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Autore: Greywolf    24/02/2015    3 recensioni
Dopo essere diventato Hokage, Naruto non ha più tutto il tempo a disposizione che vorrebbe per dedicarsi alla sua famiglia. Una sera però dopo essere rincasato prima del solito, scoprirà qualcosa che lo manderà profondamente in crisi e che metterà in luce il forte legame che lo lega così tanto a suo figlio Boruto.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto Uzumaki, Himawari Uzumaki, Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki | Coppie: Hinata/Naruto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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“Dovresti darti una calmata, sai? Il tuo moccioso non sta mica rischiando la vita!”

“Kurama, non adesso!” lo rimproverò aspramente il biondo mentre bussava con energia alla porta della casa della sua migliore amica.

In quel momento aveva fin troppi pensieri che affollavano la sua mente rischiando seriamente di farlo impazzire. Per questo, l’ultima cosa di cui aveva bisogno era di intraprendere una lunga e complessa conversazione con il demone.

Voleva solo tornare da suo figlio il prima possibile. Non aveva tempo da perdere in una discussione che lo avrebbe distratto oltre che stancarlo più di quanto non fosse già.

“Tsk! Non solo mi hai svegliato senza avere un valido motivo ma adesso cerchi anche di mettermi da parte come se nulla fosse, Idiota?” ringhiò quella voce in modo non poco minaccioso e senza fare il minimo sforzo per cercare di nascondere la propria indignazione.

“Senti, non era mia intenzione disturbarti.” si scusò l’altro sperando che bastasse per  liquidarlo in fretta “Ma non credevo che il tuo chakra si attivasse ancora ogni qual volta che mi arrabbio!”

“Ogni qual volta ti arrabbi sul serio, vorrai dire.” lo corresse la Volpe “Vedere tuo figlio con la febbre alta ha fatto emergere in te ricordi talmente dolorosi da spingerti ad odiare te stesso con così tanta forza che il mio chakra si è eccitato al punto da fuoriuscire senza difficoltà.”

“Ti ripeto che mi dispiace molto. Ora però vai!”

A quel punto la voce di Naruto si era abbassata di diverse tonalità. Il cercoterio gli aveva sbattuto davanti agli occhi senza esitazioni il succo del suo problema e questo lo aveva messo decisamente a disagio. Non si aspettava che sarebbe stato così diretto.

Al Novecode questo non sfuggì e quindi decise di battere il ferro fintanto che era caldo, insistendo volutamente quando era consapevole che la sua Forza portante avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di evitare la questione.

“Comunque sia…nel caso volessi chiedere un mio parere - e da quanto vedo non hai intenzione di farlo -  ti consiglierei di mettere da parte le tue paure personali altrimenti l’unico effetto che otterrai sarà quello di far preoccupare chi ti sta vicino. Potremmo parlarne, se vuoi…”

“Non so a cosa tu ti stia riferendo comunque questi non sono affari che ti riguardano! Quindi adesso sei pregato di lasciarmi in pace!” comandò Naruto a voce alta e con un tono che non ammetteva repliche.

Quell’affermazione così feroce parve riuscire momentaneamente a zittire Kurama. Quest’ultimo infatti era rimasto basito di fronte a quell’aggressività che non era mai stata propria di quel giovane che conosceva ormai da moltissimi anni. Però bastò tornare indietro e rammentarsi di quel che aveva passato per riuscire a comprendere il motivo di quel comportamento. Non poteva biasimarlo ma non poteva nemmeno permettergli di usare quel tono alla sua presenza.

“Qualsiasi cosa turbi il mio sonno mi riguarda eccome invece!” dichiarò. Poco dopo però aggiunse con un sospiro:

“Tu però sei libero di fare quello che vuoi. Se non ti interessa cercare di superare questa cosa me ne torno molto volentieri a dormire! Se mai dovessi cambiare idea però vedi di disturbarmi solo quando sarai in grado di sostenere un dialogo costruttivo invece di comportarti come una ragazzina isterica!”

E con queste parole ritirò la propria coscienza dalla sua mente, lasciandovi solo un profondo silenzio.

