Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: seasonsoflove    26/02/2015    8 recensioni
"Era quasi ora di pranzo alla Storybrooke High School, e Belle era seduta in classe insieme ai suoi compagni.
Belle era la tipica ragazza...atipica.
Graziosa ma di una bellezza antica, di classe. I lunghi capelli rosso scuro leggermente mossi, la carnagione pallida, le guance rosee, gli occhi di un azzurro irreale, il viso tondo, e il corpo minuto."
AU!Highschool - Young!Storybrooke.
Pairing (Rumbelle/SwanQueen e altri possibili)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Belle, Emma Swan, Regina Mills, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
And I'm here to remind you
Of the mess you left when you went away
It's not fair to deny me
Of the cross I bear that you gave to me
You, you, you oughta know




La mattina seguente, Tink si svegliò sul divano di Regina, con le ossa doloranti e il collo indolenzito.
Si alzò borbottando, arrabbiata per essere stata così stupida ed aver deciso di dormire sul divano. Decise che per far iniziare bene la giornata, avrebbe svegliato Robert in qualche modo estremamente fastidioso. Le sembrava una buona idea.
Spalancò la porta della camera degli ospiti e stava per iniziare a battere le mani, quando si accorse che il letto era vuoto.
Perplessa, salì le scale per svegliare Regina e chiederle spiegazioni.
Aprì la porta rumorosamente.
“Regina!” esclamò rimanendo sulla soglia della camera, stringendosi addosso infreddolita la coperta che si era portata dal divano.
Una testa di capelli neri si palesò di fronte a lei mentre Regina apriva gli occhi dubbiosa e si grattava la testa.
“Che ore sono?” borbottò.
Tink stava per rispondere quando accanto a lei, un’altra testa di capelli castani emerse.
Robert si guardò intorno confuso, ancora a petto nudo.
Dopodiché si ributtò sotto le coperte mormorando qualcosa che sembrava molto un “voglio morire”, e seppellì la testa sotto il cuscino.
Tink indietreggiò fissando il letto.
“No ascolta noi non-“ cominciò Regina, interpretando bene lo sguardo scioccato dell’altra ragazza.
Ma lei si era già voltata, era uscita dalla camera e aveva sbattuto la porta.
 
Regina si infilò velocemente la vestaglia e corse giù per le scale.
“Fermati subito! Sei in casa mia quindi qui comando io!” sbraitò alla figura che si stava dirigendo verso il soggiorno.
Tink si voltò inviperita.
“Sei una merda. Anzi, siete due merde!”
L’altra sbuffò.
“Ma perché sei così melodrammatica e non mi ascolti?”
“Sapete benissimo com’è la situazione e…e lui fa tanto il disperato per Belle, poi appena può andare a letto con la sua ex non si fa problemi! E tu!” le puntò il dito contro “Tu te ne freghi se si è appena lasciato con una tua amica e lei sta soffrendo e-“
“Okay, prima di tutto, Belle non è una mia amica. Secondo, non abbiamo fatto proprio niente.”
La fissò, sfidandola a contraddirla.
Tink scoppiò a ridere.
“Certo. Avete solo dormito insieme e casualmente lui era nudo e-“
“Non era nudo! Aveva le mutande e anche i calzini!” puntualizzò.
“Ma l’avete fatto.” Tink pestò i piedi furiosa.
“NO! NON L’ABBIAMO FATTO! E’ venuto a dormire da me perché…perché ti ha sentita russare e si è spaventato per il rumore. E aveva paura di dormire da solo. Ecco tutto, non è successo niente.”
Evitò accuratamente di menzionare che a ben voler vedere, qualcosa era successo. Ma non erano andati fino in fondo. Insomma, era stato appena un accenno, quindi non aveva il dovere di sentirsi in colpa.
Tink aprì la bocca furiosa.
“Io…io non russo!” fu tutto quello che riuscì a farfugliare, rossa in viso.
Non le sfuggì lo sguardo sarcastico dell’altra che si limitò però ad incrociare le braccia.
“Davvero.” Ripetè “Non russo. Nessuno mi ha mai detto una cosa simile…neanche…neanche te quando abbiamo…dormito insieme!”
Fu il turno di Regina di arrossire. Improvvisamente si ricordo del fatto che la sera prima aveva deliberatamente confessato tutto a Robert…si chiese se avesse fatto la cosa giusta. Riflettendoci a mente fredda, non ne era poi così sicura.
“Comunque, io e Gold non abbiamo fatto nulla. Proprio nulla, te lo assicuro.”  Concluse decisa.
Tink si guardò intorno a disagio, stringendo convulsamente la coperta.
“Va bene.”
 
Mezz’ora dopo le due ragazze erano riuscite, non senza enormi sforzi, a trascinare Robert in cucina per fare colazione.
Era completamente stordito, la testa gli pesava e sentiva gli occhi gonfi e la gola dolorante. Una volta in cucina, si abbandonò su una sedia e appoggiò la testa sul tavolo, desideroso solo di potersi rifugiare sotto le coperte e non emergere mai più.
“Non voglio le uova.” Mugugnò quando senti un famigliare sfrigolio provenire dai fornelli.
“Allora non mangiarle.” Fu la risposta secca di Regina.
Tink continuava a scrutarli dubbiosa, quasi come se si aspettasse qualcosa: una parte di lei era ancora fermamente convinta che fosse successo qualcosa tra i due.
Ma non accadde nulla. Così si alzò per andare in bagno, lasciandoli soli.
“Crede che io e te-“
“No.” Tagliò corto la mora.
Finì di preparare il caffè, dopodichè appoggiò una caraffa di succo sul tavolo e si sedette.
“Dobbiamo parlare di una cosa.” Esordì bruscamente.
Robert alzò la testa con sguardo vacuo.
“La cosa che ti ho detto questa notte.”
Lui annuì, capendo dove voleva andare a parare.
“Resterà davvero tra me e te.”
“E’ importante che sia così.”
“Lo so.”
Regina si versò il caffè mentre Robert beveva un bicchiere di succo, sentendo finalmente la gola rilassarsi.
“Voglio darti una mano.” Disse poi improvvisamente.
 Lei lo guardò incredula.
“Come?”
“C’è…c’è qualcosa che posso fare per aiutarti?”
Regina non rispose e guardò lontano, fuori dalla finestra, sorseggiando il suo caffè.
Di cos’aveva bisogno? Di sicuro, niente che Robert potesse offrirle. Avrebbe avuto bisogno di un po’ di chiarezza, di poter gestire con più facilità i suoi sentimenti e di tranquillità. E di nessuna intromissione da parte di sua madre, Cora, e di Zelena.
Improvvisamente sorrise, fissando la tazza.
“Sì.”
Lui parve sorpreso.
“Davvero?”
“Mi chiedi se ho bisogno di aiuto e poi sei sorpreso se dico di sì?”
“Non sei mai stata una che chiede aiuto.”
Regina si sporse un po’ in avanti e ghignò.
“Questa volta sì. E ne ho bisogno per sconfiggere un nemico in comune.”
Sentirono Tink sciabattare in soggiorno.
“Zelena.” Bisbigliò Regina.
“Cosa? Ma hai detto che non la conoscevi!” protestò Robert.
“Può essere che io abbia mentito.”
Decise di restare sul vago e alzò le spalle.
“Sei proprio una stronza, bugiarda e-“
“Si candiderà a Reginetta del ballo di fine anno. E anche io. Vorrei vincere e mi servirebbe davvero quell’ultima corona…sai com’è fatta mia madre…”
Ma Robert non la ascoltava, continuava a borbottare parole che somigliavano tanto a “la solita falsa” e “non mi fiderò mai più”.
“Il punto è che tu non vuoi vedere quella stronza diventare reginetta del ballo, vero?”
Lui si interruppe.
Ci pensò su.
Immaginò come sarebbe stata avvilita Belle di fronte ad una simile possibilità.
“No.”
“Bene. Aiutami a vincere quel titolo allora.”
Si appoggiò allo schienale della sedia serenamente, mentre sentiva Tink che giungeva verso di loro.
Robert guardò rapido la porta, poi annuì brevemente.
“Non sembra una cattiva idea. Cosa devo fare?”
Regina sorrise.
 
