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Autore: Toms98    09/03/2015    1 recensioni
Quante possibilità ci sono per la popolazione umana di salvarsi dai pericoli di questo mondo? Isis, pandemie, guerre, minacce nucleari: c'è veramente qualcuno che può salvare l'umanità da tutto questo? Forse nessun uomo può farlo, ma non c'è nessun'altro? Il colonnello McRonald è stato incaricato dal governo degli Stati Uniti di ricercare uomini con capacita al limite del normale. Ne uscirà fuori un team composto da un pugile-cavia da laboratorio russo, un'apprendista ninja, un giovane con un bordone "magico", un genio con un tumore al cervello e un assassino. Ma basteranno tutti loro, guidati dal colonnello e dalla rossa Lauren, nel loro arduo compito?
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- La domanda è un’altra, signore - disse la rossa trentenne - Accetteranno di unirsi a noi? -
- Ne sono certo. All’inizio ci odieranno, odieranno il mondo, odieranno chiunque dovranno difendere. Poi capiranno che è nel loro destino, dobbiamo solo aiutarli. -
- Signore - aggiunse infine Lauren - Forse corre troppo -
- Perché? -
- Dovremmo prima fare di modo che non odino quello che sono diventati -
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chaotic'
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CAPITOLO 4- Il Deserto dei Demoni
Sede della ARMED, USA (Pantheon)
<< Dove sono i giubbotti antiproiettile? >> gridò Marco da un lato dell’enorme sala sormontata da una gigantesca cupola apribile per permettere il passaggio di velivoli. << Mi sa che sono qui! >> disse Shawn, che stava prendendo una katana, come gli aveva consigliato da Jeshi, mentre Igor stava raccattando un po’ di roba e mettendola in uno zaino. Lauren invece, emozionata come una bambina al circo, stava saltellando da una zona all’altra della sala prendendo tutte le cose che sembravano più fighe, per poi rimetterle a posto quando ne trovava di migliori. << Signori >> disse Donald, entrando da una porta di servizio seguito da Alfred, coperto da un mantello che nascondeva tutto il corpo, << Vi presento Prof >>. Alfred  si tolse quindi il mantello, rivelando una fine armatura di acciaio e titanio con rifiniture in oro che copriva il suo busto e da cui dipartivano dei sistemi di pistoni e cavi che si spandevano su tutti gli arti, fino a giungere a un paio di guanti tecnologici sopra e degli scarponi metallici con suola leggermente rialzata. << Cavoli! >> disse Marco << Se quella è l’armatura, non oso pensare ai gadget! >>. Infatti furono la cosa che venne dopo: il robot che aveva bloccato poco prima Lauren stava portando avanti un carrello su cui giacevano vari oggetti. Il primo che spiccava era una versione migliorata della pistola narcotizzante di Marco, che ora poteva sparare quattro tipi diversi di proiettili, ovvero narcotizzanti, esplosivi, microspie e accecanti. Subito dopo che il ragazzo l’ebbe preso, Igor prese i suoi guanti, ai quali era stato aggiunto un sistema per permettere ai pugni di essere molto più distruttivi; Jeshi, che nel frattempo aveva già preso il suo orologio multiuso, stava ora controllando la miriade di nuove funzionalità introdotte da Alfred. Quando venne il turno di Shawn e Lauren, il professore mostrò al primo uno zaino dotato di varie fondine per vari tipi di armi che aveva anche un braccio aggiuntivo meccanico e mobile come una coda dotato di spara fumogeni, mentre alla seconda diede una serie di oggetti di make-up che in realtà erano pericolose armi. Una volta finito, Alfred fu ringraziato da tutti, mentre Marco disse ridacchiando: << Non mi aspettavo questa bravura da lei, Q. >> Alfred allora, anche lui ridacchiando, rispose: << La prego di riconsegnare intatto l'equipaggiamento al termine della missione >>. [*]
In quel preciso istante si aprì lentamente la cupola e un enorme jet a decollo verticale atterrò in mezzo alla sala. Una volta aperto il portellone, Maximilian scese e osservò la squadra che si preparava a imbarcare la roba sul jet. << Benvenuti signori. Questo è il migliore modello di jet a decollo verticale, ed è mio se non si fosse capito. Il suo nome sarebbe JFK 486921, ma io lo preferisco chiamare Expolosion 711. Marco >> disse Maximilian, rivolgendosi al ragazzo << siamo passati dall’area 51, ti abbiamo preso un regalino >> e gli lanciò la lancia. Marco la guardò cadere al suo lato, poi fu un po’ titubante. << Non ti accadrà niente >> disse Alfred << Il primo contatto provoca una specie di alterazione chimico-fisica del tuo organismo che ha prodotto un sacco di effetti collaterali, ma ora dovrebbe essere passato. >> Marco afferrò l’asta e come previsto non accadde niente, così saltò sul jet e invitò tutti gli altri a fare lo stesso.