Naruto sbuffò. Sapeva di essersi comportato da ingrato allontanando Kurama in quel momento di bisogno dopo che si era persino offerto di ascoltarlo, dimostrandosi in qualche modo più gentile e comprensivo del solito. Ma dopo quel che era successo in casa sua un attimo prima, preferiva evitare anche il semplice contatto con l’amico. Nonostante si fosse calmato, bastava che la sua mente tornasse all’immagine del suo Bolt rintanato sotto le coperte, debilitato dalla temperatura alta e pieno di brividi per sentirsi male di nuovo. Temeva che quel dolore gli avrebbe fatto perdere lucidità un’altra volta e questo non poteva permetterselo. Doveva parlare con Sakura e spiegarle il motivo per cui aveva tanto bisogno di lei, sperando così di convincerla a seguirlo fino alla sua abitazione. Non poteva distrarsi da quell’obbiettivo per nessuna ragione.

Finalmente la porta davanti a sé si aprì e da dietro di essa fece capolino una piccola Uchiha che non appena identificò il visitatore come il Settimo, rimase visibilmente sorpresa.

“Hokage-sama, cosa ci fa lei qui?”

In un’altra occasione Naruto si sarebbe offeso a sentirsi così chiamare da quella ragazzina che considerava come la sua nipotina e le avrebbe ricordato che poteva dargli tranquillamente del tu, ma quella sera c’era solo un pensiero fisso nella sua mente.

“Ciao Sarada, mi dispiace disturbare a quest’ora ma stavo cercando tua madre. E’ urgente.” disse subito, oltrepassando l’ingresso senza che gli venisse chiesto esplicitamente e facendo vagare lo sguardo alla ricerca di una famigliare capigliatura rosa.

La moretta si sistemò un po’ meglio gli occhiali mentre lo scrutava con attenzione.

“Entri senza complimenti.” affermò sarcastica. “Gliela vado a chiamare.”

Dopo aver aggiunto questo, corse nella stanza accanto in cerca della madre.

Naruto a quel punto si abbandonò a un lungo sospiro, un miscuglio di stanchezza fisica e morale. Si portò le mani tra i capelli, cercando di recuperare un briciolo di buon senso, chiudendo gli occhi e tentando di liberare la propria mente. Quella situazione lo stava debilitando più di quanto volesse ammettere. Si era lasciato condurre dalla sua rabbia personale davanti a sua moglie, aveva respinto l’aiuto spontaneo di Kurama, si era presentato di punto in bianco a casa della sua compagna di Team, entrando senza chiedere nemmeno il permesso e tutto questo per chiederle di lasciare la sua famiglia e venire a visitare suo figlio. Tutto questo quando avrebbe potuto dare ascolto a sua moglie, dandosi una calmata e valutando bene se valesse la pena di consultare un medico così presto, invece di essere tanto precipitoso.

Non aveva potuto farci assolutamente nulla purtroppo. Scoprire che suo figlio era malato gli aveva portato irrimediabilmente alla memoria ricordi che avrebbe voluto solo cancellare. Kurama aveva ragione…si stava facendo condurre dalle sue paure e non più dalla ragione.

Ma era spaventato. Terribilmente.  Per la prima volta dopo tanto tempo.

“Naruto! Cosa fai qui a quest’ora?”

Dalla voce dell’amica percepì quanto fosse già preoccupata e lui non poté darle torto, del resto era piombato all’improvviso in casa sua senza il minimo preavviso mentre loro probabilmente erano impegnate a mangiare. Si sentiva tremendamente in colpa pensando a quello che stava per chiederle ma la preoccupazione per il suo primogenito cresceva di minuto in minuto.

“Mi dispiace moltissimo disturbarti ma Bolt è a casa con la febbre molto alta e io non so cosa fare! Sono rincasato presto stasera, siccome lui non scendeva sono andato a cercarlo in camera e l’ho trovato rintanato sotto le coperte. Ma non credevo stesse male finché non gli ho sfiorato la fronte…bruciava da morire! Non gli era mai venuta la febbre prima d’ora e io…non so come aiutarlo…ho bisogno d’aiuto!”spiegò velocemente, sfogando tutta la sua frustrazione gesticolando con le mani.

Sakura si accorse immediatamente dell’agitazione che prendeva possesso del suo amico, così gli si avvicinò e lo prese per le spalle tentando di farlo tranquillizzare.

“Prima di tutto devi riprendere il controllo di te, mi hai capito? Respira profondamente!” gli consigliò.

