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Autore: Stephanie86    08/03/2015    2 recensioni
[Aline/Helen | Città del Fuoco Celeste]
“Helen sarà inviata sull’isola di Wrangle a studiare le difese.”
Aline Penhallow non aveva mai provato niente di simile in vita sua. Nel momento esatto in cui Robert Lightwood aveva pronunciato la sentenza si era aperta come una voragine nel suo petto. Un’enorme, tenebrosa voragine.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Aline Penhallow, Helen Blackthorn, Jia Penhallow, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“City of Hidden Defeats”

 

 

 

- Là fuori... ci saranno incantesimi contro il popolo fatato. Incantesimi che faranno del male a chi ha sangue di fata nelle vene – Aline Penhallow si coprì meglio con il lenzuolo e si girò verso la sua ragazza. – E tu ce l’hai.

Helen rivolse su di lei quei suoi occhi verdazzurri che l’avevano conquistata fin dal primo istante. Nella semioscurità della stanza i capelli biondi avevano assunto una sfumatura argentea. – Davvero? Chissà che cosa mai ti avrà spinta a pensare una cosa del genere.

- Helen...

Sospirò. – Lo so. Alicante deve essere protetta e le fate... le fate ci hanno traditi. Gli Shadowhunters non hanno avuto scelta. In qualche modo devono fermarli.

- Faranno del male anche a te.

- Potrebbero. Sono una Shadowhunter, ma gli incantesimi reagiranno al mio sangue... di fata.

Sangue di fata.

Helen Blackthorn sapeva già cosa pensavano gli altri Shadowhunters di lei. Che prima o poi li avrebbe traditi. Che prima o poi avrebbe reagito al richiamo del sangue e avrebbe raggiunto la Corte Seelie e la Regina che aveva tramato con quel mostro di Sebastian Morgernstern.

Era consapevole di ciò che era. Del sangue che le scorreva nelle vene. Lo era sempre stata. Vedeva le sue orecchie a punta e i tratti del suo viso, così come vedeva i marchi sulla pelle. Ma lei era una Shadowhunter e stava dalla parte degli Shadowhunters, non con dei vili traditori. Lei non era come Meliorn.

- Aline... sai che ci saranno delle conseguenze, vero? Vorrei tanto poterti dire che andrà tutto bene, che ne verremo fuori, che se vinceremo... che se vinceremo resteremo insieme ed io potrò prendermi cura dei miei fratelli e di Emma. Ma se sopravvivrò a questa battaglia, ci saranno delle conseguenze.

Aline le afferrò la nuca con una mano, guardandola dritta negli occhi. – Sopravvivrai. Noi sopravvivremo, Helen. Non dirlo neanche...

Già immaginava, Aline, l’orda di Ottenebrati che una volta erano stati normali Cacciatori come loro riversarsi per le strade, la sete di morte impressa sui visi. Una fiumana demoniaca accompagnata dai cavalieri del popolo fatato e che avrebbe fatto di tutto per annientare gli Shadowhunters. Comprendeva che in molti sarebbero caduti. Aline lo comprendeva fin troppo bene, ma non poteva pensare che tra quelli ci fosse Helen. Non l’avrebbe mai sopportato. L’unica cosa a cui riusciva a pensare era che non avevano mai fatto l’amore in quel modo. Non avevano mai fatto l’amore con così tanto trasporto e con così tanta furia, con così tanta voglia di stringersi e di toccarsi.

- Ma di conseguenze ce ne saranno. – continuò Helen. Il suo volto era serio, preoccupato, ma risoluto.

- Le affronteremo. Mia madre...

- Tua madre è la prima a non vedere di buon occhio quello che c’è tra noi. Lo accetta, mi rispetta, mi tratta gentilmente... ma non si fida di me. Proprio per via del mio sangue. Ha paura. Paura che io ti ferisca e che mi riveli fedele alla Corte.

Aline si morse il labbro. – Ci sono molte altre persone che si fidano di te.

- Potrebbero non bastare.

 

***

 

“Helen sarà inviata sull’isola di Wrangle a studiare le difese.”