Spazio aereo internazionale
Nessuno su quell’aereo sembrava aver tempo per respirare. Marco era al minibar a sgolarsi ettolitri di Coca Cola, anche se la caffeina era l’ultima cosa che gli serviva. Jeshi e Shawn stavano allenandosi al corpo a corpo, ma era ormai diventato una gara di corsa visto che Jeshi aveva disarmato Shawn che, contando sulla prestanza fisica, si era voltato e aveva cominciato a correre. Jeshi, per dimostrargli di essere anche più veloce di lui, aveva deciso di inseguirlo e ora entrambi stavano correndo in giro per tutta la zona passeggeri del jet. Alfred stava andando in paranoia per il fatto che si era dimenticato a terra le sue ricetrasmittenti e aveva completamente distrutto un computer per ricostruirle. Ora stava armeggiando con un groviglio di cavi dalle dimensioni impressionanti. Igor, che fino a quel momento si era dimostrato calmo e pacifico, ora stava allenandosi con le lattine usate da Marco, tirandole in aria e colpendole al volo con una tale forza da deformarle. Nella sala di comando, Donald stava trasmettendo una lista infinita di dati, percentuali, statistiche e relazioni a una base governativa, mentre Lauren, formalmente secondo pilota, stava giocando con foga ad un gioco con le cuffie nelle orecchie e i piedi sul volante. L’unico per cui il tempo non passava era Maximilian, che era ormai stufo dei rumori della squadra nella sala alle sue spalle e del completo menefreghismo dei due “dirigenti” della squadra, se così si potevano chiamare quei due al suo fianco. Fu dopo un’ora di viaggio che decise di prendere veramente il controllo della situazione, ad iniziare da Don e Lauren. Per il primo gli staccò il collegamento radio e quello, un po’ arrabbiandosi, gli urlò contro qualcosa sull’importanza di tenere informata la base, ma lui non si interessò minimamente a quello che diceva. Per la seconda aveva bisogno di qualcosa di meglio. << A cosa giochi? >> chiese apparentemente ingenuo lui, dopo averla scossa << Oh, si chiama Grabatron, è un gioco in cui guidi una nave aliena e devi raggiungere il presidente >> rispose lei, togliendosi le cuffie. L’uomo la invitò a passarglielo per vedere com’era e, non appena lo ebbe afferrato, aprì un finestrino di emergenza e lo buttò fuori. Lauren andò su tutte le furie, così tanto da spaventare anche il temerario Donald, ma l’insensibile Maximilian rimase indifferente. << Sai quanto valeva quel cellulare?! >> disse lei con gli occhi infuocati, ma lui pronto rispose: << Non so quanto valesse prima, ma a giudicare da come l’ho buttato e dalla zona che stiamo sorvolando non vale più molto. Soldi spesi male, piccola. >>
Detto ciò diede a Lauren e Don il compito di gestire l’aereo fino a quando lui non fosse tornato, poi si diresse verso il resto del gruppo. Prima di entrare, però, prese un candelotto di dinamite e andò verso loro. << Scusate, ma mi risulta di non essere pagato per essere la vostra babysitter >> disse entrando, ma come era ovvio nessuno lo ascoltò. Fu allora che alzò il tono di voce e urlò: << Posso avere la vostra attenzione?! >> disse. I cinque cominciarono a stare zitti e si sedettero, così il generale continuò il discorso << Dicevo, ci sono due modi per convincere un persona a fare una cosa... >> fu interrotto da Jeshi che chiese: << Chi sta guidando se lei è qui? >>
<< Ci stanno pensando Don e La rossa, tornando a noi... >>
<< Vuole proprio male al suo aereo, se lo ha lasciato a Lauren >> disse Marco, seguito dalle risate di tutti. Mentre smettevano di ridere, Maximilian si accese una sigaretta e tirò fuori il candelotto. Tutti smisero perfino di respirare. << Allora, stavamo dicendo: ci sono due modi per convincere una persona a fare una cosa. Il primo è farle capire a parole che quella cosa è giusta. >> detto ciò avvicinò la miccia alla sigaretta e quella prese fuoco << La seconda è obbligarli con il terrore. Io non sono bravo con le parole, o almeno non come con gli esplosivi. Ora se voi non fiaterete per i prossimi sessanta secondi spegnerò la miccia, altrimenti, beh, ci potete arrivare da soli... >>. Mentre tutti erano attanagliati dal terrore, Marco fu l’unico a ridere, poi disse: << Seh, non ti credo neanche se mi paghi che ci farai saltare tutti in aria >>
<< Tu credi? >> disse Maximilian, guardandolo con la faccia più seria che si potesse vedere. Marco passò dal sorriso coraggioso, all’espressione preoccupata fino alla smorfia terrorizzata e nel giro di pochi secondi si allontanò e si sedette vicino agli altri. Non appena anche l’aria smise di muoversi, Maximilian si schiarì la voce e, con la fiamma a metà della miccia, disse: << Perfetto, vedo che ci siamo compresi a pieno. Ora tornerò di là. Se dovrò tornare qui, e sperate con debba, sappiate che non spegnerò la miccia. Manca sì e no mezzora, saprete stare in silenzio, vero? >> detto ciò lanciò il candelotto in mezzo a loro e tornò in cabina di pilotaggio. Non appena ebbe varcato la soglia, Marco prese un bel respiro e poi disse: << Devo ammettere, ridergli in faccia non è stata una buona scelta >>
<< Già, meno male che questo candelotto è falso >> disse Jeshi.
