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Autore: InuMilla    11/12/2008    6 recensioni
Primo settembre 1971,stazione di King's Cross.
Il primo incontro dei Malandrini, avvenuto tra raccomandazioni, Babbani indaffarati e bauli fuori controllo.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Marauders' first Meeting.
It's just the beginning.







Primo settembre 1971, stazione di King's Cross.

-Fa’attenzione, caro.-

-Si, mamma-

-Non fare niente di pericoloso.-

-Si, mamma.-

-E non fare i tuoi soliti scherzi, come quelli che fai ai tuoi cugini.-

-Si, mamma.-

-Guai a te se ricevo qualche convocazione.-

-Va bene, mamma.-

-Mi manchi già.-

-Mamma! Mi stai soffocando!-

-Scusa, tesoro.-

Poco distante dal binario dieci, una donna stava abbracciando il suo undicenne figlio così forte che dalle sue braccia spuntava solo una chioma nera tutta scompigliata.

-Dai, tesovo, lascialo stave. E’ gvande ovmai, sa cavavsela da solo.- disse con calma l’uomo che accompagnava la donna. I suoi capelli neri erano sparati in tutte le direzioni, proprio come quelli del figlio.

La donna lasciò andare il ragazzino e lo guardò con un impeto d’orgoglio e commozione, mentre lui riprendeva fiato.

-Sicuro che non dobbiamo accompagnarti oltre la barriera?- disse lei, accarezzandolo, nella vana, ultima,  speranza di domare i suoi capelli.

Niente da fare.

-Tranquilla, mamma. Posso fare da solo. E poi, papà ha detto che è tradizione di famiglia che la prima volta si varchi la barriera da soli. Vero, pa’?-

-Giusto figliolo.- rispose il padre, gli occhi azzurri erano pieni di orgoglio, mentre guardava il figlio come se non ci fosse nulla di più meraviglioso al mondo.

-Allova noi andiamo. Abbi cuva di te, James.-

-Si, papà. -

-Ciao, Jamie!- strillò la donna,con voce rotta dalle lacrime, poi, dopo un ultimo abbraccio, si allontanò con il marito, lasciando il ragazzino da solo.

Lui tirò un sospiro di sollievo, finalmente libero dall’asfissiante apprensione della madre, e guardò il muro tra i binari nove  e dieci.

Era lì. C’era quasi. A breve avrebbe preso il treno che lo avrebbe portato a Hogwarts, la scuola per maghi più prestigiosa d’Inghilterra.

Ovviamente non era affatto stata una sorpresa, quando aveva ricevuto la lettera d’ammissione. I suoi parenti erano sempre stati sicuri che lui sarebbe stato ammesso. Tutti erano convinti che sarebbe stato un grande mago, una volta finiti gli studi.

Sua madre già lo vedeva a lavorare al San Mungo come Curatore, suo padre era certo che sarebbe diventato addirittura Ministro della Magia.

Non c’era da stupirsi, d’altronde, James aveva sempre dato prova di possedere grandi doti magiche sin da bambino.

E ora era lì, proprio come tanti grandi maghi prima di lui, emozionato e un po’ titubante.

I Babbani che passavano accanto a lui, però, si chiedevano cosa ci trovasse quel bambino di tanto interessante nel muro tra i binari nove e dieci.

 

 

 

 

-Sirius, fa’ attenzione!-

-Cosa, madre?-

-Stai rallentando! E tieni quella schiena dritta, per la miseria, sembri un mulo! Un po’ di dignità.-

-Scusate, madre.-

Quattro persone, di cui una donna dall’aria acida, un uomo dall’aria altezzosa, un ragazzino di poco meno di dieci anni e un altro ragazzino che spingeva un carrello, si facevano strada nella folla della stazione. Tutti avevano capelli neri e lucidi.

Tre di loro , l’uomo la donna e il bambino di dieci anni, avevano un aspetto alquanto bizzarro: indossavano ampi mantelli e sembravano appena usciti da un quadro di una famiglia regale.

