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Autore: Isidora Anadiomene    03/03/2015    2 recensioni
Ho deciso, per questa volta, di raccontare un'Ichigo diversa, un'Ichigo con un problema che accomuna molte ragazze e che ha accomunato anche me e che si fa ancora un po' sentire.
Il mio intento è quello di trasmettere speranza. Per una volta, voglio scrivere una storia, nella quale vinca la forza, perché, dopo il buio, ci possono essere la luce e la vita.
"Finché c'è vita, c'è speranza... per quanto amare possano essere le acque"
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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#6.

Nei giorni seguenti, Ichigo non poté fare a meno di pensare alle parole di Ryou. Si era sforzata di ripeterle nella mente più e più volte per cercare di capirne il significato, perché, ne era certa, quelle parole erano state dette per una ragione. Ryou non era un tipo dalle parole buttate al vento. In questo, lui e Zakuro si somigliavano molto: entrambi riflettevano molto prima di parlare e ciò che dicevano, anche una semplice battuta, non era stato detto per caso.
Ichigo ammirava questa capacità, lei, la maggior parte delle volte, parlava senza ascoltarsi e finiva sempre per incastrarsi da sola. Alle volte, però, non la sopportava, perché l’idea che ogni parole fosse ponderata le suscitava una certa ansia, mista alla paura di essere smascherata in ogni suo atteggiamento.
Mentre Zakuro, però, non era impulsiva, Ryou si lasciava andare, in rari casi, all’istinto e non mancava di sorprendere. Soprattutto, non mancava di sorprendere lei – un'altra delle qualità di Ryou che Ichigo amava e odiava al tempo stesso, come un po’ Ryou in generale. Lo amava e lo odiava. Amava?
Quel giorno, arrivata al Caffè, dopo gli estenuanti corsi, Ichigo decise di potersi concedere il pranzo che Keiichiro avrebbe preparato loro. Non aveva mangiato né la mattina né la sera precedente e pensò che, in fin dei conti, non ci fosse nulla di male a nutrirsi.
Si convinse di non starsi concedendo un lusso, ma una normale attività che faceva bene a tutti, a prescindere dal merito.
Da qualche giorno, si era accorta, nonostante non riuscisse a controllare i suoi pensieri e le sue abitudini, di dover imparare ad essere meno vittima di se stessa, non tanto per lei, quanto per le persone che le erano intorno che iniziavano a preoccuparsi.
L’ultima cosa che voleva era l’attenzione focalizzata esclusivamente su di lei. Meno era guardata, più si sentiva serena.
Con non poco sforzo, mangiò il riso e le verdure e, inspiegabilmente, nonostante avesse deciso di non cenare, si era sentita fiera di se stessa.
44 kg le sembravano pur sempre troppi, ma era giusto mantenere quel peso per la sua salute e per non sentirsi sempre stanca.
Poco convinta dei suoi stessi pensieri e attanagliata dall’angoscia, decise ugualmente di pensare in positivo.
“Sono contento che tu abbia mangiato” le disse una voce, mentre stava lavando i piatti del pranzo. Era lui… ed erano soli nella cucina.
Ichigo posò le ultime scodelle da riso, si asciugò le mani con lo straccio accanto al lavello e si voltò. Ryou era accanto al tavolo, appoggiato su di esso con una mano, e la guardava in attesa.
“Grazie, però…” cominciò, non sapendo esattamente cosa dire.
Ryou scosse il capo. “Sì, lo so, non ne parleremo. Volevo solo che lo sapessi”
Fece per andarsene, ma Ichigo fu colta dal desiderio di rimanere con lui.
“Ho un corso di Fisica, in questo semestre, sto studiando e mi sto concentrando sugli esercizi, ma non ho idea se siano svolti bene o meno. Se non ti annoia, potresti… correggermeli? Se non ti va, non preoccuparti, non mi offendo! So che può essere scoc-“
“No – disse, brusco – te li correggo volentieri. Se li hai con te, posso farlo anche dopo la chiusura”
Ichigo arrossì e una contentezza improvvisa la colse. Ebbe quasi il desiderio di abbracciarlo – quasi?
Ryou si dimostrava molto gentile, alle volte.
La contentezza svanì in un istante, quando Ryou proseguì la frase.
“Dobbiamo fare in fretta, però, devo andare a casa di Yukiko”
Ichigo si sentì delusa. Aveva ingenuamente creduto che, nonostante il tono brusco, Ryou avesse piacere ad aiutarla e aveva anche ingenuamente sperato che non sarebbe uscito con Yukiko per quella sera. In realtà, le stava facendo solo una semplice cortesia da amici.
