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Autore: serClizia    23/02/2015    6 recensioni
UARK, University of Arkansas, detta più comunemente l'Arca.
Clarke sta studiando per diventare medico, è parte importante della confraternita delle Theta Beta nonché figlia dell'illustrissima ex-alunna Abby Griffin, ora chirurga di fama nazionale. Alla UARK ci sono feste, matricole da controllare, etichette da rispettare. Quest'anno, però, la Prima Festa Primaverile non va come dovrebbe andare, e Clarke avrà bisogno di tutto l'aiuto possibile. Anche di quello di un irritante e altezzoso sconosciuto di nome Bellamy.
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Octavia Blake, Raven Reyes
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Clarke
 
“Ommioddio! Ommioddio!”

Le urla che provengono dal corridoio sono inequivocabili.
Ho cercato di buttarmi nello studio senza pensare al grande evento imminente, ma a quanto pare le mie sorelle non hanno intenzione di farmelo dimenticare.
Mi alzo dalla sedia con un sospiro, e quando apro la porta, il corridoio diventa silente all’improvviso. Octavia e Monroe mi stanno fissando come se avessero appena ucciso un cucciolo di Labrador. Avrei dovuto sapere che erano loro a fare quel casino. “Ehi, starei cercando di studiare, quindi…”
Octavia è la prima a raddrizzarsi. “Scusa. Siamo solo eccitate per la festa di stasera.”
Per qualche motivo, non c’è traccia di scuse nei suoi occhi o nella sua voce. So di starle sulle palle, l’unica cosa che non capisco è perché. 
“Oh, lo so,” forzo un sorriso. “I Sigma Tau mi hanno fatto questo effetto tante volte. Basta... basta che andiate nella vostra camera a fare quello che state facendo.”
Monroe annuisce vigorosamente e prende per mano Octavia, pronta ad allontanarsi, timorosa.
Dopo averle rassicurate un’ennesima volta con un sorriso più o meno veritiero, richiudo.
“Certo che potrebbe anche darsi meno arie.”
“Octavia! Può sentirci!”
“E chi se ne frega! Non le basta avere una stanza singola? Deve avere potere anche sui corridoi, la Principessa?”

La risposta di Monroe mi arriva troppo distorta per capirla, segno che si sono avviate verso la loro stanza.
Potrei riaprire la porta e dirle che ho una singola perché mia madre è stata Presidentessa della nostra Confraternita ed è stata lei ad assicurarsi che io avessi una stanza tutta per me – “Così puoi concentrarti meglio sugli studi, tesoro.” – e che non sono stata io a chiederla, ma non lo faccio. Adoro la mia stanza e adoro la mia indipendenza. Mi manca una sorella con cui confidarmi segreti nel cuore della notte? Beh, in effetti sì, ma non ho intenzione di rivelarlo a nessuno.
La vita alla UARK* – o all’Arca, come qualche simpaticone l’ha soprannominata – è già abbastanza impegnativa di suo, e poi è vero che così ho più tempo per concentrarmi sugli esami.
A proposito di esami, torno alla scrivania, ma i libri non sono più tanto invitanti. In più, è già quasi buio. Se non comincio a prepararmi, farò tardi alla festa. La prima Grande Festa Primaverile del Campus, come piace dire a Maya. E come si può contraddire la Presidentessa?


