Videogiochi > Kingdom Hearts
Ricorda la storia  |      
Autore: _Ella_    17/02/2015    1 recensioni
"I loro destini erano tutti sospesi su un filo di ragnatela che Roxas avrebbe potuto spezzare semplicemente con un battito delle sue lunghe ciglia chiare, con un sussurro delle sue labbra a bocciolo, oppure sfiorandolo con le sue dita da fata."
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Axel, Roxas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: KH 358/2 Days
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Se (e solo se)
pensieri e ricordi di una notte senza stelle

 

 

"Ogni grande amore ha la sua tragedia, ed ora il nostro ha la sua,
ma averti conosciuto e amato con tanta profonda devozione, che tu abbia fatto parte della mia vita,
l’unica parte che considero meravigliosa, è abbastanza per me."
Oscar Wilde, da Le lettere di Oscar Wilde.

 

Il freddo di quella notte era sottile e pungente come spilli, penetrava tra le fibre di tessuto del cappotto nero e lo costringeva a rabbrividire ad ogni folata più forte di vento. Il cielo era terso e scuro, ma con l'accecante luce dei neon non riusciva a scorgere neppure lo scintillio della più piccola stella. Calò il cappuccio sul capo quando si fu arreso all'evidenza che pur continuando a scrutare la volta non vi avrebbe trovato nulla se non altro buio, e poggiò la schiena alla parete di uno di quei tanti grattacieli di Word That Never Was, muovendo le dita intirizzite dal freddo per essere sicuro di non aver perso la capacità di farlo. Anni addietro, gli unici colori che gli avevano ferito gli occhi erano stati quelli dei bellissimi fiori di Radiant Garden anziché quelli delle luci artificiali. Ricordava il forte odore di primavera, ed il calore di un sole che iniziava a scaldare la sua camera, ricordava le corse fino alla fontana, i sabotaggi al lavoro di Merlino, ricordava Isa e la sua compagnia, la loro amicizia che era sparita assieme a quel qualcosa che li aveva resi persone intere, e non semplici Nobody. Aveva sperato tante volte quante le stelle che non riusciva a vedere di tornare a quel maledetto giorno solo per poter scegliere di morire.
 

«Sono davvero alti!» la sua boccuccia si spalancò per la sorpresa, e frettolosamente Roxas si avvicinò ad uno dei fiori, sfiorandone con la curiosità disarmante di un cucciolo i petali;
quando quello cominciò a ridere per il solletico, Roxas non riuscì a non ridere di rimando, gli occhi socchiusi e le guance rosse. «Guarda, Axel, parla!».
Aveva sentito parlare di Angeli, una volta, forse da bambino.
Mentre con pazienza si sedeva sospirando, i propri Chakram lasciati tra l'erba e la sensazione di essere molto più vecchio di come fosse in realtà, Axel si era chiesto se Roxas potesse non esserlo.

 

Se invidiare gli fosse ancora stato concesso, Axel era certo che sin dal primo momento avrebbe invidiato Roxas, per una serie di motivi che in realtà non erano neppure una sua colpa. Avrebbe invidiato la sua incoscienza, il suo essere perennemente stupito di qualsiasi piccola cosa ed al tempo stesso la sua tendenza a non scomporsi per nulla, avrebbe invidiato la possibilità che aveva di non essere legato al passato, di non sapere come era stato essere, perché più di tutti poteva pretendere di sentirsi come quei tre ragazzi che continuava ad osservare a Twilight Town ed essere felice quando veniva coinvolto in una delle loro follie senza sapere che felice davvero non lo sarebbe mai stato, e non odiarli per quello che avevano e che a lui non era mai stato concesso.
 

«Credi che sia giusto?» Axel lo guardò confuso, mentre Roxas si chinava su di lui per prendere le bende dalle sue mani e potergli fasciare la ferita al braccio, i tocchi delicati per cercare di non fargli male. «Ammazzare gli Heartless» spiegò, alzando timidamente lo sguardo nei suoi occhi. «E... se provassero dolore?».
Axel aveva scrollato le spalle, cercando di non lasciar trasparire la sorpresa.
Lui non se l'era mai chiesto. Non gli era mai importato.


