Serie TV > The Walking Dead
Segui la storia  |       
Autore: Schully    08/03/2015    0 recensioni
Capitoli in revisione.
Mi sono messa a pasticciare dopo un finale di metà stagione mooolto deludente... se vi piace sognare forse questa storia fa per voi... premetto che l'ho scritta e pubblicata... non le ho dato il tempo di riposare sono troppo arrabbiata se c'è qualcosa da aggiustare dite son tutta orecchi.
Genere: Angst, Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Carol Peletier, Daryl Dixon, Rick Grimes, Un po' tutti
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao a tutti come state? Spero tutto ok e che stiate passando una buona domenica e una buona festa delle donne.  Eccoci qua con un altro capitolo spero vi piaccia. In questo capitolo c’è una piccola scena lime e devo fare un paio di premesse. Io di solito scrivo in terza persona, dal punto di vista del narratore esterno, questa fan narrata dal io soggettivo e da più punti di vista si sta rivelando più ostica di quanto pensassi.
Mi sto impegnando molto per migliorare, anche con la punteggiatura che è il mio tallone d’Achille, spero si veda e spero che il risultato vi soddisfi. Non ho mai scritto scene di sesso in prima persona spero di non aver fatto un papocchio, se voleste lasciarmi il vostro parere ve ne sarei grata. Un bacione <3 alla prox. Come al solito ringrazio tutti quelli che recensiscono e chi mette la storia nelle preferite, seguite e ricordate e chi la legge in silenzio, anche se mi piacerebbe sapere pure il loro parere né XD ;) baci, baci vi lovvo tutti <3
Giada.

 
 
 
Riportiamo a casa Noah...
 
 


Sono tutti indaffarati, stanno preparando i bagagli; dopo domani all’alba si parte. La decisione è stata presa in fretta e furia, ieri sera tardi, da mio padre, Carol e Tyreese. Daryl non era disponibile, è rientrato solo questa mattina all’alba. Riportiamo a casa Noah.
Beth è passata in serata a parlare con mio padre e poco dopo Noah li ha raggiunti, ha spiegato dove si trovava casa sua; è in un quartiere residenziale poco fuori Richmond, in Virginia, a circa quattrocento sessantotto miglia da qui. Io ero fuori nel corridoio a giocare con Judith ma ho sentito tutto ugualmente. Fino a sei mesi fa, quando Noah e suo padre partirono alla ricerca di suo zio e vennero “salvati” dagli agenti del Grady, era un posto sicuro e confortevole. Hanno un impianto di riciclo dell’acqua e una recinzione abbastanza solida, in più la sede del consiglio di quartiere è totalmente autosufficiente, impianti fotovoltaici e una caldaia ibrida che brucia tutto. È stata costruita dopo l’approvazione delle leggi sul risparmio energetico, può contenere circa sessanta persone, infatti Noha ha spiegato che all’inizio dell’epidemia quasi tutto il quartiere si era rifugiato lì e avevano prosperato per più di due mesi.
«Se è ancora in piedi, in tempi come questi potrebbe essere positivo. Potremmo ricominciare» ha detto Beth. Io non ero e non sono molto convinto dalle sue parole, la mia paura è che si rilevi l’ennesima fregatura. Dopo aver conosciuto il Governatore e Terminus chi potrebbe biasimarmi?
Mio padre l’ha scrutata profondamente, poi dopo aver parlato con Carol e Tyreese, ha preso una decisione. Non so cosa quei tre abbiano visto nei suoi occhi, però hanno deciso di ascoltarla e dopodomani si parte. Non ne sono del tutto felice. Certo, questo posto non mi piace fino in fondo e il dottor Edwards mi dà i brividi, però tre pasti al giorno sicuri e un tetto sopra la testa sono qualcosa a cui è difficile rinunciare.
Grazie alle ricognizioni di Daryl abbiamo trovato parecchio cibo in scatola, di acqua invece ben poca. Oltretutto papà ha detto che quasi la metà di ciò che abbiamo trovato dovremmo lasciarlo qui per saldare il debito che abbiamo nei confronti di questo ospedale, hanno salvato Beth e ci hanno accolti. Bastardi! Ci hanno messo loro nelle condizioni di essergli debitori. Oltretutto conviene conservare il cibo in scatola per l’inverno.
Da qui a casa di Noah come faremo?
Carol è passata questa mattina mentre stavo lavando Judith, con un sorriso mi ha detto:
«Carl, ho un lavoretto per te!»
Io l’ho guardata speranzoso ma lei, piazzandomi in mano uno scatolone vuoto, mi ha promosso a magazziniere capo e poi si è defilata. Devo controllare e numerare le scorte, in base alla data di scadenza… uff che palle! Tsk! Ne farei volentieri a meno, preferirei di gran lunga occuparmi di qualche errante, come fanno Tyreese e Shasha. Ne sono in grado, perché non mi danno una opportunità? Oppure potrei andare a cercare provviste con Daryl, ho dimostrato in più di un’occasione di sapermela cavare, invece no! Mi tengono come al solito all’oscuro di tutto come se fossi un “bamboccio”, che rabbia!
Con uno scatto d’ira lancio lontano da me lo scatolone vuoto che mi ha consegnato Carol, spaventando Judith che si mette a piangere. Perfetto, ci mancava solo questo! Ci metto un po’ ma riesco comunque a calmare la mia sorellina e la rimetto nel suo box, lei afferra una paperella di gomma e con un sorriso comincia a giocarci. Io mi butto sul letto sbuffando e guardo mestamente lo scatolone che è finito malamente in un angolo. So che, se non voglio ricevere una lavata di capo, devo fare ciò che mi è stato chiesto, così con un sospiro mi alzo e mi metto all’opera. 
 