                                                                                              **


Riemergo due ore e mezza dopo, e dalla folla di vestiti e trini nel salone, anche le altre sono pronte.
Maya mi prende per un braccio non appena scendo dall’ultimo gradino della scalinata. “Allora, Wells sarà alla festa?”
“Come sempre.”
I suoi tacchi farebbero un sacco di casino sul parquet dell’entrata, se non fosse per il vociare delle ragazze, gridolini e tutto l’ambaradan.
“Bene. E cerca di tenere a bada quei due attaccabrighe, vuoi?”
“Jasper e Monty?”
Cerco di non sorridere o Maya mi renderebbe la vita un inferno per settimane. Se la Presidentessa decide che sia tu a scegliere il tono di rosa degli addobbi floreali del prossimo evento, nessuno può dirle di no. Nemmeno io, sfortunatamente. Quindi meglio farla arrabbiare il meno possibile, stasera.
“Tranquilla. Più che altro le matricole quest’anno mi sembrano un po’ più selvagge del solito. Meglio stare dietro a loro.”
“Clarke,” finalmente ci fermiamo davanti al portone. “Non possono essere tutte calme e posate com’eri tu al primo anno. Sei stata una benedizione, per carità. Ci hai coperto il culo e ci hai… beh, ci hai aiutate. Ma anche noi eravamo selvagge, tesoro. Sei tu che sei strana.”
Il bello è che avrei potuto essere io la Presidentessa. Solo, non mi interessa. Addobbare la casa e decidere i toni di colore dei fiori non fa per me. La realtà è che le sorelle vengono da me quando hanno dei problemi, e Maya lo sa molto bene. E sa anche che se vuole tenere lontani gli elementi “di disturbo” come Monty e Jasper perché “troppo sfigati” - parole sue - dalle grinfie delle matricole, in favore di qualcuno di più “meritevole”, io sono l’unica che può farlo.
“Non sono strana…,” ribatto, ma sono parole al vento. Maya mi ha già mollato il braccio e ha cominciato a radunare le ragazze in fondo alla scalinata di legno.
Le sorelle si affollano tutte nel salone, grande abbastanza da contenere almeno un centinaio di anime.
“Ragazze!” Maya parla a voce abbastanza alta da far scendere tutte in silenzio, comprese quelle ancora sulle scale. “Questa serata è importante per ogni Theta Beta. È sì il momento di accalappiarsi un buon partito nei Sigma Tau,” gridolini di approvazione da parte delle matricole, “ma ricordate di tenere alto il nome della Confraternita. Divertitevi, ma non ubriacatevi. Flirtate, ma non siate frivole. O non diventerete mai delle future First Lady.”
Non posso fare a meno di roteare gli occhi al cielo, mentre le mie sorelle urlano estasiate, aggrappandosi l’una all’altra al solo pensiero. Io dubito che qualcuno dei Buoni Partiti di questa scuola sarà mai Presidente.
“Andiamo!” Maya mi fa cenno di aprire il portone. Le Theta Beta sono pronte all’assalto.
Non mi stupisco nel vedere che è Octavia la prima a mettere piede fuori dalla porta.