Lui ci provò ma non ci riuscì al primo colpo. Tentò un paio di volte di parlare ma la ragazza lo zittì bruscamente insistendo perché prima cercasse di riprendersi. Naruto si impose di riuscire a recuperare la calma solo perché voleva tornare a casa sua il prima possibile.

“Sto bene ora.” comunicò quando finalmente riuscì a parlare con un tono di voce che almeno rasentava una calma apparente.

“Molto bene. Non devi farti prendere dall’ansia in questo modo! Ti rendi conto che se avessi avuto una reazione simile davanti a Bolt lo avresti terrorizzato?”

Il solo pensiero lo fece rabbrividire.

“Quando una persona sta male percepisce più facilmente i sentimenti di chi gli sta vicino. Per questo bisogna sempre mantenere la calma anche se si è preoccupati, hai capito? E poi sei suo padre, se non trova in te un po’ di sicurezza come pensi che possa affrontare la malattia con la forza necessaria per guarire?”

La ragazza lesse la paura in quegli occhi cerulei con tanta nitidezza che provò un moto di profonda tenerezza dentro di sé. Quando combatteva mai una paura così grande aveva riempito i suoi occhi. Si rese conto di quanto fosse affezionato a suo figlio e temesse per lui anche per una cosa tanto normale.

“Vedrai che non si tratterà di nulla di grave.” lo rassicurò con dolcezza. Poi chiese: “ Dimmi, da quant’è che potrebbe avere la febbre secondo te?”

“Io…non lo so.” mormorò titubante il biondo “ Himawari ha detto che è rientrato nel pomeriggio e che è andato subito in camera sua. Potrebbe trattarsi di ore…”

“Naruto, non fare così! Non farti prendere dall’agitazione un’altra volta!” lo ammonì lei “ Gli avete dato qualcosa per fargliela abbassare?”

“Non ancora, sono venuto subito da te prima di fare qualsiasi cosa.” rispose.

“Sei il solito impulsivo. Sono certa che sarebbe bastata una pasticca e la febbre si sarebbe abbassata subito. Scommetto che Hinata te lo ha detto ma tu, testardo come al solito, sei voluto venire qui per forza! E’ così?”

“Sakura…”

L’interpellata non riuscì a dire una parola mentre guardava il compagno di tante battaglie che piangeva tra le sue braccia. Un pianto silenzioso che nascondeva una disperazione ben più grande di quello che lei avrebbe mai potuto immaginare.

“ Non immagini quanto ho bisogno di sentirmi dire che mio figlio non ha nulla di grave, di sapere che presto starà bene e che c’è qualcosa che io posso fare per aiutarlo a guarire più in fretta. Tu sei l’unica persona di cui io mi fidi per farmi dire tutte queste cose quindi ti prego…aiutami! Sakura, per favore…”

Di fronte a quella supplica così accorata, la kunoichi non riuscì a trattenersi. Tirò a sé il biondo e lo strinse tra le braccia cercando di trasmettergli  quella sicurezza che in quel momento lui non riusciva ad avere. 

Naruto si trattenne tutto il tempo. Anche se non aveva motivo di farlo con Sakura si rese conto di essersi dimostrato fin troppo vulnerabile. E fu anche per questo che dopo poco decise di allontanarsi.

“Scusa…” biascicò, tentando di asciugarsi le lacrime e riprendersi.

“Dammi il tempo di recuperare le mie cose e possiamo andare.”

Il biondo la stritolò nuovamente in un abbraccio da mozzare il fiato completamente diverso da quello di poco prima, colmo solo di una profonda dolcezza. Mosso dalla sua impulsività, aveva agito senza pensarci.

“Grazie, grazie…” continuava a ripetere, profondamente riconoscente.

“Non dirlo nemmeno, è un piacere per me!” esclamò lei. “ Ora lasciami così prendo il necessario e poi andiamo subito da Boruto!”

Il biondo obbedì immediatamente e arretrò,lasciando che potesse andare a prepararsi per quella sorta di visita a domicilio. Rimase lì in trepidante attesa ma con animo un po’ più leggero.  Era sicuro che con le cure e i consigli di Sakura, non avrebbe avuto più nulla da temere. E poi lei era riuscita a fargli capire che mostrare tutta quella preoccupazione era decisamente controproducente e questo lo aveva aiutato a recuperare lucidità. Doveva farlo soprattutto per Bolt.

