“City
of Hidden Defeats”
-
Là fuori... ci saranno incantesimi contro il popolo fatato.
Incantesimi che
faranno del male a chi ha sangue di fata nelle vene – Aline
Penhallow si coprì
meglio con il lenzuolo e si girò verso la sua ragazza.
– E tu ce l’hai.
Helen
rivolse su di lei quei suoi occhi verdazzurri che l’avevano
conquistata fin dal
primo istante. Nella semioscurità della stanza i capelli
biondi avevano assunto
una sfumatura argentea. – Davvero? Chissà che cosa
mai ti avrà spinta a pensare
una cosa del genere.
-
Helen...
Sospirò.
– Lo so. Alicante deve essere protetta e le fate... le fate
ci hanno traditi. Gli
Shadowhunters non hanno avuto scelta. In qualche modo devono fermarli.
-
Faranno del male anche a te.
-
Potrebbero. Sono una Shadowhunter, ma gli incantesimi reagiranno al mio
sangue...
di fata.
Sangue
di fata.
Helen
Blackthorn sapeva già cosa pensavano gli altri
Shadowhunters di lei. Che prima
o poi li avrebbe traditi. Che prima o poi avrebbe reagito al richiamo
del
sangue e avrebbe raggiunto la Corte Seelie e la Regina che aveva
tramato con
quel mostro di Sebastian Morgernstern.
Era
consapevole di ciò che era. Del sangue che le scorreva nelle
vene. Lo era
sempre stata. Vedeva le sue orecchie a punta e i tratti del suo viso,
così come
vedeva i marchi sulla pelle. Ma lei era una Shadowhunter e stava dalla
parte
degli Shadowhunters, non con dei vili traditori. Lei non era come
Meliorn.
-
Aline... sai che ci saranno delle conseguenze, vero? Vorrei tanto
poterti dire
che andrà tutto bene, che ne verremo fuori, che se
vinceremo... che se
vinceremo resteremo insieme ed io potrò prendermi cura dei
miei fratelli e di
Emma. Ma se sopravvivrò a questa battaglia, ci saranno delle
conseguenze.
Aline
le afferrò la nuca con una mano, guardandola dritta negli
occhi. –
Sopravvivrai. Noi sopravvivremo, Helen. Non dirlo neanche...
Già
immaginava, Aline, l’orda di Ottenebrati che una volta erano
stati normali
Cacciatori come loro riversarsi per le strade, la sete di morte
impressa sui
visi. Una fiumana demoniaca accompagnata dai cavalieri del popolo
fatato e che
avrebbe fatto di tutto per annientare gli Shadowhunters. Comprendeva
che in
molti sarebbero caduti. Aline lo comprendeva fin troppo bene, ma non
poteva
pensare che tra quelli ci fosse Helen. Non l’avrebbe mai
sopportato. L’unica
cosa a cui riusciva a pensare era che non avevano mai fatto
l’amore in quel
modo. Non avevano mai fatto l’amore con così tanto
trasporto e con così tanta
furia, con così tanta voglia di stringersi e di toccarsi.
-
Ma di conseguenze ce ne saranno. – continuò Helen.
Il suo volto era serio,
preoccupato, ma risoluto.
-
Le affronteremo. Mia madre...
-
Tua madre è la prima a non vedere di buon occhio quello che
c’è tra noi. Lo
accetta, mi rispetta, mi tratta gentilmente... ma non si fida di me.
Proprio
per via del mio sangue. Ha paura. Paura che io ti ferisca e che mi
riveli
fedele alla Corte.
Aline
si morse il labbro. – Ci sono molte altre persone che si
fidano di te.
-
Potrebbero non bastare.
***
“Helen
sarà inviata sull’isola di
Wrangle a studiare le difese.”
Aline
Penhallow non aveva mai provato niente di simile in vita sua. Nel
momento
esatto in cui Robert Lightwood aveva pronunciato la sentenza si era
aperta come
una voragine nel suo petto. Un’enorme, tenebrosa voragine. Il
suo viso doveva
essere una maschera di dolore e sorpresa, ma non riuscì a
nasconderlo.
No,
no, no, no, continuava
a dirsi.
Helen
era crollata sulla sedia accanto a lei, singhiozzante, mentre il coro
di “sì”,
contrastato solo da un sommesso coro di “no”, si
spegneva. Aline aveva soltanto
potuto allargare le braccia e stringerla a sé.