È da un paio d’ore che impilo barattoli stilando una lista e devo dire che questo lavoro è meno inutile del previsto, ora grazie ad esso sono a conoscenza delle nostre possibilità, una volta usciti da qui, e non sono buonissime. È inutile che mi infarciscono di cazzate, non sono più un bambino. Continuano a ripetermi che andrà tutto bene, ma io so che non è vero.
Le scorte mi raccontano un’altra verità, abbiamo troppa poca acqua, sono mesi che non piove, i letti dei fiumi saranno secchi, dove la troveremo? Per il momento possiamo accontentarci di quella che abbiamo, magari razionandola, e sopravvivere di caccia, però anche quella è un’incognita: anche gli animali avranno risentito della siccità, in più tra qualche mese comincerà il freddo. Se la casa di Noah si rivelerà un altro fiasco come la cura di Eugene, cosa ne sarà di noi? Dove andremo?
L’inverno sta arrivando* e non sarà un inverno piacevole. Devo fare qualcosa! Ma cosa?
 
     
∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞
 

 

Abbiamo una nuova destinazione: Richmond, Virginia. Rick è venuto a dirmelo questa mattina all’alba, non è una gran meta, riportiamo a casa il ragazzo storpio, ma è già qualcosa per uno come me, uno che fino alla settimana scorsa credeva di contribuire a salvare il mondo, portando l’unico “scienziato” in grado di creare un vaccino nella capitale.
Che botta, la verità, sono ancora frastornato. Non esiste nessuna cura, il ciccione si è inventato un’enorme cazzata per sopravvivere e io gli ho creduto.
Io gli ho creduto! Ho sacrificato persone, abbandonato luoghi sicuri, tutto per lui. Dannazione, io ci credevo! Abraham, sei un emerito coglione, ammettilo.
Mezzogiorno è venuto e passato ma io non mi sono mai alzato da questa poltrona, dove ho appreso la notizia della nostra partenza.

Questi dieci giorni per me sono stati devastanti, ovviamente non per la preoccupazione per le sorti della ragazzina, la sorella è una tipa tosta, la biondina… si deve svegliare se vuole sopravvivere e non è un mio problema. Non è stata la mia preoccupazione per lei ad uccidermi mentalmente, ma la consapevolezza definitiva che non c’è via d’uscita: mi ha annientato. Non trovo la forza per fare nulla, nemmeno scopare con Rosita; sono apatico, inutile. Mangio, cago e dormo, che vita del cazzo.  
Rosita entra senza dire una parola e si posiziona alle mie spalle massaggiandomi il collo con le sue dita affusolate, subito dopo di lei vedo spuntare Eugene. La sua vista scatena in me una miriade di emozioni a cui non so dare un nome, che in un certo qual modo mi riportano a me stesso. Finalmente ha avuto le palle di venire a parlarmi, quasi non ci credo, ma io sono troppo… arrabbiato?
No, non è questa la parola giusta, sono oltre la rabbia.

