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Autore: Illunis    27/02/2015    0 recensioni
"Ricordava ben poco di come era giunto a confessargli ogni cosa – centrava qualcosa con un articolato discorso sulla fiducia e sul fatto che Arthur, a detta dell’asino, non fosse stupido (certo) -, il punto focale della questione era che aveva smesso i suoi panni da innocente e non magico servitore (senza neppure ricevere un premio per la sua performance, tante grazie) con quel decerebrato del suo padrone.
Asino, lui preferiva definirlo asino."
[Merthur, What if? (e se Arthur venisse a sapere che Merlin è un mago?), post 3x05; serie di oneshot distaccate fra loro, ma correlate]
Genere: Commedia, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
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Beta: Skadi
Prompt: #9 Narciso (incertezza) della tabella Florigrafia I di think_fluff
Conteggio parole: 1809 (fdp)
Prompt: #9 Narciso (incertezza) della tabella Florigrafia I di think_fluff
Note: Come sono arrivata a questo, beh, non lo so. So solo che volevo scrivere di Lancelot e che è troppo carino e amoroso con Gwen e… sì, ho rivisto l’episodio in cui lui rinuncia al suo amore. È da quando la conosco che dico che la BBC è cattiva. Uh, non è molto fluff, a dire il vero, però mi serve per aprire un discorso che tratterrò più avanti e sentivo il desiderio di parlarne.
Un enorme bacione a lululove2 e a hiromi_chan per aver recensito il capitolo precedente :3
Ps. È la prima volta che uso Gwen, ditemi come mi è venuta \o/


