la ragazza che ho salvato è colei che amo, eppure è viva grazie a me.» era come se Batman avesse dato un pugno in pieno viso ad Arrow. Oliver indietreggiò per lo stupore e sentì il cuore perdere un battito. Un perfetto sconosciuto lo aveva appena incolpato di non essere riuscito a salvare la donna che amava e allo stesso tempo gli aveva fatto capire che si era preso una responsabilità che non gli spettava, così come Arrow avrebbe dovuto fare con Gotham.
«E per questo ti sono grato.» rispose Oliver pensando alla caduta libera di Felicity. Chiuse gli occhi e scrollò via quel pensiero che lo distraeva.
«Arrow, la tua città sta per vivere momenti spiacevoli. Lo Spaventapasseri non si fermerà a Felicity per colpire te. Sta già tessendo una rete fitta di crimini che collegheranno in breve tempo Starling City e Gotham. La mia metropoli sta già affrontando una dura realtà. Uomini assetati di potere, malvagità e desiderio di morte stanno per mettermi in ginocchio. Ho perso troppo per permettermi il lusso di sparire nuovamente.»
Oliver schiuse le labbra investito da tantissime domande che volevano uscire dalla propria bocca, aveva capito il discorso di Batman, ma tutto ciò che riuscì a chiedere fu: «Come conosci Felicity?»
Il Cavaliere Oscuro per la prima volta sorrise sinceramente divertito «Non è forse lei che ti ha messo in contatto con me, Oliver Queen?»  
Ollie ebbe un capogiro e guardò a terra, scosse fortemente la testa e tentò di riorganizzare le idee, le parole che vorticavano pericolosamente nella sua mente. “Batman sa chi sono.” Per qualche strano e illogico motivo, Oliver continuò a tenere il cappuccio sul capo, non aveva alcun motivo ormai di tenerlo su ma penso che così facendo, avrebbe tenuto segreta e nascosta quella parte più vulnerabile di lui. «E tu chi sei, Batman?»
Il Cavaliere spense il sorriso e con un braccio sollevo il mantello fino a coprire la bocca «Sono qualcuno di molto simile a te.» Oliver seguì Batman con gli occhi fino a quando non riuscì più a distinguerlo con il nero della notte. Inspiegabilmente Arrow aveva il fiatone, forse per le cose che gli erano state dette o forse perché quell’uomo di Gotham sapeva la sua vera identità, o forse – molto più probabile – sapeva che a breve avrebbe dovuto affrontare una sfida molto più grande della guerra che presto avrebbe combattuto; stava per suicidarsi nel senso più metaforico della parola, stava per distruggere il proprio cuore e quello di Felicity.



 
Più tardi nella fonderia
 
 
 
* «Che cosa ti ha detto Batman?» chiese curioso e impaziente Dig.
«In poche parole, che siamo nella merda.» Un silenzio inquietante cadde nel covo e Oliver non aiutava certo a calmare gli stati d’animo di Roy, John e Felicity. Tolse il cappuccio e la maschera e puntellò con le dita il tavolo grigio accanto a se. «Ragazzi, vi spiegherò tutto più tardi ma… ho bisogno di alcuni minuti con Felicity.» Diggle guardò in modo complice Roy e con un cenno del capo lo invitò ad andarsene da lì.
Felicity era seduta sulla sedia girevole della sua postazione e tirò su gli occhiali un po’ troppo scesi sul naso, aveva intuito cosa volesse dirle Oliver e cercò di fermarlo prima «Se iniziamo a parlare è finita.» Le tremava già la voce, sapeva che avrebbe sofferto molto.
Oliver la guardò con gli occhi lucidi e le andò vicino «Felicity, sta per scoppiare una guerra e non ho idea di come fermarla. Niente sarà più come prima.» la studiò attentamente per catturare ogni reazione ma gli occhi chiari di lei gli fecero togliere il respiro.
Felicity si alzò in piedi e gli parlò con sincerità «Oliver, questa guerra non devi combatterla da solo. Siamo con te, tutti noi. Io non permetterò che ti accada nulla. Io voglio stare con te!»
«È questo il problema. Io non posso permettermi di essere anche Oliver Queen, io sono la maschera che indosso e Starling City, Gotham, le persone di queste città hanno bisogno di me e dell’eroe che rappresento. Non mi è concesso essere umano, non posso.»
Felicity iniziò a piangere ma trattenne le lacrime il più possibile, strinse i pugni per sfogare quella rabbia e sofferenza che si stava impadronendo di lei «Ed io ho bisogno di Oliver Queen, io ho bisogno di te. Perché ti amo. E anche tu me lo avevi detto, mi hai baciata!» sospirò non potendo più frenare il pianto silenzioso che scendeva lento dagli occhi «Allora, smettila di illudermi, smettila di darmi speranza, dimmi che tra noi non ci sarebbe mai stata una possibilità, dimmi che non mi vuoi e non mi vorrai mai. Dimmi che non mi ami!» Felicity era furiosa e guardava a terra ignara della reazione di Oliver. Lui aveva gli occhi lucidi e una lacrima rigò il viso coperto da quello strato di barba ispida.
Il ragazzo le parlò a bassa voce, con resa e sconfitta «Non puoi chiedermi di dirti che non ti amo, perché sarebbe la menzogna più grande e grave della mia vita.» l’afferrò per un braccio e colmò la distanza che li separava. Aleggiarono insieme in una bolla fatta di addio, un ultimo bacio che li avrebbe condotti alla rottura definitiva. Oliver sollevò le mani e prese il viso della ragazza tra di esse, la tenne stretta conducendo quel bacio disperato che sapeva di sale e cuori infranti.
Felicity avrebbe voluto prenderlo a pugni ma si lasciò beare di quella presa, di quelle labbra che avrebbe dovuto ricordare per sempre, perché un tale amore non si può dimenticare.
Si guardarono negli occhi, annebbiati da un velo di odio e amore che li costringeva a rimanere vicini ancora. «Ti avevo detto che se avremmo parlato sarebbe finita.» Felicity sfuggì via da quella presa delicata delle mani di colui che amava, fuggì via dal covo in lacrime. Oliver rimase immobile in quella posizione con le mani sollevate a mezzaria.
Udì il pianto di Felicity fin quando non uscì definitivamente dal Verdant, incapace di respirare, di proferire parola, scagliò lontano la poltrona girevole che aveva davanti. Si scontrò con il tavolo di ferro e Oliver, rabbioso, gettò a terra ogni cosa che aveva trovato lì sopra.
L’ultimo sfogo da uomo che si stava concedendo. Il suo cuore era rotto, in frantumi come se una freccia lo aveva trapassato, la stessa freccia che aveva scelto di essere per sempre. 
 
 
 
   
 
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