Mentre camminava con leggero nervosismo avanti e indietro lungo l’ingresso si rese conto che Sarada lo stava osservando con una certa perplessità. L’Uzumaki si rese conto che probabilmente aveva assistito allo sfogo avuto con sua madre e questo lo imbarazzò un po’. Era davvero la prima volta che non si mostrava serio come un Hokage o solare com’era sempre stato. Era emersa la sua parte più fragile, quella dominata dai timori e i dubbi che mai nessuno aveva avuto modo di vedere così apertamente.

“Mi dispiace per questo inconveniente.” si scusò con lei “Prometto che te la riporto appena possibile.”

La piccola annuì con il capo.

“Pensi a Bolt piuttosto!” gli raccomandò con serietà.

Quell’affermazione ebbe il potere di ferirlo profondamente. Era la prova che il fatto che lui fosse un padre poco presente era noto a molte più persone di quanto credeva e questo non fece altro che accrescere il suo senso di colpa nei confronti di suo figlio. Sei lui fosse riuscito a conciliare meglio lavoro e vita privata non si sarebbe trovato in quella situazione. Se per una volta fosse riuscito a mettere da parte un po’ di più quell’istinto che lo spingeva sempre a pensare agli altri, avrebbe prestato più attenzione a quanto le persone a lui più vicine fossero state lasciate in disparte. Era lui l’unico responsabile dell’accaduto…

“Non immagini quanto io mi senta in colpa. Avrei potuto evitare che si ammalasse se per una volta lo avessi ascoltato e avessi trovato un po’ di tempo per andare ad allenarmi con lui. Invece sono sempre concentrato  sui rapporti da scrivere anche una settimana prima dell’archiviazione, sull’organizzazione delle riunioni tra i diversi villaggi, sulla catalogazione delle missioni…sono l’Hokage, non posso pretendere che altri svolgano il mio lavoro. Così facendo però non ho nemmeno il tempo di pensare a quanto mio figlio nel frattempo potrebbe avere bisogno di me…a quante volte si sia ritrovato ad allenarsi da solo perché io non ho avuto il coraggio di chiedere a qualcuno per una volta di sostituirmi per un pò… a quanto lui possa soffrire per questa situazione. Nella convinzione che tutto il lavoro che faccio serva a garantire il benessere degli abitanti, non ho mai visto più chiaramente di adesso che in questo modo è la mia famiglia a pagarne le conseguenze. Bolt…sarebbe bastato così poco… invece adesso è a letto e sta male, ed è solo colpa mia! Che razza di padre sono per aver lasciato che si riducesse in quel modo?!”

Non era riuscito a trattenersi. Sarada era solo una bambina, non avrebbe dovuto sfogarsi con lei. Ma stava così male che non riusciva a nascondere quel profondo dolore che provava. Quel che era successo a Bolt costituiva per lui uno sbaglio imperdonabile. Trascurandolo, lo stava condannando alla stessa esperienza che aveva dovuto sopportare lui quando era piccolo. Come aveva potuto permettere che accadesse?

“In realtà…” cominciò piano la moretta “…prima intendevo dirle solo di stargli vicino. Lui la adora e per questo so che basterà anche solo la sua presenza per farlo sentire meglio!”

“Ah…io pensavo che tu intendessi…”

“Naruto, eccomi! Possiamo andare!”

La voce di Sakura lo tolse da quella situazione alquanto sconveniente. Aveva dato libero sfogo ai suoi pensieri privati credendo di sentirsi accusato quando invece era stato solo un malinteso. Evidentemente i suoi sensi di colpa era talmente profondi da averlo condizionato completamente.

“Quando vuoi andiamo.” si affrettò a dire poco dopo.

“Sarò presto di ritorno, va bene?” garantì alla figlia mentre si aggrappava alla spalla dell’amico per il trasferimento.

“Sì, sì tranquilla!” borbottò lei “Ehm…Settimo?”

“S- si, Sarada? D-dimmi…”

“Non si prenda colpe che non ha. Suo figlio è semplicemente un irresponsabile, si sarà ammalato solo perché è un grande testardo e non si rende conto che con un tempo simile non è il caso di allenarsi all’aperto. Boruto in fondo è fiero di averla come padre anche se è l’Hokage e non ha molto tempo da dedicargli, lo sa che non dipende dalla sua volontà. Non se lo dimentichi!”

