Capitolo 27
Quinto giorno: il Dolore
Quinto giorno: il Dolore
Doveva uscire.
Doveva assolutamente uscire.
Doveva salvarsi da sola, perché nessuno l’avrebbe fatto al posto suo.
Se voleva uscire, doveva trovare un modo per farlo contando sulle proprie forze.
Ma era debole e in pochissimi giorni era dimagrita a vista d’occhio.
Si sentiva scarna, uno scheletro.
Sentiva che era debole.
Sentiva che tra poco le sarebbero mancate le forze.
Ora o mai più.
Iniziò ad arrampicarsi lungo le pareti del pozzo. Erano scivolose e umide e le facevano senso.
Ma doveva, doveva uscire da quel buco nero e orrendo.
Doveva farcela.
Il suo istinto di sopravvivenza era più forte di tutto questo.
Samara avanzò con più decisione. Arrancava, ma si sentiva forte mentre scalava quella parete irregolare.
Cercava di mettere i piedi nel posto giusto, finora c’era riuscita.
C’era quasi...
Ma era debole.
Piccola e debole.
Ma lei poteva farcela...
Doveva farcela...
Doveva...
Samara non ce la faceva più. Le lacrime le erano affiorate agli occhi per lo sforzo e per la rabbia.
L’umidità del sasso ebbe la meglio su di lei.
E cadde.
Cadde lungo tutta la parete, ferendosi le braccia e le gambe. Sentiva le pietre sfregare sulla sua pelle e corroderla.
Sentiva il sangue scivolare via da lei.
E tentò di aggrapparsi, ma cadde ancora una volta.
Le sue unghie si staccarono dalle dita, rimanendo incastrate tra quelle pietre cattive.
Nessuno sentì quell’urlo straziante, di dolore, disperazione e rabbia messe insieme.