                                                                                      **


La casa dei Sigma Tau non è tanto distante da noi nel campus, giusto cinque minuti a piedi. Siamo partite da molto poco e già sento qualcuna delle ragazze cominciare a lamentarsi dei tacchi, e sorrido. Ecco perché alle feste indosso sempre le ballerine. Non me li metto nemmeno in altre occasioni in realtà, ma insomma.
La festa è già in pieno fermento quando arriviamo, naturalmente. Le Theta Beta sono sempre elegantemente in ritardo. “Bisogna farsi desiderare, ragazze,” le parole di Maya, e della Presidentessa prima di lei – e di mia madre, tra l’altro – mi risuonano in testa.
Ho appena varcato la soglia quando Raven mi prende da parte. “Finalmente! Odio questa vostra cosa di fare tardi, sul serio.”
Le sorrido. “Anche io, credimi.”
Non faccio in tempo a dirlo che mi sta squadrando da capo a piedi, prendendomi i capelli - che ho acconciato in modo da cadere di lato in una treccia – tra le dita. “Sei incredibile.”
Il fatto che lo dica con il tono da ‘Non posso credere che tu l’abbia fatto davvero’ e non con quello da ‘sei bellissima’ mi fa accigliare. “Cosa? Perché?”
“Perché lo sai come ti chiama tutto il campus, e tu vai a vestirti come una Principessa Disney? Sul serio?”
Abbasso lo sguardo sul mio vestito celeste, che mi arriva appena sotto il ginocchio. “Devo ammettere che l’essermi fatta una treccia alla Elsa potrebbe aver contribuito alla scelta del colore del vestito.” Mi lancia uno sguardo scettico. “È perché ci sta bene! Bionda col blu, sono intonata!” Continua a guardarmi in modo scettico. “Oh, piantala.”
Lei ovviamente è da mozzare il fiato, in un vestito scollato rosso fiamma e aderente. Anche se la preferisco in tenuta da laboratorio e coda alta. Adesso i capelli le ricadono mossi sulle spalle. Come faccia a essere single… beh, in realtà lo so come fa a essere single. Ha scoperto che uscivo insieme all’amore della sua vita e l’ha mollato. Non è ancora riuscita a prendere nessuno seriamente da allora. Fa troppo male, immagino. Non che a me faccia meglio, ma almeno ci ho rimediato un’amica.
Sorrido al pensiero di come una serata al pronto soccorso ci abbia unite così tanto.
“Che hai da fare quella faccia lì? È inquietante vederti sorridere, Clarke.”
“Ehi, io sorrido!”
“Certo, certo. Prendiamo da bere?”
“Assolutamente sì. E aiutami a cercare Jas e Monty. Devo tenerli lontani dalle matricole.”
“Ai suoi ordini, Principessa.”
Almeno quando lo dice lei, riesco a ridacchiare. “Piantala. Andiamo.”


                                                                                   **


Li troviamo a parlottare vicino al dj, mentre indicano l’una o l’altra ragazza presente nella sala. I Sigma Tau hanno una casa grande quanto la nostra, ma meno vittoriana. Niente scalinata gigante all’entrata, per lo meno.
Faccio cozzare il mio regolamentare bicchierone rosso contro il loro. “Cin cin!”
“Oh, no,” Monty rotea gli occhi e Jasper li chiude in modo teatrale. “È arrivata la guastafeste.”
Gli mollo una sberla sulla spalla. “Non sono una guastafeste.”
“Allora mi permetterai di provarci con quella matricola?”
Seguo il suo indice verso Octavia, intenta a fissare i quadri del salone come fossero la Madonna. “Assolutamente no, Jasper! È una matricola.”
I due brontolano all’unisono. “Ma sono carne fresca! Perché hai questa irritante tendenza a difendere il loro presunto onore?”
“Perché sono le mie matricole."
"Fosse solo questo. Vorrei ricordarti che mi proibisci di provarci con le matricole di tutte le altre case, quando facciamo una festa insieme.”
Raven gli mette una mano sulla spalla. “Perché la Principessa tiene alle sue ancelle, Monty. Arrenditi, amico.”
Alzo le spalle. “Sono la mia gente. Ci tengo. Nessuno si farà del male sotto il mio regno.”
Jasper mugola di nuovo, frustrato. “Ah, a proposito. Sapete che Finn è venuto stasera, vero?”
Ecco, questo è l’argomento che riesce a far sussultare sia me che Raven contemporaneamente. “Davvero?”, intervengo. “Strano. È un po’ che latita.”
“Sono passati mesi. Magari pensa che tu lo abbia perdonato.”
“Certo. Continuate a sperarci.”
Raven mi rivolge un sorriso di scuse dietro il suo bicchiere. So che si sente in colpa, ma non deve. Lei e Finn sono cresciuti insieme, sono arrivati qui dalle stesse scuole superiori. Ovvio che abbiano messo la faccenda alle spalle e siano tornati migliori amici.
“Oh, non fare quella faccia, R. Lo so che ci parli e sai che non è un problema per me. Vallo pure a salutare. Basta che me lo teniate lontano.”
“Ai tuoi ordini, Principessa!”, esclamano i tre stronzi in coro. Raven se la cava con una pacca sul gomito per incitarla ad andare a cercare Finn, gli altri due si meritano lo schiaffo sulla spalla che riesco a rifilare a entrambi. Non è divertente.


