6.
Imprevisto
Per
l’intera durata
della cena restai assorta nei miei pensieri. O sarebbe
più corretto, dire che pensai ad una sola
cosa per tutto il tempo. Ryuzaki. Mi arrovellai letteralmente il
cervello,
sviluppai teorie e congetture, senza venire a capo di nulla. Chi era
Ryuzaki?
Chi era la persona di cui mi stavo inesorabilmente innamorando?
L’unico che
poteva fornirmi delle risposte non me le avrebbe date.
I
miei amici non
parvero prestare attenzione alla mia scarsa loquacità e
all’alternarsi tra
un’espressione corrucciata e un sorriso ebete sul mio viso, a
seconda di ciò
che mi passava per la mente. Solo Connor, di tanto in tanto, mi
lanciava
qualche occhiata in tralice.
Terminato
il pasto,
guardammo un film al quale non prestai minimamente attenzione. Finito
quello,
finalmente, i miei ospiti si congedarono. Eccetto Connor, che si
fermò con il
pretesto di aiutarmi a rassettare. Attività per la quale
aveva uno speciale
talento nel dileguarsi. Sentii puzza di bruciato.
In
silenzio,
incominciammo a mettere in ordine. Troppo in silenzio per i nostri
standard. Non
presagii nulla di buono. Mentre mi apprestavo a caricare la
lavastoviglie, mi
accorsi della presenza di Connor sulla soglia della porta. Mi scrutava
molto
attentamente. Mi venne subito in mente Ryuzaki. “ Non pensavo
potessi diventare
ancora più patetica.” Commentò la mia
vocina interiore. Ma in quel momento,
qualcosa mi suggeriva che avevo altro di cui preoccuparmi. E,
immediatamente,
ne ebbi la conferma.
“
Audrey, dove sei
stata oggi pomeriggio?” mi domandò Connor a voce
bassa.
“
A casa.” Risposi
troppo precipitosamente. Ryuzaki aveva ragione, come bugiarda facevo
pietà.
“
Non è vero. Sei
vestita come stamattina. Se davvero, come sostieni, fossi stata a casa,
ti
saresti fatta la doccia, spalmata di creme e cremine e cambiata per
andare a
cena fuori.” Mi smentì in tono d’accusa.
“
Non ne avevo voglia.”
Ribattei ostinata.
“
Inoltre non ti
saresti mai dimenticata di prenotare.” Insistette. Che razza
di noioso.
“
Quando vai a casa
Connor?” Sbottai. Era il bello di essere amici da tanti anni.
All’occorrenza,
non ci risparmiavamo la scortesia.
“
Che villana. E io che
mi sono fermato per aiutarti a rimettere a posto.”
Mormorò simulando
dispiacere. Cercai di non farmi intenerire dal luccichio dei suoi
occhioni
azzurri. Lo conoscevo fin troppo bene per non smascherare le sue
tattiche.
“
Non sei rimasto per
aiutarmi, ma per impicciarti.” Obiettai seccamente.
“
Quindi ammetti di non
essere rimasta qui oggi pomeriggio?” Rincarò.
“
Da quando ti sei
tesserato all’Inquisizione?” Mi informai.
“
Da quando tu ti sei
trasferita in una dimensione parallela, dalla quale dai malapena
credito al
pianeta Terra e quando ti degni di farlo, racconti ridicole balle per
rispondere a domande del tutto innocenti.” Fu
l’accorata risposta.
Sospirai.
“ E va bene
Connor, non ero a casa oggi. Sono uscita. Questo basta a placarti o
devo
renderti conto di ogni singolo istante della mia esistenza? ”
Borbottai
spazientita.
“
No, non mi basta.
Sono il tuo migliore amico, non mi sembra un quesito così
intimo e inopportuno.”
Protestò.
Già,
il mio migliore
amico.
Connor ed io
ci conoscevamo da nove anni ma eravamo amici da sei. Questo
perché nei nostri
primi due anni di conoscenza ci ignoravamo reciprocamente,mentre
durante il terzo
ci odiavamo a morte.
Frequentavamo
lo stesso liceo, io scrivevo per il
giornale della scuola, lui era il capitano della squadra di football.
Ma non
era certo questo il motivo della nostra reciproca antipatia. La nostra
faida
ebbe inizio quando lui ferì i sentimenti di una mia amica,
schernendola davanti
a tutta la classe a causa di un biglietto in cui lei gli dichiarava il
suo
amore. Lo trovai assolutamente abietto, ripugnante, detestabile. Doveva
pagarla. L’occasione si presentò presto. La
squadra di football del nostro
liceo perse una partita molto importante per la qualificazione finale.
