Seguito
di Argument (cap.3).
5.
Making
Up
La
situazione stava diventando ridicola.
Aveva
creduto di risolvere le loro divergenze nel
giro di ventiquattro, massimo quarantotto ore – confidava
serenamente che il
suo fascino e le sue capacità seduttive sarebbero riuscite
anche stavolta a
salvarlo dalla metaforica cuccia in cui era stato spedito, e forse era
stato
questo il problema principale, l’essersi fatto accecare dal
suo ego
spropositato – e invece ormai erano trascorsi già
sette giorni. Klaus non aveva
ancora riguadagnato l’accesso alla sua camera da letto, e la
camera per gli
ospiti che in genere era di tacita proprietà di Elijah aveva
iniziato ad
assorbire con suo sommo disappunto la personalità
dell’ibrido. Come ogni altra
stanza dell’immensa magione, ovviamente,
l’arredamento era pregiato e impeccabile
– un enorme letto in mogano con lenzuola di lino e cuscini di
piume, un tappeto
persiano, tende ricamate, i libri di Elijah in bella mostra sulla
libreria,
lampade poggiate su comodini di vetro e una poltrona da lettura
– tutto,
insomma, perfettamente lussuoso e senza un solo dettaglio fuori posto.
Ma
era impersonale, e non era la camera di
Caroline. Klaus odiava quella stanza.
Come
se non bastasse, le continue telefonate di
Rebekah e dello stesso Elijah iniziavano a far pressione sul suo lato
omicida. I
continui Come fai a essere così stupido,
Nik? e Niklaus, mi meraviglio di te
dei suoi fratelli erano l’ennesimo sale sulla ferita di cui
certo non aveva
bisogno. No, ciò che voleva era distruggere qualcosa dalla
frustrazione, o uccidere
qualcuno – si sarebbe accontentato anche solo di torturare o
menomare, si
sentiva generoso. Riversare il suo avvilimento sul mobilio era fuori
discussione, visto che per la maggior parte era stato scelto da
Caroline e,
davvero, non aveva bisogno di provocare oltre la rabbia della sua
compagna.
Questo
non gli aveva impedito di frantumare il
proprio cellulare all’ennesima chiamata indesiderata di sua
sorella. Un
cellulare era facilmente sostituibile, e per una manciata di secondi
aveva
alleviato il suo nervosismo.
Nervosismo
che era tornato subito non appena aveva
udito la porta d’ingresso aprirsi e chiudersi, i passi
cadenzati di Caroline
attraversare l’atrio, entrare in cucina, aprire e richiudere
il frigorifero,
dirigersi al piano di sopra, percorrere le scale con una lentezza
disarmante –
come se sapesse perfettamente che lui era a portata
d’orecchio e che stava
ascoltando ogni suo minimo movimento con il fiato sospeso, in attesa di
chissà
cosa, forse del perdono o della punizione divina – passare
davanti al suo
studio senza neanche degnare di un’occhiata la porta
spalancata o lui dietro di
essa e sparire in silenzio in camera sua. Camera
loro.
Klaus
emise un grugnito esasperato, passandosi una
mano tra i capelli. Dio, quella donna era testarda.
E
quella situazione di stallo – era come trovarsi
al centro di un ciclone, aspettando la tempesta che avrebbe distrutto
ogni cosa
– era durata anche fin troppo. Era la creatura più
potente sulla faccia della
terra, aveva vissuto secoli e secoli senza perdere neanche una guerra,
era uno
stratega per l’amor di Dio! E avrebbe vinto anche quella
battaglia, decise.
Raggiunse
la scrivania e afferrò il telefono
fisso, pronto a mettere in azione il suo piano.
Quando
Caroline varcò la soglia di casa, tre
giorni dopo, sentì subito qualcosa di diverso aleggiare
nell’aria.
O
meglio, sentì che mancava qualcosa.
L’elettricità,
per la precisione: la casa era immersa nel buio. Tanto per puro
scrupolo fece
scattare l’interruttore della corrente un paio di volte, ma
la casa continuò a
rimanere imperterrita nell’oscurità. Le
scappò un sospiro stanco: che senso
aveva pagare migliaia di dollari per il mantenimento di una villa di
quelle
dimensioni se la corrente saltava come in un qualsiasi appartamento di
periferia?
Tuttavia,
mentre avanzava lungo il corridoio – il
buio non era davvero un problema, in fondo era pur sempre un vampiro
– una vaga
sensazione di fremente apprensione iniziò a serpeggiare
lungo la sua spina
dorsale. Che ci fossero intrusi in casa? Eppure non sentiva odore di
sangue né
di estranei. Perplessa si levò il cappotto, poggiandolo su
una sedia qualsiasi
dell’atrio, e lasciò le chiavi della macchina su
una console risalente a chissà
quale periodo storico. Una flebile luce proveniva dalla cucina, e il
delicato
odore di cera bruciata raggiunse misteriosamente le sue narici. Che
cosa diavolo…?