Aline Penhallow non aveva mai provato niente di simile in vita sua. Nel momento esatto in cui Robert Lightwood aveva pronunciato la sentenza si era aperta come una voragine nel suo petto. Un’enorme, tenebrosa voragine. Il suo viso doveva essere una maschera di dolore e sorpresa, ma non riuscì a nasconderlo.

No, no, no, no, continuava a dirsi.

Helen era crollata sulla sedia accanto a lei, singhiozzante, mentre il coro di “sì”, contrastato solo da un sommesso coro di “no”, si spegneva. Aline aveva soltanto potuto allargare le braccia e stringerla a sé.

No, no, no, no.

Oltre il danno, poi c’era stata anche la beffa. Nessuno aveva intenzione di cercare Mark, ormai membro della Caccia Selvaggia, e Emma Carstairs e gli altri Blackthorn erano stati affidati allo zio che nemmeno conoscevano.

- Aline... – iniziò sua madre, Jia, non appena la Sala degli Accordi cominciò a svuotarsi. I colori della vittoria sembravano uno scherzo di pessimo gusto. Quella non era una vittoria. Non era pace. Non era niente.

- No – Aline sollevò una mano per fermarla.

- Aline, ti prego... non ho potuto fare niente.

- Davvero? Avresti potuto insistere. Essere più convincente! – Non riusciva a controllarsi. Era troppo. Avvertiva un dolore intenso al centro del petto. Come se si stesse rompendo da dentro.

- Li hai visti, figlia mia? C’era odio nei loro occhi. Odio verso Helen e verso tutto il popolo fatato. Ho avuto paura sia per lei che per Mark! Non potevo fermarli! – Jia scuoteva il capo, contrita, gli occhi segnati da ombre scure. Era stanca. Molto stanca. Tra i capelli aveva alcuni fili grigi. Gli occhi erano acquosi, come se avesse pianto o fosse sul punto di cominciare a farlo.

- Magnus ci ha provato. Lui almeno ha tentato. Tu, invece, cos’hai fatto? È bastato che ti dicessero di autoescluderti dalla discussione e tu te ne sei subito lavata le mani!

Non solo Magnus. Anche Arthur Blackthorn ci aveva provato. Si era rifiutato di accettare che ad Helen venissero tolti i marchi e aveva sottolineato che lei era leale. Leale dall’inizio alla fine, per dirla alla maniera di Julian.

Ut incepit fidelis sic permanent.

“Helen comincia leale e finisce leale o qualcosa del genere.”

- Aline – Helen le mise una mano sulla spalla.

Aline stava esagerando  e ne era consapevole. Ma l’aver visto sua madre che accettava il provvedimento contro Helen e Mark l’aveva resa a dir poco furiosa. Non poteva mettersi contro tutti gli Shadowhunters, eppure non riusciva a capacitarsi di quello che era accaduto.

- Lasciami stare – concluse Aline, distogliendo lo sguardo.

Jia strinse le labbra. – Credi che non mi renda conto di ciò che ti ho fatto?

- Non credo che tu ti renda conto di come mi sento.  

- Preferivi che le togliessero i marchi? – domandò sua madre. – Era l’unica soluzione possibile. Mandarla laggiù...

- Mandarla in un luogo sperduto, certo!

- L’Isola di Wrangle è una destinazione prestigiosa...

- Ma piantala!

- Aline! – intervenne suo padre, Patrick. Comparve dietro a Jia e osservò la figlia con aria severa. I lineamenti del suo viso si erano irrigiditi. Ultimamente la guardava sempre in quel modo. Da quando aveva scoperto della sua relazione con Helen pensava solo al fatto che la sua famiglia si sarebbe estinta, perché la sua unica figlia si era innamorata di una donna.

- Andiamo via – suggerì Helen, aumentando la stretta sulla spalla della sua compagna.

 

***

 

- Sono desolato – Gli occhi da gatto di Magnus Bane sfiorarono Helen, che aveva afferrato Aline per la mano e l’aveva trascinata via prima che la discussione con i genitori degenerasse. Si sentiva ancora sull’orlo del pianto, un groppo che le chiudeva la gola e la bocca della stomaco...

- Magnus – mormorò Aline.

