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Autore: air_amavna    09/03/2015    1 recensioni
“Starai congelando” dicesti, senza smettere di guardarmi. E da lì forse capii che qualcosa per te la provavo. Perché era impossibile non provare nulla di fronte a quegli occhi rassicuranti e a quel sorriso aperto e sincero.
Tu eri sincero, con me, con tua madre, con tuo fratello, un po' con tutti. Eri sincero e anche fedele, soprattutto con la tua fidanzata. Non avevi mai provato a tradirla, ma i tuoi occhi mi guardavano, mi esploravano, mi toccavano. Mi facevano sentire unica, nonostante non lo fossi, principalmente per te.
Genere: Fluff, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Pancakes e vodka


 
“E fosse l’ultima cosa che vedo, 
voglio che tu sappia che mi basta.

Perché tu, così come sei, sei l’unica cosa che mai mi servirà”




Labbra doppie e invitanti. Due paia d'occhi profondi, tormentati e sempre persi nel vuoto; scuri come il cioccolato fuso che tanto amavi mangiare sui pancakes al mattino. Capelli spettinati, di un oro scuro, che lasciavi più selvaggi quando ti alzavi da quelle lenzuola troppo candide e pure, per appartenere a te. Trascorsi quelle tre settimane lasciando che una persona come te mi influenzasse in tutto e per tutto. Ero curiosa, quello era il problema.
Ero curiosa del tuo carattere, del tuo modo di fare, del tuo modo di camminare. Indossavi degli abiti così larghi, pantaloni orribili e dai colori meno probabili. Il verde, di sicuro, era il tuo preferito. O forse il grigio, che da quando mi prestasti il tuo maglione per ripararmi dal freddo, divenne il mio, di preferito.
“Starai congelando” dicesti, senza smettere di guardarmi. E da lì forse capii che qualcosa per te la provavo. Perché era impossibile non provare nulla di fronte a quegli occhi rassicuranti e a quel sorriso aperto e sincero.
Tu eri sincero, con me, con tua madre, con tuo fratello, un po' con tutti. Eri sincero e anche fedele, soprattutto con la tua fidanzata. Non avevi mai provato a tradirla, ma i tuoi occhi mi guardavano, mi esploravano, mi toccavano. Mi facevano sentire unica, nonostante non lo fossi, principalmente per te.
La sera ci capitava di addormentarci sul divano insieme, mentre il resto dei ragazzi era in spiaggia a ballare balli latino americani. Noi odiavamo ballare, eravamo goffi e impacciati. Tu eri naturalmente il più patetico, ma anche il più bello. E quando dormivi io ti ammiravo, con i capelli spiaccicati sul viso, la bocca semi aperta e il petto che si alzava e abbassava. La mattina era la mia parte preferita. Perché c'eri tu, i tuoi occhi dolci e il suo sorriso assonnato. Una volta mi accarezzasti anche i capelli e segnai quel giorno come uno dei più belli in assoluto.
Ero incantata dal tuo modo di parlare, come quando arrotolavi la lingua per pronunciare la 'r' nel tuo accento italiano. Mi piacevi tu, i tuoi amici, e anche i tuoi capelli.
Ti vidi la prima volta nella cucina di mia zia, in quella casa al mare, dove ci riunivamo ogni estate per passare le vacanze insieme. Era piccola, semplice, ma di solito finivamo per entrarci più di dieci persone, solo noi ragazzi.
Tu eri lì, poggiato contro il tavolo in legno, con addosso solo il costume da bagno, di un blu marino. Eri concentrato a scrivere sul tuo iPhone di ultima generazione, e quando alzasti il capo mi diedi la possibilità di conoscere i tuoi occhi.
Io e te entrammo in sintonia fin da subito, la tua risata era il suono più sublime che avessi mai ascoltato. Le tue mani mi afferrarono, toccarono, sfiorarono e tu non ti accorgesti mai dei brividi che si formavano sulla mia pelle.
Ti divertivi a buttarmi nell'acqua cristallina di quel posto, che era diventato il prescelto per me. Mi afferravi per le cosce, e sebbene ti dicessi che avevo freddo, lasciavi che il mio corpo cadesse nel gelo di quell'acqua mattutina, e tu mi seguivi. Ci sporcavamo con la sabbia e una volta finimmo per fare un castello con i secchielli e le palette di un bambino.
I nostri amici non si accorgevano di quello che stava nascendo tra di noi, forse non te ne accorgevi nemmeno tu. Eri distratto da lei, dai suoi messaggi e dalla voglia che avevi di poterla rivedere. E io non potevo fare assolutamente nulla per cambiare le cose.
Poi però un giorno le cose cambiarono, o almeno solo per me. Il tuo migliore amico volle inaugurare una grande festa a base di alcolici per la fine dell'estate. In effetti, stando al tuo fianco giorno e notte, non mi resi neanche conto che l'estate era ormai giunta al termine e che il mese seguente saremmo dovuti ritornare a scuola. Così scendemmo sulla spiaggia ed esagerammo con la vodka. Specialmente io.
L'intera spiaggia era organizzata, con la musica ad alto volume, tantissimi giovani erano intenti a ballare scatenati e anche numerose famiglie. Ma io non lasciavo avvicinare nessuno, perché volevo che solo tu mi fossi vicino. Così tanto vicino da non poter più respirare. Avrei voluto fare tante di quelle cose con te, anche le più stupide. Avrei voluto sceglierti la maglietta per uscire, pettinarti i capelli in modo orrendo, sgattaiolare nel letto con te per rimanerci tutta la notte, baciarti con foga, con passione, e fare l'amore con te tutti i giorni.
Ma le mie fantasie furono interrotte da te, che mi porgevi un altro bicchiere di qualche altro alcool, e mi sorridevi.
Quello che vedevo eri tu e solo tu, e quando provai a darti un bacio tu ti lasciasti baciare. Da me.
I bicchieri caddero a terra e le tue mani furono su di me, sui miei fianchi, e in quel momento mi sentisti di sicuro tremare.
Quel bacio durò così poco in realtà che quando mi staccai ne volli ancora di più. Solo che tu ti allontanasti e te ne andasti, per non tornare più indietro.
Non dicesti nulla, e a me mancava già il tuo timbro vocale.
Il giorno seguente mi svegliai una schifezza, mi alzai dal letto traballante e ti trovai in cucina, con davanti il tuo caffè zuccherato. Tre cucchiaini di zucchero, per esattezza. Lo avevo imparato a memoria, come anche il tuo numero di scarpe, le tue lentiggini sulla schiena e la tua piccola voglia sotto il braccio destro.
“È stato un piacere conoscerti” avevi detto, dopo aver finito di bere con tranquillità il liquido scuro e denso. “Ma devo tornare a casa”
“Di già?” avevo osato dire. Tu avevi alzato le spalle e il mio cuore si era distrutto in mille pezzi.
Lo si capiva dal tuo sguardo che ti sentivi in colpa per tutto, per avermi baciata, forse per avermi anche conosciuta. Ma io ti amavo e avrei voluto dirtelo, lì, in quel momento. Non mi importava se la tua ragazza ti amava più di me, o magari ti conosceva più a fondo. Ma io ti amavo in un modo diverso, in un modo tutto nostro. E in qualche modo anche tu avresti dovuto amarmi.
Ma non lo dissi e lasciai che tu e il tuo sorriso, il tuo sguardo, e i tuoi orribili capelli mi abbandonaste in quel posto, che non sarebbe stato più così caldo come prima.

 

 

 

   
 
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