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Autore: E4e    01/03/2015    3 recensioni
Isabella Swan è una diciassettene schietta e sagace.
La sua linfa vitale è il pattinaggio su ghiaccio, per il quale prova una passione sfrenata, tanto da dare contro a sua madre, che la vorrebbe più concentrata sull'idea di frequentare l'università.
Dopo la morte del padre, suo primo istruttore, Isabella affida il suo talento ad Esme Cullen pattinatrice professionista che in seguito ad un incidente dovette abbandonare il suo sogno.
Durante la preparazione del saggio finale, Isabella verrà a conoscenza di una triste verità, per la quale Esme non potrà più allenarla.
A sostituirla il figlio Edward, che non avrà da subito un rapporto facile con Isabella. Fino a che...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Capitolo 3

Erano da poco passate le 20 e dopo avere risistemato la cucina ed avere consumato una cena veloce, ero quasi pronta per andare a letto a leggere e rilassarmi. Il viaggio di lavoro della mamma era quasi terminato, per cui pensai di godermi quei pochi attimi di privacy prima del suo ritorno. Non che volessi sembrare una figlia ingrata: sapevo che la morte di papà era stata un duro colpo per entrambe, ma la mamma dolce e affettuosa di prima era sparita, lasciando il posto ad una regina dei ghiacci. Che per giunta, odiava il pattinaggio artistico e qualsiasi cosa le ricordasse quello sport. Sospirai pesantemente e mi avvia in camera salendo le scale. Non feci nemmeno in tempo a passare la soglia che dovetti fare dietro front e andare a rispondere al cellulare: non poteva essere Renee perchè ci eravamo già sentite quella sera.
Guardai il display incuriosita e aggrottai le sopracciglia quando lessi il nome di Esme. Risposi senza esitare.
«Ciao Esme, qualche problema?», dissi. Non mi era mai capitato che chiamasse a quest'ora.
«Ciao cara! Nessun problema, ma volevo chiederti se potessimo anticipare l'allenamento di domani mattina alle 4.30. Lo so che è prima del solito e che hai la scuola, ma è veramente importante», rispose. Conoscevo Esme da quando ero bambina, era una collega di mio padre da anni alla Rock, non l'avevo mai sentita così preoccupata.
«Certo Esme, nessun problema. Sicura che vada tutto bene?», risposi senza esitazione.
«Certo tesoro, ne parliamo domani mattina!», disse. Dopo esserci salutate chiudemmo la telefonata. Ritornai in camera e mi buttai a letto: che cosa stava succedendo? Il mio sesto senso diceva che qualcosa era nell'aria.