Se ne andarono poco dopo. Tink, ancora irritata e su di giri, sparì a bordo della sua bicicletta e pedalò veloce verso casa.
Robert invece camminò mogio mogio fino a raggiungere la propria dimora.
Guardò sconsolato il portone, afferrò le chiavi, lo aprì ed entrò.
“Laddie.”
Suo padre lo salutò mentre attraversava il soggiorno per dirigersi al piano di sopra, in camera sua.
“Papà.”
“Sembri un accattone. Come ti sei ridotto così?”
Non alzò gli occhi dalla pagina del suo giornale.
Ricevette come risposta un debole borbottio: “Ho passato la notte fuori”
“Ho dovuto portare fuori quella tua piccola bestiaccia, stava piangendo e facendo un baccano tremendo.”
Robert salì le scale spedito, aprì la porta della sua camera e vi guardò dentro desolato. Gli occhi vagarono dal letto ancora sfatto, all’armadio, infine alla scrivania, dove si posarono su di una certa sciarpa gialla.
Le parole di Belle tornarono a martellargli lo stomaco.
“E’ finita.”
Si tolse i vestiti sporchi con rabbia e si cambiò, prendendo a calci tutti i mobili che riusciva a raggiungere.
Poi sentì un debole guaito.
Il suo cane era lì, sulla porta, e lo guardava titubante.
“Bobik…?” Provò.
Belle aveva ragione. Le orecchie del cane fremettero e lui iniziò a scodinzolare.
Così Robert allargò le braccia e dopo un po’ di esitazione iniziale, il cagnetto si precipitò da lui.
“Ciao. Scusa se non ci sono stato ieri.” Mormorò il ragazzo prendendolo in braccio e buttandosi sul letto.
Rimase lì per qualche minuto, o forse di più, fissando il soffitto, con quel soffice peso sul petto, chiedendosi come sarebbe stato poter avere Bobik sul petto e Belle accanto, scherzare, ridere, come una piccola famiglia.
 
Il week-end passò e la settimana ricominciò senza significativi cambiamenti.
Tink andò a trovare Killian altre due volte e gli tenne compagnia per diverse ore. La situazione non migliorava ma almeno il ragazzo aveva trovato un’amica e un’alleata in quella disperata circostanza.
Belle passava molto tempo da sola.
Aver posto definitivamente la parola “fine” alla sua storia con Robert era stato doloroso, più di quanto avesse immaginato. Così realizzò che fino al venerdì prima, per una settimana intera, non aveva veramente creduto che fosse finita. Ma poi l’aveva rivisto e aveva fatto male, troppo male e Belle sapeva che esistevano solo due soluzioni possibili: tornare con lui o lasciarlo definitivamente.
Nella sua testa si chiedeva se non avesse esagerato, se magari avrebbe potuto chiedergli una pausa, dargli un’altra possibilità, provare a dimenticare…ma non ci riusciva. Ogni volta che vedeva Zelena, sentiva una rabbia e una disperazione inspiegabili.
Ne parlò con Tink che le disse di tenderle un agguato e picchiarla in gruppo fuori da scuola.
Belle non lo trovò un consiglio molto utile e così si isolò ancora di più.
 
 
Il mercoledì seguente, a scuola si percepiva una grande agitazione.
Le iscrizioni per la squadra di dodgeball erano state ufficialmente aperte e moltissimi studenti erano determinati ad entrare a far parte del team della Storybrooke High.
Così Robert e Regina entrarono a scuola e trovarono una folla enorme proprio di fronte alla porta della palestra.
“Idioti. Non hanno idea di cosa aspetta loro” Mormorò lei, scuotendo la testa.
Robert annuì e i due ripresero a camminare verso l’aula.
Dal sabato precedente, da quando Regina era finalmente riuscita ad aprirsi e Robert le aveva promesso una mano con il ballo di fine anno, avevano formato una specie di tacito patto in cui avevano deciso di sostenersi a vicenda.
Per il ragazzo era stato un vero dono dal cielo: aveva passato gli ultimi giorni completamente solo, con Belle e Tink che lo evitavano e Killian in ospedale. Non aveva avuto nessuno con cui confessarsi e con cui parlare, escludendo il povero Bobik che si sorbiva pazientemente (in cambio di biscottini e coccole) ore di discorsi su quanto Robert fosse dispiaciuto e disgustato da sé stesso, e su quanto gli mancasse la sua ex-ragazza.
In realtà parlare con un cane si era rivelato piuttosto deludente, ma ora Gold finalmente aveva trovato qualcuno con cui stare e a cui aggrapparsi. Qualcuno che aveva condiviso tanto con lui e che in qualche modo era in una situazione difficile quanto la sua.
Per Regina era la stessa cosa.
Non aveva potuto parlare con nessuno di quel terribile dubbio che la affliggeva. Non che ora ne parlasse, ovviamente, anzi, non riusciva nemmeno a pensarci. Dopo aver esternato ciò che la tormentava, aveva archiviato il pensiero in un remoto scompartimento della sua mente e aveva intenzione di gettare la chiave. Ma il solo fatto di essere riuscita ad esprimere ad alta voce il problema e di non essere stata giudicata, la faceva sentire meglio.
Dal canto suo, una parte di lei avrebbe voluto ancora evitare Emma, soprattutto dopo ciò che era accaduto sabato. Dall’altro non poteva evitare di incrociare casualmente la professoressa nei corridoi dove sapeva che faceva sorveglianza, o salutarla nelle aule dove sapeva che aveva lezione.
Così, immersi nelle loro preoccupazioni e nei loro pensieri, quasi inconsapevolmente, Robert e Regina si erano visti fuori da scuola. Non è che uno dei due avesse aspettato l’altra. Si erano incontrati, c’era stato un leggero scambio di mezzi sorrisi e i due ragazzi si erano diretti insieme verso l’edificio.
E così era nata la loro strana amicizia.
 

