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Autore: AliceRose    11/12/2008    10 recensioni
Il racconto inizia a New York,qualche mese prima dello scoppio del caso Kira in Giappone. Principalmente si tratta di una storia d'amore, ma in seguito si riallaccerà con le vicende dell' anime,modificandole in parte. Come capirete dal titolo mi è stata ispirata da una canzone secondo me molto azzeccata. Buona lettura!
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, L
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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6. Imprevisto

Per l’intera durata della cena restai assorta nei miei pensieri. O sarebbe  più corretto, dire che pensai ad una sola cosa per tutto il tempo. Ryuzaki. Mi arrovellai letteralmente il cervello, sviluppai teorie e congetture, senza venire a capo di nulla. Chi era Ryuzaki? Chi era la persona di cui mi stavo inesorabilmente innamorando? L’unico che poteva fornirmi delle risposte non me le avrebbe date.

I miei amici non parvero prestare attenzione alla mia scarsa loquacità e all’alternarsi tra un’espressione corrucciata e un sorriso ebete sul mio viso, a seconda di ciò che mi passava per la mente. Solo Connor, di tanto in tanto, mi lanciava qualche occhiata in tralice.

Terminato il pasto, guardammo un film al quale non prestai minimamente attenzione. Finito quello, finalmente, i miei ospiti si congedarono. Eccetto Connor, che si fermò con il pretesto di aiutarmi a rassettare. Attività per la quale aveva uno speciale talento nel dileguarsi. Sentii puzza di bruciato.

In silenzio, incominciammo a mettere in ordine. Troppo in silenzio per i nostri standard. Non presagii nulla di buono. Mentre mi apprestavo a caricare la lavastoviglie, mi accorsi della presenza di Connor sulla soglia della porta. Mi scrutava molto attentamente. Mi venne subito in mente Ryuzaki. “ Non pensavo potessi diventare ancora più patetica.” Commentò la mia vocina interiore. Ma in quel momento, qualcosa mi suggeriva che avevo altro di cui preoccuparmi. E, immediatamente, ne ebbi la conferma.

“ Audrey, dove sei stata oggi pomeriggio?” mi domandò Connor a voce bassa.

“ A casa.” Risposi troppo precipitosamente. Ryuzaki aveva ragione, come bugiarda facevo pietà.

“ Non è vero. Sei vestita come stamattina. Se davvero, come sostieni, fossi stata a casa, ti saresti fatta la doccia, spalmata di creme e cremine e cambiata per andare a cena fuori.” Mi smentì in tono d’accusa.

“ Non ne avevo voglia.” Ribattei ostinata.

“ Inoltre non ti saresti mai dimenticata di prenotare.” Insistette. Che razza di noioso.

“ Quando vai a casa Connor?” Sbottai. Era il bello di essere amici da tanti anni. All’occorrenza, non ci risparmiavamo la scortesia.

“ Che villana. E io che mi sono fermato per aiutarti a rimettere a posto.” Mormorò simulando dispiacere. Cercai di non farmi intenerire dal luccichio dei suoi occhioni azzurri. Lo conoscevo fin troppo bene per non smascherare le sue tattiche.

“ Non sei rimasto per aiutarmi, ma per impicciarti.” Obiettai seccamente.

“ Quindi ammetti di non essere rimasta qui oggi pomeriggio?” Rincarò.

“ Da quando ti sei tesserato all’Inquisizione?” Mi informai.

“ Da quando tu ti sei trasferita in una dimensione parallela, dalla quale dai malapena credito al pianeta Terra e quando ti degni di farlo, racconti ridicole balle per rispondere a domande del tutto innocenti.” Fu l’accorata risposta.

Sospirai. “ E va bene Connor, non ero a casa oggi. Sono uscita. Questo basta a placarti o devo renderti conto di ogni singolo istante della mia esistenza? ” Borbottai spazientita.

“ No, non mi basta. Sono il tuo migliore amico, non mi sembra un quesito così intimo e inopportuno.” Protestò.

Già, il mio migliore amico.

 Connor ed io ci conoscevamo da nove anni ma eravamo amici da sei. Questo perché nei nostri primi due anni di conoscenza ci ignoravamo reciprocamente,mentre durante il terzo ci odiavamo a morte.