<< Guarda che è vero veramente. Sono io che, capito che lui sarebbe anche arrivato a farci esplodere, ho preso il controllo della fiamma, rallentandola, fermandola e ora dissolvendola >> e mentre lo diceva il candelotto si spense. Dietro, Shawn fece un respiro di sollievo e si mise a sedere nei i sedili laterali, così come Alfred e Igor. Solo Marco e Jeshi erano ancora in piedi, e si diressero verso il minibar. Marco prese un paio di bevande, due bicchieri e una manciata di ghiaccio. Creò così due cocktail e ne offrì uno alla ragazza. << Qual è il tuo sogno nel cassetto? >> chiese Marco
<< Beh... >> Jeshi era un po’ titubante << Forse... le persone della mia età di solito vanno in discoteca, ma per ovvi motivi io non potevo. Penso che mi piacerebbe andarci, solo per provare. E il tuo? >>
<< Beh, a me piacerebbe poter salvare il mondo >> disse Marco, ma quando la ragazza lo guardò stranita, lui si mise e ridere e aggiunse: << Nah, stavo scherzando. Il mio sogno è di incontrare la mia anima gemella. So che è banale, ma almeno è fattibile >>. Finirono i drink e si diressero anche loro verso i posti a sedere. Dopo circa venti minuti Maximilian annunciò alla radio che stavano per atterrare e pregò i suoi passeggeri di allacciarsi le cinture.
Giordania, qualche chilometro da Irbid
<< Ok, c’è molto caldo >> disse Marco appena sceso dal jet. << Siamo nel pieno del deserto, cosa ti aspettavi?! >> disse ironica Lauren. Una volta a terra, si diressero verso una duna coperta da un cespuglio secco. Maximilian indicò quindi un piccolo nugolo di case qualche metro più sotto. << Lì si trova il nostro obiettivo >> disse Maximilian << Si tratta di una cellula terrorista legata allo Stato Islamico. Noi dobbiamo entrare nel complesso, rubare dei piani e tornare qui. Quindi dovrete appoggiare la squadra che si occuperà di fermare la cellula. Arriverà fra meno di un’ora ed entrerà sia se voi siete fuori sia se siete ancora dentro. >>
<< Beh, non mi sembra un problema se entreranno anche se ci siamo noi, no? >> disse Jeshi. Maximilian fece un bel respiro, poi aggiunse: << Sono la Legione Distruttori, hanno il compito di far saltare il complesso, vedete di essere fuori quando premeranno il bottone; anche prima, se possibile. >>
Mentre diceva quello, un elicottero si fermò sul complesso, da cui scesero degli uomini che ingaggiarono con i terroristi un’aspra sparatoria. << Scusa se mi intrometto, ma che cazzo ci fanno qui? Non dovevano arrivare dopo? >> chiese Jeshi
<< Non lo so, ma non mi piace >> disse Donald, poi un terrorista colpì l’elicottero, che cadde sugli stessi uomini. Morti. Coloro che dovevano salvarli erano morti. E a breve lo sarebbero stati anche loro, pensava Marco.