Ne
approfittai per scrivere un articolo al vetriolo, sottolineando
l’inettitudine
del capitano. Fu il turno di Connor ad essere umiliato. La cosa non gli
piacque. Si scatenò una lotta senza precedenti. Fu un anno
di disprese,
boicottaggi e malignità di ogni sorta. Si crearono vere e
proprie fazioni che
patteggiavano o per me o per lui. Io avevo tutte le cheerleader contro,
non che
la cosa mi urtasse granché. Anzi era un piacere lanciare
frecciatine continue
sulla loro estrema stupidità. E su quella del loro pupillo.
La faccenda
raggiunse il culmine quando sparì la mia chiave usb ( che
all’epoca costava un mucchio
di soldi) dall’armadietto e la ritrovai praticamente tritata
sul fondo dello
zaino. Conteneva oltre un mese di lavoro per il giornale. Non solo mio
ma di
molte altre persone. Montai su tutte le furie. E incapace di calmarmi e
meditare vendetta a mente fredda, mi precipitai dove si svolgevano gli
allenamenti di Connor e gli piazzai un pugno in pieno viso, facendogli
sanguinare copiosamente il naso. Betsy, una delle cheerleader e sua
fiamma dell’epoca,
mi volò immediatamente addosso. Un paio di amiche vennero in
mio soccorso. Poi un
paio di amiche di Betsy. Si scatenò una rissa in piena
regola.
Quando
tutte acciaccate fummo condotte in
presidenza in attesa di ramanzina e punizione, apparve anche Connor,
che con
mio sommo stupore, rivelò al preside il furto e la
distruzione della mia
chiavetta usb, motivando la mia reazione. A mia volta ammisi che quel
gesto era
stato scatenato da un altro mio dispetto nei suoi confronti.
Ripercorremmo
l’intero anno, fino ad arrivare all’origine di
tutto quel pandemonio e ci
ritrovammo a ridere. Anche se il preside ci affibbiò due
settimane di
sospensione con obbligo di frequenza e, con la mansione di coadiuvare
il
personale addetto, a ripulire i rifiuti.
In quelle
due settimane scoprii che Connor non era poi lo stupido, arrogante
quarterback
dalla mente decerebrata che credevo. E lui si rese conto che io non ero
un
saccente e irritante topo da biblioteca, incapace di divertirsi.
Insomma,
diventammo amici. Lui si scusò anche con la ragazza che
aveva maltrattato
suscitando le mie ire. Inoltre scoprimmo di avere una passione e un
sogno in
comune. Progettare il grattacielo più alto del mondo. Erano
sogni di due
sedicenni, ma ci unirono e ci indirizzarono in seguito, a scegliere la
stessa
facoltà universitaria. E all’ultimo anno di liceo,
vedendoci insieme al ballo
di fine anno, volteggiare in mezzo alla pista, Connor in smoking e io
in un
lungo abito di raso blu scuro, con al polso l’orchidea che
lui mi aveva
regalato per l’occasione, nessuno si ricordava che due anni
prima non potevamo nemmeno
sopportarci. Molti anzi, erano certi che stessimo insieme. Chi ci
conosceva
meglio però, sapeva che la nostra sarebbe risultata
un’unione inattuabile. Ci
volevamo un gran bene, ma riuscivamo ad esasperarci a vicenda. Sovente
degeneravamo in liti violente. Connor stesso ammetteva, che se non
fossi stata
una ragazza mi avrebbe presa a pugni in più di
un’occasione. Cosa che io
peraltro avevo già provveduto a fare.
Ebbi
un moto di
tenerezza ripensando a come era nata l’amicizia con Connor.
Avrei voluto raccontargli
tutto, ma non era possibile. Non volevo certo correre il rischio di non
rivedere più Ryuzaki per non aver saputo tenere a freno la
lingua. Anche se mi
dispiaceva escludere una persona così importante per me, da
un evento che si
stava rivelando inspiegabilmente così importante per la mia
vita.
“
Mi dispiace Connor.
Non posso dirti niente.” Dissi addolcendo il tono di voce.
“
Posso solo sapere, se
si tratta del ragazzo di cui mi hai parlato?” Mi chiese
implorante.
“Si.”
Gli concessi.
“Come
avete fatto a
rincontrarvi?” Esclamò meravigliato.
“
La probabilità era
solo del 2%.” Dichiarai.
“
Cosa?” Domandò,
stranito.
“
Lascia perdere.”
Ridacchiai.
“
Ma perché non puoi
parlarmene?” Incalzò.
“Perché
no.” Dissi
perentoria.
“
Che risposta
illuminante.” Commentò sarcastico.
“
Connor, cosa non ti è
chiaro dell’affermazione “Non posso dirti
niente” Di poco fa?” Replicai
stizzita.
Connor
sgranò gli occhi
e si appoggiò teatralmente allo stipite della porta, con un
sospiro.
“
Non dirmelo Audrey.”
“
Che cosa?” Domandai
incerta se essere divertita o esasperata.
“
E’ una persona
sposata. Dovete nascondervi per questo..Oh Audrey, lascialo, ti
farà solo
soffrire!” Declamò melodrammatico.