Frequentavamo lo stesso liceo, io scrivevo per il giornale della scuola, lui era il capitano della squadra di football. Ma non era certo questo il motivo della nostra reciproca antipatia. La nostra faida ebbe inizio quando lui ferì i sentimenti di una mia amica, schernendola davanti a tutta la classe a causa di un biglietto in cui lei gli dichiarava il suo amore. Lo trovai assolutamente abietto, ripugnante, detestabile. Doveva pagarla. L’occasione si presentò presto. La squadra di football del nostro liceo perse una partita molto importante per la qualificazione finale. Ne approfittai per scrivere un articolo al vetriolo, sottolineando l’inettitudine del capitano. Fu il turno di Connor ad essere umiliato. La cosa non gli piacque. Si scatenò una lotta senza precedenti. Fu un anno di disprese, boicottaggi e malignità di ogni sorta. Si crearono vere e proprie fazioni che patteggiavano o per me o per lui. Io avevo tutte le cheerleader contro, non che la cosa mi urtasse granché. Anzi era un piacere lanciare frecciatine continue sulla loro estrema stupidità. E su quella del loro pupillo.

 La faccenda raggiunse il culmine quando sparì la mia chiave usb ( che all’epoca costava un mucchio di soldi) dall’armadietto e la ritrovai praticamente tritata sul fondo dello zaino. Conteneva oltre un mese di lavoro per il giornale. Non solo mio ma di molte altre persone. Montai su tutte le furie. E incapace di calmarmi e meditare vendetta a mente fredda, mi precipitai dove si svolgevano gli allenamenti di Connor e gli piazzai un pugno in pieno viso, facendogli sanguinare copiosamente il naso. Betsy, una delle cheerleader e sua fiamma dell’epoca, mi volò immediatamente addosso. Un paio di amiche vennero in mio soccorso. Poi un paio di amiche di Betsy. Si scatenò una rissa in piena regola.

Quando tutte acciaccate fummo condotte in presidenza in attesa di ramanzina e punizione, apparve anche Connor, che con mio sommo stupore, rivelò al preside il furto e la distruzione della mia chiavetta usb, motivando la mia reazione. A mia volta ammisi che quel gesto era stato scatenato da un altro mio dispetto nei suoi confronti. Ripercorremmo l’intero anno, fino ad arrivare all’origine di tutto quel pandemonio e ci ritrovammo a ridere. Anche se il preside ci affibbiò due settimane di sospensione con obbligo di frequenza e, con la mansione di coadiuvare il personale addetto, a ripulire i rifiuti.

 In quelle due settimane scoprii che Connor non era poi lo stupido, arrogante quarterback dalla mente decerebrata che credevo. E lui si rese conto che io non ero un saccente e irritante topo da biblioteca, incapace di divertirsi. Insomma, diventammo amici. Lui si scusò anche con la ragazza che aveva maltrattato suscitando le mie ire. Inoltre scoprimmo di avere una passione e un sogno in comune. Progettare il grattacielo più alto del mondo. Erano sogni di due sedicenni, ma ci unirono e ci indirizzarono in seguito, a scegliere la stessa facoltà universitaria. E all’ultimo anno di liceo, vedendoci insieme al ballo di fine anno, volteggiare in mezzo alla pista, Connor in smoking e io in un lungo abito di raso blu scuro, con al polso l’orchidea che lui mi aveva regalato per l’occasione, nessuno si ricordava che due anni prima non potevamo nemmeno sopportarci. Molti anzi, erano certi che stessimo insieme. Chi ci conosceva meglio però, sapeva che la nostra sarebbe risultata un’unione inattuabile. Ci volevamo un gran bene, ma riuscivamo ad esasperarci a vicenda. Sovente degeneravamo in liti violente. Connor stesso ammetteva, che se non fossi stata una ragazza mi avrebbe presa a pugni in più di un’occasione. Cosa che io peraltro avevo già provveduto a fare.   

Ebbi un moto di tenerezza ripensando a come era nata l’amicizia con Connor. Avrei voluto raccontargli tutto, ma non era possibile. Non volevo certo correre il rischio di non rivedere più Ryuzaki per non aver saputo tenere a freno la lingua. Anche se mi dispiaceva escludere una persona così importante per me, da un evento che si stava rivelando inspiegabilmente così importante per la mia vita.

“ Mi dispiace Connor. Non posso dirti niente.” Dissi addolcendo il tono di voce.

“ Posso solo sapere, se si tratta del ragazzo di cui mi hai parlato?” Mi chiese implorante.

“Si.” Gli concessi.

“Come avete fatto a rincontrarvi?” Esclamò meravigliato.

“ La probabilità era solo del 2%.” Dichiarai.

“ Cosa?” Domandò, stranito.

“ Lascia perdere.” Ridacchiai.

“ Ma perché non puoi parlarmene?” Incalzò.

“Perché no.” Dissi perentoria.

“ Che risposta illuminante.” Commentò sarcastico.

“ Connor, cosa non ti è chiaro dell’affermazione “Non posso dirti niente” Di poco fa?” Replicai stizzita.