-Questi sudici Babbani! Che schifo!- urlò la donna, mentre un uomo con una ventiquattrore la urtava per sbaglio. - Questo posto ne è strapieno! Orion - disse rivolta al marito - quando Regulus dovrà venire lo manderemo con Sirius. Io qui non ci metto più piede.-

-Si, Walburga.- rispose l’uomo chiamato Orion. - Sinceramente nemmeno io sono molto propenso a ritornare. Aleggia un aria sporca, lo sento.-

-Umpf.-

-Cosa, Sirius?-

-Niente, madre.-

Sirius si era fermato davanti al binario dieci e guardava la sua famiglia con gravità.

-Sono arrivato.- sentenziò.

-Molto bene. - fece il padre. Guardò il figlio con sguardo austero, privo del ben che minimo affetto.

-Comportati come si deve ad uno del tuo rango. Non dimenticare: sei un Black.-

-Si, padre.- rispose rispettosamente il ragazzo.

-Naturalmente andrai a finire in Serpeverde, come tutta la tua famiglia.- disse la madre, con voce acuta - Vedrai, starai bene. C’è quel ragazzo… Lucius, diventerete sicuramente amici.-

Anche lei gettò un’occhiata al figlio dall’alto in basso.

-Adesso sbrigati ad andare. Non voglio che mio figlio stia troppo a contatto con i Babbani.- disse il padre, spingendo il figlio verso il muro tra i binari nove e dieci, poi, dopo un cenno di saluto, si affrettò ad uscire, trascinandosi dietro la famiglia.

-Tsk.- disse il ragazzo, fissando la sua famiglia che si allontanava - Non sarò mai amico di Malfooo Ehi!-

-Ehi, tu! Mi sei finito addosso!-

Accidentalmente, aveva urtato un ragazzino che stava davanti alla barriera.

-Scusa.- fece lui, ma il tono non era realmente dispiaciuto.

Il ragazzino gli lanciò un’occhiataccia e si voltò, stizzito.

 Sirius si sentì uno schifo. Stava diventando antipatico quanto la sua famiglia.

-Scusami- ripeté, con convinzione.

Il ragazzo si voltò e annuì. –Fa’ niente.-

Sirius gli porse la mano, con un sorriso.

-Sirius Black.-

-James Potter, piacere. –

Si strinsero velocemente la mano e lanciarono uno sguardo ai rispettivi bauli.

-Anche tu a Hogwarts?- chiese James.

-Forse- rispose Sirius – se riusciamo a prendere il treno.-

 

 

 

 

 

-Remus, fa attenzione, mi raccomando.-

-Va bene, mamma.-

-So che sarà dura, ma il preside ha preso tutte le precauzioni necessarie. Non dovresti avere troppi problemi.-

-Si, papà.-

Un ragazzino dai capelli biondo scuro era fermo a pochi passi dal binario nove e stava parlando con i suoi genitori; avevano tutti l’aria piuttosto preoccupata.

-Vedrai che andrà tutto bene.- disse la mamma, una donna dal viso gentile, anche se chiaramente segnato da una grande sofferenza.

Suo marito, un uomo alto, smilzo, anche lui chiaramente tormentato,le diede man forte: -Tu scrivici tutte le settimane, mi raccomando.-

Il ragazzo annuiva tenendo gli occhi bassi, come se volesse trovare il coraggio di dire qualcosa.

-Allora…ci vediamo a Natale. Verremo a prenderti qui, alla stazione.- disse infine la donna con dolcezza, ma anche con titubanza.

La loro preoccupazione faceva a pugni con l’atmosfera allegra della stazione. I tre, con i loro visi tesi, sembravano stranamente fuori posto.

Il ragazzino alzò lo sguardo sui suoi genitori. I suoi occhi scuri erano pieni di lacrime quando, con un impulso improvviso, abbracciò la madre con un debole -ho paura-.