“Io…io…”
 
Il biondo non sapeva davvero cosa dire. Era stato davvero patetico se persino Sarada si era premurata di dirgli qualcosa per rassicurarlo. Quelle parole ebbero il potere di commuoverlo però…pregò che suo figlio la pensasse davvero così.

“E gli dica che io non ho la minima intenzione di passargli i miei appunti delle lezioni quindi deve impegnarsi a guarire presto, ha capito?” si raccomandò.

“Ma che dici?!” esclamò la madre.

“Glielo dirò, contaci!” promise “A presto…e grazie.”

Un attimo dopo, scomparvero entrambi lasciandola da sola.

A quel punto la ragazzina si lasciò scappare un piccolo sospiro. Decisamente non si sarebbe mai immaginata che la serata avrebbe preso una piega simile.

“Speriamo che quello zuccone di Bolt non si sia preso davvero nulla di grave…” pensò tra sé e sé.

“Dove siete finite?”

Una voce potente e autoritaria le ricordò che non era affatto rimasta da sola in casa. Non era un avvenimento frequente ma quella sera era una piacevole eccezione. Accantonò ciò che era appena successo e corse contenta nella stanza da pranzo dove trovò suo padre intento a sedersi nuovamente a tavola. In effetti si era alzato poco prima dell’arrivo del biondo per andare in bagno e probabilmente al suo ritorno era rimasto sorpreso di non trovare più nessuno.

“Che fine avevi fatto?” interrogò subito la figlia non appena la vide tornare al suo posto.

“Poco fa è venuto a trovarci l’Hokage perché aveva bisogno della mamma. Sono andati via insieme ma non dovrebbe stare via a lungo .” raccontò.

Sasuke inarcò un sopraciglio, palesemente sorpreso.

“E’ perché il Dobe aveva bisogno di Sakura?” domandò.

Sarada si lasciò scappare una risatina nel sentire quell’appellativo rivolto al Capo villaggio. Anche se le era diventato famigliare, ogni volta non riusciva a trattenere un sorriso. Lo sguardo indagatore di suo padre la fece tornare seria.

“Boruto si è ammalato per questo è venuto a prendere la mamma, vuole che lo visiti.” spiegò.

“Quel Dobe è un incapace con questo genere di cose. “ commentò acido, prima di riprendere a mangiare con impeccabile compostezza.

“Sai papà, si è comportato in modo davvero strano mentre era qui…”

“Questa non mi sembra una novità.” sospirò l’altro.

“Non capisci!” esclamò Sarada “Ha detto che Boruto aveva la febbre quindi non dovrebbe essere nulla di grave. Ma da come ne parlava sembrava preoccupato come se il figlio stesse rischiando di morire! Prima d’ora non l’ho mai visto così…così…”

“Spaventato…?” chiese Sasuke.

“Sì esatto!”trillò lei “ Era così scosso che la mamma ha dovuto costringerlo a darsi una calmata! E’ la prima volta che lo vedo reagire in questo modo! Come può l’Hokage perdere il controllo di se stesso in quel modo? Non è consono al suo ruolo! E poi non ti ho raccontato tutto! Quando gli ho detto di occuparsi di Bolt invece di scusarsi per essere venuto a casa nostra a quest’ora, ha cominciato a fare un discorso su quanto si sentisse in colpa per l’accaduto come se si ritenesse responsabile dell’accaduto commettendo un errore imperdonabile! Ma insomma non può impedire anche che si prenda la febbre, prima o poi insomma può capitare a tutti di ammalarsi. Certo, se non insistesse a volersi allenare tutti i giorni quel piccolo uragano sono sicura che starebbe bene adesso. Ehm,comunque ti dicevo che Naruto ne parlava come se avesse messo in pericolo la sua vita! Esagerato, non trovi?”

Si aspettò una risposta affermativa ma ottenne solo silenzio. Il padre sembrava distante, aveva la stessa espressione di quando si soffermava a pensare sul suo passato ed era meglio non disturbarlo - almeno a detta di sua madre- ma non capendo quella reazione, cerco di richiamare la sua attenzione.

“Papà? Hai sentito quello che ho detto? Papà!”

“Cosa ti ho detto riguardo il giudicare qualcuno senza prima comprendere le sue motivazioni?”