Connor sgranò gli occhi e si appoggiò teatralmente allo stipite della porta, con un sospiro.

“ Non dirmelo Audrey.”

“ Che cosa?” Domandai incerta se essere divertita o esasperata.

“ E’ una persona sposata. Dovete nascondervi per questo..Oh Audrey, lascialo, ti farà solo soffrire!” Declamò melodrammatico.

Trattenni a stento una risata, non mi immaginavo Ryuzaki sposato. Anche se per quanto ne sapevo, poteva anche esserlo. Scacciai subito quel pensiero.

“ Connor,devi smetterla di guardare tutte quelle orride telenovele. Non è sposato.” Lo rassicurai.

“ Per fortuna! Ma allora perché tutto questo mistero? E’ una spia?” Mi inquisì nuovamente.

Non era male come ipotesi. Era affascinante. E senza ombra di dubbio, la preferivo a quella del matrimonio. Connor mi aveva suggerito ottimi spunti di riflessione per quella notte.

“ Adesso basta Connor. Tanto non ne so niente neanche io, è inutile che mi assilli.” Tagliai corto.

“ Come non ne sai niente? Audrey sei matta? Potrebbe essere un pazzo psicopatico, farti a fettine e venderle in un banchetto degli hot-dog.” Mi fece notare allarmato.

Connor sapeva essere molto pittoresco.

“ Lo so.” Dissi semplicemente.

“ E non ti interessa?” Era sbigottito.

“No.” Mormorai. Ed era vero, non mi importava. Perché mi fidavo di Ryuzaki, anche se non me lo spiegavo razionalmente.

“ Sono certa che non sia nulla del genere.” Affermai per rincuorare Connor, che aveva gli occhi sbarrati.

“ Ti stai innamorando Audrey.” Constatò.

“ Credo di si.” Sussurrai. In realtà ne ero certa.

“ Qualcuno è riuscito a fare breccia nel tuo gelido cuore.” Mi canzonò Connor.

“ Non ho un cuore gelido!” Mi lagnai. Ma sorridevo.

“ E’ un uomo fortunato. Spero che lo sappia.” Si percepiva un’ inflessione minacciosa nelle parole di Connor.

Feci spallucce.

“ Ti va una tisana?” Domandai in un pietoso tentativo di cambiare argomento.

“ Volentieri. Ma non attacca. So che è un pretesto e non vuoi più parlarne. Ti lascio in pace. Spero solo che tu sappia quello che fai.” Mi rispose.

Annuii. Anche se non ero certa di un benemerito nulla. Fortunatamente Connor, non era in gamba come Ryuzaki a percepire le menzogne. Ci accomodammo in cucina e sorseggiamo la nostra tisana, chiacchierando amabilmente della sessione d’esami in arrivo e dei progetti per le vacanze di Natale.

Quando anche Connor, dopo avermi fatto altre mille raccomandazioni, se ne fu andato, potei farmi, finalmente, la tanto agognata doccia. Mi scoppiava la testa. Era stata davvero una giornata massacrante. “ I tuoi sforzi per non saltare addosso a Ryuzaki, devono essere stati dispendiosi di energie.” Insinuò la vocina. In effetti ero incerta se attribuire l’emicrania a quello o alle numerose partite a scacchi. Ma probabilmente la vocina aveva ancora una volta, tristemente ragione. Dopo la doccia mi sentii meglio. Entrai nella mia camera, ed estrassi dal comò una camicia da notte pulita. Era bianca e rosa, con stampata sul davanti una torta panna e fragole. Sorrisi. A volte le coincidenze erano davvero bizzarre. Mi infilai sotto le coperte senza puntare la sveglia. Il giorno dopo era sabato e non c’era lezione. Avevo a disposizione tutto il tempo che volevo per dormire. Dormire o riflettere.

Alla fine fu il sonno ad avere la meglio. La mia mente, in tutta evidenza, necessitava di riposo in seguito agli avvenimenti della giornata. Purtroppo non fu una nottata particolarmente ristoratrice. Perlomeno dal punto di vista onirico. Feci sogni confusi, quasi tutti su Ryuzaki.

Mi svegliai alle dieci passate, avevo ancora una leggera emicrania ma ero in ottima forma a parte quel dettaglio. Mi stiracchiai pigramente. Dalle persiane filtrava la luce del sole. Doveva essere un’altra bella giornata. Che fortuna pensai. Chissà se Ryuzaki mi avrebbe chiamata. Un terribile pensiero mi balenò in mente. Non avevo più riacceso il cellulare dopo averlo spento nella suite di Ryuzaki il giorno prima. Se lui avesse provato a cercarmi non mi avrebbe trovata.