Trattenni
a stento una
risata, non mi immaginavo Ryuzaki sposato. Anche se per quanto ne
sapevo,
poteva anche esserlo. Scacciai subito quel pensiero.
“
Connor,devi smetterla
di guardare tutte quelle orride telenovele. Non è
sposato.” Lo rassicurai.
“
Per fortuna! Ma
allora perché tutto questo mistero? E’ una
spia?” Mi inquisì nuovamente.
Non
era male come
ipotesi. Era affascinante. E senza ombra di dubbio, la preferivo a
quella del
matrimonio. Connor mi aveva suggerito ottimi spunti di riflessione per
quella
notte.
“
Adesso basta Connor.
Tanto non ne so niente neanche io, è inutile che mi
assilli.” Tagliai corto.
“
Come non ne sai
niente? Audrey sei matta? Potrebbe essere un pazzo psicopatico, farti a
fettine
e venderle in un banchetto degli hot-dog.” Mi fece notare
allarmato.
Connor
sapeva essere
molto pittoresco.
“
Lo so.” Dissi
semplicemente.
“
E non ti interessa?” Era
sbigottito.
“No.”
Mormorai. Ed era
vero, non mi importava. Perché mi fidavo di Ryuzaki, anche
se non me lo
spiegavo razionalmente.
“
Sono certa che non
sia nulla del genere.” Affermai per rincuorare Connor, che
aveva gli occhi
sbarrati.
“
Ti stai innamorando
Audrey.” Constatò.
“
Credo di si.”
Sussurrai. In realtà ne ero certa.
“
Qualcuno è riuscito a
fare breccia nel tuo gelido cuore.” Mi canzonò
Connor.
“
Non ho un cuore
gelido!” Mi lagnai. Ma sorridevo.
“
E’ un uomo fortunato.
Spero che lo sappia.” Si percepiva un’ inflessione
minacciosa nelle parole di
Connor.
Feci
spallucce.
“
Ti va una tisana?”
Domandai in un pietoso tentativo di cambiare argomento.
“
Volentieri. Ma non
attacca. So che è un pretesto e non vuoi più
parlarne. Ti lascio in pace. Spero
solo che tu sappia quello che fai.” Mi rispose.
Annuii.
Anche se non
ero certa di un benemerito nulla. Fortunatamente Connor, non era in
gamba come
Ryuzaki a percepire le menzogne. Ci accomodammo in cucina e sorseggiamo
la
nostra tisana, chiacchierando amabilmente della sessione
d’esami in arrivo e
dei progetti per le vacanze di Natale.
Quando
anche Connor,
dopo avermi fatto altre mille raccomandazioni, se ne fu andato, potei
farmi,
finalmente, la tanto agognata doccia. Mi scoppiava la testa. Era stata
davvero
una giornata massacrante. “ I tuoi sforzi per non saltare
addosso a Ryuzaki,
devono essere stati dispendiosi di energie.”
Insinuò la vocina. In effetti ero
incerta se attribuire l’emicrania a quello o alle numerose
partite a scacchi.
Ma probabilmente la vocina aveva ancora una volta, tristemente ragione.
Dopo la
doccia mi sentii meglio. Entrai nella mia camera, ed estrassi dal
comò una
camicia da notte pulita. Era bianca e rosa, con stampata sul davanti
una torta
panna e fragole. Sorrisi. A volte le coincidenze erano davvero
bizzarre. Mi
infilai sotto le coperte senza puntare la sveglia. Il giorno dopo era
sabato e
non c’era lezione. Avevo a disposizione tutto il tempo che
volevo per dormire.
Dormire o riflettere.
Alla
fine fu il sonno
ad avere la meglio. La mia mente, in tutta evidenza, necessitava di
riposo in
seguito agli avvenimenti della giornata. Purtroppo non fu una nottata
particolarmente ristoratrice. Perlomeno dal punto di vista onirico.
Feci sogni
confusi, quasi tutti su Ryuzaki.
Mi
svegliai alle dieci
passate, avevo ancora una leggera emicrania ma ero in ottima forma a
parte quel
dettaglio. Mi stiracchiai pigramente. Dalle persiane filtrava la luce
del sole.
Doveva essere un’altra bella giornata. Che fortuna pensai.
Chissà se Ryuzaki mi
avrebbe chiamata. Un terribile pensiero mi balenò in mente.
Non avevo più
riacceso il cellulare dopo averlo spento nella suite di Ryuzaki il
giorno
prima. Se lui avesse provato a cercarmi non mi avrebbe trovata.
Balzai
fuori dal letto
e corsi in soggiorno alla ricerca della borsetta. Purtroppo, complici
il
fattore dell’essere appena sveglia e il tappeto
al’ingresso della stanza, volai
lunga e tirata per terra. Mi rialzai massaggiandomi il ginocchio e
imprecando.