**


La serata prosegue come devono proseguire tutte le feste. Gente che balla, persone che si avvicinano e attaccano bottone, Raven che viene a salvarmi quando le lancio uno sguardo disperato.
La maggior parte della gente, però, mi lascia in pace. Soprattutto quelli del mio anno. Devo avere un’aura spaventosa o qualcosa del genere. Tutto questo timore reverenziale mi fa sentire un po’ sola, a dire il vero.
È quindi con piacere che saluto l’arrivo di Wells, con tanto di abbraccio infinito spacca-costole. “Clarke! Pensavo di non trovarti in tutta questa calca!”, mi urla per farsi sentire sopra la musica.
“Ehi, fai il ritardatario come le Theta Beta?”
“No,” ridacchia. “Sono stato trattenuto da mio padre.”
“Mmh, il signor Jaha. Come sta il nostro solo e unico Preside?”
“Bene, bene. Mi ha chiesto di invitarti a cena quando hai finito gli esami.”
“Ci sarò. Devo portare anche la mamma?”
“Come sempre.”
“Come sempre.”
Sorrido ed esalo un sospiro di sollievo. Riuscirò a gestire la serata molto meglio con Wells al mio fianco. È il mio equivalente di Finn per Raven. Cresciuti insieme, venuti a studiare qua insieme. Stessa facoltà, stessi corsi. L’unica differenza è che per me è più un fratello che l’amore della mia vita.
Anzi, il solo pensiero di qualcosa di romantico con lui mi fa arricciare il naso.
In ogni caso, sono grata che sia qui. Tenere le matricole al sicuro è importante anche per lui. Ci tiene a far fare bella figura ai suoi Sigma Tau, e a suo padre di conseguenza – illustrissimo ex-alunno.
Mi fa cenno di seguirlo in disparte, dove la musica non è troppo alta e possiamo parlare senza urlarci nelle orecchie. “Allora, come va con lo studio?”
“Vorrei dirti che non posso lamentarmi, ma le mie sorelle in questi giorni mi hanno fatto perdere la testa con questa festa. Forse pensano sia una specie di appuntamento al buio, non so. So solo che si sono tutte prestate attrezzi per la depilazione.”
“Ugh, Clarke. Troppe informazioni.”
Lo sgomito. Come fa un futuro medico a essere schifato dalle questioni femminili, è un mistero. “Piantala. Tu, invece? Sei riuscito a studiare?”
“Non proprio. Ho avuto lo stesso problema, i ragazzi erano su di giri all’idea di incontrare le vostre nuove matricole.”
Roteo gli occhi al cielo. “Forse dovremmo sedare tutti quanti, per stare tranquilli. Il prossimo passo è distribuire preservativi, te lo dico. Se una delle mie ragazze rimanesse incinta…”
“Tranquilla, abbiamo fatto ‘il discorso’ a tutti.”
“Sarà meglio.”
Vedo Wells aprire la bocca per dire qualcosa, poi il suo sguardo saetta alla mia sinistra e la richiude. Sto per chiedergli cosa c’è che non va quando mi prende forte per il gomito. “Sta arrivando tu-sai-chi. Vuoi parlarci o lo mando via?”
Gli sorrido, contenta della sua preoccupazione, ma non ce n’è bisogno. “Sono abbastanza grande da saper affrontare Finn Collins, Wells, ma grazie dell’avvertimento.”
Annuisce, anche se sembra poco convinto. Finn compare nel mio campo visivo in quel momento.
Si è tagliato i capelli, è la prima cosa che noto. Fa un effetto strano, ma in effetti sta meglio. Meno chioma leonesca, soprattutto per uno che dovrebbe fare l’avvocato criminale, un giorno.
“Ehi, Clarke…”
“Ehi.”
Non batto ciglio, e prendo un sorso dal mio bicchiere. Wells borbotta una scusa per lasciarci un po’ di privacy e si allontana.
“Allora… come va?”
“Bene, Finn. Alla grande. Tu?”