“Va bene, ma…”
Ryou la interruppe nuovamente. “Anzi, Ichigo, lasciami il quaderno, finirei per fare tardi. Se hai sbagliato qualcosa, ti spiego l’errore domani”
Ichigo annuì e si sentì così piccola in confronto a lui. Ryou non voleva passare del tempo con lei, questa era la conferma. Era, quindi, lo stesso Ryou che le aveva detto di non poter stare senza di lei, o no? Il suo tono sembrava duro, come se non gli importasse. Ichigo aveva difficoltà a comprendere i suoi gesti e le sue parole e si sentiva sempre così sciocca.
Quando ritornò in cucina a portargli il quaderno, Ryou le rivolse un sorriso ironico.
“Hai quasi vent’anni e utilizzi ancora i quaderni con le fragole?”
Ichigo arse d’imbarazzo, ma non si perse d’animo. “Senti, Ryou-kun, limitati a correggermi questi stupidi esercizi. Se sono errati, scrivimi accanto il procedimento esatto e basta” disse, irritata. Lei non aveva bisogno di Ryou, non le importava niente di lui.
Ryou parve trasalire a quella risposta. “Perché devi essere sempre così permalosa?”
Le tolse il quaderno dalle mani e la guardò con aria di sufficienza. “Mettiti a lavoro” le disse freddamente, prima di andare via.
 
Quando la festa di compleanno di Haruka, un’amica di Heiji, arrivò, Ichigo cercò di non badare all’ansia per il vestito un po’ largo, per il cibo che ci sarebbe stato e ai rimproveri di Minto.
L’unica cosa che riuscì a pensare fu che Ryou, appoggiato al bancone del bar, in mano un bicchiere di vino, parlava con Atsushi e… Yukiko non c’era. Yukiko non era con lui. Si sentì meschina, ma la gioia che la colse fu tale da farle stringere la mano di Minto che, avendo capito, le sorrise.
Non si parlarono, ma Ryou la fissò intensamente diverse volte. Ichigo bevve quel poco di vino che le bastò per farle sentire la testa leggera e farle aleggiare un sorriso obliquo sulle labbra. Si sentiva quasi più libera, ma perfettamente lucida. Non doveva perdere il controllo di nulla, quella sera, nemmeno cedere alla tentazione di ricambiare il suo sguardo.
“Sei bella, questa sera, Ichigo” disse una voce alle sue spalle, sovrastando la musica leggera che si era sparsa nell’aria in quell’istante.
Ichigo si voltò, dimentica del diverbio del giorno precedente che nascondeva, come sempre, qualcosa. “Solo questa sera?” scherzò, sorridendo radiosa.
Nella voce, nessuna traccia di malizia. Tutta la spontaneità di Ichigo si trovava davanti a lui.
“No, sei sempre bella” disse.
Ichigo, inizialmente, non capì. Rifletté un attimo, prima di rispondere e, quando afferrò il senso di quelle parole, sbarrò gli occhi, stupefatta. Si inimudì le labbra e fece per parlare.
Ryou parve accorgersi in quel momento di ciò che aveva detto e la guardò, spaesato.
“Grazie, Ryou-kun, ma quello bello sei tu” rise Ichigo per dissimulare l’imbarazzo.
Ryou distolse lo sguardo e si passò una mano dietro la nuca. “Io… vado fuori” disse, incamminandosi fuori il locale.
L’aria fredda lo colse in pieno petto e inspirò profondamente. Una parte di lui aveva sperato che Ichigo lo seguisse, mentre l’altra aveva pregato, affinché non accadesse.
Ichigo non lo seguì e Ryou si sentì quasi rassicurato da quella delusione familiare. Ichigo non lo seguiva mai e, quando lo faceva, scappava subito dopo. Aveva paura di lui, lo sapeva.
In un angolo del suo cuore, Ryou custodiva un pensiero che cacciava via, quando si presentava di tanto in tanto: forse – forse – anche lei provava quel sentimento, ma non lo aveva razionalizzato.
Quel pensiero non era fonte di speranza, non rappresentava nulla, se non la consapevolezza che Ichigo, frenata dalla paura, non avrebbe mai realizzato quel sentimento che sarebbe rimasto sospeso per sempre, un fantasma ad aleggiare tra di loro. La paura di Ichigo contro la consapevolezza - la rassegnazione - di Ryou.