- È stata una pessima scelta. Se ne accorgeranno. Magari non ora. Ma un giorno se ne accorgeranno. Il popolo fatato è un popolo fiero. – Lo stregone scosse il capo. Portava i capelli a porcospino, era molto elegante e decisamente più in forma rispetto all’ultima volta che l’avevano visto, nonostante non fosse ancora nel pieno delle sue forze. Il regno demoniaco l’aveva sfiancato.

- Ti ringrazio – disse Helen, sorridendogli appena.

- Per cosa? Non ho fatto niente.

- Per aver detto quelle cose. Per averli invitati ad essere indulgenti. È stato... è stato bello da parte tua.

- Già. A volte riesco ancora a sorprendere me stesso. – commento Magnus. – Loro... non capiscono che è così che si ricomincia. Le colpe ricadranno sui loro figli.

Nessuno parlò.

- Shadowhunters! – declamò lo stregone, roteando gli occhi verde oro. Poi si allontanò, borbottando tra sé.

 

***

 

- Io vado con Helen – annunciò Aline a sua madre, il giorno seguente. Si era precipitata nell’ufficio riservato al Console, seguita a ruota da Helen.

- Cosa? – Jia Penhallow sbiancò. Sbarrò talmente tanto gli occhi che chiunque avrebbe potuto pensare che sarebbero usciti per rotolare sul pavimento. Aveva avuto talmente tante cose a cui pensare che non era stata in grado di concentrarsi abbastanza sull’idea che Aline potesse mettersi in testa di seguire la ragazza. – Aline, no...

- No un bel niente! – esclamò sua figlia, con rabbia. Il suo sguardo fiammeggiava, proprio come aveva fiammeggiato nella Sala degli Accordi, quando alcuni Shadowhunters avevano insinuato che Helen, avendo sangue di fate, sarebbe stata in grado di mentire e di ingannarli, come aveva fatto Meliorn. – Vado con la donna che amo. Non puoi impedirmelo.

- Aline... non puoi. È molto lontano... – farfugliò Jia.

- Fino a ieri dicevi che era una destinazione prestigiosa!

- E lo è! Lo è davvero! Ma è una zona sperduta. Se ci vai, non potrai tornare tanto spesso ed io non potrò venire a trovarti tutte le volte che voglio.

- Lo so. E mi dispiace. Ma questa è la mia decisione.

Lei ed Helen ne avevano parlato a lungo, la sera prima e durante tutta quella notte. Avevano discusso, persino litigato, si erano strette l’una all’altra e avevano fatto l’amore, perdendosi totalmente, precipitando in un gorgo di emozioni dal quale non avrebbero mai voluto riemergere. Non avevano praticamente chiuso occhio, ma Aline non si sentiva affatto stanca.

- Non posso chiederti di venire con me. È un esilio. Un esilio a tempo indeterminato. Non è questo che voglio per te, Aline – aveva detto Helen, prendendole il viso tra le mani. Aveva iniziato a fare i bagagli e si era rassegnata. Rassegnata a doversene andare, a lasciare i suoi fratelli, che avrebbe rivisto chissà quando, ma anche la sua Aline. La sua dolce e forte Aline. La sua coraggiosa ragazza; non la prima che aveva avuto, ma certamente la prima che aveva amato con tutta se stessa.

- Neanch’io voglio questo per te! Non lo voglio per noi! Ma non posso lasciarti andare da sola, non lo sopporterei. Ho bisogno di starti vicino. – le aveva risposto l’altra Shadowhunter, i marchi che sembravano essersi fatti più vivi, colpiti dalla luce delle lampade.

- E la tua famiglia?

- So di aver esagerato, sai? Lo so. Però non ho potuto farne a meno, così come non posso fare a meno di te.

- Il fatto che io me ne vada non significa che smetterò di amarti. – le aveva detto Helen, appoggiandole le mani sulla vita per attirarla più vicina a sé.

- Sarai troppo lontana. Io ho... ho bisogno di vederti. Di toccarti.

Helen aveva chiuso un attimo gli occhi. - Per l’Angelo, Aline...

- Cosa?

- Lo sai quanto ti amo?

Non era stato necessario aggiungere altro.

- Aline... – ricominciò Jia Penhallow. Osservò Helen. – Le hai chiesto tu di seguirti?

- Helen non mi ha chiesto niente. Ha cercato di dissuadermi! – Aline si avvicinò di più alla madre. – Mamma... non puoi separarci. Vado con Helen.