Poi, zoppicando leggermente, afferrai la borsa e tirai fuori il
cellulare. Lo
accesi. C’erano cinque messaggi di Connor: tre di tentativo
di chiamata, uno
dove mi ricordava di prenotare al Julian’s e
l’ultimo in cui mi insultava per
non aver prenotato. Notai che avevo anche un messaggio in segreteria.
Lo
ascoltai speranzosa. Era mia madre che mi pregava di richiamarla.
Sbuffai. Poi
mi diressi verso la cucina a fare colazione.
Il
sabato trascorreva
inesorabilmente lento. Avevo cercato di concentrami sui libri con
pessimi
risultati. Non riuscivo a focalizzare l’attenzione per un
lasso di tempo superiore
ai due minuti. Poiché immediatamente, Ryuzaki prendeva il
sopravvento. “ Certo
che sei monotona.” Mi fece presente la voce.
“
Nessuno ti obbliga a
parlarmi insieme.” Ringhiai.
Poi
mi resi conto che
stavo parlando a me stessa. Fortunatamente ero sola.
Ripresi
con le
congetture su Ryuzaki. Era una spia? Non me lo vedevo con
l’impermeabile e il
cappello a tesa larga, ma del resto le spie si vestivano
così esclusivamente
nei film. Forse era un super eroe. “ Certo e ora non ti
può chiamare perché è
con “Alfred” nella bat- caverna, ma fammi il
piacere.” Affermò la vocina,
beffarda. In effetti avevo un tantino esagerato. Magari era solo uno di
quei
personaggi molto abbienti, che danno di testa e si comportano in
maniera
assurda. Ma non credevo nemmeno a quella teoria. Dietro Ryuzaki si
celavano
molti misteri. A partire dal suo nome. Di questo ne ero certa.
A
distogliermi dalle
mie elucubrazioni, suonò il cellulare. Lo afferrai con uno
scatto repentino.
Sul display però, lampeggiava “Connor”.
“
Che c’è?” grugnii rispondendo.
“
Anche se non sono l’
uomo misterioso come tu speravi, merito un’accoglienza un
po’ più cordiale.”
Rispose risentito.
Mi
sentii un mostro di
cattiveria.
“
Hai ragione, scusami.
Tutto bene?” Cercai di rimediare.
“
Tutto bene, si.
Volevo chiederti se eri impegnata oggi.” Replicò,
recuperando un tono di voce
cordiale.
“
Mm.” Presi tempo.
“
Ho capito. Non hai
niente da fare, ma non vuoi prendere impegni
nell’eventualità che Mr X ti
inviti ad uscire.” Ipotizzò.
Dannato
Connor. Aveva
fatto centro.
“
Emh..” Bofonchiai.
“
Però ora Audrey la
smetti di rimuginare, smuovi le chiappe e ti prepari. Poi facciamo un
giro per
negozi e andiamo a cena. Nel caso in cui il tuo principe tenebroso si
facesse
vivo puoi anche piantarmi in asso. Però ora esci. Passo a
prenderti tra
mezzora.” Mi ordinò Connor attaccandomi il
telefono in faccia.”
Davvero
astuto, non mi
aveva dato la possibilità di controbattere. Rassegnata,
andai a vestirmi.
Connor
mi tenne
impegnata per tutto il pomeriggio e la serata. Andammo a fare shopping
nei miei
negozi preferiti, dove acquistai una sciarpa, degli orecchini e un
bellissimo
abitino color fragola. Mentre la commessa si consumava le corde vocali
in
complimenti volti e farmelo comprare e Connor si stupiva
perché non avevo mai
portato quella tinta, io sorridevo ebete immaginando di sfoggiarlo
davanti a
Ryuzaki. Per quanto qualcosa mi suggeriva, che se mi fossi presentata
da lui
avvolta in un sacco dell’immondizia l’effetto
sarebbe stato il medesimo. Dopo
il giro per negozi, andammo a mangiare in un ristorante giapponese che
adoravo.
Una scorpacciata di maki * al tonno mi riconciliò con il
mondo. Di tanto in
tanto, occhieggiavo il telefono ma appena Connor se ne accorgeva, si
metteva a
chiacchierare a raffica e a ordinare altri piatti. Terminammo la cena
con del
sakè *. Un po’ troppo sakè a dire il
vero. Infine, dopo che ci ebbero raggiunto
altri nostri amici, ci recammo a concludere la serata in un locale dove
suonavano dal vivo. Il cocktail bevuto in quella circostanza mi diede
il colpo
di grazia. Ero decisamente brilla.
“
Grassie Onnor..”
Biascicai mentre Connor, con un mio braccio intorno alle spalle, apriva
la
porta del mio appartamento.
“Shh!
E’ tardi,
disturbi i vicini.” Mi redarguì.
“
Pasiensa.”
Ridacchiai.
Connor
sospirò.
“
Coraggio, entriamo.”
Mi esortò.