<< Ok >> disse Alfred << Abbiamo un grosso problema. Qual è il piano B? >>
<< Non c’è un piano B >> disse Donald, poi vedendo Maximilian abbassare gli occhi gli chiese << Vero? >>
<< Il piano B non ti piacerà >> disse Maximilian, alzando le spalle. Donald lo guardò male, poi si arrese al fatto che, bene o male, quello era il loro compito. << Allora, in caso la squadra avesse fallito, era previsto che voi la appoggiaste, attaccando frontalmente il complesso. >> spiegò Maximilian << La squadra non c’è più, quindi dovrete entrare, prendere i piani e uccidere tutti. Avete idea di come fare? >>
<< Io ho un piano, ed è bello forte. Quindi è un pianoforte >> disse Marco, mentre Jeshi gli tirava un pugno nella pancia. << Scusa >> disse la ragazza << Ma a me le battute di merda fanno questo effetto >>. Marco, che era caduto dolorante in ginocchio, si alzò e la squadrò, poi disse: << Ok, allora, il piano è questo. >> poi mise gli altri a cerchio e aggiunse: << Allora, ci dividiamo in tre gruppi, anche perché di ricetrasmittenti ne abbiamo solo tre per colpa di qualcuno >> disse, enfatizzando il “qualcuno” rivolto a Alfred, che bofonchiò qualcosa come “non è colpa mia”, ma il ragazzo non lo ascoltò e continuò: << Il primo avrà come capo Babelfish e sarà composto da lei, Frankenstein e Prof. Il vostro compito sarà di entrare, prelevare i piani e, appena li avrete, attaccare dall’interno. Distruggete comunicazioni, armi, sistemi di difesa, tutto quello che può creare dei problemi. Il secondo gruppo è capitanato da Don e comprende lui e Bonesbraeker. Voi dovrete aspettare e coprire la nostra fuga, se necessario. Intervenite solo se ve lo chiediamo, va bene? >> senza neanche aspettare la risposta, il ragazzo illustrò l’ultimo gruppo << Sarà composto da me come capo, e formato da me, La Rossa e Shadowhunter. Appena il primo gruppo avrà i piani, attaccheremo e cercheremo di riunirci. Obiezioni? >> e, visto che nessuno aveva espresso nessun problema, si diressero verso il jet, presero la loro roba e si avvicinarono al complesso.
Quando furono pronti, Marco fece cenno a Jeshi che poteva partire.
Complesso terrorista, Lato Nord
Jeshi guidò il suo terzetto attraverso le guardie di sicurezza. Rasente al muro, era arrivata alla porta principale, blindata e di ferro. << Bloccata >> sussurrò a Igor, che si avvicinò e caricò un pugno. Fu fermato da Alfred che utilizzò uno dei suoi guanti per fondere il metallo della porta e aprirla dall’interno. Jeshi fu quindi la prima ad entrare, tendendo l’arco e guardando tutti gli angoli, seguita da Alfred, con una mappa sul suo bracciale, e Igor chiudi fila a evitare eventuali sorprese. << Destra, sinistra, prima porta a destra, sinistra, destra e in fondo >> disse Alfred, ma fu subito zittito dalla ragazza. Aveva sentito dei passi nella loro direzione. Incoccò la freccia e puntò a un punto dietro l’angolo. Nel giro di qualche istante un uomo sbucò dall’angolo e, prima che potesse alzare il suo fucile, fu colpito alla gola dal preciso colpo di Jeshi. La ragazza fece procedere Alfred e seguì quello che Marco le aveva detto durante l’addestramento. Perquisì il cadavere, prese delle munizioni, poi cercò la ricetrasmittente. Purtroppo gracchiò qualcosa che nessuno capì, ma a giudicare dall’insistenza della voce cercavano il morto, e in meno di trenta secondi sarebbero arrivati lì. Dovevano sbrigarsi.
Quando arrivarono alla prima porta, sentirono dei passi dall’altra parte. Stop. Igor si dispose vicino all’apertura, Jeshi dalla parte opposta e Alfred dietro di lei. La porta si aprì e una squadra di cinque uomini entrò nel corridoio. Igor, protetto dalla scarsa illuminazione del luogo, attese che tutti lo avessero superato per prendere da dietro l’ultimo della fila e rompergli il collo. Mentre gli altri quattro si voltarono, Jeshi e Alfred uscirono dal loro nascondiglio, dietro la semiaperta porta, e mentre la ragazza colpiva uno di loro al petto, Alfred lanciò una bomba accecante e stordì i rimanenti. Igor prese uno di loro e incominciò a pestarlo come un sacco da allenamento, mentre Alfred legò due alla gola con un cavo e lo strinse fino a strozzarli. Dai due cadaveri usciva un rivolo di sangue dal collo di ciascuno. Quando fu certo della loro morte lasciò il cavo e passò al terzo uomo, quello che Igor stava torturando. Jeshi andò da lui e gli spiegò a gesti cosa voleva, ma ricevuto uno sputo in faccia conficcò un pugnale in bocca all’uomo e proseguì verso l’obiettivo. Una volta arrivati alla scrivania, Igor scassinò i cassetti e cercò i piani mentre Jeshi e Alfred uccidevano ad uno ad uno tutti quelli che si avvicinavano, nascondendone accuratamente i cadaveri prima che passasse un altro terrorista. << Trovati >> borbottò Igor sventolando dei fogli. Jeshi comunicò la riuscita del piano al resto della squadra, poi passò a dirigere la squadra verso le stazioni radio.