Balzai fuori dal letto e corsi in soggiorno alla ricerca della borsetta. Purtroppo, complici il fattore dell’essere appena sveglia e il tappeto al’ingresso della stanza, volai lunga e tirata per terra. Mi rialzai massaggiandomi il ginocchio e imprecando. Poi, zoppicando leggermente, afferrai la borsa e tirai fuori il cellulare. Lo accesi. C’erano cinque messaggi di Connor: tre di tentativo di chiamata, uno dove mi ricordava di prenotare al Julian’s e l’ultimo in cui mi insultava per non aver prenotato. Notai che avevo anche un messaggio in segreteria. Lo ascoltai speranzosa. Era mia madre che mi pregava di richiamarla. Sbuffai. Poi mi diressi verso la cucina a fare colazione.

Il sabato trascorreva inesorabilmente lento. Avevo cercato di concentrami sui libri con pessimi risultati. Non riuscivo a focalizzare l’attenzione per un lasso di tempo superiore ai due minuti. Poiché immediatamente, Ryuzaki prendeva il sopravvento. “ Certo che sei monotona.” Mi fece presente la voce.

“ Nessuno ti obbliga a parlarmi insieme.” Ringhiai.

Poi mi resi conto che stavo parlando a me stessa. Fortunatamente ero sola.

Ripresi con le congetture su Ryuzaki. Era una spia? Non me lo vedevo con l’impermeabile e il cappello a tesa larga, ma del resto le spie si vestivano così esclusivamente nei film. Forse era un super eroe. “ Certo e ora non ti può chiamare perché è con “Alfred” nella bat- caverna, ma fammi il piacere.” Affermò la vocina, beffarda. In effetti avevo un tantino esagerato. Magari era solo uno di quei personaggi molto abbienti, che danno di testa e si comportano in maniera assurda. Ma non credevo nemmeno a quella teoria. Dietro Ryuzaki si celavano molti misteri. A partire dal suo nome. Di questo ne ero certa.

A distogliermi dalle mie elucubrazioni, suonò il cellulare. Lo afferrai con uno scatto repentino. Sul display però, lampeggiava “Connor”.

“ Che c’è?” grugnii rispondendo.

“ Anche se non sono l’ uomo misterioso come tu speravi, merito un’accoglienza un po’ più cordiale.” Rispose risentito.

Mi sentii un mostro di cattiveria.

“ Hai ragione, scusami. Tutto bene?” Cercai di rimediare.

“ Tutto bene, si. Volevo chiederti se eri impegnata oggi.” Replicò, recuperando un tono di voce cordiale.

“ Mm.” Presi tempo.

“ Ho capito. Non hai niente da fare, ma non vuoi prendere impegni nell’eventualità che Mr X ti inviti ad uscire.” Ipotizzò.

Dannato Connor. Aveva fatto centro.

“ Emh..” Bofonchiai.

“ Però ora Audrey la smetti di rimuginare, smuovi le chiappe e ti prepari. Poi facciamo un giro per negozi e andiamo a cena. Nel caso in cui il tuo principe tenebroso si facesse vivo puoi anche piantarmi in asso. Però ora esci. Passo a prenderti tra mezzora.” Mi ordinò Connor attaccandomi il telefono in faccia.”

Davvero astuto, non mi aveva dato la possibilità di controbattere. Rassegnata, andai a vestirmi.

Connor mi tenne impegnata per tutto il pomeriggio e la serata. Andammo a fare shopping nei miei negozi preferiti, dove acquistai una sciarpa, degli orecchini e un bellissimo abitino color fragola. Mentre la commessa si consumava le corde vocali in complimenti volti e farmelo comprare e Connor si stupiva perché non avevo mai portato quella tinta, io sorridevo ebete immaginando di sfoggiarlo davanti a Ryuzaki. Per quanto qualcosa mi suggeriva, che se mi fossi presentata da lui avvolta in un sacco dell’immondizia l’effetto sarebbe stato il medesimo. Dopo il giro per negozi, andammo a mangiare in un ristorante giapponese che adoravo. Una scorpacciata di maki * al tonno mi riconciliò con il mondo. Di tanto in tanto, occhieggiavo il telefono ma appena Connor se ne accorgeva, si metteva a chiacchierare a raffica e a ordinare altri piatti. Terminammo la cena con del sakè *. Un po’ troppo sakè a dire il vero. Infine, dopo che ci ebbero raggiunto altri nostri amici, ci recammo a concludere la serata in un locale dove suonavano dal vivo. Il cocktail bevuto in quella circostanza mi diede il colpo di grazia. Ero decisamente brilla.

“ Grassie Onnor..” Biascicai mentre Connor, con un mio braccio intorno alle spalle, apriva la porta del mio appartamento.