 
Se c’era una certezza nella sua vita da mago sfruttato e tiranneggiato da Arthur Pendragon il Principe degli Asini era questa: almeno una volta al dì doveva inciampare nel nulla o perdere qualcosa. La prima non era avvenuta quindi, di conseguenza, la seconda era ciò per cui si stava arrovellando da una buona mezz’ora macinando miglia su e giù dalle stanze della testa di legno (sua maestà la testa di legno) alla lavanderia. Un stivale non poteva scomparire in quel modo in corridoi quasi privi di mobilia!
Alla quinta - sesta? - volta che ritornava presso l’entrata della lavanderia decise di non volerne saperne più di cercare uno stupido stivale (come se Arthur potesse sentirne la mancanza) e, ancora carico delle vesti che avrebbe dovuto lavare, si diresse nelle cucine ad assetarsi e rubacchiare qualcosa da sgranocchiare, forte del fatto che normalmente a quell’ora era deserta.
Scaraventò a terra il carico, un clangore l’avvertì di aver preso per sbaglio una delle cinte del principe e si fiondò sulla brocca colma di sciroppo di sambuco di cui la cuoca ne era ghiotta. Se ne versò un generoso boccale e, sorseggiandolo, si voltò per appoggiarsi al mobile.
Lì, seduta al tavolo, Gwen lo stava guardando, divertita.
Merlin, elegantemente, sputacchiò la bevanda.
« Tutto bene? Scusami se non mi sono fatta notare.» Gwen era la personificazione stessa della dolcezza, così teneramente preoccupata per gli altri, così tremendamente affettuosa.
« No, uh, non è colpa tua se non ti ho vista. » Tossicchiò, raggiungendola e sedendosi di fronte « stavi leggendo? » le chiese, alludendo ai fogli sotto alle sue belle dita.
« Sì » un caldo sorriso le tinse il volto « ho… » accarezzò quelle che a Merlin parvero lettere e credette di vederla arrossire, gli occhi bassi « oh, non so se posso dirtelo » la vide torturarsi la morbida carne delle sue labbra, stranamente angustiata.
« Stai complottando per spodestare il re e diventare una bellissima e malvagia regina? » Le sussurrò protraendosi verso di lei, come se stessero effettivamente cospirando contro la Corona.
« Cosa? No! » Vederla ridacchiare l’acquietò, aveva percepito la tensione sul suo dolce viso. Credeva che se esistevano persone che meritavano d’essere felici fra queste c’era lei.
« Beh, allora puoi dirmelo » modellò le labbra nel suo sorriso un poco idiota e un poco malizioso, quello che era in grado di far vacillare Gwen, far sorridere Lancelot, far scoppiare dal ridere Gwaine e farsi guardare male dall’idiota regale.
« Io… » sbuffò, vinta dalla battaglia con il proprio bisogno d’un confidente e assottigliando la voce cominciò: « tempo fa ho rincontrato Lancelot »
« Quando? »
« Tre lune fa, quando sono andata a trovare mia zia Helewis e… » giocherellò con un angolo d’un foglio, spiegazzandolo, appianandolo, concentrandosi su quel dettaglio, timidamente restia a lasciarsi leggere il cuore. Nel rifuggire dai suoi occhi Merlin intuì cosa stesse passando sotto alla chioma riccioluta della sua amica: aveva ritrovato nello sguardo di Lancelot ciò che lui le aveva negato. « Ecco, ci siamo parlati e… gli ho chiesto se ogni tanto ci potevamo scrivere… lo so che è difficile, non si trova spesso qualcuno disposto a far arrivare una missiva, ma è sempre riuscito a mandarmi una lettera almeno una volta al mese e… » l’armonia della contentezza fece brillare il suo sguardo e l’alzò, era così profondo e intimamente legato ad un ricordo che stava rimembrando, come se ora non stesse vedendo il ragazzo seduto davanti a lei, ma l’uomo di cui stava parlando « oh, Merlin, Lancelot è così… »
« Lancelot » Non esistevano termini per descriverlo, entrambi s’erano infatuati dei suoi modi, del suo coraggio, della profonda lealtà ai suoi ideali, era così integro, forte e deciso e ammantato da una generosità che lo rendeva il cavaliere errante delle ballate cantate a corte, per cui le dame e le fanciulle sospiravano, in trepidante attesa che venissero romanticamente rapite.
Merlin faticava a capire se fosse stato il cuore di Gwen ad essere stato rapito per primo o quello di Lancelot.
« Sì… io… » Lasciò un lungo sospiro, simile al respiro trattenuto per colpa d’un enorme peso, e lo incatenò al suo sguardo, colmo d’amore e dilemmi, stringendo fra le dita le lettere « dimmi Merlin, si possono amare due uomini allo stesso tempo? »
« E come faccio a saperlo? » proruppe, fintamente offeso cosicché da strappargli un sorriso, convinto che l’unica cosa che potesse fare era alleggerire per quell’attimo i pensieri della fanciulla, perché per quesiti del genere credeva che non poteva giungere nessuna risposta al di fuori del proprio cuore.
E se mai si fosse sbilanciato, se una parola in più sfuggita dalle sue labbra l’avesse condotta fra le braccia di Lancelot lui non se lo sarebbe mai perdonato. Si sentiva un verme a sperare, con quella parte di cuore che Arthur s’era preso, che Gwen rimanesse fra le braccia di Arthur che ne riscaldasse il petto e lo proteggesse con il suo amore dalle tempeste della vita, così come lui non avrebbe mai potuto fare.
« Hai ragione, perdonami » le risa conquistarono le sue labbra per poi lasciarle pian piano finché non tramutarono in un sorriso, dolce « è che… Arthur è un uomo buono, coraggioso e gentile » Gentile? E quando? Dissentì il sopracciglio di Merlin « e si sforza sempre di capirmi, ma Lance » Ahi, nomignolo. Quanto si sono riavvicinati? « lui mi capisce subito, come se per lui fosse naturale e ci sono volte in cui ho la certezza che siamo destinati ad amarci… e… oh, sono una tale schiocca a crederlo, vero? »
« No, non lo sei » l’unico schiocco in tutta quella storia era quello che aveva inventato la parola destino. Non l’aveva conosciuto – probabilmente era anche morto -, ma l’odiava profondamente. « Sei solo innamorata, Gwen. »
Cercò di sorriderle, per confortarla nel dubbio che l’attanagliava, ma fu breve e mesto, un triste esemplare. Il petto gli doleva, ed era come se il respiro gli fosse stato tolto, divorato dalla bestia della tristezza, solo che quell’angoscia non apparteneva a lui, era costruita sull’affetto per Arthur, su ciò che il suo principe avrebbe provato nel sentire quelle parole, sulla morsa che avrebbe stritolato e annientato la felicità dal suo cuore.
 