Deluso, questa è la parola giusta. Sono deluso da lui perché sapevo che in fondo era un vigliacco ma non credevo che fosse anche un bugiardo, se Tara e Rosita non me l’avessero tolto dalle mani, lo avrei ucciso e poi avrei danzato sulla sua tomba, ridendo per giunta.
Sono deluso anche da me stesso perché credevo di capire le persone al volo, credevo di averlo inquadrato alla perfezione, invece mi ha fregato bene, bene. Lui blatera con la sua voce noiosa che a me pare solo un ronzio di mosca; se continui così, Eugene credo che ti darò ancora un paio di minuti… sì, un paio di minuti e poi ti sgozzerò, aspetterò che ti trasformi e poi ti ucciderò di nuovo. Cristo, Abraham! Datti una calmata, cosa penserebbero gli altri se sapessero quali pensieri agitano la tua mente? Cosa penserebbe Rosita? Scapperebbe come la tua ex moglie, se sapesse quale animo oscuro nascondi dentro di te. Fai il bravo, calmati, respira.
Lui continua a parlarmi ma io non riesco a sentire nulla, sento solo il solito ronzio fastidioso che va al più presto eliminato. L’unica cosa che mi rasserena quel tanto che basta da non farmi alzare da questa poltrona e balzare alla sua gola, sono le mani piccole e delicate di Rosita che mi accarezzano la nuca. Eugene tiene gli occhi bassi, forse ha capito che gli conviene, e con un’ultima frase se ne va:
«So che ora come ora ti è difficile fidarti di me, ti ho deluso, ho deluso anche me stesso. Sto cercando di cambiare per voi, siete importanti per me. Ma è una buona idea, Abraham, tu… pensaci, ok?»
Alzandomi di scatto chiudo la porta violentemente dietro di lui, faccio scattare la serratura come se quel gesto bastasse a chiudere fuori tutta la merda e mi ributto sulla poltrona, dalla quale mi sono appena alzato con un grugnito.
Rosita fa il giro della poltrona in cui sono sprofondato e si siede cavalcioni su di me, continuando ad accarezzarmi i capelli, non dice una parola. So che è il suo modo di rilassarmi e per questo le sarò eternamente grato.
Guardandomi fisso posa le labbra morbide sulle mie, solleticandomi con la lingua, mi invita a lasciarla entrare. Il suo tocco leggero lenisce le mie pene e sento che, finalmente, qualcosa si muove nei miei pantaloni. L’afferro per i fianchi approfondendo il bacio, il suo fiato è dolce e la sua bocca è calda. Non te la meriti una ragazza così, Abraham.

Lei ti ama ma tu ormai non sei capace di amare più nessuno. Sei morto dentro. Sei tu il morto che cammina, probabilmente lo siete tutti, solo non volete accettarlo.
Con più rabbia di quanto volessi, infilo una mano sotto la canotta e le afferro un seno, le strappo un gemito, so che le piace quando sono irruento e infatti mi sorride maliziosa, prima di affondare i suoi dentini bianchi nella mia spalla, mordendo e leccando.                               
«Mi fai morire, piccola…!» Dico, strusciando la mia erezione in mezzo alle sue cosce, con l’indice e il pollice della mano destra le pizzico i capezzoli ormai duri, il loro contatto fa pulsare dolorosamente quello che ho in mezzo alle gambe. Mi spingo prepotente addosso a lei, mentre con la mano sinistra le sbottono i pantaloncini, Rosita mi morde il lobo dell’orecchio. Alzandomi in piedi, sempre stringendomela addosso, percorro i pochi passi che ci dividono dal letto. L’urgenza della mia penetrazione la fa sussultare per qualche secondo, poi ci perdiamo l’uno nei sospiri dell’altra.
 