“Shh! E’ tardi, disturbi i vicini.” Mi redarguì.

“ Pasiensa.” Ridacchiai.

Connor sospirò.

“ Coraggio, entriamo.” Mi esortò.

Leggermente barcollanti entrammo in casa. Connor, trasportandomi praticamente di peso, mi depositò sul letto.

“ Sciei un vuero amico!” Gorgogliai sorridendo al nulla.

“ Su questo non ci piove. Buonanotte Audrey, dormi e domani fammi sapere come stai.” Si congedò Connor stampandomi un bacio sulla fronte.

“ Ao.” Lo salutai annaspando con le mani, nel vuoto. Dopodiché mi addormentai come un sasso.

 Il giorno dopo mi svegliò un suono insistente e fastidioso. Il cellulare che squillava. Sentivo le tempie che pulsavano. Non avevo voglia di aprire gli occhi. Spenzolai un braccio fuori dal letto e cercai a tentoni la mia borsa, che Connor doveva aver abbandonato sul pavimento prima di andarsene. La trovai. La raccolsi e mi misi a frugare al suo interno. Infine ne estrassi il telefonino che non accennava a smettere di suonare.

“ Pronto?” Bofonchiai con voce impastata. Se era Connor l’avrei ricoperto di insulti, cosa gli saltava in testa di chiamarmi sapendo in che condizioni mi aveva lasciata?

“ Audrey?” Chiese una voce. Una voce dal timbro leggermente basso. La voce di Ryuzaki.

Mi tirai su a sedere sul letto. Improvvisamente lucida.

“ Ryuzaki?” Domandai affannata. Che idiota. Sembrava gli stessi rifacendo il verso.

“Si.” Confermò.

Il cuore prese a battermi rapidissimo.

“Ryuzaki come…”

“ Non possiamo stare molto al telefono.” Mi interruppe.

Restai in attesa.

“ Ti va di fare una passeggiata?” Propose.

Non me lo feci ripetere due volte.

“ Si, certo! ” Accettai.

“ Troviamoci alla stessa panchina dell’altra volta tra un’ora. ”

“ D’accordo. ” Mormorai.

Ma aveva già riattaccato. Stava diventando un’abitudine quella di riattaccarmi il telefono in faccia. “ Sei un vero cagnolino, lui chiama e tu corri, mi meraviglio di te.” Sibilò la vocina. Non aveva tutti i torti purtroppo.

Con sommo orrore, mi accorsi che avevo circa mezzora per rendermi civile. Mi alzai e zampettai verso il bagno reggendomi la testa. Maledetto sakè. Mi guardai allo specchio per constatare i danni. Non mi ero certo struccata prima di crollare sul letto e, con tutto il mascara spalmato sugli occhi, sembravo un panda. Urgevano doccia e caffè. Effettuate quelle indispensabili operazioni, mi vestii inaugurando l’abitino nuovo, poi passai alla fase trucco, cercando con scarso successo di camuffare le occhiaie. Chissà perché su Ryuzaki le trovavo carine mentre su di me tutto il contrario? “ Troveresti carina qualunque cosa su Ryuzaki. Non scendo nei dettagli per questione di decenza.” Si intromise la vocina. Anche in quel caso, aveva ragione. Quando fui abbastanza soddisfatta del mio aspetto, o, sarebbe più corretto dire, quando ritenni di non assomigliare più ad uno zombie, uscii di casa alla ricerca di un taxi.

Arrivai a destinazione, che Ryuzaki era già là. Se ne stava seduto nella sua consueta posizione, sulla panchina. Era intento a leggere, reggendo le estremità del libro tra le punte delle dita. Indossava sempre la t-shirt bianca a maniche lunghe e i jeans. Mi chiesi se ne avesse tanti tutti uguali. Si accorse quasi immediatamente della mia presenza, mentre lo raggiungevo. Ritirò il libro in una tasca e mi salutò con la mano. Risposi al saluto e giunsi davanti a lui, mentre il mio stomaco faceva i salti mortali. E, beninteso, non per i postumi della sbornia.

“ Ciao Ryuzaki.” Esordii, complimentandomi mentalmente per il mio approccio così originale.

“ Ciao Audrey.” Rispose lui iniziando a trapassarmi con lo sguardo.

La gente, normalmente si salutava con baci sulle guance o strette di mano. Noi con profonde occhiate che avevano il potere di ridurmi le ginocchia in gelatina.

Restai a guardarlo come un’allocca. Nel mentre lui si alzò dalla panchina, rinfilò le scarpe e si avvicinò a me. Troppo vicino per la mia capacità di sopportazione.

“ Ti va di fare la nostra passeggiata, a Central Park?” Buttai lì nella speranza di porre fine a quel tormento prima che fosse troppo tardi.