Tink fissò il foglio delle iscrizioni al torneo di dodgeball.
Davanti a lei, Anna Arendelle firmò entusiasta insieme ad Ariel e le lasciò la penna.
“A te!”
Ariel le appoggiò una mano sulla spalla e le sorrise comprensiva.
“Lo so che tutta questa storia di Killian ti sta stressando…ma penso che potremmo semplicemente distrarci un po’. Ci vanno un sacco di persone alle selezioni, sarà divertente.”
La lasciò con la penna in mano, di fronte al foglio.
Diede rapidamente un’occhiata ai nomi, finchè l’occhio le cadde sul nome di Zelena. Strinse i pugni.
Valutò se scrivere qualcosa accanto al suo nome, come “stronza” o “puttana”. Pensò che non sarebbe stato molto costruttivo, però a bel pensarci c’era qualcosa che poteva farla stare meglio.
Lei e Belle potevano dare una bella lezione a quella stronzetta. Una volta per tutte.
Così aggiunse il suo nome in fondo alla lista degli iscritti, insieme a quello di Belle French.
 
 
Qualche ora dopo, Regina si apprestava a dirigersi verso la mensa.
E ovviamente, casualmente, Emma Swan le si palesò davanti.
“Allora!?” esclamò agitando le mani con entusiasmo “Iscritta al torneo.”
Regina inarcò le sopracciglia e storse il naso.
“No…?”
Riprese a muoversi, rallentando il passo e permettendo così alla professoressa di camminare accanto a lei.
“Ma come! E’ l’evento clou della scuola insieme al Ballo, mi hanno detto.”
Sentì la cheerleader sbuffare vigorosamente e la guardò interrogativa.
“E’ una schifezza. Partecipa solo chi non ha voglia di andare a lezione.”
“Io avrei partecipato di sicuro allora.” Borbottò Emma.
Regina si voltò e sogghignò.
“Non dirlo in giro però.” Aggiunse.
“Assolutamente.”
Emma tacque un momento, poi riprese.
“Speravo di vederti partecipare coi tuoi amici comunque! Avevo già pronto lo striscione apposta per te!”
Regina sgranò gli occhi e fissò dritto avanti a sé.
“Oh allora dovrò partecipare sicuramente.” commentò cercando di mantenere un tono noncurante e sarcastico.
“Io parteciperei se potessi.”
La mora vide con la coda dell’occhio, due sue compagne di squadra, appoggiate all’armadietto, che le scrutavano dubbiose.
“Vi girate e vi fate gli affari vostri, sì?” ringhiò rivolta a loro.
Una delle due si sistemò la coda di cavallo sdegnosa e si voltò verso l’amica.
Emma sospirò.
“Immagino che questo tuo atteggiamento non cambierà mai, vero?”
“Immagina bene.”
La verità, ma non lo disse alla professoressa, è che non le piaceva vedere le cheerleader, sue compagne ma soprattutto compagne di Zelena, guardarla in quel modo mentre camminava per i corridoi con lei.
“Ti saluto miss simpatia, mi aspettano i ragazzini di prima.”
Disse infine Emma, dirigendosi verso le scale.
Regina la salutò rapidamente e si infilò nel corridoio di destra, verso la mensa.
 
“Secondo te chi è stato così idiota da iscriversi al torneo?”
Esordì un po' dopo Regina, mangiando avidamente una delle mele che era solita portarsi per dessert.
“Non ne ho idea. E sinceramente non mi interessa.”
“Potremmo dare un’occhiata. Giusto per farci un’idea di chi ci sarà.”
Robert addentò la sua ciambella, scrutando dubbioso la fila dei ragazzi in mensa.
“Perché ti interessa tanto?” chiese poi.
La mora esitò, osservando il torsolo della sua mela e depositandolo sul vassoio, insieme ai tovaglioli.
“Non è che mi interessi. E’ solo…curiosità” Mentì rapidamente.
Regina voleva accettare quella come una sfida personale, o almeno era ciò che si era detta. Il fatto che Emma sarebbe stata presente all’amichevole e l’avrebbe vista giocare non c’entrava molto. Insomma…non così tanto, continuava a ripetersi Regina. Non era quello il motivo, c’erano tanti altri motivi, come ad esempio saltare qualche inutile lezione scolastica o fare un po’ di allenamento fisico in più o riuscire a colpire Zelena con una pallonata dritta sul naso…
“Beh, a me non incuriosisce.”
Dichiarò Robert riprendendo a mangiare la sua ciambella, sempre guardandosi avidamente intorno.
“La tua faccia da cane bastonato mentre aspetti di vedere Belle French che appare magicamente in mensa, è proprio qualcosa che vorrei evitare di vedere.”
Lui la guardò irritato.
“Puoi andartene se ti dà tanto fastidio.” Commentò.
“Va bene. E’ quello che farò.” Scattò in piedi nervosa e lo lasciò da solo.
Con un’alzata di spalle, il ragazzo riprese ad osservare ciò che lo circondava.
 
Una volta di fronte al foglio delle iscrizioni, Regina diede una letta ai nomi.
Con sommo stupore vede i nomi Tink Glocke e Belle French scribacchiati in fondo alla lista.
Valutò cosa fare su due piedi.
Poteva fregarsene, iscriversi oppure anche no, fare cosa faceva comodo a lei ed ignorare gli altri. Oppure poteva avvisare Robert, che in quel momento probabilmente era ancora seduto in mensa, imbambolato, ad aspettare una persone che non sarebbe venuta.
Poteva avvisarlo perché le sembrava una cosa carina da fare, una gentilezza che poteva aiutare la loro amicizia appena rinata a crescere e a svilupparsi.
Insomma, poteva provare a fare una cosa buona.
Emma sarebbe stata fiera.
Molto fiera.
Così Regina, non senza sbuffare, seccata perché fare la cosa giusta per lei era proprio inutile e controproducente, afferrò il cellulare e scrisse quello che era il primo messaggio a Robert dopo mesi.
 
- La tua ex fidanzatina si è iscritta alle selezioni per il torneo.
- Buon per te.
 
La ragazza rilesse il messaggio due volte, prima di capire esasperata che Gold  aveva frainteso.
 
- L’altra tua ex fidanzatina.
 
Aspettò. Dopo circa dieci secondi, il tempo che Regina aveva stimato ragionevole per ottenere la risposta che si aspettava di ottenere, il cellulare vibrò.
 
- Il mio nome lo sai scrivere.
 