Complesso terrorista, Zona Centrale
<< Hanno fatto. >> disse Marco, appostato dietro un barile. Lauren e Shawn, anche loro nascosti, risposero con un leggero cenno della testa. << Quando partiamo? >> chiese Shawn, ma Marco era troppo impegnato ad analizzare la scena. Anni e anni passati fra Call of Duty e Counter Strike gli avevano insegnato che il modo migliore per approcciarsi ad una sparatoria era studiare attentamente la situazione in relazione alle proprie armi. Avevano preso due fucili d’assalto e una pistola per Lauren, inoltre Marco aveva il “bordone del destino”, così aveva soprannominato la sua lancia, mentre Shawn aveva una katana, senza dimenticare la “quadripistola” di Marco, il terzo braccio di Shawn e i gadget di Lauren.
<< Ok, facciamo così. >> disse Marco << Io e Shawn avanziamo verso quell’edificio, mentre Lauren prende questo fucile e inizia ad uccidere tutti quanti. Attenta al rinculo, è molto forte. >> Shawn chiese perché Marco avesse lasciato la sua arma, ma lui non lo ascoltò, preparandosi a partire. << Siete pronti? >> chiese impugnando il bordone. << Certamente >> rispose Lauren, caricando il fucile. I due ragazzi scavalcarono le casse vicine al barile e iniziarono l’attacco.
In quel momento c’erano in tutto due cecchini appostati sullo spiazzo fra i tre edifici che formavano il complesso. Furono loro i primi a vederli. Subito gridarono qualcosa ai loro compagni in basso, quindi caricarono i loro fucili e puntarono i due. Shawn si riparò dietro una capanna di argilla, mentre Marco deformò l’aria per deviare i proiettili e si gettò dietro un furgone nero. Gli altri terroristi colpirono in breve successione con mitragliatrici e fucili di vario genere. A giudicare dal rumore, c’era anche un lanciafiamme, pensava Marco. Decise quindi di partire da quest’ultimo. L’uomo, un robusto tipo con un enorme zaino sulla schiena, aveva un lanciafiamme fatta a mano, costruito con lo scheletro di un canne mozze, degli accendini sulla punta e dei tubi che portavano ad una bombola di gas, messa nello zaino. Fu il primo ad avvicinarsi ai due, visto che gli altri erano visibilmente preoccupati dopo aver visto Marco deviare i proiettili. Si ritrovò faccia a faccia con il sedicenne.
<< Ehi là, fa caldino qui. >> ridacchiò Marco, ma l’uomo non capì e lo fissò da dietro il suo casco da moto. Premette il grilletto.
La vampata di calore si avventò su Marco, il quale però non fece una piega e fermò con la mano le fiamme, poi le fece sparire e fissò in faccia il terrorista. << Hai mai sentito parlare del ritorno di fiamma? >> disse il ragazzo. L’uomo indietreggiò, il ragazzo guardò il suo bordone. << Sai che ti dico, visto che non hai capito niente te lo mostro >> detto questo sfruttò il suo bordone per lanciare una sfera di fuoco. Dalla prospettiva di Lauren, la mossa di Marco sembrava una pazzia, ed effettivamente lo era. Un’esplosione, dovuta al calore, al gas nello zaino e alla benzina del furgone, investì i due uomini. Marco, in un attimo di ragione, capì di aver fatto una cavolata e subito dopo aver lanciato la sfera di fuoco riuscì ad alzare un muro di aria compressa per proteggersi dall’esplosione.