“ D’accordo.” Acconsentì lui.

Così ci incamminammo, silenziosi come al solito, verso la nostra meta. Notai diverse coppiette che si tenevano per mano. Provai una feroce invidia. “ A te niente eh?” Mi canzonò la vocina. Digrignai i denti.

“ Tutto a posto Audrey?” Mi interrogò Ryuzaki.

Doveva essersi avveduto della mia espressione truce.

“ Oh s-si tutto a posto, grazie.” Balbettai, presa alla sprovvista.

“ Hai un’aria stanca.” Osservò.

“ E’ che ieri sera ho fatto tardi..” Spiegai con disinvoltura.

“ Con Connor?” Mi interrogò.

“ Si, con Connor.” Sottolineai.

In cuor mio speravo fosse almeno un pochino geloso. Probabilmente non lo era nemmeno un po’.

Central Park era insolitamente spopolato, per essere un giorno festivo. Forse l’aria frizzante aveva iniziato a scoraggiare le persone dall’avventurarvisi. Rabbrividii leggermente nella giacca, domandandomi come facesse Ryuzaki a resistere solo con una maglia di cotone addosso. Poi, la mia attenzione fu attirata da un chiosco di vivande. Mi voltai verso Ryuzaki. Se n’era accorto anche lui. Ci sorridemmo e senza dire una parola, ci avviammo verso di esso.

Riprendemmo la nostra passeggiata  con una ciambella a testa e un cappuccino per la sottoscritta. Ryuzaki con una mano teneva la ciambella, servendosi come al solito del pollice e dell’indice e, con l’altra, sempre con l’ausilio delle medesime dita, la sbocconcellava, portandosi piccoli pezzetti alla bocca. Mi ritrovai nuovamente a fissarlo in preda a pensieri non molto innocenti. “ Piantala di fissarlo come un baccalà!” Mi intimò la voce, tagliente. Mi riscossi subito. Sorseggiai un po’ di cappuccino e stabilii che intavolare una qualunque conversazione non avrebbe potuto che giovarmi.

“ Non sei mai stato qui, Ryuzaki?” Lo interpellai.

“ No, mai.”

“ Oh allora devo assolutamente portarti a vedere il lago!” Esclamai entusiasta.

“ Tu invece vieni sovente in questo posto.” Affermò lui.

“ Si, mi piace molto .E’ uno dei luoghi che amo di più in questa città.” Confermai.

“ Perché?” mi domandò, continuando a mangiucchiare la sua ciambella.

Ci pensai qualche istante.

“ Perché venire qui mi aiuta a fare chiarezza nei miei pensieri.” Decretai alla fine.

“ Eppure non è il luogo ideale dove passeggiare da soli. In certe ore può diventare pericoloso. Soprattutto per una bella ragazza.” Osservò, leccandosi un dito sporco di zucchero a velo.

Arrossii fino alla radice dei capelli. Sapevo che il suo non era un complimento intenzionale, ma soltanto una constatazione oggettiva. Tuttavia sentirmi dire che ero bella, non mi aveva mai fatto tanto piacere in tutta la mia vita.

Aspettai di tornare di un colorito normale, poi trillai allegramente:

“ Non preoccuparti, sono anni che frequento questo posto e non è mai successo niente!”

“ Datemi il portafoglio! Subito!” Ci ordinò una voce sconosciuta.

Il fato congiurava davvero contro di me.

“Le ultime parole famose..” Non potei trattenermi dal commentare. Si. Anche in quella circostanza.

Davanti a noi, c’era un uomo basso e tarchiato, dall’aspetto niente affatto rassicurante, che ci minacciava con un coltello.

“ Muovetevi!” Gridò.

Intorno non c’era nessuno a cui chiedere aiuto.

 Mi stavo apprestando ad estrarre il portafoglio dalla borsetta cercando di mantenere il sangue freddo, quando Ryuzaki, si girò di tre quarti e, sbilanciandosi leggermente all’indietro, sferrò al malvivente, un poderoso calcio in pieno viso, facendolo crollare a terra, svenuto. Per la sorpresa, mi cadde il cappuccino.

“ Ryu-Ryuzaki..” Balbettai.

Con una mano mi fece segno di attendere. Con l’altra invece, si infilò l’ultimo boccone di ciambella in bocca e lo ingoiò. Poi si accovacciò a terra, a fianco dell’uomo privo di sensi e prese a frugargli nelle tasche. Dopo qualche istante sembrò aver trovato quello che stava cercando. Si rialzò in piedi e si allontanò di qualche metro. Fece una breve telefonata. Poi tornò verso di me.

“ Stai bene?” Mi chiese fissandomi.