- Ci sono le ultime votazioni... alcuni trattati vanno ancora messi a punto e tu hai l’età per... – ricominciò Jia, ma con molta meno forza di prima. Capiva di essere stata sconfitta da quel punto di vista. In realtà, sebbene i colori della vittoria facessero ancora bella mostra di sé, nessuno era uscito vincitore da quella terribile guerra, che in seguito sarebbe stata ricordata come la Guerra Oscura. Lei non era riuscita a mantenere la promessa di fare il possibile per riportare a casa Mark Blackthorn, aveva ferito sua figlia ed ora era costretta a guardarla partire. Sebastian Morgenstern era morto, ma erano morti anche tantissimi Shadowhunters. Molti erano stati uccisi dai loro stessi famigliari, uno addirittura dal suo Parabatai, che poi si era tagliato le vene dei polsi. E Jia era consapevole del fatto che il popolo fatato, prima o dopo, avrebbe cercato di prendersi la sua vendetta.

Ho fallito. Abbiamo fallito.

“Mene mene tekel upharsin”

- Helen partirà per prima. La raggiungerò fra una settimana, quando sarà tutto sistemato. – stava dicendo Aline, con un tono di voce più calmo.

Ci fu silenzio. Un lungo silenzio. Jia guardò le dita intrecciate delle due ragazze.

- Mi dispiace.

- Lo so, mamma.

 

***

 

Il portale aperto da Magnus Bane scintillava.

Jia e suo marito erano in disparte, parlavano tra loro a bassa voce e avevano l’aria tesa. Jia aveva anche gli occhi arrossati. Emma e i piccoli Blackthorn avevano già salutato Helen e non erano presenti. C’era Arthur, lo zio che si sarebbe occupato di loro d’ora in avanti e che si era offerto di accompagnare lei ed Aline alla Guardia e anche di spedire le cose di Helen sull’Isola di Wrangle. Era un uomo gentile e bendisposto. La Shadowhunter, sebbene preoccupata per i suoi fratellini, era convinta che con il tempo avrebbero imparato a provare affetto per lui.

Gli occhi di Helen erano stati rossi come quelli di Jia per tutta la mattina. Rossi e tristi, le mani che tremavano mentre chiudeva la zip della borsa. Aveva cercato di sembrare forte e coraggiosa, ma la recita non le era uscita molto bene. Era orribile lasciare la sua famiglia. Era orribile lasciare quel luogo. Era orribile lasciare Aline anche solo per una settimana. Si sentiva stanca, pesante come se il mondo intero fosse ricaduto sulle sue spalle.

Aline le mise la braccia intorno al collo e si sforzò di sorriderle. – “I giorni ed i baci sono in errore: non hanno termine dove dicono, ma per amare dobbiamo imbarcarci su tutti i progetti che passano, senza chiedere nulla, pieni, pieni di fede nell’errore di ieri, di oggi, di domani, che non può mancare.”

- Interessante – commentò Magnus, sorridendo.

- Cos’era questo? – chiese Helen, ignorando il commento. Ignorando tutti, in realtà. Era troppo presa dal viso della sua compagna.

- Pedro Salinas. La voce a te dovuta.

- Non sapevo ti piacesse la letteratura spagnola.

- Preferisco quella inglese, ma dovresti proprio leggerle, quelle poesie.

- Sai che ora penseranno tutti che siamo svenevoli, vero? Emma lo pensava. Glielo leggevo in faccia. – Helen sorrise, intenerita.

Aline le scostò un ciuffo di capelli biondi dal viso, sistemandoglielo dietro l’orecchio. Poi la baciò. Dapprima solo una leggera pressione di labbra, che divenne pian piano un contatto più profondo ed intenso.

- Che lo pensino pure, allora. – rispose Aline.

 

_______________________

 

 

Angolino autrice:

Se siete arrivati fino alla fine, grazie. ^__^

Non so bene cosa dire. Semplicemente... mi piacciono i personaggi secondari, quelli che hanno poco spazio nella storia, ma che, per qualche motivo, riescono a colpirmi. Mi piacevano Helen e Aline, quindi ho tentato di scrivere qualcosa su di loro.

Fatemi sapere che cosa ve ne pare.

 


   
 
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