Così anche Regina Mills e Robert Gold si erano appena candidati come membri della squadra di dodgeball.
 
 
“HAI FATTO COSA!?”
“Non c’è nessun bisogno di urlare! Siamo anche in biblioteca!”
Belle sbattè con forza i pugni sul tavolo, schiumante di rabbia.
“Ripetilo ancora una volta.”
Tink respirò a fondo, si alzò e le prese le mani.
“Ti ho…ci ho iscritte al torneo di dodgeball. Anzi, alle selezioni. Perché…perché ho pensato che possa essere un passatempo costruttivo.”
Non menzionò Zelena, né la rabbia che aveva provato leggendo il suo nome su quella lista. Né il fatto che non riusciva a dormire bene per colpa di Killian e della loro situazione, né il fatto che stesse cercando disperatamente un modo per distrarsi.
Belle si allontanò da lei e prese a gironzolare intorno al tavolo della biblioteca.
“Senti, tu mi hai vista a ginnastica, vero?” chiese poi.
“Sì. Poche volte perché mi sono fatta esonerare, è vero, però ti ho vista.”
Ma Tink doveva mostrarsi convinta, o il suo piano non avrebbe mai funzionato.
“E non sei così male. Davvero.”
Non era vero. Belle era terribile a ginnastica, ma Tink attribuiva la colpa al fatto che si sentiva sotto pressione. I loro compagni erano pronti a deriderla e la ragazza chiaramente non riusciva ad impegnarsi al massimo delle sue forze.
L’altra la guardò incredula.
“Io non so neanche tirare una palla oltre la rete!”
“Ma qui non c’è…nessuna rete.” Provò Tink cercando di sorridere “E nessun canestro! E non c’è neanche una porta.”
“Ma ci sono palle! TANTE PALLE DA SCHIVARE! Hai mai assistito ad una partita di dodgeball?”
“Sì e sembra divertente!”
Belle scosse vigorosamente la testa.
“No, non lo è. E’ un gioco violento e difficile, dove tutti corrono, saltano, urlano e…e diventano cattivi. E io non voglio partecipare. PER NIENTE.” Terminò la frase con forza e riprese a camminare nervosa.
Tink la guardò supplicante.
“Ci divertiremo. Ti prego. Non lasciarmi sola…”
Belle chiuse gli occhi, respirò a fondo, reprimendo l’istinto di strozzarla.
“Se mi succede qualcosa…” disse poi minacciosa.
“Non succederà niente. Vedrai. Ci divertiremo.”
 
 
Le selezioni per entrare in squadra si sarebbero tenute il lunedì successivo, alle tre in punto, in palestra.
Tink trascinò Belle con sé, incoraggiata dalle parole di Anna ed Ariel, entrambe molto entusiaste per l’imminente partita amichevole.
I giocatori sarebbero stati sorteggiati, tra maschi e femmine, divisi in più squadre e poi lasciati a fronteggiarsi.
La prima cosa che Belle vide, appena entrata in spogliatoio, fu Zelena che in un angolo parlava con le sue fidatissime amiche.
Si irrigidì e le mani le tremarono. Poi la sua testa si voltò verso Tink.
“Lo sapevi.” Disse semplicemente.
“Cosa?”
Tink non era particolarmente brava a mentire, ma riteneva che il suo tono di voce fosse risultato convincente. Evidentemente per Belle non fu così.
“Voglio andarmene. Ora.”
Fece per voltarsi ed uscire dallo spogliatoio, proprio mentre Zelena la vedeva con la coda dell’occhio e sorrideva malignamente.
“No, senti- ascoltami.” Tink la afferrò per un braccio e la trattenne. “E’ il tuo momento per fargliela pagare e per farle capire di che stoffa sei fatta e-“
“Forse per te è un gioco. Ma non lo è per me. Soffro ogni giorno per questa storia e non avevo nessuna voglia di doverla affrontare apertamente in campo. E’ una cosa stupida ed immatura, è andata com’è andata e…e voglio lasciar perdere.”
Lo sforzo di una risposta fu risparmiato dall’arrivo di Ariel, di ritorno dal bagno.
“Ah ma c’è pure lei? Allora gliela facciamo vedere.” Asserì guardando la cheerleader ed incrociando le braccia con fare minaccioso.
Belle scosse la testa disperata e si sedette.
Sembrava che nessuno volesse capire e soprattutto che nessuno si sforzasse. Non era un gioco, non era divertente, non voleva farla pagare a nessuno (e non ne era sicuramente capace). Non voleva ridursi a cercare di colpire Zelena con una palla di spugna solo perché il suo ex ragazzo aveva deciso che non si fidava abbastanza per resistere una settimana da solo.
Regina entrò in spogliatoio e si fermò a scrutare Zelena.
Dopodiché si voltò verso Belle e le lanciò un’occhiata strana, quasi di comprensione.
Ma non c’era più tempo. Le ragazze cominciavano a muoversi verso la palestra e Belle doveva decidere in fretta se ritirarsi con una scusa banale, oppure sottoporsi semplicemente all’umiliazione.
 
Quando entrò in campo, si pentì amaramente di non aver disertato.
C’era la squadra delle cheerleader al completo, tutte nelle loro uniformi nuove di zecca. C’erano anche diversi ragazzi delle varie squadre di football, basket ed hockey.
Poi c’era il minuscolo gruppetto di Belle e qualche altro povero derelitta, in cerca di una scusa per saltare lezioni a caso. E ovviamente i ragazzi di prima, ignari delle dinamiche del gioco.
E poi c’era Robert.
Era seduto in un angolo insieme a Regina e a qualche altro ragazzo che Belle non sapeva riconoscere.
Ignorò la fastidiosa sensazione di vuoto allo stomaco e l’improvvisa fitta che aveva sentito dalle parti del cuore e che si era propagata per tutto il suo corpo.
Camminò spedita verso Tink e le sue amiche.
“Allora siamo prontissime!” esclamò Anna felice “Io lo sono. Insomma, non ho mai giocato a dodgeball però ho guardato su internet, mi sono informata bene su tutte le regole perché è un gioco un po’ violento ma se si sanno le regole sono certa che-“
“Abbiamo capito.” La fermò Tink.
Anna annuì incoraggiante.
“Sappi che non ho intenzione di passarci sopra. Anche perché non so se hai notato, ma c’è anche lui.” Mormorò Belle nell’orecchio di Tink e beccandosi un’occhiataccia di rimando.
La Coach fischiò e il brusio cessò.
Ai lati della palestra, sulle tribune, erano seduti parecchi studenti e alcuni membri del corpo insegnanti.
A Regina non sfuggì una certa chioma biondo platino in cima all’ultima fila e un certo volto sorridente che alzò i pugni in segno di vittoria.
Dentro di sé sentì una strana euforia e una curiosa adrenalina che di sicuro non poteva attribuire alle inutilissime quanto imminenti selezioni, che indubbiamente avrebbe passato senza sforzo.
Sorrise tra sé e sé mentre ad estrazione, venivano formate le varie squadre che si sarebbero affrontate.
 