Se avesse ancora potuto compatire, Axel lo avrebbe compatito per gli stessi esatti motivi, perché Roxas si era trovato catapultato in qualcosa di fin troppo grande, incontrollabile come quel potere che aveva tra le mani. Axel era abbastanza egoista da essere grato che fosse, di nuovo, incosciente al punto da non aver capito quanto forte fosse, perché avrebbe potuto farli svanire con un solo affondo del suo Keyblade se avesse voluto, se solo avesse capito che Xemnas e tutti loro lo stavano usando come un burattino senza valore, quando di valore ne aveva fin troppo. I loro destini erano tutti sospesi su un filo di ragnatela che Roxas avrebbe potuto spezzare semplicemente con un battito delle sue lunghe ciglia chiare, con un sussurro delle sue labbra a bocciolo, oppure sfiorandolo con le sue dita da fata.
In quel momento il corpicino goffo di Roxas quasi spariva nel buio, Axel riusciva a tenerlo d'occhio solo perché le luci dei palazzi brillavano sulla superficie lucida del leather suo cappotto. Non ricordava esattamente quante volte nei minuti precedenti gli avesse ripetuto che camminare come un equilibrista sul parapetto di quel grattacielo, a strapiombo nel vuoto, fosse tutt'altro che una buona idea; ma Roxas era cocciuto, questo l'aveva imparato a sue spese quando cercava inutilmente di convincerlo che non c'era bisogno di andare a curiosare tra gli angoli più remoti di un nuovo mondo, perché di certo Saïx non sarebbe venuto a sapere se e come aveva svolto il suo lavoro, e allora doveva seguirlo in qualsiasi buco avesse deciso di infilarsi. Sì, Roxas era cocciuto, ed era anche fin troppo curioso e sfacciato nella sua ingenuità, come quella volta che se l'era trovato in bagno a spiarlo mentre faceva la doccia, ed aveva borbottato tra sé che non era giusto che lui fosse così basso a differenza sua, che avrebbe voluto sembrare un po' più grande di com'era in realtà, e che gli sarebbe piaciuto essere bello proprio come lo era lui. Axel non aveva avuto il coraggio di fargli notare che non si entrava a quel modo nelle camere degli altri, che assolutamente non si doveva spiarli mentre erano sotto la doccia e che fare quel genere di commenti era fraintendibile, un po' perché quei suoi comportamenti lo divertivano da morire, un po' perché non voleva che si piegasse sotto le stupidi convenzioni del buon senso, un po' perché sperava di potersi trovare in bagno con lui e fissarlo mentre si lavava senza che Roxas sentisse il bisogno di fulminarlo con una Tundaga in piena faccia. Non gli aveva neppure detto che in realtà lo trovava bello ai limiti dell'indecenza, ma solo perché la situazione non gli era sembrata adatta. Solo perché gli era mancato il coraggio.
Si scostò dalla parete, avvicinandosi con calma per non farlo spaventare; aveva l'impressione che sarebbe potuto volare via come un uccellino spaventato da un momento all'altro, ma Roxas mantenne gli occhi sulle punte dei propri piedi, e continuò a camminare agile e flessuoso sulla balaustra, sicuro come se non avesse mai fatto altro per tutta la sua vita.
«E' divertente» sbottò, e con un sospiro esasperato Axel gli pregò almeno ti tenergli la mano.
«Se la tieni almeno ti sentirai più tranquillo, non credi?» Roxas si fermò un attimo per guardarlo, soppesando le sue parole prima di annuire, lasciandosi stringere il palmo. In realtà era Axel quello che aveva bisogno di essere tranquillizzato: tenendogli la mano era certo che se avesse avuto un'incertezza, se fosse scivolato, lui avrebbe potuto trattenerlo ed impedirgli di cadere giù, spaccandosi contro l'asfalto di uno di quei vicoli bui dove proliferavano gli Hearless.
Quando finalmente decise di farla finita con quel gioco suicida, Axel si concesse un sospiro di sollievo, aiutandolo a scendere. «Adesso possiamo ritornare?».
Roxas però scosse la testa, e strinse la presa al suo braccio, alzando così tanto il naso verso l'alto che il cappuccio gli ricadde sulle spalle, scoprendogli i capelli biondi più scompigliati del solito. «Ho letto su uno dei libri di Zexion che quando il cielo è molto buio le stelle si vedono bene. Qui non ne vedo» mormorò incerto, poi si morse il labbro, e girò il viso per puntare gli occhi nei suoi. «A dire il vero non sono sicuro se ci siano o meno, Axel» ammise, imbronciandosi. «Non so cosa siano le stelle».
Non era davvero sicuro di cosa avrebbe potuto provare in quel momento se avesse ancora avuto un cuore, mentre Roxas lo guardava con quei suoi pozzi blu. L'unica cosa di cui però poteva essere certo in quel momento era che i messaggi che il suo corpo gli stava mandando fossero più che chiari, e capì di volerlo baciare nello stesso istante in cui realizzò che fosse meglio non farlo.
«Non sono niente di che, Roxas» gli disse, intercettando nel suo sguardo una scintilla di delusione a cui tentò immediatamente di rimediare. «Ma se ci tieni tanto potrei portarti in un posto in cui si vedono bene, un giorno».
Raccolse il suo sorriso, osservando il respiro condensarsi fuori dalla sua bocca mentre accennava una risata leggerissima.
«Grazie» sussurrò, ed alzandosi sulle punte ed allungando quanto più poteva il collo gli lasciò un bacio sulla guancia, dopo averlo costretto a chinarsi con uno strattone. «Ho visto Demyx che faceva lo stesso con Zexion, mi hanno detto che si fa così per ringraziare. E' vero?».
Mormorò una risposta di assenso, osservandolo mentre andava a sedersi sulla balaustra con i piedi a penzoloni dicendo che tutto sommato le luci di quella città non gli dispiacevano così tanto, che dalla finestra della sua stanza sembravano molto più piccole e meno colorate.
Axel si sfiorò la guancia con le dita, poi lo raggiunse per sedersi al suo fianco. «Le stelle sono molto meglio di così».
Roxas gli strinse la mano, sorridendogli. «Non vedo l'ora di vederle, Axel».