No,
no, no, no.
Oltre
il danno, poi c’era stata anche la beffa. Nessuno aveva
intenzione di cercare
Mark, ormai membro della Caccia Selvaggia, e Emma Carstairs e gli altri
Blackthorn erano stati affidati allo zio che nemmeno conoscevano.
-
Aline... – iniziò sua madre, Jia, non appena la
Sala degli Accordi cominciò a
svuotarsi. I colori della vittoria sembravano uno scherzo di pessimo
gusto.
Quella non era una vittoria. Non era pace. Non era niente.
-
No – Aline sollevò una mano per fermarla.
-
Aline, ti prego... non ho potuto fare niente.
-
Davvero? Avresti potuto insistere. Essere più convincente!
– Non riusciva a
controllarsi. Era troppo. Avvertiva un dolore intenso al centro del
petto. Come
se si stesse rompendo da dentro.
-
Li hai visti, figlia mia? C’era odio nei loro occhi. Odio
verso Helen e verso
tutto il popolo fatato. Ho avuto paura sia per lei che per Mark! Non
potevo
fermarli! – Jia scuoteva il capo, contrita, gli occhi segnati
da ombre scure. Era
stanca. Molto stanca. Tra i capelli aveva alcuni fili grigi. Gli occhi
erano
acquosi, come se avesse pianto o fosse sul punto di cominciare a farlo.
-
Magnus ci ha provato. Lui almeno ha tentato. Tu, invece,
cos’hai fatto? È
bastato che ti dicessero di autoescluderti dalla discussione e tu te ne
sei
subito lavata le mani!
Non
solo Magnus. Anche Arthur Blackthorn ci aveva provato. Si era rifiutato
di
accettare che ad Helen venissero tolti i marchi e aveva sottolineato
che lei
era leale. Leale dall’inizio alla fine, per dirla alla
maniera di Julian.
Ut
incepit fidelis sic permanent.
“Helen
comincia leale e finisce
leale o qualcosa del genere.”
-
Aline – Helen le mise una mano sulla spalla.
Aline
stava esagerando e
ne era consapevole. Ma
l’aver visto sua madre che accettava il provvedimento contro
Helen e Mark l’aveva
resa a dir poco furiosa. Non poteva mettersi contro tutti gli
Shadowhunters,
eppure non riusciva a capacitarsi di quello che era accaduto.
-
Lasciami stare – concluse Aline, distogliendo lo sguardo.
Jia
strinse le labbra. – Credi che non mi renda conto di
ciò che ti ho fatto?
-
Non credo che tu ti renda conto di come mi sento.
-
Preferivi che le togliessero i marchi? – domandò
sua madre. – Era l’unica
soluzione possibile. Mandarla laggiù...
-
Mandarla in un luogo sperduto, certo!
-
L’Isola di Wrangle è una destinazione
prestigiosa...
-
Ma piantala!
-
Aline! – intervenne suo padre, Patrick. Comparve dietro a Jia
e osservò la
figlia con aria severa. I lineamenti del suo viso si erano irrigiditi.
Ultimamente
la guardava sempre in quel modo. Da quando aveva scoperto della sua
relazione
con Helen pensava solo al fatto che la sua famiglia si sarebbe estinta,
perché la
sua unica figlia si era innamorata di una donna.
-
Andiamo via – suggerì Helen, aumentando la stretta
sulla spalla della sua
compagna.
***
-
Sono desolato – Gli occhi da
gatto di Magnus Bane sfiorarono Helen, che aveva afferrato Aline per la
mano e
l’aveva trascinata via prima che la discussione con i
genitori degenerasse. Si
sentiva ancora sull’orlo del pianto, un groppo che le
chiudeva la gola e la
bocca della stomaco...
-
Magnus – mormorò Aline.
-
È stata una pessima scelta. Se ne
accorgeranno. Magari non ora. Ma un giorno se ne accorgeranno. Il
popolo fatato
è un popolo fiero. – Lo stregone scosse il capo.
Portava i capelli a
porcospino, era molto elegante e decisamente più in forma
rispetto all’ultima
volta che l’avevano visto, nonostante non fosse ancora nel
pieno delle sue
forze. Il regno demoniaco l’aveva sfiancato.
-
Ti ringrazio – disse Helen,
sorridendogli appena.