Belle cercò di ignorare con tutte le forze che aveva a disposizione il fatto che Robert era finito in squadra con Zelena. Ci provò davvero.
Pensò che non erano affari suoi. Che non significava niente, che era stato un sorteggio, che non poteva certo essere gelosa di una sciocchezza simile e soprattutto non poteva essere gelosa di qualcuno che non le apparteneva più.
Eppure non provava altro che rabbia e voglia di prendere a pugni qualcuno.
Guardò con la coda dell’occhio Gold e notò con relativo sollievo che non sembrava per niente a suo agio in quella squadra. Era finito con altre due ragazze, Merrin e Kristin (*), oltre al famigerato Gaston Prince, capo della squadra di basket, una manciata di cheerleader e qualche altro ragazzo. Se ne stava impalato nei suoi pantaloncini blu, e nella sua maglia grigia con lo stemma della scuola, a braccia incrociate, con le sue scarpe da ginnastica e Belle poteva scommettere che non le aveva mai indossate perché erano ancora intonse e perché Robert semplicemente non indossava mai scarpe da ginnastica.
Forse avrebbe voluto prendere a pugni proprio lui e quella sua espressione contrita. Con che diritto rimaneva lì immobile con quella ridicola tenuta e quelle stupide scarpe da ginnastica e quella dannata espressione rabbiosa, quando l’unica ad avere il diritto di essere arrabbiata era Belle?
Poi Belle avrebbe voluto prendere a pugni Tink per averla trascinata in tutto quello.
E anche la Coach, e Zelena, e tantissime altre persone, quasi tutti in quella palestra.
Finì in squadra proprio con Tink, Anna, sua sorella Elsa, alcune ragazzine di prima e un ragazzo che non aveva mai conosciuto ma che si presentò come tale Will Scarlett.
Ariel fu smistata in un’altra squadra ancora, insieme a Regina.
Dopo un po’ di minuti, le squadre cominciarono a disporsi a bordo della palestra e altri studenti iniziarono ad affluire nelle tribune.
Belle sentì un’orribile sensazione di agitazione mista a nausea crescerle nello stomaco e diffondersi per tutto il corpo. Le gambe erano molli.
Robert guardava lontano e non si muoveva, le braccia rimanevano incrociate. Era molto arrabbiato e agitato e Belle lo sapeva perché conosceva bene quell’espressione, le narici tese e le labbra immobili.
Zelena era poco lontano da lui.
“Le prime due squadre a fronteggiarsi saranno…”
Tink si avvicinò alle due amiche e appoggiò le mani sulle loro spalle.
“Scommetto che siamo noi.” Sussurrò poi.
E infatti…
 
Si disposero in campo, mentre Robert, Zelena e il resto della loro squadra raggiugevano l’altra parte della palestra.
“Voglio vedere un gioco corretto. Sceglieremo i giocatori in base non solo alla bravura, ma anche alle capacità di legare. E’ importante avere una squadra unita.
Ragazzi…maschi, intendo. Dosate la vostra forza, non vogliamo vedere nasi rotti.”
Fischiò, e l’amichevole iniziò.
 
Non stava andando male, pensò Belle abbassandosi ad una velocità che non credeva nemmeno possibile ed evitando una pallonata scagliata da una ragazza dell’altra squadra.
Tink, con un vero e proprio urlo di battaglia, si lanciò in avanti con due palle di spugna in mano e le lanciò in direzione di Zelena, che però le evitò.
Quella sorta di battibecco sportivo proseguì per numerosi minuti. Nessuno risparmiava certo colpi e gli studenti seguivano la loro piccola guerra con tanto d’occhi.
A Belle non sfuggì il fatto che ogni volta che Robert si impossessava della palla, valutava gli avversari ma finiva sempre per scagliarla contro Will Scarlett.
“Che diamine!” borbottò quest’ultimo, mentre si buttava a terra evitando un bolide lanciato nella sua direzione.
Belle si buttò letteralmente sul pallone e lo afferrò. Si avvicinò alla linea di metà campo, intenzionata a colpire Zelena. Poteva davvero farcela, la ragazza era distratta e seguiva i movimenti dei suoi compagni.
Lanciò il pallone con tutta la sua forza ma Robert urlò “Giù!”.
Zelena si ridestò e si scansò appena in tempo, lanciando un’occhiata velenosa a Belle.
Lei dal canto suo, non aveva idea se Gold avesse urlato volontariamente o involontariamente, se fosse davvero un avvertimento diretto a Zelena oppure a qualcun altro.
Tornò avvilita verso il fondo del campo mentre Tink furiosa lanciava due pallonate di fila contro Robert.
Improvvisamente Zelena si avvicinò alle sue compagne di squadra. Bisbigliò qualcosa concitatamente alle ragazze, poi fu il suo turno di avvicinarsi alla linea che divideva le due metà campo. Fissò Belle e sulla sua faccia si aprì un grande sorriso malevolo.
Tink ed Anna lanciarono due palle dritte contro di lei ma le schivò entrambe.
In men che non si dica, tornarono indietro entrambe ma dirette su Belle che le schivò per miracolo.
Altre tre pallonate giunsero dritte verso di lei, pochi secondi dopo.
Una la colpì in pancia mentre le altre due si schiantarono contro la spalla e il braccio destro. Cadde e rimase un momento immobile.
“Merda.”
Si alzò stordita e fissò le compagne di squadra.
“Attenta!” Urlò Will.
E poi un’altra pallonata, e ancora altre due, la colpirono in piena faccia.
Crollò a terra tenendosi il naso e sentendo il mondo esplodere intorno a lei, oltre che il cervello esploderle dentro al cranio. La fronte iniziò a pulsare terribilmente e così il naso.
Qualcosa di caldo e liquido iniziò a colarle verso la bocca e poi sul collo, mentre Tink prendeva una palla e la lanciava con furia verso la squadra avversaria colpendo però il muro.
Anna si era precipitata verso di lei, così come la Coach ed Ariel, alzatasi dalla panchina.
Le persone a bordo campo esclamavano concitate ed indicavano la scena, mentre Belle sentiva calde lacrime scorrerle sulle guance. Non sapeva dire se fosse la vergogna o il dolore cocente,  ma iniziò a piangere silenziosamente mentre continuava a tenersi il naso e la fronte.
“Dio mio!” strillò Anna. Si buttò a terra e le prese il viso tra le mani.
“No, non è rotto. Secondo me non è rotto. Me ne intendo di nasi rotti…beh non proprio, non ne ho mai vista in realtà ma secondo me questo non è rotto, guarda Ariel, guarda anche tu!”
L’altra la fissò con tanto d’occhi e alzò le mani.
Tink nel frattempo aveva iniziato ad urlare e puntare il dito contro Zelena.
“COACH!” Gridava “LI SQUALIFICHI! TUTTI!”
In tutto quello, Robert era rimasto immobile a fissare la scena: non si era mosso di un millimetro. Tink avanzò verso di lui e gli urlò qualcosa mentre lui scosse la testa e le rispose con veemenza, indicando i suoi compagni. Emma Swan e miss Blanchard apparvero improvvisamente in campo e si diressero verso la coach Tamara, preoccupate ed indecise sul da farsi.
I ragazzi inquieti parlottavano e gironzolavano tra le tribune o a bordo campo.
Aiutarono Belle a rialzarsi, tra le risate delle cheerleader e le voci concitate di tutti gli altri.
Ci fu un breve istante in cui lei fissò dritto verso Gold, aspettando di vedere una sua reazione, aspettando di vederlo correre in avanti , aspettando di vederlo urlare contro Zelena, aspettando di vederlo fare…qualsiasi cosa.
Invece lui rimase immobile e spostò lo sguardo sulle tribune.
Belle deglutì a stento, sentendo il sapore del sangue in gola, il brusio degli studenti nelle orecchie.
 Poi Tamara soffiò nel fischietto per ottenere il silenzio che cercava.
“Questo è un comportamento inaccettabile.”
Robert alzò titubante la mano per ribattere qualcosa ma nessuno gli diede retta.
“Siete tutti fuori. TUTTI!”
“Io non ho fatto niente! Non è giusto!” esclamò a quel punto il ragazzo.
“Stai zitto ragazzino e vedi di sparire insieme ai tuoi compagni di squadra. Ora.”
Zelena sorrise sotto i baffi.
Del dodgeball non poteva importarle di meno, ma una piccola soddisfazione se l’era presa e chissà se il naso di Belle sarebbe mai tornato com’era prima.
“Le altre due squadre in campo. Io accompagno la ragazza in infermeria. Riprendete a giocare.”
Tutti ripresero ad urlare, alcuni arrabbiati, altri semplicemente eccitati dalla situazione; alcuni invece ridevano per il modo sghembo in cui Belle si ricompose e camminò debolmente verso li spogliatoi, accompagnata dalla coach e dalla piccola Anna che aveva abbandonato la partita.
 