Forse ho messo un filo di sarcasmo nella voce, ma non era mia intenzione. Voglio apparire calma e controllata. Non voglio dargli la soddisfazione di vedere che ho ancora il cuore spezzato e che per colpa sua sono finita all’ospedale per un’intossicazione da alcool. Cosa che non succederà mai più, tra l'altro.
Finn si piega sotto il mio sguardo, colpevole. Il tono di voce ha fatto centro, anche se non volevo che succedesse. “Bene, credo. Senti…”
“Sta’ zitto,” lo interrompo. La chiacchierata con lui sarebbe molto interessante – ah, ah, come no – ma vedo che Monroe sta barcollando decisamente troppo per i miei gusti. E se Finn vuole farmi di nuovo il discorso ‘Sono pentito, dammi un’altra chance’, beh… dovrà aspettare. Anche perché la mia risposta è la stessa da sette mesi, ovvero: fottiti.
Mi aggrappo a Monroe un momento prima che crolli a terra. “Ehi, ehi, che succede? Bevuto troppo?”
Mi risponde solo con dei mormorii sconclusionati. Mi ricorda me prima di finire al pronto soccorso, e non è un bel pensiero.
Finn la prende sotto l’altro braccio in un istante. “Cavolo, ma da quanto siete qui, un’ora? Quanto è riuscita a bere?”
“Non lo so! Mi sembrava di averla vista prendere da bere una volta sola!”
Wells arriva subito dopo, probabilmente ci stava osservando da lontano. “Chiama la sicurezza del campus,” gli dico, “la portiamo a casa.” Entra subito in azione e tira fuori il cellulare, allontanandosi con un dito nell’orecchio per sentire meglio.
“Clarke, mettiamola a sedere.”
Mi sembra una buona idea. “Ok, ma andiamo fuori. Facciamole prendere aria.”
La testa di Monroe continua a ballonzolarmi sulla spalla e la cosa non mi piace per niente.
Ci sono dei ragazzi nel cortile a fumare, e ci guardano incuriositi mentre la pilotiamo verso il marciapiede. Se non fossi così preoccupata, penserei che probabilmente Monroe mi ringrazierà per non averle macchiato il vestito con l’erba.
La teniamo dritta per non farla sdraiare e collassare a terra per almeno cinque minuti, prima che la macchinetta – che sembra una di quelle per il golf – della sicurezza freni davanti a noi.
Escono due ragazzi, un mulatto e uno con un bomber, e si affrettano a scendere e raggiungerci.
Bomber si china di fronte a Monroe, piegandosi sulle ginocchia. “Serata movimentata?”
“Non molto, a dire il vero. Ma non posso portarla a piedi in queste condizioni, e voglio tornare dentro per dare un occhio alle altre ragazze, quindi portatela a casa voi.”
Mulatto annuisce, deve essere un tipo silenzioso, mentre Bomber sembra irritato. “Ci avete chiamati per questo, no?”
La domanda mi prende in contropiede. “Sì, esatto.”
Non capisco se stia insinuando qualcosa, comunque non posso chiederglielo perché Wells esce con un’altra matricola sottobraccio. È Roma. Roma è praticamente astemia, che diavolo sta succedendo?
Wells la scarica davanti a me. “Ok, prendete anche lei,” la indico a Mulatto, che nel frattempo è riuscito a caricare Monroe sul golfcar con l’aiuto di Finn. “Io vado dentro a vedere se qualcun altro si sente male.”
Sto per partire verso la porta quando la voce aspra di Bomber mi arriva alle spalle. “Ah, ho capito. Tu devi essere la Principessa.”
Nel suo tono non c’è presa in giro come con Monty e Jas, sembra quasi un insulto. Ma non ho tempo da perdere, quindi lo squadro brevemente - mentre lui riesce ad accigliarsi ed inarcare un sopracciglio contemporaneamente, non so come – e me ne vado.