« Avresti dovuto vedere la sua faccia, è stato impagabile! » litigò con uno dei minuscoli bottoni della casacca (secondo Morgana era più eleganti, ma per suo modesto parere erano solo stupidi e scomodi), ponderando se strapparli era una soluzione applicabile « certo, Sir Philemon è un ottimo combattente, ma quando si tratta di boria non lo batte nessuno. È insopportabile… Merlin! »
« Che c’è? » Osò inveire il suo servitore, trasudando fastidio. Come se spostare oggetti da una parte all’altra della stanza e ammucchiare a caso le sue vesti fosse di tale vitale importanza da non poter essere disturbato.
« Che ne dici di venire qui e adempiere ai tuoi compiti invece di saltellare come un matto per tutta la stanza? » La prossima volta che Morgana gli avesse regalato un altro vestito con quei diabolici bottoncini glielo avrebbe tirato in faccia.
Finalmente lo vide lasciar perdere le vesti che stava cercando di piegare (una rarità) e ne seguì i movimenti, aspettandosi una qualche battuta sul tenore di potreste anche imparare a gestire un paio di bottoni, sire.
Merlin iniziò a combattere contro i malefici bottoncini senza proferire parola.
Davvero strano.
Chinò lo sguardo dalla fronte corrugata accarezzata dai corti ciuffi – non se ne era accorto fin ora, ma Merlin li aveva lasciati crescere -, alle labbra tese, sottili e fastidiosamente ancora troppo rosse, fino alle dita affusolate che leste attaccavano il nemico, nervosamente, e poté scorgere nella solerzia silenziosa con cui combattevano che un pensiero stava tormentando il mago.
« Merlin posso vedere il fumo che ti sta uscendo dalle orecchie a forza di pensare, smettila. » Detestava vederlo talmente travolto dalle preoccupazioni da non rivolgergli la parola, ed ora sapendo quanto era stato costretto a celare e a mentirgli era determinato ad obbligarlo – più o meno delicatamente – a condividere con lui ogni peso, ogni incertezza.
« Non sto pensando a niente. »
« Certo… quindi prima mi stavi ascoltando, giusto? »
« Giusto »
« E..? »
« Cosa? »
« Cosa stavo dicendo? »
« Vi stavate lamentando. »
« Questo non dimostra che stavi ascoltando » infine la battaglia venne vinta e l’ultimo bottone fuggì dalla sua asola; Arthur lasciò alle mani di Merlin il compito di spogliarlo, aspettando la sua reazione, attento come durante una caccia.
« Avete ragione, ma non è colpa mia se quando parlate vi lamentate sempre » vide le sue iridi per un attimo, un battito di ciglia, il tempo d’un fugace sorriso, più simile ad una formalità che ad una beffa, e queste ritornarono sulle proprie mani, attente nel spogliarlo.
S’accigliò confuso, alzò le braccia, si sedette, allungò alternamente le gambe rendendo Merlin il suo burattinaio, concentrato sulla chioma corvina china su di lui, sulla mancanza innaturale dei suoi borbottii, delle sue rimostranze, degli insulti e delle canzonature.
« Merlin? » C’era così tanto in quel corpo apparentemente fragile, ma così forte e stupidamente leale; Arthur s’era trovato ingarbugliato nelle sue parole irrispettose, nella facilità con cui dava la sua vita per lui e nelle sue iridi rubate al cielo, e nella lunga notte priva di luna in cui ogni menzogna era caduta aveva giurato di proteggerlo contro tutto e tutti.
Anche dal suo stupido cervello.
Per cui se non desiderava condividere ciò che lo turbava, d’accordo, l’avrebbe tormentato il giorno seguente (era troppo fiacco quella sera), però voleva perlomeno toglierli da quella sua dura testaccia il pensiero funesto che l’aveva colto.
« Uh? » Merlin sbucò dall’armadio in cui era finito (Arthur non volle immaginare quanto non era ordinato), ritornando da lui con le vesti spiegazzate nelle braccia.
« Domani » dato che il consolarlo non era un opzione (e come avrebbe dovuto farlo? Riempiendolo di parole smielate? Uh, no) poteva provare ad indispettirlo « verrai con me all’addestramento. »
« Che? Cosa avete intenzione di fare? » Arthur accolse con soddisfazione la nota d’agitazione insita nella frase, ora che il tono del mago non era più mesto sorrise, inorgoglito.
« Ti darò qualche lezione di spada »
« Cosa? È completamente inutile e poi sapete che non mi serve! »
« A te no, ma servirà agli altri per vedere cosa non bisogna fare in un combattimento » quando lo sentì insultarlo, infervorandosi nell’elencargli i motivi per cui era un asino e lo vide scaraventare malamente in un angolo le vesti smesse, Arthur seppe d’aver allontanato definitivamente qualsiasi cosa stesse tormentando l’altro.
S’addormentò con il sorriso sulle labbra e dormì profondamente, in pace col mondo.
Anche quel giorno aveva salvato Merlin.
 

Na: Arthur è un tale idiota (e adoro scrivere di lui che fa cose carine, ma in modo stupido)

   
 
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