Quando il fumo nero si diradò Marco era stato sbalzato a tre metri di distanza, mentre il terrorista era a brandelli sulla parete dell’edificio da cui Alfred stava dirottando tutti i segnali radio. Gli altri terroristi, forse incitati dal vedere che alla fine non erano immortali, stavano mirando sul ragazzo inerme. Coperto però da Lauren e Shawn, riuscì brevemente a riprendere il fiato. Mentre si rialzava e deviava un paio di proiettili, Marco si riavvicinò a Shawn. Erano così concentrati dai terroristi da non essersi minimamente accorti del kamikaze dietro di loro. Shawn con la coda dell’occhio vide l’uomo che correva verso di loro, si girò e in una mossa lo tagliò in due con la katana.
Il sangue scorreva. Qualcosa negli occhi di Shawn brillò. Un ricordo forse, un’immagine. Un terrorista gli sparò un colpo dietro il collo con una pistola. Un lampo. Shawn si voltò e divise in due il proiettile, quindi si avventò con una velocità assurda verso quello che gli aveva sparato e lo decapitò con un colpo. Senza neanche far capire a nessuno cosa stesse accadendo si avventò su tutti gli altri con incredibile rapidità. Un attimo prima era tutti in piedi, un attimo dopo tutti a terra, morti decapitati.
Shawn era in mezzo al piazzale di sabbia battuta, la katana in una mano, nell’altra il fucile. Lauren si avvicinò a Marco, visibilmente stupefatta. << Allora, spiegami come cavolo ha fatto ad andare così veloce >> chiese sorridendo Lauren. Shawn si voltò e li fissò. Strinse più forte la sua lama. << Lauren... >> sussurrò Marco << Allontanati >>
<< Ma che... >> disse la ragazza, vedendo il ragazzo preoccupato. Shawn si avventò su di loro. << Scappa! >> gridò Marco, dopo di che spostò l’aria per frenare Shawn. Purtroppo non bastò, vista anche la sua velocità. Si avventò come una belva sul sedicenne. Vista l’impossibilità di fermarlo, Marco non aveva altre soluzioni che provare a far svenire Shawn, sempre se aveva a che fare con l’uomo che conosceva. Sfruttando il bordone, Marco deviò un paio di fendenti della katana, ma al primo affondo che diede la sua difesa barcollò. Il ragazzo indietreggiò un paio di passi, ma si accorse di avere una ferita sulla pancia profonda un paio di millimetri. Perdeva sangue. E molto, per di più. Shawn non gli diede un istante di pausa, tornando ad attaccarlo. Fendente, fendente, affondo, montante. Colpi mortali, e tutti in rapida e inumana successione, tutti per fortuna parati dalla punta dell’arma. L’ultimo colpo aveva sbilanciato Shawn, e Marco ne approfittò per colpire il polso dell’uomo. La katana cadde a terra, ma l’assassino afferrò con una mano il collo del giovane.
Marco fu lanciato con forza a terra, dove rimase inerme. Shawn lo avrebbe ucciso se non fosse stato per Lauren, che stava gridando nel tentativo di distrarre l’uomo. La sua idea riuscì, sebbene si limitasse solo a quello. Notando che Shawn, ripresa la katana, si stava dirigendo verso di lei, istintivamente impugnò il fucile e mirò alle gambe del ragazzo. Sparò cinque colpi, tutti a segno, ma quando vide la gamba dell’uomo rimase senza fiato. Niente sangue. Neppure la minima goccia scendeva dalla gamba ferita. Un brivido attraversò il cervello della giovane. Aveva visto molti film, alcuni anche di supereroi, e sapeva che quello voleva dire una sola cosa.
Rigenerazione. Fattore rigenerante. Pelle d’acciaio. Invincibilità. Tutti modi diversi per indicare quel superpotere per cui anche svuotando un caricatore di un mitra in faccia al fortunato possessore del potere, questi non avrà la benché minima reazione fisica e psicologica.
La cosa positiva era però che per curarsi le ferite Shawn doveva rallentare. Un minimo vantaggio per Lauren. Sparò un altro paio di colpi verso l’uomo, ma l’arma si inceppò. << Non ora ti prego! >> sussurrò tra i denti Lauren, mentre cercava di sbloccarla. Shawn era ad un passo dalla ragazza, quando Marco, dopo essersi ripreso dal colpo, corse verso di lui e lo afferrò da dietro. Si aggrappò all’uomo, poi usò il bordone per tenere fermo il collo di Shawn. Per istinto gettò a terra la lama e si voltò per sbilanciare Marco, ma lui era ben agganciato e non cadde, permettendo così a Lauren di sfuggire alla furia dell’uomo. Purtroppo però il fucile era ancora bloccato, quindi lo lasciò andare, ormai inutile, e si accucciò dietro un muro, ripetendosi di restare tranquilla.