Sono passate un paio d’ore, in cui la mia mente e le mie mani sono state occupate solo a seguire le curve morbide del corpo di Rosita e mi sento rinato, la tengo stretta tra le braccia, la testa appoggiata al mio petto e il suo fiato che solletica la peluria che mi circonda l’ombelico credo che si sia addormentata, la sposto delicatamente per non svegliarla.
«Dove credi di andare tu?» mi apostrofa lei, per poi continuare: «Ora che sei più calmo dobbiamo parlare.»
«Di cosa, Rosita?!» le rispondo un po’ scocciato, la serenità post sesso “puff” svanita.
«Dell’idea di Eugene… non è male» la guardo stranito e per lei sta diventando lampante che non ho ascoltato una parola di quello che mi ha detto quel bugiardo vigliacco.
«Abraham!» Infatti esclama scocciata, «non posso credere che tu non l’abbia nemmeno ascoltato… era davvero una buona idea.»
«A quanto pare tu l’hai fatto, ragguagliami!» Le rispondo scettico. Lei mi guarda con un cipiglio che mi fa sorridere, mentre si alza come una furia dal letto e comincia a raccattare i suoi vestiti sparpagliati nella stanza.
«Non ti facevo così meschino» continua, «me lo hai detto tu che ognuno di noi per sopravvivere deve usare quello che ha!»
«Cosa vorresti dire con questo?» Le domando urlando, non m’importa se gli altri ci sentono, che ascoltino pure.
«Tu sei un uomo forte e coraggioso, a volte usi fin troppo i muscoli… Eugene non è come te, però è un uomo intelligente e ce l’ha dimostrato, non puoi negarlo, ha usato il suo cervello e un po’ di fantasia per scampare a tutto questo. Non dovresti biasimarlo, dovresti congratularti con lui.» Urla anche lei.
«Cazzo, Rosita, delle persone sono morte a causa sua, Nick, Sharon. Ricordi i loro nomi? Gli altri, te li ricordi? Io me li ricordo tutti, uno per uno. Non posso perdonarlo.»
«Cosa credi, che io li abbia dimenticati? I loro volti mi perseguitano, vengono nei miei sogni tutte le notti, erano miei amici, Abraham, cazzo! Anch’io volevo bene a quelle persone, ma non sono morti per colpa di Eugene. È vero, lui ci ha mentito, ma ci ha dato anche una missione, uno scopo. Ammettilo, Abraham, senza la sua bugia ti saresti arreso molto tempo fa.» Le sue parole sono un pugno nello stomaco, è vero, probabilmente senza le balle del ciccione io…
«Non è questo il punto, Rosita…» non mi escono altre parole, vorrei dirle che ha ragione ma il mio orgoglio me lo impedisce, lei sembra capirlo e mi guarda dura:
«Ti ricordi quando nel tragitto da Houston ci siamo persi nel deserto?» Faccio di sì con la testa e lei prosegue. «Bene, abbiamo vagato per una settimana prima di ritrovare la strada, stavamo morendo di sete, chi ci ha salvato il culo, costruendo dei condensatori per l’acqua?»
«Eugene» rispondo mio malgrado.
«E chi ha fatto ripartire la batteria del camion costruendone una con due pezzi di rame e un paio di mele marcie?»
Stavolta non le rispondo, mi limito a guardarla incrociando le braccia al petto. Lei fa spallucce, ormai si è completamente rivestita, con passo elegante si avvicina alla porta e fa scattare la serratura, aprendola si volta verso di me e dice:
«Mettiamola così, lui ha usato noi? Noi d’ora in poi useremo lui, il suo cervello, le sue conoscenze. Ha avuto una buona idea, Abraham, vuole creare un ponte radio con questo posto e cercare anche altre comunicazioni. Pensaci, ok? Non lasciare che la tua rabbia offuschi il tuo giudizio. Non ti chiedo di perdonarlo, ma dagli una possibilità» chiudendo la porta alle sue spalle mi lascia solo.
Rosita ha ragione, quel cazzone è un genio, mi alzo dal letto e comincio a vestirmi in fretta e furia, al diavolo l’orgoglio, vado a parlare con Rick.
 
Continua…
 
Note autore: *non vedevo l’ora di usare questa frase ^^!
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Walking Dead / Vai alla pagina dell'autore: Schully