C’erano dei giorni, durante i quali a Ryou sembrava quasi di odiarla. In quei giorni, avrebbe voluto urlarle in faccia tutta la sua frustrazione e la sua rabbia, avrebbe voluto piangere. Ryou non piangeva mai, non perché reputasse il pianto disdicevole, semplicemente… non ci riusciva. C’era stata una notte, però, nella quale aveva riportato alla mente i ricordi dei suoi genitori, i sentimenti per Ichigo, la solitudine che aveva dovuto sopportare nel suo passato e… aveva pianto. Aveva versato tutte le lacrime che i suoi occhi avevano potuto liberare, aveva bagnato il cuscino e aveva sentito il sapore delle lacrime sulle labbra. Non c’era stato rimedio migliore per il suo cuore straripante che gli implorava da tempo di dargli sollievo, almeno per un’ora. Quando si calmò, rimase steso sul letto a fissare il soffitto e, per un attimo, gli sembrò che le ragioni del suo pianto fossero vane e frutto della sua mente, ma il peso della realtà ritornò a schiacciarlo prepotentemente.
Nei tanti momenti, nei quali Ryou si fermava a riflettere con razionalità, aveva valutato accuratamente l’idea di confessare i suoi sentimenti ad Ichigo con la consapevolezza di una risposta indecifrabile e l’intenzione di liberarsi dal peso che lo opprimeva.
In quel momento, però, confessare ad Ichigo ciò che provava avrebbe significato comportarsi da egoista. Ichigo doveva dare spazio a se stessa e a ciò che la stava facendo vivere in maniera così torbida e angosciante, non poteva prendersi quello spazio di cui lei necessitava.
Arrabbiarsi con lei, scaricarle addosso la sua frustrazione e la sua sofferenza avrebbe significato crearle un altro ingente carico di preoccupazioni, perché, a prescindere da ciò che provava lei stessa, Ichigo non avrebbe potuto fare a meno di farsene un problema.
Ichigo era così: si preoccupava per tutto, soffriva per gli altri e avrebbe dato qualunque cosa per vedere le persone attorno a lei serene. Ma perché non riusciva a capire che era proprio quello che stava facendo adesso a far soffrire chi le stava vicino?
Vederla senza più quel sorriso ad aleggiarle sulle belle labbra lo feriva.
Lui e Yukiko non potevano continuare a mentirsi. Erano stati consapevoli, fin dall’inizio, di stare insieme soltanto per dimenticare. Yukiko era fuggita da Ren che aveva baciato Haruka soltanto per gioco e lui non poteva permettersi che anche lei facesse il suo errore, che anche lei mentisse e si distruggesse con le sue stesse mani. E… Yukiko aveva capito.
Era una bella persona, Yukiko. Si erano affezionati ed era stata anche gelosa di lui, conscia che fosse un gioco, ma che non dovesse essere condiviso. Quando si erano conosciuti, Ryou aveva trovato di fronte a sé una persona comprensiva e audace, tanto sicura all’apparenza, quanto sensibile. Avrebbe potuto innamorarsi di lei e lei avrebbe potuto innamorarsi di lui, ma non era accaduto. Ryou se l’era domandato spesso, soprattutto dopo il primo bacio e dopo la prima volta. Qualche brivido e… nulla più. Perché? Yukiko non era Ichigo, non aveva occhi cioccolato profondi e limpidi, capelli di un rosso che gli infiammava il cuore.
Keiichiro gli aveva fatto presente più volte che al cuore non si comanda, ma lui aveva trovato quella frase banale e scontata, quasi un mucchio di parole gettate a caso. Eppure si erano rivelate vere. Nonostante questo, il pensiero di Ichigo, nei momenti di sconforto, lo angosciava.
 
Ichigo e Ryou avevano tante cose in comune, nonostante si trovassero sempre agli antipodi: entrambi reputavano i sentimenti pesi opprimenti, poiché entrambi trovavano difficoltà nell’espressione di quest’ultimi. Ma mentre Ryou era in grado di andare oltre i suoi ostacoli del cuore, Ichigo rimaneva incatenata dalla paura di superarli.
Ryou se ne convinceva sempre di più: la paura era una sicurezza, perché la paura non fa perdere il controllo e non fa trasparire alcunché.
Spinto dal desiderio di starle accanto, Ryou non poté fare a meno di seguirla, stava salendo le scale con in mano dei panni. Le fu vicino e la solita serenità lo pervase.
“Cosa stai facendo?” le chiese in un sussurro, dandosi mentalmente dello sciocco per quel tono talmente lieve.