<< Niente panico! >> si disse, mentre Shawn provava ad afferrare Marco. Ci riuscì e lo lanciò a tre metri di distanza. Mentre atterrava, il bordone e la quadripistola caddero fuori dalla sua portata. Puntò a recuperare il bordone rotolando di lato, ma Shawn lo raggiunse, lo inchiodò a terra e lo colpì in faccia. << Cazzo ti prende! >> urlò il ragazzo, con il naso sanguinate per il pugno, parato malamente. Shawn stava per caricare un nuovo colpo, quando Marco decise che se qualcuno doveva morire non sarebbe stato lui. Sfruttò il suo potere per evocare una sfera di fuoco e colpì il ragazzo.
<< Vuoi ballare? >> chiese Marco, sputando del sangue, poi riprese il bordone, mentre Shawn, spente le fiamme sulla schiena, lo puntava aggressivo a un paio di metri di distanza. L’uomo emise un grido disumano, poi indietreggiò caricandosi per attaccare il ragazzo. << Lo prendo per un sì >> rispose Marco, poi convogliò l’energia nel bordone ed evocò una sfera di fuoco che colpì in pieno Shawn. Questi, nonostante bruciasse come un tizzone di legna sul fuoco, si lanciò su di lui. Marco Passò in breve rassegna i modi per fermarlo. Capì allora che gli mancava qualcosa. In un frammento di secondo ricordò che lui poteva controllare fuoco, acqua e aria. Cosa mancava? Terra. I quattro elementi alchemici. Stese il bordone e fece salire un muro di pietre, che parve fermare l’uomo. Il muro non avrebbe retto molto, anche perché i pugni e i calci di Shawn erano potentissimi e cominciavano ad apparire le prime crepe. Lauren, che nella mente di Marco doveva essere già scappata verso l’Esplosion, aver chiamato i due ufficiali e permesso il recupero sicuro di tutti membri della squadra per poi trovare un modo per fermare Shawn, era rimasta accucciata dietro il muro, ripetendosi che sarebbe andato tutto bene e osservando da dietro la schiena di Marco. In quel momento però capì che andando avanti di questo passo sarebbero morti. Fu allora che le venne in mente l’addestramento. Afferrò la quadripistola, impostò i proiettili narcotizzanti e mirò a un punto del muro in procinto di cadere. Non appena il frammento cadde, mostrando il fianco di Shawn, con una precisione di pochi esseri umani riuscì a colpire il ragazzo. Il siero fece effetto quasi istantaneamente, visto che lui cadde a terra. Mentre si avvicinava e Marco faceva crollare il muro, Lauren notò che da una porta stavano uscendo gli altri tre membri della squadra. Arrivarono anche Donald e Bonesbreacker, i quali erano stati avvisati da Jeshi non appena era uscita dall’edificio. Mentre Marco e Lauren spiegavano quello che era successo, Don mise delle manette a Shawn e lo caricò su un jet dei terroristi. Maximilian prese il controllo di quel jet e decollò. << Dove lo portano? >> chiese Alfred, mentre Jeshi curava le ferite di Marco. << Lo rinchiudiamo nelle celle di contenimento, come da protocollo. >> rispose Donald << Poi se ritornerà in piene facoltà lo interrogheremo e lo sottoporremo a sedute di psicoanalisi. >>
Spazio aereo internazionale
Nessuno fiatava. Erano decollati da poco, ma nessuno sembrava voler parlare. Lauren odiava questo stallo. Più di tutti quanti voleva poter parlare, parlare di quello che era successo. Odiava tenersi tutto dentro. E forse l’unico che l’avrebbe capita, in quel momento, per quanto fosse cattivo, era il diretto Maximilian, ma ahimè stava portando in cella l’uomo che fino a poco tempo fa credeva essere il migliore al mondo. Sperava con tutto il suo cuore che non fosse stato in sé quando si era scagliato con rabbia animalesca contro i due amici. Non riusciva a pensare cosa sarebbe successo se...
Lauren scostò quei pensieri dalla testa, quindi decise che c’era una sola soluzione per rallegrare l’animo suo e del resto della squadra. Si alzò e andò verso la cabina di pilotaggio. Donald, nonostante fosse abituato a vedere impazzire soldati vicino a lui, era comunque visibilmente stravolto. << Ehi >> iniziò lei << Siamo abbastanza alti, se vuoi puoi andare a prenderti qualcosa da bere. Ti serve. >> Se c’era una cosa che Lauren sapeva fare bene era convincere le persone a fare quello che voleva lei. Donald attivò il pilota automatico, quindi si diresse verso il minibar a cercare qualche residuo che Marco non avesse già finito all’andata. Non appena uscì, la rossa stagista si fiondò sui comandi, di cui aveva una conoscenza base, e deviò la traiettoria. Poi bloccò la porta e prese il microfono per gli altoparlanti interni. << Si avvisano i signori passeggeri che a breve faremo scalo a Praga. >> disse la ragazza, dopo di che udì le grida di isteria di Marco che la intimava a lasciare il comando a qualcuno di competente.