 
Regina si dileguò letteralmente appena finita la partita della sua squadra. Aveva visto e fatto abbastanza per quel giorno. Mentre le ragazze nello spogliatoio ancora discutevano di ciò che era successo poco prima, lei si cambiò, si sistemò criticamente i capelli davanti allo specchio e si defilò.
Uscì in corridoio e corse verso l’entrata delle tribune.
Lì trovò chi cercava.
“Allora, si è divertita?”
Emma si voltò e le sorrise. In mano teneva un plico di fogli che aveva appena ritirato dalla Blanchard.
“Beh, non proprio. Non pensavo che foste così violenti!”
“Non è sempre così.”
“Non mi piace comunque. Mi piacevano gli sport al liceo e giocavo anche a calcio coi miei compagni, ma…questo mi è sembrato esagerato.”
Regina si sedette accanto a lei e guardò l’orologio.
Aveva ancora mezz’oretta di autonomia prima di dover tornare a casa e rendere conto a sua madre della sua giornata.
“Perché se la sono presa con Belle comunque? Quella ragazza è così carina…”
La domanda non la colse propriamente di sorpresa.
Ciononostante valutò se dire ciò che sapeva alla professoressa.
“Lei sa la French e Gold stavano insieme, giusto?”
Emma annuì.
“L’avevo intuito, sì.”
“Si sono lasciati per colpa di…una delle ragazze che erano in squadra con Robert, oggi. Quindi…è una storia lunga.”
Per occupare il tempo, afferrò la sua bottiglietta d’acqua e ne bevve un gran sorso.
“Capito. Penso che la Coach risolverà la questione, ho visto Gold andare da lei dopo la partita…”
Regina inarcò le sopracciglia.
“Davvero?”
“Sì.”
Si strinse nelle spalle e bevve un altro sorso, aspettando che la professoressa continuasse a parlare.
“Posso parlartene, vero? Insomma, mi sembra che siate tornati amici e che le cose si siano risolte…”
“Oh sì. Ora siamo amici…insomma, circa. Comunque lui non mi piace più.” Disse convinta la mora.
“Magari perché ti piace qualcun altro”
Regina strabuzzò gli occhi e per poco non soffocò. Deglutì a stento e la guardò stralunata.
Emma sorrise incerta.
“Era…uno scherzo.”
“Sì…l’avevo…capito.”
Per togliersi dall’imbarazzo di quella orribile situazione, indicò i fogli che Emma aveva in mano.
“Cosa…cosa sono quelli?”
“I moduli d’iscrizione per il week-end a Boston, per visitare l’università.”
“Oh. Quando-“
“La terza settimana di maggio.”
Regina rifletté rapidamente e capì che doveva accertarsi di una cosa prima di fare una mossa assolutamente avventata che avrebbe potuto rimpiangere per tutta la sua vita.
“Chi…chi ci accompagnerà?”
“Dei professori intendi? Io, miss Blanchard e August Booth.”
“Lei?”
“Sì, mi occupo dell’orientamento.”
L’altra annuì.
“Ne prendo uno.”
Emma la guardò sorpresa.
“Credevo volessi andare a Yale.”
“Sì beh…non si sa mai nella vita. Poi un week-end fuori città…può biasimarmi?”
Senza aspettare una risposta e un permesso, allungò la mano ed afferrò uno dei fogli. Lo sventolò ironicamente, poi si alzò e saluto la professoressa, lasciandola in uno stato di perplessità assoluta.
 