-
Per cosa? Non ho fatto niente.
-
Per aver detto quelle cose. Per averli
invitati ad essere indulgenti. È stato... è stato
bello da parte tua.
-
Già. A volte riesco ancora a
sorprendere me stesso. – commento Magnus. – Loro...
non capiscono che è così che si
ricomincia. Le colpe ricadranno sui loro
figli.
Nessuno
parlò.
-
Shadowhunters! – declamò lo
stregone, roteando gli occhi verde oro. Poi si allontanò,
borbottando tra sé.
***
-
Io vado con Helen – annunciò Aline
a sua madre, il giorno seguente. Si era precipitata
nell’ufficio riservato al
Console, seguita a ruota da Helen.
-
Cosa? – Jia Penhallow sbiancò. Sbarrò
talmente tanto gli occhi che chiunque avrebbe potuto pensare che
sarebbero
usciti per rotolare sul pavimento. Aveva avuto talmente tante cose a
cui
pensare che non era stata in grado di concentrarsi abbastanza
sull’idea che
Aline potesse mettersi in testa di seguire la ragazza. –
Aline, no...
-
No un bel niente! – esclamò sua
figlia, con rabbia. Il suo sguardo fiammeggiava, proprio come aveva
fiammeggiato nella Sala degli Accordi, quando alcuni Shadowhunters
avevano
insinuato che Helen, avendo sangue di fate, sarebbe stata in grado di
mentire e
di ingannarli, come aveva fatto Meliorn. – Vado con la donna
che amo. Non puoi
impedirmelo.
-
Aline... non puoi. È molto
lontano... – farfugliò Jia.
-
Fino a ieri dicevi che era una
destinazione prestigiosa!
-
E lo è! Lo è davvero! Ma è una
zona sperduta. Se ci vai, non potrai tornare tanto spesso ed io non
potrò
venire a trovarti tutte le volte che voglio.
-
Lo so. E mi dispiace. Ma questa è
la mia decisione.
Lei
ed Helen ne avevano parlato a
lungo, la sera prima e durante tutta quella notte. Avevano discusso,
persino
litigato, si erano strette l’una all’altra e
avevano fatto l’amore, perdendosi
totalmente, precipitando in un gorgo di emozioni dal quale non
avrebbero mai
voluto riemergere. Non avevano praticamente chiuso occhio, ma Aline non
si
sentiva affatto stanca.
-
Non posso chiederti di venire con
me. È un esilio. Un esilio a tempo indeterminato. Non
è questo che voglio per te,
Aline – aveva detto Helen, prendendole il viso tra le mani.
Aveva iniziato a
fare i bagagli e si era rassegnata. Rassegnata a doversene andare, a
lasciare i
suoi fratelli, che avrebbe rivisto chissà quando, ma anche
la sua Aline. La sua
dolce e forte Aline. La sua coraggiosa ragazza; non la prima che aveva
avuto,
ma certamente la prima che aveva amato con tutta se stessa.
-
Neanch’io voglio questo per te!
Non lo voglio per noi! Ma non posso lasciarti andare da sola, non lo
sopporterei. Ho bisogno di starti vicino. – le aveva risposto
l’altra
Shadowhunter, i marchi che sembravano essersi fatti più
vivi, colpiti dalla
luce delle lampade.
-
E la tua famiglia?
-
So di aver esagerato, sai? Lo so.
Però non ho potuto farne a meno, così come non
posso fare a meno di te.
-
Il fatto che io me ne vada non
significa che smetterò di amarti. – le aveva detto
Helen, appoggiandole le mani
sulla vita per attirarla più vicina a sé.
-
Sarai troppo lontana. Io ho... ho
bisogno di vederti. Di toccarti.
Helen
aveva chiuso un attimo gli
occhi. - Per l’Angelo, Aline...
-
Cosa?
-
Lo sai quanto ti amo?
Non
era stato necessario aggiungere
altro.
-
Aline... – ricominciò Jia
Penhallow. Osservò Helen. – Le hai chiesto tu di
seguirti?
-
Helen non mi ha chiesto niente. Ha
cercato di dissuadermi! – Aline si avvicinò di
più alla madre. – Mamma... non
puoi separarci. Vado con Helen.
