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Autore: Zury Watson    28/02/2015    1 recensioni
Immersi ognuno nella propria vita, c'è chi rimugina sulle scelte fatte, chi prova a dare una svolta, chi si dice che in fondo va bene così. Tra tutti ci sono io che immagino una me stessa in un altrove non meglio specificato, non troppo diversa dalla me stessa reale: le passioni sono le stesse, il coraggio ha qualche punto in più.
In un simbolico universo parallelo, la mia passione per Sherlock Holmes mi porterà a vivere un'esperienza inaspettata e indimenticabile che porta il nome di Mark Gatiss.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mark Gatiss
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6. Colpa del cuore

Per ragioni forse pure comprensibili, Mark Gatiss e i suoi hanno quasi smesso completamente di lasciare indizi su Twitter. Il che per me sostanzialmente significa tornare a lavorare esclusivamente sul materiale già a disposizione. Che più o meno equivale a lanciarmi da un aereo con un paracadute bucato. Non tanto perché io non sia in grado di mettere insieme i puntini, ma più che altro perché credo di aver già analizzato tutto l'analizzabile.
Quindi, cerco di guadagnare un po' di tempo in attesa di avere qualcosa di nuovo da proporre ai miei lettori. Fortunatamente sono proprio loro, spesso, a stimolarmi con i messaggi che mi scrivono. Con mio grande piacere, il mio blog non è mai stato un monologo tra me e me. Nelle ultime settimane, poi, ho parlato delle mie deduzioni molto di più grazie alla presenza continua di M.
Non conosco praticamente nulla di lui, ma so per certo che è un tipo che sa il fatto suo. Mi ha dimostrato di conoscere alla perfezione tanto il Canone quanto le stagioni della serie tv della BBC. Ciò che più mi piace del parlare con lui è che ha sempre trovato il modo di non chiudere la conversazione. Mi era già capitato di scambiare più di due messaggi con i miei lettori, ma ad un certo punto la questione si esauriva e non mi arrivavano più messaggi da quell'utente se non in occasione di un nuovo articolo. Con M. invece è diverso: non abbiamo mai smesso da quando mi ha scritto la prima volta.
Questo mi confonde. E mi fa fare cose stupide, come questa...

[...] A proposito, sai che il mio inglese è una condizione necessaria agli utenti non italiani che mi leggono. Che mi dici del tuo inglese invece?

La curiosità mi ha spinta ad aggiungere una domanda personale che avrei fatto meglio ad evitare.
Se c'è una cosa che mi sono ripromessa quando ho avviato il blog è il divieto assoluto di stringere amicizia con i lettori. Non perché, come sostengono gli Holmes, i sentimenti sono un ostacolo, ma semplicemente perché non voglio che si arrivi a cercare un contatto per cose personali quali possono essere uno sfogo che nulla ha a che fare con il senso del blog. Mi conosco e so bene che poi finisco per fare quella che ascolta i guai di tutti, per questo avevo preso quella decisione. Decisione mantenuta fino a poco fa...

Il giorno seguente.

Anche se a Manuele ho raccontato di essermi impelagata in un romanzo che non sono riuscita a mollare prima delle quattro di stanotte, il reale motivo per cui ho dormito male come non accadeva da tempo, influenza esclusa, è l'attesa. Non ho fatto altro, per tutta la notte e per tutto il giorno, che attendere la risposta di M. alla mia domanda invece di nascondermi in un angolo buio per aver anche solo pensato di fargliela.
La stessa bugia la utilizzo per declinare gentilmente un invito al cinema. Non mi piace nemmeno il film che danno, ma conoscendomi non avrei rifiutato, per evitare di lasciare sola un'amica. Ho imparato sulla mia pelle, però, che non tutti hanno la stessa premura e forse, in fin dei conti sono io che sbaglio assecondando sempre gli altri in onore di un sentimento ideale. In ogni caso non intendo giustificare me stessa per la vera ragione di tutto questo. So che non porterà a nulla di buono, perciò è meglio che torni in me e la smetta immediatamente di comportarmi come una ragazzina. Sono una blogger che scrive deduzioni, devo tenerlo bene a mente.
Appena arrivata a casa, invece di avviare il computer come l'istinto suggerisce, volo in cucina a preparare la cena e mi faccio tenere compagnia dalla mia playlist preferita.
Faccio tutto tanto lentamente che alla fine riesco a rilassarmi completamente e decido che per oggi non mi collegherò al blog. Preparerò invece il prossimo articolo.

Il giorno dopo ancora, ore 21:13 PM

Una cosa che ho sempre trovato molto interessante nella terza stagione di Sherlock è Barbarossa, o Redbeard se preferite. Sia Mycroft Holmes che Charles Augustus Magnussen hanno pronunciato questo nome e in entrambi i casi abbiamo visto Sherlock esitare. La prima cosa che ho pensato nel sentire questo nome è stata: che diavolo c'entra adesso l'imperatore Barbarossa? Sono arrivata a considerare le ipotesi più insensate di sempre pur di riuscire ad arrivare ad una conclusione logica. Ovviamente non ho ottenuto risultati soddisfacenti, ho quindi abbandonato l'idea dell'imperatore e ho atteso il punto preciso, nell'episodio conclusivo della terza stagione, in cui finalmente ci viene spiegato chi è davvero Barbarossa. È un cane, come tutti ormai sappiamo, e più precisamente il cane di Sherlock Holmes. Da come i due si incontrano di nuovo nel palazzo mentale di Sherlock e da ciò che quest'ultimo dice si può comprendere che quando lui era solo un bambino, Barbarossa era il suo unico amico, l'unico a cui il piccolo Sherlock volesse bene. Questo implica che, alla morte del cane, Sherlock abbia sofferto molto dimostrando la vulnerabilità che deriva dal provare sentimenti per qualsiasi essere vivente, animali compresi. Da qui l'uscita telefonica di Mycroft, tempisticamente perfetta, capace di far vacillare Sherlock al matrimonio del suo miglior amico, John Watson.
Dopo aver visto la 3x03 è chiaro il messaggio di Mycroft a suo fratello.
Sulla stessa linea viene a trovarsi Magnussen che annovera Barbarossa tra i punti critici di Sherlock Holmes.
Quali conclusioni possiamo trarre da tutto ciò?
Sono trascorsi anni dalla morte del cane, eppure Sherlock ha conservato intatto il legame con lui. Aveva quindi ragione Moriarty, fin dall'inizio:
Ti brucerò il cuore
Mi dispiace, ho saputo da fonti certe che non ce l'ho
Ma sappiamo entrambi che non è affatto così
Concludo segnalando una differenza tra la rivisitazione della BBC e l'opera di Conan Doyle dove Barbarossa non compare affatto ed è anzi il Dottor Watson ad avere un cane che porterà con sé nell'appartamento al 221B di Baker Street.
A voi ulteriori considerazioni!
Con affetto, Zury.

Pubblico l'articolo e passo ai messaggi, trovando tra gli altri quello di M.
Se sia rimasto sorpreso oppure no dalla mia domanda personale non l'ha dato a vedere. La sua risposta trasuda gentilezza da tutti i pori... o sono io che di nuovo mi lascio trasportare? Ma come si fa a non restare incastrati se un tipo così interessante ti rivela anche di essere un inglese di Londra?
Quando mi rendo conto di avergli raccontato della mia esperienza a Londra quando avevo appena dodici anni è già troppo tardi. Pure per il mio cuore.
   
 
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