Praga, Repubblica ceca (Duplex)
Lauren fu la prima a entrare. Per fortuna, c’era ancora un negozio aperto, quindi erano riusciti a recuperare dei vestiti adatti all’occasione. Lauren aveva scelto un vestito lungo fino al ginocchio, bianco e oro, abbinato ad un paio di tacchi. Jeshi aveva scelto un vestito più lungo e nero, ma le scarpe erano le stesse. Marco aveva optato per la più classica camicia con un paio di pantaloni, poi trovò una cravatta rossa e la acquistò minacciando di andarci nudo se l’avessero fermato. Alfred, ritenendo troppo da giovani andare in discoteca a festeggiare il primo successo della squadra, aveva preso un frak ed era andato all’opera, coprendo il suo occhio bionico con un cappello. Igor, il quale non apprezzava molto relazionarsi con le persone, aveva anche lui optato per un vestito elegante e aveva seguito il suo forse unico amico all’opera. Donald era stato convinto con la forza a seguire i ragazzi, ma aveva tenuto il suo vestito a giacca perché non aveva intenzione di restare molto.
L’obbiettivo dei tre più giovani fu subito chiaro. Si diressero verso il bar, presero dei drink e li bevvero chiacchierando del più e del meno. Donald, che nel frattempo si era fermato sulla porta, era stato avvicinato da un gruppo di ragazze e una di loro, leggermente ubriaca, lo invitò ad offrirle qualcosa da bere. Mentre l’uomo si avvicinava malvolentieri ad un’altra zona del bar, Lauren lanciò un urlò di approvazione verso il capo e Marco applaudì platealmente. Dopo essersi fatti una grossa risata, Lauren adocchiò un ragazzo carino e decise che era il momento di andare in pista. Jeshi, su richiesta della giovane, la accompagnò e le due lasciarono solo Marco al bar.
<< Scusa, mi fai qualcosa da bere? >> chiese in ceco una mora a fianco a lui, addossata al bancone. Aveva dei misteriosi occhi verdi, e il ragazzo pensava fosse anche molto ben fornita. Mentre il barman preparava il drink, Marco ringraziò il cielo di aver chiesto a Jeshi di insegnargli una lingua a caso e che la lingua prescelta fosse il ceco. << Ehi, bella serata vero? >> chiese lui, fissando la ragazza. Lei sorrise e rispose: << Già, non potrebbe andare meglio! >>
<< Io credo di sì. >> rispose il ragazzo, poi buttò sul bancone una banconota.
<< Grazie. >> disse quasi stupita la ragazza, dopo di che bevve un sorso del suo drink
<< Come ti chiami? >> le chiese Marco.
<< Angelique >> disse lei, sorridendo << E tu? >>
<< Marco >> disse lui. Se c’era una cosa che gli avevano insegnato i racconti del suo amico, era che qualsiasi ragazza straniera adora i ragazzi italiani. << Ti hanno mai detto che sei bella come un angelo? >> aggiunse lui.
<< Un miliardo di volte! >> disse lei, un po’ stufata dall’ennesimo complimento banale, ma comunque attratta dal giovane.
<< Beh, si sbagliano! >> continuò lui, poi attese quattro secondi per sgomentare la ragazza e aggiunse << Sei molto meglio di un angelo! >>
<< Davvero? >> disse lei compiaciuta. Una semplice parola, ma che Marco aveva ben compreso. Centro perfetto.
<< Sì. Scusa la domanda, ma sei francese? >> chiese lui.
<< Per metà, mia madre è francese. >> rispose lei << E tu italiano vero? >>
<< Al cento per cento >> rispose lui, guardandola intrigato. La ragazza si guardò un po’ intorno, poi storse la bocca e sorseggiò. << Senti, qui non si sente niente. Se ti va possiamo continuare il discorso fuori. >> disse lei. Nel giro di dieci secondi avevano attraversato una marea di folla ed erano fuori.
NOTE E CITAZIONI:
[*] La battuta di Marco riguarda l'agente Q, quello che fornisce i gadget a James Bond; la risposta di Alfred, d'altronde, è la frase che l'agente ripete in ogni film della saga come monito a 007
   
 
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