                                                                                    **

Dentro trovo Octavia in preda ai conati di vomito, china sul vaso all’angolo della sala, e con un tipo rasato dall’espressione strana che le da’ delle gentili pacche sulla schiena.
“Octavia?”, mi inginocchio di fronte a lei. Si volta verso di me con uno sguardo disperato e ferito, nessuna traccia del suo solito orgoglio. Soltanto questo mi fa capire quanto stia effettivamente male.
“Va tutto bene, ora ti porto a casa, ok?”
Annuisce, strizzando gli occhi in preda a un altro conato. Non esce nulla, il che mi fa pensare che abbia già espulso i succhi gastrici altrove.
Il tipo mi fissa in silenzio. Lo squadro. Noto che non è del tutto rasato, ha una leggera cresta di capelli al centro. Cerco di non essere troppo affrettata nel giudizio ma non è facile, date le circostanze. “Le hai fatto bere qualcosa?”
Scuote piano la testa. Dev’essere la giornata nazionale dei tizi silenziosi – o fastidiosi come Bomber.
Sto per chiedergli di aiutarmi a portarla fuori quando Raven compare al mio braccio. “Ehi, che succede? Hai già perso il controllo delle matricole? Ne ho viste almeno due o tre completamente ubriache.”
“Pare di sì. Puoi aspettarmi qui un secondo? Devo avvertire Maya.”
“Certo.”
“Non la perdere di vista,” indico Crestino con un cenno e Raven annuisce, decisa.
Ci metto un po’ a trovare Maya, non è nel salone, e quando finalmente mi imbatto in lei aprendo la porta del bagno, è difficile non scoppiare a ridere. Anzi, se non lo faccio, è solo perché la situazione è urgente.
“Maya,” le dico, mentre si districa dall’abbraccio di Jasper, che sì, stava baciando fino ad un secondo fa. “Abbiamo un problema con le matricole. Ti aspetto fuori sul marciapiede.”
Richiudo senza una parola di più.


**


Quando riemergo in cortile - con Octavia al collo e Raven che la sorregge dall’altro lato - Mulatto, Finn e Wells hanno caricato anche Roma sul golfcart. Bomber li osserva con le mani sui fianchi, e quando ci vede arrivare, sembra venire colpito da un fulmine. Comincia a correrci incontro come un pazzo, tanto che vorrei quasi indietreggiare. Non faccio in tempo a domandarmi il motivo che si butta su Octavia, prendendole il viso tra le mani.
“Octavia? O? Mi senti?”
“Bellamy…?”, la sento mormorare.
In un lampo se la carica in braccio, correndo verso il cart. Vorrei protestare che è una delle mie ragazze, e che posso farcela da sola, ma preferisco rimanere zitta. Alla fine è un metodo più veloce ed efficace, il suo. Li raggiungiamo sul marciapiede, mentre Maya alle nostre spalle sta portando fuori un’ennesima matricola ubriaca. Raven si guarda intorno, aggrottando le sopracciglia.
“Miller, fai posto!”, sento Bellamy urlare al Mulatto.
“Cos… è Octavia?!”, esclama, concitato, e al gesto secco di Bellamy cominciano a caricarla con le altre due.
Raven mi guarda, ha quello sguardo da ‘Sto macinando qualche informazione importante’ che le ho visto fare tante volte quando cerca di risolvere un problema di Fisica, o sistemare qualcosa che è andato storto in laboratorio. “Che c’è?”
“Mi sembra una scena familiare, tutto qui.”
“Già, non dirlo a me.”
Non mi sorprende che anche Raven stia ripensando alla sera in cui mi ha trovata ubriaca fradicia e mi ha dovuta portare di peso al pronto soccorso. E nonostante avessi bevuto per colpa del suo ragazzo, e lei avesse tutto il diritto di avercela con me, era stata tutta la notte nella mia stanza. Quando mi ero ripresa la mattina dopo, mi aveva fissata con un cipiglio serissimo e aveva esclamato: “Per un uomo, ragazza? Sul serio?”
I ragazzi della sicurezza nel frattempo hanno sistemato le matricole, e Bellamy corre verso il posto di guida. “Ehi!”, lo fermo. C’è ancora un posto vuoto nel cart per un’altra persona, e pensandoci bene è meglio che vada io con loro. Meglio aiutarli a mettere tutte quante a letto.
“Non ho tempo per te, Principessa!”
Salto sulla macchina senza esitare, reggendo il suo sguardo. Non ho intenzione di dargli spiegazioni, se vuole chiedermi qualcosa.
Octavia abbandona la testa sulla mia spalla, e decido di circondarla con un braccio per sorreggerla.
Intanto Jasper è uscito con un’altra ragazza semicosciente al seguito.
“Raven,” chiamo mentre Bellamy accende il motore. “Mi sa che ho capito cosa sta succedendo. Resta qui e aiuta Maya a sistemare le ragazze. Non fatele addormentare. Prendete dell’acqua. E passa parola agli altri.”
Raven annuisce e mi guarda andare via mentre Bellamy sgomma – per quel che può – giù per il viale del campus.
Guardo le ragazze crollate accanto a me. Octavia sembra l’unica ad avere la capacità di rimanere sveglia da sola, Dio la benedica.
Sospiro. Che casino.