Leggermente
barcollanti
entrammo in casa. Connor, trasportandomi praticamente di peso, mi
depositò sul
letto.
“
Sciei un vuero
amico!” Gorgogliai sorridendo al nulla.
“
Su questo non ci
piove. Buonanotte Audrey, dormi e domani fammi sapere come
stai.” Si congedò
Connor stampandomi un bacio sulla fronte.
“
Ao.” Lo salutai
annaspando con le mani, nel vuoto. Dopodiché mi addormentai
come un sasso.
Il giorno dopo mi
svegliò un suono insistente
e fastidioso. Il cellulare che squillava. Sentivo le tempie che
pulsavano. Non
avevo voglia di aprire gli occhi. Spenzolai un braccio fuori dal letto
e cercai
a tentoni la mia borsa, che Connor doveva aver abbandonato sul
pavimento prima
di andarsene. La trovai. La raccolsi e mi misi a frugare al suo
interno. Infine
ne estrassi il telefonino che non accennava a smettere di suonare.
“
Pronto?” Bofonchiai
con voce impastata. Se era Connor l’avrei ricoperto di
insulti, cosa gli
saltava in testa di chiamarmi sapendo in che condizioni mi aveva
lasciata?
“
Audrey?” Chiese una
voce. Una voce dal timbro leggermente basso. La voce di Ryuzaki.
Mi
tirai su a sedere
sul letto. Improvvisamente lucida.
“
Ryuzaki?” Domandai
affannata. Che idiota. Sembrava gli stessi rifacendo il verso.
“Si.”
Confermò.
Il
cuore prese a battermi
rapidissimo.
“Ryuzaki
come…”
“
Non possiamo stare
molto al telefono.” Mi interruppe.
Restai
in attesa.
“
Ti va di fare una
passeggiata?” Propose.
Non
me lo feci ripetere
due volte.
“
Si, certo! ” Accettai.
“
Troviamoci alla
stessa panchina dell’altra volta tra un’ora.
”
“
D’accordo. ” Mormorai.
Ma
aveva già
riattaccato. Stava diventando un’abitudine quella di
riattaccarmi il telefono
in faccia. “ Sei un vero cagnolino, lui chiama e tu corri, mi
meraviglio di
te.” Sibilò la vocina. Non aveva tutti i torti
purtroppo.
Con
sommo orrore, mi
accorsi che avevo circa mezzora per rendermi civile. Mi alzai e
zampettai verso
il bagno reggendomi la testa. Maledetto sakè. Mi guardai
allo specchio per
constatare i danni. Non mi ero certo struccata prima di crollare sul
letto e,
con tutto il mascara spalmato sugli occhi, sembravo un panda. Urgevano
doccia e
caffè. Effettuate quelle indispensabili operazioni, mi
vestii inaugurando l’abitino
nuovo, poi passai alla fase trucco, cercando con scarso successo di
camuffare
le occhiaie. Chissà perché su Ryuzaki le trovavo
carine mentre su di me tutto
il contrario? “ Troveresti carina qualunque cosa su Ryuzaki.
Non scendo nei
dettagli per questione di decenza.” Si intromise la vocina.
Anche in quel caso,
aveva ragione. Quando fui abbastanza soddisfatta del mio aspetto, o,
sarebbe
più corretto dire, quando ritenni di non assomigliare
più ad uno zombie, uscii
di casa alla ricerca di un taxi.
Arrivai
a destinazione, che Ryuzaki era già là. Se
ne stava seduto nella sua consueta posizione, sulla panchina. Era
intento a
leggere, reggendo le estremità del libro tra le punte delle
dita. Indossava
sempre la t-shirt bianca a maniche lunghe e i jeans. Mi chiesi se ne
avesse
tanti tutti uguali. Si accorse quasi immediatamente della mia presenza,
mentre
lo raggiungevo. Ritirò il libro in una tasca e mi
salutò con la mano. Risposi
al saluto e giunsi davanti a lui, mentre il mio stomaco faceva i salti
mortali.
E, beninteso, non per i postumi della sbornia.
“
Ciao Ryuzaki.”
Esordii, complimentandomi mentalmente per il mio approccio
così originale.
“
Ciao Audrey.” Rispose
lui iniziando a trapassarmi con lo sguardo.
La
gente, normalmente
si salutava con baci sulle guance o strette di mano. Noi con profonde
occhiate
che avevano il potere di ridurmi le ginocchia in gelatina.
Restai
a guardarlo come
un’allocca. Nel mentre lui si alzò dalla panchina,
rinfilò le scarpe e si
avvicinò a me. Troppo vicino per la mia capacità
di sopportazione.
“
Ti va di fare la
nostra passeggiata, a Central Park?” Buttai lì
nella speranza di porre fine a
quel tormento prima che fosse troppo tardi.
“
D’accordo.”
Acconsentì lui.