Quando
finalmente raggiunse in sala da pranzo
comprese il motivo per cui Rebekah l’aveva trascinata tutto
il giorno avanti e
indietro per New Orleans, per una sfrenata sessione di shopping che
aveva messo
a dura prova persino la sua pazienza e che era servita a sfogare gli
ultimi
residui di rabbia sul conto in banca di Klaus. Avrebbe dovuto capire
che c’era
qualcosa di strano nell’insistenza con cui sua cognata si era
inventata di
tutto pur di farla rientrare a casa il più tardi possibile
– non avrebbe dovuto
fidarsi di lei, era ovvio che avrebbe scelto sempre e solo le parti del
fratello!
Con
uno sbuffo innervosito Caroline diede le
spalle al tavolo romanticamente apparecchiato per due –
compreso di candele,
rose bianche, bicchieri di cristallo e argenteria preziosa –
con tutta
l’intenzione di rinchiudersi in camera sua e non capitolare
così presto alle
moine di Klaus, e dovette soffocare un’imprecazione quando
vide il suddetto
ibrido in piedi davanti a lei, impeccabilmente vestito in un completo
scuro –
maledizione, sapeva quando amasse il total
black su di lui e non aveva rimorsi a utilizzarlo contro di
lei – e con due
bicchieri di champagne in mano.
Poiché
non era da lei indietreggiare e battere la
ritirata ancora prima di scendere in battaglia, Caroline mantenne la
sua
posizione e raddrizzò la schiena, incrociando le braccia
davanti al petto con
aria di sfida.
«Suppongo
quindi che l’assenza di corrente non sia
casuale», fu il suo primo e acido commento.
Con
invidiabile savoir-faire, Klaus mantenne
un’aria cortese e pacata. «Sai che
giorno è oggi?» Le chiese, ignorando educatamente
l’atteggiamento aggressivo
della vampira.
Caroline
strinse gli occhi, sospettosa. «Venerdì?»
Un
breve cenno di diniego e un leggero sorrisetto
le fecero capire che non era quella la risposta che cercava.
«Oggi è un
anniversario. L’anniversario del nostro primo ballo insieme,
per l’esattezza.
Ti ricordi?» La sua voce si abbassò di diverse
ottave quando continuò con il
suo discorso, prendendo un tono pericolosamente sensuale. «Il
ballo dei
Mikaelson, Mystic Falls. Sei arrivata elegantemente in ritardo, appena
prima
che iniziassero le danze, e ti ho visto subito non appena sei entrata
nella
sala. Bellissima come al solito nell’abito blu che ti avevo
regalato e che non
ero davvero sicuro che avresti indossato, e subito padrona del
territorio. Il
mio primo pensiero è stato che sembravi una regina, gli
altri riguardavano il
modo migliore per sfilarti quel vestito di dosso. E, se non ricordo
male, avevi
detto di aver bisogno di un drink», concluse, porgendole uno
dei bicchieri.
Beh,
non esattamente quello che si era aspettata
di trovare una volta rientrata a casa.
D’istinto
allungò una mano per prendere il
bicchiere, facendolo ondeggiare tra le dita senza accennare a bere il
delizioso
vino. Aggrottò la fronte e rifletté rapidamente,
cercando una qualche crepa,
una debolezza, un qualche difetto o le avvisaglie di una trappola nel
palese
tentativo di Klaus di rimediare al suo mastodontico errore.
Apparentemente non
trovandone, ribatté con: «Che cosa stai cercando
di fare?»
«Sto
cercando di farmi perdonare», rispose lui in
tutta sincerità, abbassando la voce come se stesse parlando
con un cavallo
imbizzarrito che necessitava di essere domato.
«Mh.»
La vampira lo studiò ancora a lungo,
piegando appena il capo di lato, decisa a non dargli subito la
soddisfazione di
vederla sbavare su di lui come una qualsiasi adolescente con gli ormoni
in
subbuglio – che diavolo, Caroline Forbes,
hai più controllo di così!
Lui
rimase in silenzio, stoico sotto lo scrutinio
della sua compagna, sorridendo leggermente e con un braccio nascosto
dietro la
schiena in quella posa antica che lei malgrado tutto non poteva fare a
meno di
trovare sexy. Attendeva paziente una qualsiasi risposta, e Caroline si
mordicchiò il labbro per l’indecisione.
Torturare
Klaus e prendersi la sua piccola
vendetta era stato in qualche modo perfido piuttosto divertente, nei
primi
giorni, ma piano piano aveva iniziato ad annoiarsi. Dopotutto non era
lui il
solo che stava punendo con il trattamento del silenzio e
l’ordine di dormire da
un’altra parte – era una lama a doppio taglio, che
feriva su entrambi i lati.