                                                                                         **


È solo quando il cart frena davanti alla mia casa che mi viene in mente: com’è possibile che questo tipo sappia dove portarci? Data la scena di prima è facile capire che si conoscano, ma Octavia non ha fatto altro che ripetere per giorni quanto volesse trovarsi un fidanzato alla festa coi Sigma Tau, quindi non può essere il suo ragazzo.
“Come sapevi di venire qui?”, gli chiedo, mentre si avvicina.
Indica Octavia con un cenno mentre me la sfila dalle braccia. “È mia sorella. So dove abita.”
“Oh?”
Vorrei poter dire qualcosa di più pregno di significato – tipo che nessuno ha fratelli al campus, a meno che non siano altri studenti - ma ci siamo avviati verso la porta e mi sono accorta che siamo da soli. “Dov’è Miller?”
Bellamy si ferma sotto il portico, di fronte al portone, e mi squadra. “È rimasto là a tenere d’occhio le ragazze. Non siamo dei principianti, Principessa. E ora apri.”
Il suo continuo tono sprezzante sta cominciando a farmi venire voglia di rispondergli con un pugno – e ci penserei seriamente se non avesse le mani impegnate da una delle mie matricole. Quindi, opto per aprirgli il portone in silenzio. Si infila dentro, non senza prima voltarsi verso di me con un ennesimo cipiglio. “Resta con le altre. Non si sa mai.”
“Lo so, non sono una principiante,” ribatto, piccata.
Mi lancio uno sguardo scettico e scocciato insieme, ma se ne va in silenzio. Ci mancava davvero la guardia di sicurezza più irritante del mondo, stasera.
Ci mette un sacco di tempo a tornare fuori, e io non posso fare altro che rimanere di guardia al cart mentre Bellamy fa avanti e indietro, portando le ragazze in braccio nelle loro stanze.
Si ferma solo brevemente a chiedermi in quali stanze deve portarle, accigliato – ecco perché ci ha messo tanto, deve avere girovagato per i corridoi alla ricerca della stanza giusta, e la cosa mi provoca un’inaspettata ilarità che da brava Theta Beta contengo - e quella è l’unica conversazione che abbiamo finché non rimette in moto per tornare indietro. Mi siedo nel posto accanto al guidatore per pura e semplice educazione, visto che sembra incapace di essere una persona civile con gli sconosciuti. Che poi questa cosa della Principessa ha onestamente stancato.
“Cosa sta succedendo?”
“Mh?”
“Ti ho sentita dire che hai capito cosa sta succedendo.”
“Mmh, non ne sono certa. Ma Roma – l’ultima che hai portato dentro - è già tanto se riesce a buttare giù un bicchiere, e lo fa soltanto per etichetta.” Bellamy grugnisce, come se fosse la cosa più stupida del mondo costringersi a bere solo perché è così che ci si comporta alle feste. In realtà sono d’accordo con lui, ma non mi ha beccata nella serata giusta – oltre ad aver fatto l’acido tutto il tempo, quindi chi può biasimarmi se non sono in vena. “Cosa c’è, vuoi farmi una predica sui comportamenti delle Confraternite per caso? Perché se sì, risparmiamela.”