Così
ci incamminammo,
silenziosi come al solito, verso la nostra meta. Notai diverse
coppiette che si
tenevano per mano. Provai una feroce invidia. “ A te niente
eh?” Mi canzonò la
vocina. Digrignai i denti.
“
Tutto a posto
Audrey?” Mi interrogò Ryuzaki.
Doveva
essersi avveduto
della mia espressione truce.
“
Oh s-si tutto a
posto, grazie.” Balbettai, presa alla sprovvista.
“
Hai un’aria stanca.”
Osservò.
“
E’ che ieri sera ho
fatto tardi..” Spiegai con disinvoltura.
“
Con Connor?” Mi
interrogò.
“
Si, con Connor.”
Sottolineai.
In
cuor mio speravo
fosse almeno un pochino geloso. Probabilmente non lo era nemmeno un
po’.
Central
Park era
insolitamente spopolato, per essere un giorno festivo. Forse
l’aria frizzante
aveva iniziato a scoraggiare le persone dall’avventurarvisi.
Rabbrividii
leggermente nella giacca, domandandomi come facesse Ryuzaki a resistere
solo
con una maglia di cotone addosso. Poi, la mia attenzione fu attirata da
un
chiosco di vivande. Mi voltai verso Ryuzaki. Se n’era accorto
anche lui. Ci
sorridemmo e senza dire una parola, ci avviammo verso di esso.
Riprendemmo
la nostra
passeggiata con una
ciambella a testa e
un cappuccino per la sottoscritta. Ryuzaki con una mano teneva la
ciambella,
servendosi come al solito del pollice e dell’indice e, con
l’altra, sempre con
l’ausilio delle medesime dita, la sbocconcellava, portandosi
piccoli pezzetti
alla bocca. Mi ritrovai nuovamente a fissarlo in preda a pensieri non
molto
innocenti. “ Piantala di fissarlo come un
baccalà!” Mi intimò la voce,
tagliente. Mi riscossi subito. Sorseggiai un po’ di
cappuccino e stabilii che
intavolare una qualunque conversazione non avrebbe potuto che giovarmi.
“
Non sei mai stato
qui, Ryuzaki?” Lo interpellai.
“
No, mai.”
“
Oh allora devo
assolutamente portarti a vedere il lago!” Esclamai entusiasta.
“
Tu invece vieni
sovente in questo posto.” Affermò lui.
“
Si, mi piace molto
.E’ uno dei luoghi che amo di più in questa
città.” Confermai.
“
Perché?” mi domandò,
continuando a mangiucchiare la sua ciambella.
Ci
pensai qualche
istante.
“
Perché venire qui mi
aiuta a fare chiarezza nei miei pensieri.” Decretai alla fine.
“
Eppure non è il luogo
ideale dove passeggiare da soli. In certe ore può diventare
pericoloso.
Soprattutto per una bella ragazza.” Osservò,
leccandosi un dito sporco di
zucchero a velo.
Arrossii
fino alla
radice dei capelli. Sapevo che il suo non era un complimento
intenzionale, ma
soltanto una constatazione oggettiva. Tuttavia sentirmi dire che ero
bella, non
mi aveva mai fatto tanto piacere in tutta la mia vita.
Aspettai
di tornare di
un colorito normale, poi trillai allegramente:
“
Non preoccuparti,
sono anni che frequento questo posto e non è mai successo
niente!”
“
Datemi il
portafoglio! Subito!” Ci ordinò una voce
sconosciuta.
Il
fato congiurava
davvero contro di me.
“Le
ultime parole
famose..” Non potei trattenermi dal commentare. Si. Anche in
quella
circostanza.
Davanti
a noi, c’era un
uomo basso e tarchiato, dall’aspetto niente affatto
rassicurante, che ci
minacciava con un coltello.
“
Muovetevi!” Gridò.
Intorno
non c’era
nessuno a cui chiedere aiuto.
Mi stavo apprestando ad
estrarre il
portafoglio dalla borsetta cercando di mantenere il sangue freddo,
quando
Ryuzaki, si girò di tre quarti e, sbilanciandosi leggermente
all’indietro,
sferrò al malvivente, un poderoso calcio in pieno viso,
facendolo crollare a
terra, svenuto. Per la sorpresa, mi cadde il cappuccino.
“
Ryu-Ryuzaki..”
Balbettai.
Con
una mano mi fece segno
di attendere. Con l’altra invece, si infilò
l’ultimo boccone di ciambella in
bocca e lo ingoiò. Poi si accovacciò a terra, a
fianco dell’uomo privo di sensi
e prese a frugargli nelle tasche. Dopo qualche istante
sembrò aver trovato quello
che stava cercando. Si rialzò in piedi e si
allontanò di qualche metro. Fece
una breve telefonata. Poi tornò verso di me.
“
Stai bene?” Mi chiese
fissandomi.
“Io…”
Blaterai.