 

«Non parli?». Roxas aveva alzato timidamente lo sguardo, il viso rosso che sprofondava nel cuscino. Lui si era avvicinato, l'aveva coperto con le lenzuola, sorridendo intenerito. «Quando hai accettato di dormire con me non pensavo che poi ti saresti vergognato così tanto».
Roxas lo fissò indispettito, e con tutto lo sdegno possibile cominciò a colpirlo però senza la minima convinzione.
Axel rise, guadagnandosi alcuni insulti velenosi e trattenendolo per il polso quando Roxas cercò di scappare via imbarazzato.
«Non mi guardare» mormorò poi contro il suo petto, il viso da gattino nascosto per non lasciargli vedere quanto fosse rosso.
Accettò, ad un'unica condizione: «Solo se ti fai abbracciare tutta la notte».

Roxas non disse più niente, non trovò neppure il coraggio di annuire, ma non si scostò né provò a lamentarsi quando Axel gli circondò le spalle con le braccia, premendo le labbra tra i suoi capelli profumati di miele.


Se anche una più piccola parte di sé fosse stata in grado di amare, Axel non aveva dubbi su chi sarebbe stato il destinatario di tutto il proprio amore.





 



Sono sinceramente sconvolta di essere riuscita a scrivere un'ennesima fic a così poco dall'ultima, perché probabilmente pubblicavo/scrivevo così velocemente due o tre anni fa, prima che tutto cominciasse ad impantanarsi.
Senza girarci attorno, voglio tanto bene a questa ficcy. Per la citazione (Wilde, amore della mia vita), per il titolo (che per una volta trovo veramente adatto) e per Axel e Roxas, che qui sono carini da starci male, a mio modesto parere, insomma. La verità è che l'AkuRoku mi manca un sacco.
Ringrazio in anticipo chiunque arrivi a leggere fino alla fine, a chiunque piaccia e chiunque si fermi a recensire.
Alla prossima 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: _Ella_