La donna si scambiò uno sguardo con il marito, prima di accovacciarsi per fronteggiare il figlio.

-Remus John Lupin.- disse cercando di mantenere un tono di voce fermo e deciso.- Tu sei il ragazzo più forte che abbia mai conosciuto. In questi sei anni hai affrontato ciò che un bambino non avrebbe mai potuto sopportare. Ti sei accollato le spese di una colpa che non era tua, proprio come un uomo adulto. Sei grande, Remus, grande più dell’orribile sorte che ti è capitata. E sei forte, perché noi ti abbiamo cresciuto così. So che ce la farai, perché, anche se potrai pensare di aver perso, a volte, ricordati che tu vinci ogni giorno, combattendo contro quello che ti hanno costretto ad essere.-

La donna si fermò,perché  la voce fu rotta dalle lacrime, così il marito concluse: -Tu hai già vinto, Remus. Ricorda questo.

Rincuorato, Remus si diresse verso il binario dieci, salutando con la mano i genitori e, quando gli lanciò l’ultimo sguardo, loro erano ancora lì, abbracciati, che lo guardavano con orgoglio.

Questo bastò a caricarlo di una forza immensa.

Forza che andò persa quando si ritrovò davanti al muro che separava i binari nove e dieci.

-E adesso?- pensò ad alta voce.

-Bisogna attraversare il muro.- disse una voce alle sue spalle.

Un ragazzo della sua età, con capelli neri sparati in tutte le direzioni, occhi nocciola e un paio di occhiali rettangolari sul naso, gli rivolse un largo sorriso.

Remus guardò prima lui, poi il muro.

-Non ha l’aria molto attraversabile.- disse, titubante.

-Non deve avere l’aria attraversabile- disse un altro ragazzo, accanto al primo –Altrimenti anche i Babbani potrebbero raggiungere il binario.-

-Anche tu al primo anno, eh?-

-Si,- rispose Remus – e francamente non ho mai attraversato un muro. Credevo fosse una cosa che solo i fantasmi fanno.-

Il ragazzo con i capelli spettinati rise e gli porse la mano.

-James Potter.-

Remus la strinse – Remus John Lupin.-

L’altro ragazzo fece un cenno col capo e si presentò: -Sirius Black, piacere.-

-Piacere- rispose Remus, gentilmente.

Non era sicuro che quel Sirius gli stesse simpatico, aveva un po’ la puzza sotto il naso.

-Allora, dicevo – continuò James, indicando il muro – dobbiamo correre contro la barriera. Non andremo a sbattere, è incantata. Però non dobbiamo essere tranquilli. Papà dice che è importante.-

-E vuoi sapere perché?-  fece Sirius, con noncuranza –Perché , se sei nervoso, perdi il controllo del carrello e manchi la barriera.-

Remus ridacchiò. Ok, forse Sirius, infondo infondo, era simpatico.

 

 

 

-Peter, fa attenzione!-

-Cosa, mamma?-

-Stai andando a sbattere con...-

-Ahia!-

-Fa' attenzione, ragazzino!-

-Scusi.-

-Dicevo, stavi andando a sbattere contro una signora.-

-Me ne sono accorto, mamma.-

Un ragazzino dai capelli biondo sporco, bassino e paffuto stava spingendo, sbadatamente, un grosso carrello, fendendo la folla della stazione di King's Kross, seguito a ruota da una donna bassa e rotondetta come lui, dall'aria altrettanto sbadata. I due si fermarono a qualche metro dal binario dieci.

-Sei sicuro di aver portato tutto?- domandò la donna, guardando i bauli.

- No.- rispose il ragazzo - Se mi accorgo che manca qualcosa di importante, ti mando una lettera e tu me la spedisci, va bene?-

- Ok.- fece la donna che, con aria trasognata, stava intanto guardando il viavai di persone.- Che carini questi Babbani, tutti indaffarati, eh Peter?-

-Si, si. Sono adorabili. Devo andare, mamma, sennò perdo il treno.-

-Va bene.- La donna si sforzò di concentrarsi sul figlio, anche se sembrava impossibile per lei concentrarsi su qualcosa per più di due secondi.