“Come ti pare. Quindi? Non può aver semplicemente fatto uno strappo alla regola?”
“In così poco tempo? Non credo. Ho paura…”, sospiro, chiudo gli occhi per un secondo e prendo il coraggio di dire quello che mi attanaglia da quando è cominciata questa storia. “Ho paura che siano state drogate.”
“Cosa?”, le nocche gli diventano bianche da quanto stringe il volante. Non lo biasimo, non è bello pensare che qualcuno abbia drogato la propria sorella. “Come fai a dirlo?”
“I sintomi ci sono tutti.”
“Ah, quindi sei un dottore adesso?”
“Siamo in un college, cosa pensi che stiamo facendo qui, merenda? Sì, sto studiando per diventare medico. E se hai notato, tutte le ragazze colpite erano matricole. In un’ora, comprese quelle astemie, possono essersi ridotte tutte allo stesso identico stato? Non hai notato che non ce n’era una semplicemente brilla, o chiassosa?”
Bellamy rimane muto per qualche secondo. “No. In effetti, erano tutte messe piuttosto male.”
“Esatto. Se non è un’intossicazione da alcol, c’è solo un’altra cosa che…”
Oh, cazzo. Dalla foga di quello che ho appena realizzato mi aggrappo con forza al cruscotto del cart.
“Cosa? Che succede?”
“Mh? No, niente. È solo… stavo pensando…”
“Cosa stavi pensando? Mi hai fatto prendere un infarto!”
“Stavo pensando che potrebbe essere già successo.”
‘A me’, è quello che non gli dico.






 
Note dell’autrice:

*UARK sta per University of Arkansas. Il posto esiste, ci sono più campus ma ho deciso di ignorare la cosa e far finta che ce ne sia uno solo. Anche i nomi delle confraternite sono diversi, quelli che ho affibbiato io mi piacevano di più, ha!

La UAPD, University of Arkansas Police Department è il nome ufficiale della campus security. Hanno un bel sito, pieno di cose interessanti, tra cui la sezione "cold cases" in cui parlano delle indagini fatte (una di queste esattamente su quello che andremo a trattare qui °__° Non me l'aspettavo. Shit just got real).

Grazie a everlily per il MERAVIGLIOSO banner, e in generale al mio best buddy e a Gige perché - tra le altre cose - si sorbiscono le mie paranoie e le draft notturne.
Grazie anche ad Anastasia, che segue ogni mia pazzia con l'entusiasmo di un bambino alla mattina di Natale.

La canzone che ho messo è quella che passa alla festa quando Clarke e Raven incontrano Jasper e Monty, e non è necessario ascoltarla se non si vuole. È semplicemente molto bella, e mi ha colpito la frase "When the sky comes falling down on, you there's nothing in this world I wouldn't do", che è un po' di foreshadowing gratuito XD Per non parlare del fatto che sia molto da Clarke. Comunque, ho voluto fare la simpatica e mettere il link sulla parola "dj". Sono una genia del male, eh?
  
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