-
Ci sono le ultime votazioni...
alcuni trattati vanno ancora messi a punto e tu hai
l’età per... – ricominciò
Jia,
ma con molta meno forza di prima. Capiva di essere stata sconfitta da
quel
punto di vista. In realtà, sebbene i colori della vittoria
facessero ancora
bella mostra di sé, nessuno era uscito vincitore da quella
terribile guerra,
che in seguito sarebbe stata ricordata come la Guerra Oscura. Lei non
era
riuscita a mantenere la promessa di fare il possibile per riportare a
casa Mark
Blackthorn, aveva ferito sua figlia ed ora era costretta a guardarla
partire. Sebastian
Morgenstern era morto, ma erano morti anche tantissimi Shadowhunters.
Molti
erano stati uccisi dai loro stessi famigliari, uno addirittura dal suo
Parabatai, che poi si era tagliato le vene dei polsi. E Jia era
consapevole del
fatto che il popolo fatato, prima o dopo, avrebbe cercato di prendersi
la sua
vendetta.
Ho
fallito. Abbiamo fallito.
“Mene
mene tekel upharsin”
-
Helen partirà per prima. La
raggiungerò fra una settimana, quando sarà tutto
sistemato. – stava dicendo
Aline, con un tono di voce più calmo.
Ci
fu silenzio. Un lungo silenzio.
Jia guardò le dita intrecciate delle due ragazze.
-
Mi dispiace.
-
Lo so, mamma.
***
Il
portale aperto da Magnus Bane
scintillava.
Jia
e suo marito erano in disparte,
parlavano tra loro a bassa voce e avevano l’aria tesa. Jia
aveva anche gli
occhi arrossati. Emma e i piccoli Blackthorn avevano già
salutato Helen e non
erano presenti. C’era Arthur, lo zio che si sarebbe occupato
di loro d’ora in
avanti e che si era offerto di accompagnare lei ed Aline alla Guardia e
anche
di spedire le cose di Helen sull’Isola di Wrangle. Era un
uomo gentile e
bendisposto. La Shadowhunter, sebbene preoccupata per i suoi
fratellini, era
convinta che con il tempo avrebbero imparato a provare affetto per lui.
Gli
occhi di Helen erano stati
rossi come quelli di Jia per tutta la mattina. Rossi e tristi, le mani
che
tremavano mentre chiudeva la zip della borsa. Aveva cercato di sembrare
forte e
coraggiosa, ma la recita non le era uscita molto bene. Era orribile
lasciare la
sua famiglia. Era orribile lasciare quel luogo. Era orribile lasciare
Aline
anche solo per una settimana. Si sentiva stanca, pesante come se il
mondo
intero fosse ricaduto sulle sue spalle.
Aline
le mise la braccia intorno al
collo e si sforzò di sorriderle. – “I
giorni ed i baci sono in errore: non hanno termine dove dicono, ma per
amare
dobbiamo imbarcarci su tutti i progetti che passano, senza chiedere
nulla,
pieni, pieni di fede nell’errore di ieri, di oggi, di domani,
che non può
mancare.”
-
Interessante – commentò Magnus,
sorridendo.
-
Cos’era questo? – chiese Helen,
ignorando il commento. Ignorando tutti, in realtà. Era
troppo presa dal viso
della sua compagna.
-
Pedro Salinas. La voce a te dovuta.
-
Non sapevo ti piacesse la
letteratura spagnola.
-
Preferisco quella inglese, ma
dovresti proprio leggerle, quelle poesie.
-
Sai che ora penseranno tutti che
siamo svenevoli, vero? Emma lo pensava. Glielo leggevo in faccia.
– Helen sorrise,
intenerita.
Aline
le scostò un ciuffo di
capelli biondi dal viso, sistemandoglielo dietro l’orecchio.
Poi la baciò. Dapprima
solo una leggera pressione di labbra, che divenne pian piano un
contatto più
profondo ed intenso.
-
Che lo pensino pure, allora. –
rispose Aline.
_______________________
Angolino
autrice:
Se
siete arrivati fino alla fine, grazie. ^__^
Non
so bene cosa dire. Semplicemente... mi piacciono i personaggi
secondari, quelli
che hanno poco spazio nella storia, ma che, per qualche motivo,
riescono a colpirmi.
Mi piacevano Helen e Aline, quindi ho tentato di scrivere qualcosa su
di loro.
Fatemi
sapere che cosa ve ne pare.