Sì,
si era sentita offesa e trascurata quando
aveva capito che Klaus aveva dimenticato il loro anniversario di
matrimonio –
come lo era per il fatto che di tanto in tanto non indossasse la fede,
anche se
Caroline sapeva in fondo che non lo faceva con cattiveria ma solo
perché era
una mossa preventiva e tattica qualora i suoi nemici fossero alla
ricerca di
una sua debolezza e non sapessero di lei – e il vedere la sua
serata rovinata
in quel modo, dopo settimane che organizzava, dopo giorni di stress e
stanchezza
e notti in bianco, era stata la goccia che aveva fatto traboccare il
vaso. E
sfogare tutto su di lui era parsa la cosa più normale da
fare, in quel momento.
Solo
che adesso dormiva da sola da dieci giorni,
il suo letto era gelido e il suo orgoglio ancora troppo ferito per
permetterle
di andare a revocare l’esilio di Klaus e perdonarlo una volta
per tutte.
Diavolo, non si era neanche scusato, non aveva fatto nulla per cercare
di
parlare con lei! Certo, da quella sera lei aveva cercato di stare fuori
casa il
più possibile e, a parte la notte – malgrado tutto
non gli avrebbe mancato di
rispetto andando a dormire in qualche albergo o da Rebekah –
aveva trascorso
tutte le sue giornate in giro… Ma comunque! Se lui avesse
voluto dirle qualcosa
avrebbe trovato un modo!
E
lo aveva
fatto, alla fine,
rifletté, ponderando la presenza del tavolo apparecchiato
alle sue spalle. In ritardo, magari, dopo dieci giorni,
sì,
ma eccoci qua.
E
ovviamente lo aveva fatto in grande stile. Accidenti,
doveva ammettere che l’ibrido sapeva muoversi, quando si
impegnava.
Diamine
– anche
quando non lo faceva!
Le
sfuggì un sospiro, e trattenere la propria
sorgente lussuria stava iniziando a diventare difficile.
«Quindi, mh… niente
interruzioni, stasera?» Si schiarì la voce,
odiandosi per la gola
improvvisamente secca che la costrinse a prendere un sorso dello
champagne.
«Niente spargimenti di sangue, complotti o vestiti
rovinati?»
«Niente
di tutto questo», confermò Klaus. Un
leggero ghigno prese forma sulle sue labbra prima che potesse
impedirselo, e le
parole vennero fuori senza chiedergli il permesso con un sussurro
malizioso.
«Anche se non posso garantire sui vestiti rovinati.»
Caroline
dovette combattere l’impulso di roteare
gli occhi.
«Mh.
Quello che succederà ai miei vestiti
dipenderà unicamente dall’andamento della
cena», lo avvertì, dandogli le spalle
e raggiungendo il tavolo apparecchiato. «Allora, non mi
scosti la sedia?»
Un
fruscio, un rapido sposamento d’aria e Klaus fu
alle sue spalle, un sorriso più ampio sul viso tanto da
creare quelle deliziose
fossette che lei conosceva bene, e le mani poggiate sullo schienale
della
sedia. Caroline prese posto, cercando di nascondere il proprio sorriso
con un’aria
di affettata arroganza – dopotutto l’ibrido non
aveva bisogno di sapere che la
sua testarda compagna aveva capitolato ancora prima degli antipasti.
Se la sarebbe goduta ancora un po’.
Se la sarebbe goduta ancora un po’.
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Nuovo capitolo! Chiedo scusa per il ritardo - problemi tecnici di connessione - per farmi perdonare, eccovi una "drabble" più lunga delle altre. Più una mezza one-shot, mi dicono. Ma a caval donato non si guarda in bocca, giusto? Giusto.
Spero anche qui di non essere andata troppo OOC e spero che apprezziate questa sorta di "continuity" - potrebbero esserci altri capitoli collegati ai precedenti come ce ne saranno di sicuro a sè stanti, ma facendo parte tutti del medesimo AU è ovvio che in un modo o nell'altro siano tutti legati. Detto questo...
Non finirò mai di ringraziare chi legge, segue e recenisce questa raccolta, davvero, non vi merito ma continuate così *__*
Come vi dico sempre, se avete idee e/o prompt per questa serie di drabble non esitate a passarmeli, vedrò di inserirli nella raccolta. Più Klaroline per tutti!
Ci si legge alla prossima!
La vostra affezionatissima
Niglia.
Nuovo capitolo! Chiedo scusa per il ritardo - problemi tecnici di connessione - per farmi perdonare, eccovi una "drabble" più lunga delle altre. Più una mezza one-shot, mi dicono. Ma a caval donato non si guarda in bocca, giusto? Giusto.
Spero anche qui di non essere andata troppo OOC e spero che apprezziate questa sorta di "continuity" - potrebbero esserci altri capitoli collegati ai precedenti come ce ne saranno di sicuro a sè stanti, ma facendo parte tutti del medesimo AU è ovvio che in un modo o nell'altro siano tutti legati. Detto questo...
Non finirò mai di ringraziare chi legge, segue e recenisce questa raccolta, davvero, non vi merito ma continuate così *__*
Come vi dico sempre, se avete idee e/o prompt per questa serie di drabble non esitate a passarmeli, vedrò di inserirli nella raccolta. Più Klaroline per tutti!
Ci si legge alla prossima!
La vostra affezionatissima
Niglia.