“Io…” Blaterai.

In realtà non stavo affatto bene. Mi girava la testa e sentivo che le gambe avrebbero potuto smettere di sorreggermi da un momento all’altro.

“ Non sto benissimo.” Ammisi con un fil di voce.

“ Deve essere lo choc.” Dichiarò Ryuzaki.

“ Non sono scioccata.” Protestai debolmente.

“ Evidentemente il tuo subconscio non è dello stesso parere.” Obiettò Ryuzaki.

“ Ce la fai a camminare?” Aggiunse.

Accennai a muovere qualche passo ma barcollai subito.

“ Aspetta.” Mi intimò Ryuzaki.

Si avvicinò a pochi centimetri da me, poi mi voltò le spalle e si ingobbì. Più del solito.

“ Dovresti aggrapparti a me.” Mi fece notare.

Quella era volta che avrei tirato le cuoia. Già ero prossima allo svenimento e la situazione certo non aiutava. Inoltre temevo di infastidirlo. “ Approfittane, rimbambita, chissà quando ti ricapita.” Mi ordinò la vocina interiore, imperiosa. Esitando leggermente, gli cinsi il collo con le braccia, facendo attenzione a non sfiorarlo con le mani. Quando Ryuzaki sentì la mia stretta, mi caricò sulla schiena.

“Riesci a reggermi?” Sussurrai.

“ Sono piuttosto forte.” Replicò.

“ L’avevo notato.” Mormorai.

“ Audrey?” Mi richiamò.

“Si?” Esclamai.

“Potresti fornirmi un elenco dei luoghi che reputi sicuri? Così li eviteremo accuratamente.” Asserì Ryuzaki. Anche se non potevo vederlo in faccia, ero certa che stesse sorridendo.

“ Sono un caso senza speranze.” Sospirai.

“ Temo di si.” Constatò. Sentii il suo sorriso ampliarsi.

“ Dove siamo diretti?” Mi informai.

“Verso una panchina, così potrai riprenderti.” Fu la risposta.

“Oh.. E quel tizio? Non dovremmo chiamare la polizia?” Domandai, alludendo al nostro aggressore.

“ Non preoccuparti, è tutto sistemato.” Mi assicurò.

Ovviamente, rendermi partecipe del come avesse sistemato la faccenda, era fuori discussione. Forse aveva avvertito polizia durante la chiamata di poco prima. Ipotizzai. Ma in quel caso non avremmo dovuto fermarci a testimoniare? “ Finiscila. E goditi il momento.” Quel giorno la vocina era singolarmente saggia. E decisi di seguire il suo consiglio. Quando mi sarebbe ricapitato di poter stare avvinghiata a Ryuzaki come un koala? Il contatto con il suo corpo mi faceva percorrere la schiena da lunghi brividi. Attraverso la sua maglietta leggera, avvertivo un accenno di muscolatura. Quindi Ryuzaki, si era magro, ma meno di quanto pensassi. Quelle considerazioni erano deleterie per la mia psiche. Fortunatamente, o sfortunatamente, non riuscivo a stabilirlo, si profilò una panchina all’orizzonte.

Ryuzaki mi aiutò a scendere e ad adagiarmi su di essa.

“E’ meglio che ti sdrai.” Mi consigliò.

Feci come aveva detto. Lui invece, si accucciò a terra, perfettamente all’altezza del mio volto. Mi prese un polso tra le dita.

“Strano.. Il battito è molto accelerato.” Mi informò.

Non proferii verbo. Sapevo a cosa era dovuto quel fattore.

“ Dovrebbe essere più lento.” Continuò, lasciando andare il mio polso e avvicinando ulteriormente il suo viso al mio. I suoi capelli neri mi sfiorarono la fronte. Fu in quel momento che cedetti. Mi abbandonai ad un istinto inestinguibile, chiusi gli occhi e appoggiai le mie labbra su quelle di Ryuzaki. Lo feci con delicatezza, senza premere troppo. Sapevano di zucchero a velo. Assaporai ogni attimo di quel bacio, conscia che Ryuzaki si sarebbe probabilmente scostato. Ma non lo fece. Infine, lentamente, separai la mia bocca dalla sua e aprì gli occhi. I suoi erano sgranati e fissi nei miei.

“ Scusami..Io..” Farfugliai. Ma non avevo nessuna scusante.

Ryuzaki, senza smettere di guardarmi negli occhi, si portò una mano sulle labbra.

“ E’ il primo bacio che ricevo.” Disse. Gli occhi neri nei miei.

Questo era Ryuzaki, un bizzarro connubio tra il più stretto riserbo e un candore disarmante.

“ Se ti è piaciuto puoi averne quanti ne vuoi.” Commentai.