 
Appena dopo essere uscito dall’ufficio della coach, Robert corse a perdifiato lungo i corridoi fino ad arrivare all’infermeria, dove trovò però Tink davanti alla porta.
Lei non si mosse, a braccia incrociate lo attese e lo guardò con serietà.
“Devo entrare.” Disse lui senza preamboli.
“Puoi scordartelo.”
“Come scusa?”
“Hai capito benissimo.”
“Dai, fammi entrare!”
“No!”
“Spostati.”
“No.”
“Si può sapere che cazzo di problema hai!?” esclamò furioso.
Belle era lì dentro e probabilmente aveva male, aveva bisogno di essere consolata, magari coccolata, e lui doveva spiegarsi, doveva dirle cos’aveva riferito alla coach, doveva dirglielo subito e Tink non si schiodava di lì, lo fissava semplicemente senza muovere un muscolo e gli impediva di svolgere il suo compito.
“Che problema ho?” chiese poi incredula “Hai visto cos’hanno fatto le tue amiche a Belle?”
“Non sono stato io! E non sono mie amiche! Lasciami entrare!” fece un passo in avanti, concitato, ma Tink lo spinse indietro.
“Smettila!”
“Smettila tu e lasciami entrare! Non ho colpa se quelle sono pazze o non so cosa, io ho parlato con la Coach, ho detto loro quello che è successo e le ho fatte squalificare e-“
“Tu non capisci proprio niente, vero?” domandò la ragazza con tono sprezzante.
“Cosa?”
“Non frega a nessuno se sei andato dalla coach! Quello che dovevi fare era intervenire lì e difenderla ed aiutarla, invece sei rimasto immobile e hai guardato altrove perché sei un cacasotto! Sono persino venuta da te a dirti di reagire e tu mi hai detto di no!“
“Perché non potevo fare niente! Ero da solo e ci sarei finito dentro pure io, mentre non volevo prendermi la colpa per una decisione che hanno preso loro, inoltre-”
“Oh non sia mai!” esclamò lei con enfasi “Robert Gold che si immischia in qualcosa e dà prova di non essere un totale smidollato e un codardo!”
“NON SONO UN CODARDO!”
Pestò il piede a terra e si avvicinò di nuovo alla porta.
“Fammi entrare!”
“Lasciala stare!” urlò l’altra di rimando, furibonda “Non hai neanche avuto le palle di difenderla durante uno stupido allenamento di dodgeball e lei ti ha guardato, aspettava che tu facessi qualcosa, e invece niente! Non hai avuto le palle di aspettarla per una settimana, non hai avuto le palle per dirle in faccia che la amavi, non hai le palle neanche di guardarti allo specchio! Credi di farla felice ma…ma le rovini solo la vita. E te l’ha detto lei, è finita. Perché non te lo ficchi in quella zucca vuota che ti ritrovi!?”
Robert arretrò orripilato da quelle parole.
Scosse la testa per scacciarle, non poteva sentirle, non doveva ascoltarle, non ora che aveva da compiere una missione importante. Forse ci avrebbe pensato in seguito, a casa, al sicuro nel suo letto, sotto le coperte, dove poteva piangere senza essere visto o giudicato...
“Stai zitta e spostati.” Sibilò.
“Vattene.”
“Devo dirle una cosa che mi ha detto la coach.”
“Posso dirgliela io.”
“Invece gliela dirò io. O aspetterò qui fino a che non ti sposterai o fino a che lei non uscirà. Allora le parlerò.”
Tink lo fissò con disgusto.
“Va bene. Se credi di farla felice palesandoti davanti a lei e rompendo per l’ennesima volta i confini che lei ha stabilito e-“
Non finì il discorso. Robert le era passato accanto, le loro spalle si erano scontrate e lui era andato oltre.
 
 
Belle era seduta su un lettino dell’infermeria, tenendosi la busta di ghiaccio che le era stata consegnata proprio sul naso pulsante.
L’infermiera le aveva sbrigativamente dato un’occhiata e aveva decretato che il naso non era assolutamente rotto e che era piuttosto normale farsi male durante gli allenamenti sportivi e che non c’era da disperarsi o da piangere.
La ragazza ora era sola, cercava di riordinare le idee e soprattutto cercava di ignorare le dolorose pulsazioni che si diffondevano per tutto il viso.
Non era quello a farle male, era l’umiliazione. Il fatto che tutte quelle ragazze si fossero messi a lanciarle addosso tutte quelle palle di spugna, a lei e solo a lei, semplicemente perché Zelena gliel’aveva detto.
Il fatto che quelle sconosciute fossero state pronte a farle deliberatamente del male solo perché una loro compagna aveva detto loro di farlo.
Ma era stata solo colpa sua, pensò Belle. Certo, quelle ragazze erano cattive, non la conoscevano nemmeno ed erano pronte ad umiliarla, erano perfide, ma lei, Belle, avrebbe potuto evitare di infilarsi in quella situazione.
Era stata lei ad esporsi, perché una minuscolissima parte di lei aveva sperato di poter rifilare una bella pallonata a Zelena e batterla. O aveva almeno sperato di poter uscire a testa alta da un confronto, ottenebrata dalle parole di Tink e dagli incoraggiamenti delle altre sue amiche.
Ma avrebbe dovuto sapere perfettamente come sarebbe andata a finire.
Era una sciocchezza – si ripetè – entro poco se ne sarebbero dimenticati tutti.
E in più, ci era abituata. Certo, ultimamente a scuola era stata molto bene, probabilmente per l’influenza e la popolarità di Robert, unita al fatto che finalmente aveva delle amiche, un ragazzo, un club scolastico…ma ora lei e Robert si erano lasciati e lui non veniva più al giornalino, e Killian non veniva a scuola e lei era arrabbiata con Tink, e Regina sembrava averli abbandonati di nuovo…e tutto era precipitato di nuovo in un abisso, proprio come era sempre stato. Quella indefinita nuvola di felicità in cui era vissuta per qualche mese si era dissolta e il mondo era tornato ad essere lo stesso di sempre.
Le cose non cambiano per le persone come me – pensò amaramente – possono solo migliorare momentaneamente, ma non cambiano.
E improvvisamente la porta si aprì.
 
 
Entrò Robert, con i suoi pantaloncini blu e una felpa sopra la maglietta e uno strano sguardo.
Non si mosse dalla porta.
Belle cercò di ignorarlo, di ignorare la cocente vergogna che provava al pensiero di com’era caduta davanti a lui e davanti alla scuola. Cercò di ignorare anche il fatto che lui non aveva mosso un muscolo per fermare il massacro, che l’aveva osservata per un momento e aveva subito distolto lo sguardo.
In fondo erano solo sciocchezze ed entro pochi mesi sarebbe andata via, a Boston, con Tink…anche se in questo momento era un po’ arrabbiata con lei, sarebbero partite e si sarebbero lasciate tutto alle spalle…
Cercò anche di ignorare che una parte di lei era così felice di vederlo lì, di sapere che ancora gli importava, che non la considerava solo una poveretta, che era venuto a vedere come stava, anche se aveva quell’espressione contrita e quella stupida tenuta sportiva che non gli si addiceva proprio.
“Volevo solo dirti che ho parlato con la Coach e lei ha detto che è assolutamente intenzionata a squalificare Zelena. E anche gli altri che ti hanno fatto male.” Esordì lui bruscamente.
Belle si morse il labbro e tamponò il livido col ghiaccio.
“Okay.” Disse dopo un po’.
“E volevo dirti che sei nella squadra.” Aggiunse poi.
La ragazza rimase un momento immobile, poi alzò lo sguardo, fino ad incrociare gli occhioni scuri di Robert.
“Come scusa?”
“Sei nella squadra.” Ripeté.
Avrebbe voluto ridere ma non c’era nulla di comico.
Lei, nella squadra. E ovviamente veniva Robert in persona a dirglielo.
“Chi hai pagato per farmi entrare?”
Gold fece un passo in avanti e infilò le mani in tasca.
“Nessuno. Ma lo spirito di squadra è importante, a volte anche più delle prestazioni. E tu ne hai più di molti altri, secondo la coach.”
Belle annuì.
“Bene. Sono molto felice, ti ringrazio per la splendida notizia.”
Non avrebbe saputo dire se era peggio la freddezza o l’estremo sarcasmo in quelle parole.
“Anche io sono in squadra.”
“Oh, ancora meglio.”
Robert non disse nulla.
 
