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Autore: lacchan96    06/03/2015    0 recensioni
Chiusi le palpebre e quando le riaprii la mia vita era scomparsa.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aprii piano gli occhi, la vista si mise a fuoco rivelando attorno a me un insieme caotico di Cavi, macchinari, bottoni e leve illuminati da una soffusa luce gialla. Lentamente ebbi la percezione dei miei piedi che toccavano il pavimento freddo e delle gambe appesantite da quelli che sembravano tubi; più su sentivo la schiena costretta da un imbracatura in metallo che saliva fino al collo. Poco sopra, i capelli lambivano il metallo e coprivano tutta la mia nuca fino alle sopracciglia.
Mossi le dita una ad una sentendo sotto i polpastrelli la carne del mio palmo, alzai la mano e la osservai come se la vedessi per la prima volta, le linee che solcavano la pelle intrecciandosi tra loro come fiumi su una pianura, le lunghe dita che si chiudevano e si aprivano rivelando il più perfetto dei meccanismi, la pelle che si stirava e si contraeva sui muscoli. Era una semplice mano eppure era anche il coronamento della perfezione umana, l’arto perfetto.
Chiusi le palpebre e quando le riaprii il laboratorio era scomparso.
Sotto di me sentivo il materasso morbido, sopra un lenzuolo leggero e sul mio torace era poggiata la piccola mano di una donna; la guardai, aveva solo trentacinque anni, ma già qualche piccola ruga solcava il suo volto sereno e un paio di capelli bianchi si intravedevano tra i ricci rossi. Piano le baciai la fonte e stando attento a non svegliarla mi alzai dal letto.
In bagno davanti allo specchio vidi il volto di un uomo, i capelli castani che gli lambivano le sopracciglia, gli occhi neri ancora socchiusi dal sonno, la bocca piccola circondata da un sottile strato di barba mattutina; ero un uomo, avevo una moglie, una figlia, una casa, un lavoro e quello era solo un sogno, con questa convinzione mi buttai in faccia l’acqua fredda per lavare via gli ultimi ricordi di quella notte.
A tavola mi aspettava mia moglie appena sveglia e mia figlia di sei anni che già con indosso il grembiule blu consumava la sua colazione impaziente di iniziare il suo primo giorno di scuola.
Ecco, era una vita normale, era perfetta ed era mia, eppure un pizzicore dietro la nuca mi diceva che c’era qualcosa di sbagliato, come se ciò che mi circondava avesse un invisibile… bug.
Chiusi le palpebre e quando le riaprii la mia vita era scomparsa.
Il laboratorio mi circonda nuovamente e l’imbracatura metallica mi sostiene. Guardo i macchinari e ricordo mia moglie, mia figlia, ricordo chi ero, poi chi sono e mi sembra di sentire una lacrima scendere sulla mia guancia sintetica.

Ed ecco una piccola storia scritta di getto. Spero di essere riuscita a suscitare in voi anche un solo minuscolo brivido di malinconia.
   
 
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