In
realtà non stavo
affatto bene. Mi girava la testa e sentivo che le gambe avrebbero
potuto
smettere di sorreggermi da un momento all’altro.
“
Non sto benissimo.”
Ammisi con un fil di voce.
“
Deve essere lo choc.”
Dichiarò Ryuzaki.
“
Non sono scioccata.”
Protestai debolmente.
“
Evidentemente il tuo
subconscio non è dello stesso parere.”
Obiettò Ryuzaki.
“
Ce la fai a
camminare?” Aggiunse.
Accennai
a muovere
qualche passo ma barcollai subito.
“
Aspetta.” Mi intimò
Ryuzaki.
Si
avvicinò a pochi
centimetri da me, poi mi voltò le spalle e si
ingobbì. Più del solito.
“
Dovresti aggrapparti a
me.” Mi fece notare.
Quella
era volta che
avrei tirato le cuoia. Già ero prossima allo svenimento e la
situazione certo non
aiutava. Inoltre temevo di infastidirlo. “ Approfittane,
rimbambita, chissà
quando ti ricapita.” Mi ordinò la vocina
interiore, imperiosa. Esitando
leggermente, gli cinsi il collo con le braccia, facendo attenzione a
non
sfiorarlo con le mani. Quando Ryuzaki sentì la mia stretta,
mi caricò sulla
schiena.
“Riesci
a reggermi?”
Sussurrai.
“
Sono piuttosto
forte.” Replicò.
“
L’avevo notato.”
Mormorai.
“
Audrey?” Mi richiamò.
“Si?”
Esclamai.
“Potresti
fornirmi un
elenco dei luoghi che reputi sicuri? Così li eviteremo
accuratamente.” Asserì
Ryuzaki. Anche se non potevo vederlo in faccia, ero certa che stesse
sorridendo.
“
Sono un caso senza
speranze.” Sospirai.
“
Temo di si.”
Constatò. Sentii il suo sorriso ampliarsi.
“
Dove siamo diretti?”
Mi informai.
“Verso
una panchina,
così potrai riprenderti.” Fu la risposta.
“Oh..
E quel tizio? Non
dovremmo chiamare la polizia?” Domandai, alludendo al nostro
aggressore.
“
Non preoccuparti, è
tutto sistemato.” Mi assicurò.
Ovviamente,
rendermi
partecipe del come avesse sistemato la faccenda, era fuori discussione.
Forse
aveva avvertito polizia durante la chiamata di poco prima. Ipotizzai.
Ma in
quel caso non avremmo dovuto fermarci a testimoniare? “
Finiscila. E goditi il
momento.” Quel giorno la vocina era singolarmente saggia. E
decisi di seguire
il suo consiglio. Quando mi sarebbe ricapitato di poter stare
avvinghiata a
Ryuzaki come un koala? Il contatto con il suo corpo mi faceva
percorrere la
schiena da lunghi brividi. Attraverso la sua maglietta leggera,
avvertivo un
accenno di muscolatura. Quindi Ryuzaki, si era magro, ma meno di quanto
pensassi. Quelle considerazioni erano deleterie per la mia psiche.
Fortunatamente, o sfortunatamente, non riuscivo a stabilirlo, si
profilò una
panchina all’orizzonte.
Ryuzaki
mi aiutò a
scendere e ad adagiarmi su di essa.
“E’
meglio che ti
sdrai.” Mi consigliò.
Feci
come aveva detto.
Lui invece, si accucciò a terra, perfettamente
all’altezza del mio volto. Mi
prese un polso tra le dita.
“Strano..
Il battito è
molto accelerato.” Mi informò.
Non
proferii verbo.
Sapevo a cosa era dovuto quel fattore.
“
Dovrebbe essere più
lento.” Continuò, lasciando andare il mio polso e
avvicinando ulteriormente il
suo viso al mio. I suoi capelli neri mi sfiorarono la fronte. Fu in
quel
momento che cedetti. Mi abbandonai ad un istinto inestinguibile, chiusi
gli occhi
e appoggiai le mie labbra su quelle di Ryuzaki. Lo feci con
delicatezza, senza
premere troppo. Sapevano di zucchero a velo. Assaporai ogni attimo di
quel
bacio, conscia che Ryuzaki si sarebbe probabilmente scostato. Ma non lo
fece.
Infine, lentamente, separai la mia bocca dalla sua e aprì
gli occhi. I suoi
erano sgranati e fissi nei miei.
“
Scusami..Io..”
Farfugliai. Ma non avevo nessuna scusante.
Ryuzaki,
senza smettere
di guardarmi negli occhi, si portò una mano sulle labbra.
“
E’ il primo bacio che
ricevo.” Disse. Gli occhi neri nei miei.
Questo
era Ryuzaki, un
bizzarro connubio tra il più stretto riserbo e un candore
disarmante.
“
Se ti è piaciuto puoi
averne quanti ne vuoi.” Commentai.