“E’ finita.”
 
Il ricordo di quella frase lo trattenne dall’avanzare verso Belle, abbracciarla, dirle che la amava ed aiutarla con quella busta di ghiaccio. Non erano più affari suoi se lei stava male, come gli aveva fatto notare Tink poco prima. Sentire quelle parole gli aveva fatto male, era stata una secchiata d’acqua fredda di fronte alla dura realtà.
E inoltre, sempre come Tink gli aveva fatto notare, non era abbastanza coraggioso da avanzare, abbracciarla, dirle che la amava ed aiutarla con la sua busta del ghiaccio.
“Comunque non vedo perché avrei dovuto pagare qualcuno. Andavi…andavi ben prima che si coalizzassero contro di te.”
Belle lo guardò lentamente.
Fu chiaro che non c’era più nulla da dire, così Robert si voltò  si avviò verso l’uscita col cuore pesante, quando le parole della ragazza lo fecero voltare di nuovo.
“Perché non mi hai difesa?”
Lui rimase immobile, zitto e fissò il pavimento.
“Pensavo solo che…che sarebbe stato più utile parlarne con la coach.”
La ragazza lo guardò, levando improvvisamente la busta dal naso tumefatto.
“Io volevo solo essere difesa.”
A rompere il silenzio che seguì quelle parole ci pensò l’infermiera.
Aprì la porta bruscamente, fissò un momento Robert, dopodichè gli consegnò un foglio.
“Uno per te, e uno per la signorina. La professoressa Swan mi ha chiesto di darveli ora e di riportarli firmati al più presto.”
Belle diede un’occhiata al foglio, nonostante la testa pulsante riusciva a leggere abbastanza bene.
“Ci andrai?” chiese Robert, leggendo anche lui il contenuto.
“Al week-end a Boston? Sì. Anche perché se voglio iscrivermi in quell’università mi conviene vedere com’è.”
Gold rimase paralizzato dalla risposta. Ci mise qualche secondo per realizzare ciò che veramente Belle gli stava dicendo.
Alzò gli occhi dal foglio, completamente stranito.
“Boston?”
Lei annuì “Mi sembra una valida alternativa.”
“No.”
Il tono di voce del ragazzo era incredulo e tremante.
“No, tu avevi detto che saresti venuta a New Haven.”
Belle chinò la testa, guardando il lettino dell’infermeria.
“Non c’è niente per me a New Haven.”
Robert si avvicinò a lei, terrorizzato.
“Non è vero! E’ una buonissima università e tu dovresti cogliere l’occasione e andarci. Non puoi buttare via tutto, non sarebbe-“
“Non butto via niente. Cambio semplicemente università.”
Ma per Robert quello significava davvero buttare via tutto.
Buttare via la sorda, piccola speranza di partire insieme ad agosto, di poter sistemare le cose, magari di poter vivere insieme o semplicemente ricominciare ad essere amici e poi qualcosa di più…
“Ma…A New Haven.”
“Ci sei tu. E basta.”
Appunto – avrebbe voluto risponderle Robert.
C’era lui. C’erano loro, insieme, in un’altra città, liberi di ricominciare e di stare bene insieme e di costruire un futuro insieme, di laurearsi, di prendere l’aereo insieme per tornare a Storybrooke per Natale…
Realizzò improvvisamente che senza saperlo, aveva investito tutto in quella minuscola speranza. Non ci pensava, era troppo desolato in quei giorni per capirlo, ma aveva sempre pensato che in qualche modo, una volta lontani da quella cittadina, sarebbero tornati insieme.
Ma non c’era più nessun tipo di futuro possibile.
Belle si stava trasferendo, stava decidendo per un altro futuro, uno nuovo, lontano da lui, lontano da loro…
“Non verrai a New Haven” Disse lentamente.
“No.”
“E quando pensavi di dirmelo, di grazia?” chiese tremando.
Ora oltre alla tristezza stava sopraggiungendo un nuovo sentimento, rabbia, frustrazione, senso di impotenza.
“Non mi sembrava di doverti dire qualcosa.” Rispose lei gelida. Aveva ripreso a tamponarsi il naso e aveva distolto lo sguardo.
“Va bene. Allora, vaffanculo.”
Di scatto si voltò, camminando spedito verso l’uscita.
Lasciò la stanza sbattendo la porta e senza voltarsi.
Tink era ancora fuori e lo squadrava a braccia incrociate.
“Se hai qualcosa da dire, tienitelo per te.” Ringhiò il ragazzo.
Poi prese a correre.






-------------
Song: You Oughta Know - Alanis Morisette
(*) Merrin e Kristin: sono le attrici che interpretano Ursula e Malefica. Non potendole chiamare Ursula e Malefica (#LOL) ho optato per i nomi delle interpreti :)

*smirk*
Sono qui, con un piccolissimo ritardo di pubblicazione dovuto a cause di forza maggiore che non sto a spiegarvi.
Che dire? Cito George R. R. Martin: "Questo capitolo è stato una cagna". 
Si tratta di un capitolo di passaggio in cui ho buttato le basi per due avvenimenti futuri molto importanti, ossia il dodgeball (si, tornerà a colpire) e la gita a Boston. Vedrete come si svilupperà la cosa ma...attenzione! I prossimi capitoli saranno cruciali e molto densi.
No, non mi sono dimenticata di Killian. Ma piuttosto che buttare lì un pezzo su di lui tanto per, preferisco tenerlo per il prossimo capitolo in cui vedremo cosa sta succedendo in ospedale. 
Sono muy muy muy dubbiosa su questo capitolo, proprio perchè essendo di passaggio, non so dove collocarlo. Mi trovo sempre in difficoltà con questo genere di cose.
Ho immaginato che Belle sia in una fase un po' "instabile". Da una parte vuole ancora farla pagare a Zelena etc., dall'altra c'è la parte matura di lei che le dice di trattenersi. Anche Robertrumple è una spina nel fianco. 
In ogni caso è sempre un piacere per me scrivere, spero che il capitolo vi piaccia, per quanto appunto possa sembrare misero in confronto ad altri e privo di fluff e scene aww o scene divertenti. 
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va. Come al solito ringrazio tantissimo tutti coloro che lasciano splendide recensioni, che aggiungono la storia alle seguite, preferite o ricordate.

♥♥♥ Grazie davvero ♥♥♥
Quindi al prossimo appuntamento, che ho stabilito per, salvo imprevisti, Domenica 15 Marzo.
Un bacione 

Seasonsoflove
 
   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: seasonsoflove