“ Oddio, l’ho detto davvero!” Proruppi subito dopo, incredula.

Sul viso di Ryuzaki affiorò un sorriso.

“ Apprezzo l’offerta.” Dichiarò.

“ Allora non ti è.. Emh.. Dispiaciuto?” Domandai, rossa come un peperone.

“No.” Ribatté.

“ Ne sei sicuro?” Insistetti dubbiosa.

“ Al 100%” Ribadì lui.

Tirai impercettibilmente un sospiro di sollievo.

“ Però se ora stai meglio,io ho bisogno di zuccheri.” Mi fece presente.

“ Come mai?” Mi informai perplessa. Aveva finito di divorare una ciambella non molto tempo prima.

“ Perché sento che le mie capacità di ragionamento sono calate del 50%” Mi spiegò.

Sorrisi. Anch’io sentivo che le mie capacità di ragionamento erano calate. Ma già da quando lo avevo incontrato.

 “ D’accordo. Così posso prendermi un altro cappuccino, l’altro è finito tutto per terra.” Acconsentì.

E, insieme, ci riavviammo verso il chiosco. Anche se non ci tenevamo per mano, anche se non sapevo nulla o quasi di lui, anche se l’intero genere umano mi avrebbe presa per pazza e anche se probabilmente, pazza lo ero sul serio, sentivo di non avere nulla da invidiare alle coppie di prima.

*maki: tipologia di sushi, composto da alga nori, riso e pesce.

*sakè: bevanda alcolica tipicamente giapponese ottenuta dalla fermentazione del riso.

Immagino che per voi siano inutili queste note, ma ci tengo a essere precisa ^^

 

Ringraziamenti e sproloqui dell’autrice

Come sempre grazie a tutti i lettori! ^^

E ora procediamo in ordine di recensione

Hope87: Confermo, Ryuzaki è davvero spietato! E manco se ne accorge.. O forse si? Con lui non si sa mai XD!!!Riguardo al saltargli addosso.. Sono perfettamente d’accordo con te! Audrey è vero, è cotta a puntino e sono contenta di essere riuscita a rendere bene le ragioni del suo comportamento sventato! Quanto a Connor, inizialmente non pensavo di inserirlo granché nella storia, ma poi si è rivelato divertente da gestire, inoltre penso che un personaggio in più possa rendere la ff più interessante. Spero di non sbagliarmi!

Umpa_Lumpa: Ho riso come una matta, leggendo la tua recensione, l’immagine di te (anche se non conosco il tuo aspetto ma ti immagino tipo manga) che strisci  fuori dalla bava alla ricerca di dolci, mi ha fatta piegare in due XDDD! Grazie mille comunque, sono felice di riuscire a farti ridere, ti assicuro che questa storia è deleteria anche per me, mentre scrivo ho continuo bisogno di dolci, proprio ora sto rosicchiando un biscotto, mi sa che arriverò a fine ficcy con il diabete -.-‘’’.. Mi auguro che tu abbia gradito Connor, che ha avuto piuttosto spazio in questo capitolo! Intanto attendo che tu corrompa la musa che mi rivelerà le intenzioni dell’ermetico L. *.*

AngelVirtues: Contentissima che tu preferisca Audrey al posto di Light!!! Io odio Light (da leggersi con tono del puffo Brontolone) ok la pianto ^^’’’. Come avrai notato, in questo capitolo le cose si sono smosse leggermente, ma solo un pochino, non voglio esagerare! Quanto al manga, ho seguito il tuo consiglio e ho iniziato a leggerlo! Nonostante mi avessero detto che è praticamente uguale all’anime, ho già notato delle piccole differenze che sono lieta di poter cogliere, quindi grazie del consiglio!

La gre: Benvenuta cara! Volevo già ringraziarti lo scorso capitolo per aver aggiunto la storia tra i preferiti, ma ops.. Mi sono dimenticata -.-‘’’ Abbi pazienza, è colpa della vecchiaia! Grazie mille per i complimenti, spero di non averti fatta attendere troppo ^^

Liar: Oh Liar grazie mille! So che sono noiosa e ripetitiva ma quando leggo nelle vostre recensioni che ho reso bene L faccio salti di gioia!!!

SPLITkosher: Ti ringrazio tantissimooooooooo!!!!!!!

Elettra_Black: Grazie stellina, sai quanto è importante il tuo parere per me e che tu abbia notato una crescita nel mio stile mi fa incredibilmente piacere!!!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto ragazze, fatemi sapere che cosa ne pensate perché ero molto dubbiosa riguardo al finale! Un baciottone a tutte e a presto, al prossimo aggiornamento! ^___^

Alice

  
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