“
Oddio, l’ho detto
davvero!” Proruppi subito dopo, incredula.
Sul
viso di Ryuzaki
affiorò un sorriso.
“
Apprezzo l’offerta.”
Dichiarò.
“
Allora non ti è..
Emh.. Dispiaciuto?” Domandai, rossa come un peperone.
“No.”
Ribatté.
“
Ne sei sicuro?”
Insistetti dubbiosa.
“
Al 100%” Ribadì lui.
Tirai
impercettibilmente
un sospiro di sollievo.
“
Però se ora stai
meglio,io ho bisogno di zuccheri.” Mi fece presente.
“
Come mai?” Mi
informai perplessa. Aveva finito di divorare una ciambella non molto
tempo
prima.
“
Perché sento che le
mie capacità di ragionamento sono calate del 50%”
Mi spiegò.
Sorrisi.
Anch’io
sentivo che le mie capacità di ragionamento erano calate. Ma
già da quando lo
avevo incontrato.
“
D’accordo. Così posso prendermi un altro
cappuccino, l’altro è finito tutto per
terra.” Acconsentì.
E,
insieme, ci
riavviammo verso il chiosco. Anche se non ci tenevamo per mano, anche
se non
sapevo nulla o quasi di lui, anche se l’intero genere umano
mi avrebbe presa
per pazza e anche se probabilmente, pazza lo ero sul serio, sentivo di
non
avere nulla da invidiare alle coppie di prima.
*maki:
tipologia di sushi, composto da alga nori, riso e pesce.
*sakè:
bevanda alcolica tipicamente giapponese ottenuta dalla fermentazione
del riso.
Immagino
che per voi
siano inutili queste note, ma ci tengo a essere precisa ^^
Ringraziamenti
e sproloqui dell’autrice
Come
sempre grazie a
tutti i lettori! ^^
E
ora procediamo in
ordine di recensione
Hope87:
Confermo,
Ryuzaki è davvero spietato! E manco se ne accorge.. O forse
si? Con lui non si sa mai XD!!!Riguardo al saltargli addosso.. Sono
perfettamente d’accordo con te! Audrey è vero,
è cotta a puntino e sono
contenta di essere riuscita a rendere bene le ragioni del suo
comportamento
sventato! Quanto a Connor, inizialmente non pensavo di inserirlo
granché nella
storia, ma poi si è rivelato divertente da gestire, inoltre
penso che un personaggio
in più possa rendere la ff più interessante.
Spero di non sbagliarmi!
Umpa_Lumpa:
Ho riso come una matta, leggendo la tua recensione,
l’immagine di te
(anche se non conosco il tuo aspetto ma ti immagino tipo manga) che
strisci fuori dalla
bava alla ricerca di
dolci, mi ha fatta piegare in due XDDD! Grazie mille comunque, sono
felice di
riuscire a farti ridere, ti assicuro che questa storia è
deleteria anche per
me, mentre scrivo ho continuo bisogno di dolci, proprio ora sto
rosicchiando un
biscotto, mi sa che arriverò a fine ficcy con il diabete
-.-‘’’.. Mi auguro che
tu abbia gradito Connor, che ha avuto piuttosto spazio in questo
capitolo!
Intanto attendo che tu corrompa la musa che mi rivelerà le
intenzioni dell’ermetico
L. *.*
AngelVirtues:
Contentissima
che tu preferisca Audrey al posto di Light!!! Io odio
Light (da leggersi con tono del puffo Brontolone) ok la pianto
^^’’’. Come
avrai notato, in questo capitolo le cose si sono smosse leggermente, ma
solo un
pochino, non voglio esagerare! Quanto al manga, ho seguito il tuo
consiglio e
ho iniziato a leggerlo! Nonostante mi avessero detto che è
praticamente uguale
all’anime, ho già notato delle piccole differenze
che sono lieta di poter cogliere,
quindi grazie del consiglio!
La
gre: Benvenuta
cara! Volevo già ringraziarti lo scorso capitolo per aver
aggiunto la storia tra i preferiti, ma ops.. Mi sono dimenticata
-.-‘’’ Abbi
pazienza, è colpa della vecchiaia! Grazie mille per i
complimenti, spero di non
averti fatta attendere troppo ^^
Liar:
Oh
Liar grazie mille! So che sono noiosa e ripetitiva ma quando leggo
nelle vostre recensioni che ho reso bene L faccio salti di gioia!!!
SPLITkosher:
Ti
ringrazio tantissimooooooooo!!!!!!!
Elettra_Black:
Grazie
stellina, sai quanto è importante il tuo parere per me e che
tu
abbia notato una crescita nel mio stile mi fa incredibilmente piacere!!!
Spero
che il capitolo
vi sia piaciuto ragazze, fatemi sapere che cosa ne pensate
perché ero molto
dubbiosa riguardo al finale! Un baciottone a tutte e a presto, al
prossimo
aggiornamento! ^___^
Alice