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Autore: LilyLunaWhite    24/02/2015    0 recensioni
Due ragazzi apparentemente diversi, ma con un lato in comune: entrambi, indossano una maschera.
Due famiglie diverse.
L'odio di entrambi verso l'amore.
Però, cosa accadrebbe se i loro cuori cominciassero a battere?
Riusciranno, i due protagonisti, a imparare ad amare?
-Dalla storia.-
"Come ogni volta, quando incontravo il suo sguardo, notavo che erano privi di luce, spenti e questo mi metteva addosso un’inspiegabile tristezza.
Agii d’impulso, mi chinai e posai le mie labbra sulle sue. Constatai che erano fredde ma, allo stesso tempo, dolci.
Fu a quel contatto che riuscii a rispondere alla maggior parte delle mie domande.
"
Storia in fase di modifiche e sistemazioni.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Titolo Storia: I'm in love now.
Titolo Capitolo: 17. La forza dei sentimenti. 
Autrice: Lily Luna White
Beta: Lucia.
 

P.O.V. Raffaele

Mentre lei riposava tranquilla nel mio letto, io ero steso al suo fianco per paura che elle fosse nuovamente tormentata da un incubo. Ogni volta che la sentivo tremare mentre dormiva, avvertivo i miei battiti cardiaci arrestarsi e il mio sguardo si posava immediatamente sul suo viso. In quella lunga notte avevo la sensazione di essere diventato improvvisamente bradicardico1 o un soggetto affetto da aritmia2 a causa dei miei battiti che, o deceleravano all’improvviso oppure erano talmente irregolari che in un primo momento mi spaventai. Per fortuna, sapevo bene che tutti quei sintomi erano soltanto dettati dalla mia condizione emotiva che, al momento, era abbastanza instabile. Per cercare di calmarmi e non pensare alla storia che Jenny mi aveva raccontato soltanto un’ora prima, presi il regalo di Natale che ella mi aveva fatto e misi le cuffiette nelle orecchie, avviando la riproduzione casuale. Volevo conoscere la mia piccola scontrosa, la volevo proteggere e soprattutto volevo farla sorridere di nuovo e dimostrarle che l’amore può togliere e ferire, ma anche donare gioia e serenità.

La prima canzone che ascoltai era inglese e di un gruppo che non avevo riconosciuto, per cui dovetti guardare sul piccolo display il nome del gruppo. Erano i Simple Plan e mi diedi mentalmente dello stupido perché, anche se non conoscevo bene le loro canzoni, sapevo perfettamente chi essi fossero. Rimisi la canzone e la ascoltai una seconda volta, con più attenzione rispetto a prima.


I want to start by letting you know this

Because of you my life has a purpose

You helped be who i am today

I see myself in every word you say

Sometimes it feels like nobody gets me

Trapped in a world where everyone hates me

There’s so much that I’m going through

I wouldn’t be here if it wasn’t for you.


 

Voglio iniziare facendoti sapere questo

Grazie a te la mia vita ha uno scopo

Mi hai aiutata ad essere quel che sono oggi

Mi rivedo in ogni parola che dici

A volte sembra che nessuno mi comprenda

Sono intrappolata in un mondo in cui tutti mi odiano

Sto passando per così tante cose

Non sarei qui se non fosse stato per te.

 

Fermai la canzone e cominciai a riflettere su quelle prime parole. Mi stavo immaginando Jenny chiusa in camera sua al buio e in lacrime, con le cuffie nelle orecchie e la canzone messa in ripetizione, cercando di trarre rifugio in quelle parole, magari associando quella voce ad un salvatore. La stavo immaginando mentre si aggrappava a quella canzone con tutte le sue forze per impedirsi di cadere giù, nel baratro del dolore. La immaginavo mentre si sentiva sola, incompresa da tutti e, soprattutto, odiata da tutti coloro che ella amava. La immaginavo prigioniera dei suoi ricordi dolorosi, da quei pensieri dai quali invece lei voleva solo scappare.


I was broken

I was choking

I was lost

This Song saved my life.

I was bleeding, stopped believing

Could have died

This song saved my life.

I was down

I was drowning

But it came on just in time

This song saved my life.


 

Ero distrutta

Stavo soffocando

Ero smarrita

Questa canzone mi ha salvato la vita.

Stavo sanguinando, avevo smesso di credere

Sarei potuta morire

Questa canzone mi ha salvato la vita.

Ero depressa

Stavo annegando

Ma è arrivata giusto in tempo

Questa canzone mi ha salvato la vita.