“Perché stai sussurrando, Ryou-kun? Sto portando queste tovaglie nella stanza, Kei-kun mi ha chiesto di posarle” gli rispose Ichigo, arrossendo improvvisamente.
“Ti aiuto” disse e le prese dalle mani due tovaglie, lasciandole soltanto una.
Entrarono nella stanza e, posatele nel grande armadio bianco, si fissarono… sembravano sempre in attesa di qualcosa.
“Come mai Yukiko-chan non era alla festa di Haruka-chan?” gli chiese Ichigo, spiazzandolo.
Quel momento doveva pur arrivare. Deglutì, non sapendo cosa dire.
“Io e Yukiko abbiamo deciso di non… frequentarci più. Andiamo meglio come amici”
Si stupì di come fosse stato semplice spiegarsi senza dire la completa verità.
Un turbine di emozione colse entrambi e si guardano, persi.
Ichigo sentì gli occhi inumidirsi leggermente… sollievo, euforia, angoscia, desiderio. Era tutto dentro di lei e premeva per uscire. Non poteva piangere davanti Ryou, no, no, no.
Ryou sentì dentro di sé tutto ciò che Ichigo sentì e, mai come allora, avvertì un legame tra di loro. Perché non riusciva a distogliere lo sguardo da lei? Perché tutto sembrava girare e allontanarsi da loro? Perché…
Ichigo gli prese le mani, la smania di sentirlo a contatto con lei.
“Mi dispiace… immagino tu ti senta deluso” gli disse piano, mentre si avvinava di più.
“In verità, no, non lo sono. Ne ero già consapevole” sussurrò Ryou.
Le strinse le mani e si avvicinò tanto da percepire il calore e il profumo della sua pelle in maniera forte e chiara. Era completamente inebriato, ma avvertì di avere ancora un briciolo di lucidità e tentò di aggrapparsi ad esso per non perdersi.
Ichigo sembrò riflettere e quello che disse sembrò costarle molta fatica. Gli lasciò le mani a malincuore… non poteva.
“Avrei voluto essere delusa, Ryou-kun, quando io e Masaya-kun ci siamo lasciati. Lo avrei voluto davvero, ma il mio realismo non me lo ha permesso. Detesto il realismo. Alle volte, ti preserva dalle delusioni, altre… ti fa sentire solo vuoto e sterile”  disse con voce ferma e amara, abbassando lo sguardo e posandolo sulle mano che aveva stretto in grembo.
Ryou non sopportò di vedere quelle mani lontane dalle sue e gliene intrecciò una, sperando che lei non si ritraesse.
“Ichigo… essere realisti non vuol dire smettere di avere speranza o fiducia. Dì la verità, tu… sei completamente sfiduciata”
Ichigo non resistette più e si gettò tra le sue braccia, scoppiando in lacrime. Ryou, al suono di quei singhiozzi, sentì improvvisamente un duro colpo all’altezza del cuore.
“Io… mi sento così… inutile, Ryou”
Sussultò… Ichigo, per la prima volta, lo aveva chiamato realmente per nome senza il tono arrabbiato delle loro discussioni e quel gesto sancì un’intimità sconosciuta tra loro. Si sentì parte dell’interiorità che Ichigo ora gli stava mostrando.
“Dimmi perché” le disse all’orecchio, accarezzandole i capelli e posandole un bacio sul capo.
“Per tante cose che… non ho la forza di dire. Io… non so essere sincera” continuò, singhiozzando.
Ichigo si sentiva inutile, senza sapere quanto valore avesse per lui. Non era stato in grado di dimostrarle nulla e si vergognò di se stesso.
“Devi affrontare questa situazione, Ichigo, per il tuo bene. Ti stai facendo del male e io non riesco più a sopportare di vederti così”
Le prese il volto tra le mani e, con i pollici, le asciugò le lacrime.
“Non so… non so nemmeno guardare dentro di me, Ryou. Sono disonesta e meschina e…”
Ryou scosse il capo. “Hai bisogno degli strumenti per guardarti dentro e riuscirai a vedere ciò che non vedi”
“Pensi che io abbia bisogno di un-“
“Sì e non è niente di orribile, può essere solo un bene, un grande bene”
Il modo in cui continuò a guardarlo gli fece inumidire gli occhi. Per niente spaventato dal mondo interiore di Ichigo e dalla sua sofferenza, Ryou non ebbe più paura di dire a se stesso di amarla.







Anadiomene
Spero vi piaccia questo capitolo che segna una grande svolta per tutta la storia. Fatemi sapere cosa ne pensate, un bacio :)

 
  
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