Mi svegliai con fatica il giorno successivo: non avevo chiuso occhio troppo preoccupata per ciò che avrei scoperto di lì a mezz'ora. Mi alzai comunque con passo strascicato, feci una veloce colazione e dopo essermi lavata e pettinata mi preparai indossando già la calzamaglia, dei leggings  neri pesanti e un dolcevita: la Rock era congelata il mattino presto, per questo preferivo vestirmi a casa. Presi anche lo zaino di scuola con un cambio di abiti per andare a lezione. Chiusi la porta di casa a chiave e mi avviai lungo il piccolo sentierino che portava al mio sgangherato Pick-up. Salii il più in fretta possibile, battendo già i denti. Buttai i borsoni sul sedile del passeggero e accesi il riscaldamento al massimo. Una volta pronta e calda per partire misi in moto e mi diressi con cautela verso la palestra. Puntuale arrivai al parcheggio e sistemai il furgoncino lontano dall'entrata: il mio allenamento sarebbe durato 3 ore ed ora della fine la palestra, così come il parcheggio, si sarebbe riempita di macchine di lusso. Non che avessi problemi a mostrare il mio gioiellino, ma una volta terminato l'allenamento sarei dovuta subito scappare a scuola e non avrei sopportato di rimanere imbottigliata tra le macchine di quei viziati del cavolo.
Mentre il mio cervello si lanciava in silenziosi insulti, mi avvicinai alla porta d'entrata. Entrai e passai prima nello spogliatoio dove poggia gli zaini e tolsi giubbotto e scarpe. Dopo essermi messa i pattini, mi avviai verso la pista dove sapevo avrei trovato Esme. Il ghiaccio era perfettamente liscio e i miei piedi fremettero, bisognosi del contatto con quella superficie scivolosa.
Entrai nella pista e vidi Esme: non era sola. Non potei che riconoscere suo figlio Edward: era sempre stato bellissimo ed era uno dei pattinatori migliori della palestra. Non è tutto oro quel che luccica però. Infatti, il caro ragazzo saltava di ragazza in ragazza con una cadenza di poche settimane ed era talmente pieno di sè da risultare odioso.
Mi feci forza e avanzai un saluto. I due che stavano parlando silenziosamente mi si avvicinarono scivolando con estrema grazia. 
«Ben arrivata Bella, come vedi questa mattina c'è anche Edward con me», disse Esme avvicinandosi e cingendomi le spalle. Annuii e diedi una veloce occhiata a Edward. Se la madre sembrava lieta, il figlio aveva un'espressione cupa che non prometteva niente di buono.
«Bene, è inutile che giri intorno al punto. Devo dirti una cosa importante, cara», disse sospirando Esme, come se stesse prendendo coraggio. «Ultimamente ho consultato diversi medici. Sai, sono passati un paio d'anni dall'incidente, ma alcuni dolori persistono ancora», continuò. Mi si strinse lo stomaco: avevo paura di ciò che stava per dirmi. Non avrebbe più potuto allenarmi, ed io sicuramente non avrei trovato qualcuno che la sostituisse, che fosse disposto ad allenarmi il mattino presto e la sera tardi!
«Qualche settimana fa ho fatto un esame più specifico, e a quanto pare è arrivato il momento di sostituire la piastra che risale al primo intervento», disse facendomi una carezza sul viso. Sicuramente la mia espressione diceva più di quanto fossi disposta ad ammettere.
«Mamma, avevi detto di volere andare dritta al punto», si intromise sbuffando Edward. 
«Stai tranquillo, tesoro. Quello che voglio dirti Bella, è che mi hanno consigliato di intervenire il prima possibile. Tra un paio di settimane dovrebbe essere fissato il colloquio con il chirurgo», aggiunse. Non era possibile, tra qualche mese ci sarebbe stato il saggio, dei professionisti di importanti università sarebbero venuti a vedermi.
«Mi dispiace molto Esme. Davvero, ma come farò ad allenarmi e a completare la coreografia da sola?», risposi con un groppo in gola. Cercai di trattenermi, ma lo sconforto mi stava assalendo: avevo bisogno di una buona borsa di studio per l'università.
«Infatti è per questo che siamo qui», disse sorridendo più serena. «Ho chiesto ad Edward di sostituirmi!» aggiunse.
Penso proprio che quel tac secco che immaginai di avere sentito, fosse la mia mascella, a terra! Edward-sono-il-meglio-del-meglio-Cullen sarebbe stato il mio allenatore?
«Sei sicura?», dissi, per poi voltarmi verso il diretto interessato. 
«Non lo faccio per te, devo un favore bello grosso alla mamma. Tutto qui», rispose Edward serrando i denti. Sembrava che fosse arrabbiato con me senza che avessi fatto nulla. Si prospettavano settimane interessanti, molto interessanti...



Non sono un miraggio, proprio così! Mi è tornata un briciolo di ispirazione, ed ecco qui un capitolo abbastanza lunghino. Se vi va, fatemi sapere che cosa pensate del capitolo, se vale la pena che continui la storia e blablabla. Spero che non ci siano incongruenze: non so molto di interventi e cose così, se doveste accorgervi che la cosa non regge, fatemelo sapere :)
Solo un'ultima cosa: mi è mancato postare questa storia, così come spero che vi faccia piacere leggerla ancora!
Un bacione.
  
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