Più immaginavo la mia piccola Jenny in quel periodo e più avevo il folle desiderio di trovare chi le aveva distrutto la vita. Erano trascorsi tre anni e mi chiedevo dove egli si trovasse in quel momento, ma sperai fortemente che, chiunque fosse il ragazzo, si trovasse molto lontano dalla mia Jenny. Lo speravo per lui, perché, se così non fosse stato, gli avrei fatto passare le pene dell’inferno.

Mentre ascoltavo “This Song Saved My Life”3 volgere verso la fine, posai il mio sguardo sul viso rilassato di Jenny. Quando mi aveva detto che da quella Play List avrei imparato a conoscerla, non stava scherzando. Più immaginavo quei suoi ultimi tre anni e più comprendevo l’immensa solitudine che ella aveva vissuto.

***

Avevo trascorso tutta la notte così. Ascoltando le canzoni della Play List di Jenny. Mi alzai dal letto alle sei e mezza dl mattino, osservando Jenny che continuava a dormire serena. Non avevo chiuso occhio nemmeno per un secondo: ero tormentato da mille pensieri e avevo la testa piena delle canzoni che parlavano di Jenny.

Mi diressi nello studio, stanza adiacente alla mia camera da letto, e dopo aver acceso il mio computer portatile, mi accomodai sulla sieda e cominciai a fare delle ricerche sulla storia che mi aveva raccontato Jenny, anche se già sospettavo che non vi avrei trovato nulla. In effetti, avevo ragione. Non trovai alcuna notizia di quella faccenda, nemmeno nei giornali locali. Nulla. Sicuramente la famiglia aveva imposto il silenzio di stampa e se da un lato ne ero felice, almeno Jenny non si eradovuta preoccupare di doversi sorbire continui interrogatori da parte delle persone o i loro perenni sguardi, dall'altro lato me ne rammaricai perché ciò stava a significare che non sarei venuto a conoscenza del nome del piccolo verme che aveva osato ferire nel profondo Jenny.

Spazientito e nuovamente incollerito con quel misterioso ragazzo, mi alzai di scatto e mi diressi in salotto dove, ancora posata sul divano, vi era la borsa di Jenny. Senza permesso le presi il telefono, ennesimo reato che avrei dovuto aggiungere alla lista di misfatti da me commessi e cercai il numero della madre. Aveva smesso di nevicare ma, prima di riportare Jenny a casa, avevo bisogno di parlare con i suoi genitori senza che ella sapesse nulla.

Scrissi il numero della madre sul mio telefono e avviai la chiamata, sperando che la madre fosse già sveglia.

Al terzo squillo, le mie mute preghiere furono accolte.

«Pronto?», domandò incerta una voce femminile dall’altro capo del telefono.

«Signora, sono Raffaele. Scusi se la disturbo a quest’ora, ma avrei bisogno di parlarle prima che io riaccompagni Jenny a casa.», affermai arrivando subito al dunque.

«Jenny sta bene?», domandò preoccupata.

«Si si, o almeno fisicamente si. Davvero, avrei bisogno di parlarle oggi, se è possibile.»

«Verso le otto io faccio una piccola pausa al ristorante. Jenny ti ha detto dove lavoro?»

«Sì, so dov’è il ristorante. Per le otto mi vede lì e soprattutto, grazie mille.»

Dopo le battute di congedo, chiusi la chiamata e tornai nello studio, dove mi rimisi al computer.


P.O.V. Jenny

Quando mi svegliai, trovai un bigliettino accanto a me. Era scritto in bella grafia e la firma mi fece comprendere che quello era da parte di Raf. Non aveva scritto molto, soltanto che era dovuto uscire per un servizio e che io, per nessuna ragione, dovevo mettere piede fuori casa. Inoltre il biglietto mi diceva di andare in cucina. Incuriosita, con ancora il biglietto di Raffaele in mano, mi diressi in cucina dove il mio sguardo cadde sull’orologio: erano le sette e mezza di mattina. Trovai la tavola apparecchiata e un altro biglietto del mio Raf che mi diceva che avevo la colazione già pronta nel microonde e che la dovevo riscaldare. Con un sorriso, presi anche quel secondo biglietto e riscaldai la colazione e lessi il Post Scriptum con curiosità: dopo la colazione dovevo andare nella stanza adiacente alla camera da letto. Incuriosita, consumai rapidamente la colazione e lavai sia il piatto ove in precedenza vi era posato il cornetto e sia la tazza dalla quale avevo bevuto il latte. Dopo aver rimesso in ordine la cucina, andai nella stanza indicatami dal biglietto, scoprendo così che essa era allestita per essere uno studio. Girovagai un po’ per quella stanza, per poi avvicinarmi alla scrivania di legno scuro dove vi erano impilati in ordine alcuni fogli e vi erano posati in modo sparso diversi libri di medicina. Sapevo bene che lui stava studiando medicina e, incuriosita, aprii uno di quei libri, senza tuttavia capirci qualcosa per questo, e quindi lo riposi nuovamente. In quel momento mi accorsi dell’ennesimo biglietto di Raffaele e, sorridendo lievemente, lo presi. Si trovava sopra il suo computer portatile ed era tenuto fermo da una piccola chiavetta USB. Mi sedetti sulla sedie di Raffaele, davanti al suo computer e davanti alla porta finestra che mi mostrava un paesaggio innevato, e lessi con attenzione il suo biglietto, più lungo rispetto agli altri e che mi riportò alla memoria episodi notturni che ricordavo vagamente.