Sarada si zittì all’istante udendo il tono autoritario del padre. Quello era uno dei temi su cui era assolutamente intransigente e lei lo aveva imparato a sue spese. Chinò la testa, colpevole. Poco dopo  però sentì  una lieve carezza tra i capelli. Sollevò lo sguardo e si ritrovò suo padre accanto.

“Mi dispiace…” si scusò immediatamente sperando di non averlo fatto adirare perché era l’ultima cosa che voleva.

“Non dimenticarlo mai più, mi raccomando.” concluse lui. “ Naruto ha sempre dovuto combattere da solo per qualsiasi cosa e non siamo in grado di comprendere quanto possa essere stato difficile per lui superare anche delle prove apparentemente facili se che nessuno gli ha mai insegnato a non averne paura.”

“Non riesco a capire papà.” fece confusa.

“Appunto.” affermò lui “ Giudicare strano o esagerato un comportamento che non si comprende è un errore.”

Il moro tornò a sedersi al suo posto e riprese a mangiare. Dopo quella reazione, alla piccola Uchiha sorse spontanea una domanda che non tardò a esporre al genitore.

“Tu riesci a comprenderlo?”

Sasuke sollevò ancora lo sguardo verso un punto indefinito. Poi fissò la figlia:

“Un po’.” rispose “Per questo una volta finito di mangiare andrò a fare due chiacchiere con il Dobe. Conoscendolo finirà solamente per fare del male non solo a se stesso ma anche a chiunque gli stia intorno. E siccome deve fare l’Hokage sarà meglio che qualcuno ponga rimedio a questo suo stupido momento di crisi.”

Sarada comprese che il discorso era concluso.

Da una parte era indignata che suo padre avesse deciso di essere il “qualcuno” che doveva aiutare il Capo Villaggio a risolvere quel suo problema personale proprio la sera che avrebbe dovuto trascorrere con lei dopo tanto tempo. Dall’altra sapeva quanto Naruto fosse importante per lui…e nonostante le sue considerazione di poco prima non poteva nascondere che vederlo così abbattuto l’aveva sinceramente colpita. Anche lei le era affezionata e quindi provava dispiacere nel sentirlo prendersela così aspramente con se stesso. Ma confidava in quella strana amicizia che lo legava a suo padre. Lui sarebbe riuscito ad aiutarlo.

Sasuke immaginava perfettamente i pensieri di sua figlia e quindi sapeva che avrebbe dovuto trovare il modo di farsi perdonare per aver fatto sfumare quella serata che lei aspettava da tanto. Ma l’amico più caro che aveva era in difficoltà e lui non poteva restare indifferente. Era stato l’unico a non averlo mai abbandonato, spingendosi fino allo stremo pur di salvarlo da una destino di sofferenza e oscurità dal quale non avrebbe trovato scampo.

Gli doveva ogni cosa. Finalmente era arrivato il momento di iniziare a sdebitarsi con lui.

“Tieni duro Dobe…sto arrivando.”


 
 
 
Note Finali: Salve ragazzi! Scusate per il giorno di ritardo ma ho avuto un piccolo intoppo e quindi non ho potuto caricare ieri! So anche che il capitolo è anche leggermente più corto dell’altra volta ma il prossimo sarà più lungo!
Mi ha fatto piacere vedere che in diversi hanno inserito questa storiella tra le seguite, questo mi fa molto piacere! Spero che non deluda le vostre aspettative! Grazie in modo particolare a chi mi ha lasciato una recensione così mi sono fatta un’idea di quello che è il vostro pensiero! :D
Naruto è arrivato a casa di Sakura e vi siete resi conto di quanto il nostro biondino si trovi in una situazione emotiva piuttosto complessa. Kurama ha capito subito qual è il suo problema ma per adesso il suo aiuto è stato respinto. Farà un altro tentativo però più avanti! Sakura conosce Naruto molto bene ed è stata molto comprensiva nei suoi confronti, afferrando al volo il suo disagio. Sarada è più preoccupata per Boruto di quello che ha fatto vedere…più avanti capiremo fino a che punto ma dopotutto ha sangue Uchiha nelle vene! E infine…troviamo Sasuke, che afferrato anche lui il problema presto andrà a fare due chiacchiere con il suo amico.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!^^ Se vi va ditemi che ne pensate! Vi do appuntamento lunedì prossimo con il terzo capitolo! Grazie a tutti voi lettori, vi auguro una buona settimana! A presto! : )
  
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