- Be' , ci vediamo.- disse il ragazzo, imbarazzato.

-Si.- Annuii lei, prima di avvolgere la testa del figlio in un goffo abbraccio. - Mi mancherai.-

-Anche tu.-

Lei lo lasciò andare e si  avviò verso l'uscita, inciampando circa ogni metro.

Peter scosse la testa sorridendo e si voltò, avvicinandosi al muro tra i binari nove e dieci.

La sua espressione ebbe una trasformazione repentina.

Stava per andare a Hogwarts, la più prestigiosa accademia magica di tutta l'Inghilterra. Ancora stentava a credere che lui, proprio lui, fosse stato ammesso. Lui che era il mago più imbranato di tutta l'Inghilterra!

Aveva pensato che ci fosse stato un errore, che il gufo avesse sbagliato casa, ma sulla busta, che ora era ripiegata nella sua tasca a mo' di talismano, c'era inequivocabilmente scritto il suo nome e il suo indirizzo : Sig. Peter Minus, stanza accanto alla cucina, Spinner's End numero 23.

Sua madre era ancora al settimo cielo, tant' è vero che era ancora più sbadata di quanto non fosse di solito. D'altro canto lui era bloccato nella fase del "è-troppo-bello-per-essere-vero."

Iniziò a camminare, con il naso per aria, fissando il muro.

Era così sbadato che non si accorse che…

-AHIA!-

…stava investendo un ragazzo con il carrello.

Ops.

-Scusa, scusa, SCUSA!- gemette Peter, andando a soccorrere il povero malcapitato. Lo aiutò ad alzarsi.

Era un ragazzo della sua stessa età. Aveva lunghi capelli color caramello e un viso gentile.

-E’ tutto apposto.- disse, sorridendo. Lo sguardo cadde sul grosso baule che lo aveva investito.

-Anche tu ad Hogwarts?-

-Si.- rispose Peter, per metà ancora incredulo, per metà fiero.

-Sono Remus Lupin.- si presentò il ragazzo.

-Peter Minus-

-Loro sono James Potter e Sirius Black- disse Remus, indicando due ragazzi dietro di lui, che sembravano stare per scoppiare a ridere.

-Pi-piacere –

Quando il ragazzo chiamato Sirius si fu ripreso, guardò l’orologio.

-PerlemutandediGodricLavatedaMerlinoeAsciugatedaMorgana!- imprecò –Il treno parte tra due minuti! Ci vogliamo arrivare o no a Hogwarts??-

I quattro ragazzi si misero in fila davanti alla barriera e, uno ad uno, passarono, dall’altra parte.

Nessuno dei presenti nella stazione di King’s Cross si accorse che quattro undicenni erano appena passati attraverso un muro di dura pietra.

Nessuno dei presenti nella stazione di King’s Cross si accorse che, proprio sotto i loro nasi, era nato qualcosa di ben più resistente di un muro di pietra.

Era lì che nacquero i Malandrini.

 

 

Angolino dell'autrice.

Salve salvino, cari amici. Sono sparita per circa due mesi, si, lo so. Do ossessivamente la colpa alla scuola. Maledettissimo liceo linguistico!

Comunque, ho cercato nei meandri delle mia cartelle e ho scovato questa piccola one shot, che stava lì, con il faccino triste, richiedendo di essere completata e postata.

La fine non mi convince granchè, considerando che sarebbe dovuto essere il primo capitolo di una long-fic con un personaggio in più. Ho dovuto modificare un bel po' di cose.

Ora, dall'alto della vostra bontà, perchè non mi lasciate un commentino? Anche solo per dirmi quanto faccio schifo °ò° fa niente, va bene comunque *O*-

Alla prossima ^__^ un baciooone.

 

   
 
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