 

Cara Jenny,

se sei arrivata a leggere questo biglietto vuol dire che la tua caccia al tesoro mattutina è quasi terminata. Nella chiavetta troverai alcune canzoni che desidero dedicarti, nella speranza che ogni volta che non avrai la mia presenza fisica accanto a te, tu possa ritrovarmi nelle parole di quelle canzoni.

Non so se ricordi qualcosa relativo a ciò che è successo questa notte, ma fidati, mi hai lasciato senza parole, ma con un’enorme rabbia nell’animo contro colui che ti ha ridotta in questo stato e credimi se te lo dico: se trovo l’artefice dei tuoi mali, gli darò una lezione di quelle che non se le scorderà più per tutta la vita.

Anche per questo motivo ti ho lasciato questo mio piccolo dono, affinché tu non debba più pensare a colui che ti ha rovinato la vita e affinché tu non faccia altre pazzie che mi porterebbero a preoccuparmi enormemente.

Per cui, ti prego, in mia assenza ascolta quelle canzoni, cercando di non pensare al passato, ma bensì al tuo presente e al futuro. Io, dal canto mio, ti prometto di tornare il prima possibile, anche perché credimi, a qualsiasi ora tu leggerai questo mio biglietto, posso affermare che mi manchi tanto.

Al mio ritorno, dovrò anche dirti una cosa molto importante.

 

Tuo,

Raffaele


Ps. La password del mio computer è PiccolaScontrosa.


Quelle sue parole mi fecero riportare alla memoria prima dei ricordi spiacevoli e poi, come se nulla fosse, quelle stesse parole riuscirono a rassicurarmi come mai nessuno era riuscito a fare.

Seguendo le sue istruzioni, accesi il computer e dopo aver messo la password che egli mi aveva scritto nel biglietto, ebbi l’accesso al suo portatile. Doveva avere un’immensa fiducia se mi aveva dato la possibilità di accedervi senza problemi. Inseii la piccola Pen Drive in una delle porte USB e, dopo aver avviato la riproduzione di tutti i brani, cominciai l’ascolto di quelle numerose canzoni.

Intorno alle nove sentii la porta di casa aprirsi e stoppai la musica, chiedendomi preoccupata chi potesse essere, se Raffaele, qualcuno della sua famiglia o Walter. Quando vidi la sua figura entrare nello studio, il mio corpo, da essere teso, si rilassò completamente e, come se fosse una cosa per me semplice e normale, sorrisi di gioia e alzandomi dalla sedia gli corsi incontro per poterlo abbracciare forte. Mi meravigliai più io che Raffaele, ma le canzoni che lui mi aveva dedicato mi avevano resa più estroversa, almeno con lui. Conscia di averlo sorpresa, dopo l’abbraccio feci un passo indietro e presi parola per prima.

«Ben tornato a casa Raf.», sussurrai con gioia.

«Grazie dell’accoglienza, moglie cara.», affermo con un ghigno, dopo una fragorosa risata, ben consapevole che con quella frase mi avrebbe messa in imbarazzo, reazione che non tardò ad arrivare da parte mia.

Non sapendo come controbattere, incrociai le braccia al petto e lo guardai di traverso, restando in silenzio.

«Dai, non mi guardare così.», disse con un sorriso avvicinandosi a me, «Lo sai che adoro vederti imbronciata e comunque grazie per l’accoglienza. Hai fatto la brava?»

Alzai gli occhi al cielo e sospirai.

«Il solito iper protettivo.», borbottai per poi aggiungere con voce più alta, «Si, ho fatto la brava bambina e sono stata davanti al computer come da te espressamente richiesto.»

Rise per il mio tono di voce esasperato e mi scompigliò i capelli con aria giocosa.

«Bene, allora meriti un regalo.»

Mi passò un pacco che fino a quel momento non avevo notato e lo scartai con trepidante attesa e con estrema curiosità.

Vi trovai due libri che non possedevo, ma che erano nella mia lista dei desideri: i primi due libri della saga degli Angeli Caduti. Però, non furono solo quelli ad attirare la mia attenzione: tra i due volumi, vi era una busta per le lettere. Con trepidante attesa, la aprì e trovai due cose: il cartoncino con il contenuto della lettera e un altro regalino nascosto nell’ovatta e in un sacchettino.

Aprì emozionata il biglietto e vi trovai solo quattro parole scritte con la calligrafia di Raffaele:
 

Ti Amo Piccola Scontrosa!


Quel solo biglietto mi fece emozionare tantissimo, però dovevo scoprire cosa vi era nascosto nel sacchettino che, con mani tremanti per l’emozione, faticai ad aprire. Quando finalmente ci riuscii, sul palmo della mano vi erano due piccole fedine d’argento. Incredula, alzai lo sguardo verso il ragazzo che, senza dire nulla, mi aveva osservata scartare i regali, sorreggendo via via, quelli che avevo già scartato.

«Sono delle fedine…», sussurrai sorpresa.

Lo vidi camminare verso la scrivania e poggiare i libri e la busta delle lettere, per poi parlare senza guardarmi.

«Quando questa notte mi hai rivelato cosa ti era successo, ho preso la mia decisione. Era palese che prima tenevo comunque a te, ma non come tu desideravi. Era più come la relazione descritta nella canzone di Celentano “L’emozione non ha voce”4 che ti ho messo su quella chiavetta questa mattina. Però, stavo mentendo a me stesso: io desideravo darti quello che tu volevi, ma avevo paura. Anzi, tutt’ora ho paura di ferirti. Tuttavia, voglio provare ad essere migliore, ad essere migliore per te. Per cui, anche se un po’ presto, ti chiedo di accettare quelle fedine, come simbolo del nostro legame così potrai trovarmi sempre nella musica, nei tuoi pensieri e in quell’anello in modo tale che esso ti ricordi che io ho scelto te e solamente te. Quindi, mia piccola Jenny, vuoi essere la mia ragazza?»

Lo guardai sbalordita. Mai avrei creduto possibile di sentire, un giorno, quelle parole da Raffaele.

Mai.

Eppure, quelle frasi e quella proposta, erano tutto quello che desideravo sentire.

Ed ero pronta a rischiare tutto.

Non sapevo perché.

Non sapevo bene nemmeno per cosa.

Sapevo solo che lui era colui che mi rendeva di nuovo felice.

Lui era quello che per me stava cambiando.

Raffaele è stato quello che mi aveva sempre cercata, inizialmente per scommessa ma poi per amore.

Amore che io ricambiavo.

Amore che provavo in modo incondizionato verso quel ragazzo pieno di segreti sulla sua vita, ma che in più di un’occasione mi aveva dimostrato di tenere a me.

Lo amavo.

Anche se avevo paura di soffrire come in passato, il mio cuore era tornato a battere con una forza che mai, prima di allora, avevo avvertito nel petto.

Lo amavo ed era con lui che io ero rinata.

Ed era con lui che volevo stare.

Con lui volevo combattere le mie paure.

Con lui volevo combattere il mio passato.

Con lui volevo sorridere di nuovo.

Con lui volevo imparare ad amare davvero una persona.

Con lui volevo imparare a sostenere una persona.

Con lui volevo imparare ad ascoltare una persona.

Con lui, semplicemente, volevo imparare a vivere.

«Ti amo Raffaele.»

Riuscì a dire solo quelle tre parole, ma esse bastarono ad entrambi.

Suggellammo quelle parole infilandoci a vicenda le fedine e, immediatamente, mi ritrovai tra le braccia di Raffaele e le sue labbra sulle mie.

In passato avevo amato, ma quello era un amore costruito su infinite bugie, sul dolore e sulle lacrime.

Ora, amavo un ragazzo con il quale stavo costruendo una storia ben diversa perché in cuor mio lo sapevo: Raffaele, anche se non aveva mai amato qualcuna, era cambiato ed ora amava me.

E io, finalmente, avevo ritrovato qualcuno per il quale rimettermi in gioco.

Qualcuno che mi amava.

E che io amavo.


~Angolo autrice.~
Buon pomeriggio a tutti,
Vi avviso che questo è l'ultimo capitolo che ho, quindi dal prossimo dovrebbe tornare Lily.
È stato un piacere conoscervi, alla prossima.
Beta di Lily.

   
 
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