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Autore: Niglia    10/03/2015    2 recensioni
[Klaus/Caroline]
Una raccolta di piccoli e brevi momenti di quotidianità tra due creature immortali che hanno superato infiniti ostacoli prima di riuscire finalmente a stare insieme.
Con la speranza che questo amore si possa coronare, in a year or even a century...
Genere: Dark, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Caroline\Klaus, Klaus
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Seguito di Argument (cap.3).



5.
Making Up












La situazione stava diventando ridicola.
Aveva creduto di risolvere le loro divergenze nel giro di ventiquattro, massimo quarantotto ore – confidava serenamente che il suo fascino e le sue capacità seduttive sarebbero riuscite anche stavolta a salvarlo dalla metaforica cuccia in cui era stato spedito, e forse era stato questo il problema principale, l’essersi fatto accecare dal suo ego spropositato – e invece ormai erano trascorsi già sette giorni. Klaus non aveva ancora riguadagnato l’accesso alla sua camera da letto, e la camera per gli ospiti che in genere era di tacita proprietà di Elijah aveva iniziato ad assorbire con suo sommo disappunto la personalità dell’ibrido. Come ogni altra stanza dell’immensa magione, ovviamente, l’arredamento era pregiato e impeccabile – un enorme letto in mogano con lenzuola di lino e cuscini di piume, un tappeto persiano, tende ricamate, i libri di Elijah in bella mostra sulla libreria, lampade poggiate su comodini di vetro e una poltrona da lettura – tutto, insomma, perfettamente lussuoso e senza un solo dettaglio fuori posto.
Ma era impersonale, e non era la camera di Caroline. Klaus odiava quella stanza.
Come se non bastasse, le continue telefonate di Rebekah e dello stesso Elijah iniziavano a far pressione sul suo lato omicida. I continui Come fai a essere così stupido, Nik? e Niklaus, mi meraviglio di te dei suoi fratelli erano l’ennesimo sale sulla ferita di cui certo non aveva bisogno. No, ciò che voleva era distruggere qualcosa dalla frustrazione, o uccidere qualcuno – si sarebbe accontentato anche solo di torturare o menomare, si sentiva generoso. Riversare il suo avvilimento sul mobilio era fuori discussione, visto che per la maggior parte era stato scelto da Caroline e, davvero, non aveva bisogno di provocare oltre la rabbia della sua compagna.
Questo non gli aveva impedito di frantumare il proprio cellulare all’ennesima chiamata indesiderata di sua sorella. Un cellulare era facilmente sostituibile, e per una manciata di secondi aveva alleviato il suo nervosismo.
Nervosismo che era tornato subito non appena aveva udito la porta d’ingresso aprirsi e chiudersi, i passi cadenzati di Caroline attraversare l’atrio, entrare in cucina, aprire e richiudere il frigorifero, dirigersi al piano di sopra, percorrere le scale con una lentezza disarmante – come se sapesse perfettamente che lui era a portata d’orecchio e che stava ascoltando ogni suo minimo movimento con il fiato sospeso, in attesa di chissà cosa, forse del perdono o della punizione divina – passare davanti al suo studio senza neanche degnare di un’occhiata la porta spalancata o lui dietro di essa e sparire in silenzio in camera sua. Camera loro.
Klaus emise un grugnito esasperato, passandosi una mano tra i capelli. Dio, quella donna era testarda.
E quella situazione di stallo – era come trovarsi al centro di un ciclone, aspettando la tempesta che avrebbe distrutto ogni cosa – era durata anche fin troppo. Era la creatura più potente sulla faccia della terra, aveva vissuto secoli e secoli senza perdere neanche una guerra, era uno stratega per l’amor di Dio! E avrebbe vinto anche quella battaglia, decise.
Raggiunse la scrivania e afferrò il telefono fisso, pronto a mettere in azione il suo piano.




Quando Caroline varcò la soglia di casa, tre giorni dopo, sentì subito qualcosa di diverso aleggiare nell’aria.
O meglio, sentì che mancava qualcosa. L’elettricità, per la precisione: la casa era immersa nel buio. Tanto per puro scrupolo fece scattare l’interruttore della corrente un paio di volte, ma la casa continuò a rimanere imperterrita nell’oscurità. Le scappò un sospiro stanco: che senso aveva pagare migliaia di dollari per il mantenimento di una villa di quelle dimensioni se la corrente saltava come in un qualsiasi appartamento di periferia?
Tuttavia, mentre avanzava lungo il corridoio – il buio non era davvero un problema, in fondo era pur sempre un vampiro – una vaga sensazione di fremente apprensione iniziò a serpeggiare lungo la sua spina dorsale. Che ci fossero intrusi in casa? Eppure non sentiva odore di sangue né di estranei. Perplessa si levò il cappotto, poggiandolo su una sedia qualsiasi dell’atrio, e lasciò le chiavi della macchina su una console risalente a chissà quale periodo storico. Una flebile luce proveniva dalla cucina, e il delicato odore di cera bruciata raggiunse misteriosamente le sue narici. Che cosa diavolo…?
Quando finalmente raggiunse in sala da pranzo comprese il motivo per cui Rebekah l’aveva trascinata tutto il giorno avanti e indietro per New Orleans, per una sfrenata sessione di shopping che aveva messo a dura prova persino la sua pazienza e che era servita a sfogare gli ultimi residui di rabbia sul conto in banca di Klaus. Avrebbe dovuto capire che c’era qualcosa di strano nell’insistenza con cui sua cognata si era inventata di tutto pur di farla rientrare a casa il più tardi possibile – non avrebbe dovuto fidarsi di lei, era ovvio che avrebbe scelto sempre e solo le parti del fratello!
Con uno sbuffo innervosito Caroline diede le spalle al tavolo romanticamente apparecchiato per due – compreso di candele, rose bianche, bicchieri di cristallo e argenteria preziosa – con tutta l’intenzione di rinchiudersi in camera sua e non capitolare così presto alle moine di Klaus, e dovette soffocare un’imprecazione quando vide il suddetto ibrido in piedi davanti a lei, impeccabilmente vestito in un completo scuro – maledizione, sapeva quando amasse il total black su di lui e non aveva rimorsi a utilizzarlo contro di lei – e con due bicchieri di champagne in mano.
Poiché non era da lei indietreggiare e battere la ritirata ancora prima di scendere in battaglia, Caroline mantenne la sua posizione e raddrizzò la schiena, incrociando le braccia davanti al petto con aria di sfida.
«Suppongo quindi che l’assenza di corrente non sia casuale», fu il suo primo e acido commento.
Con invidiabile savoir-faire, Klaus mantenne un’aria cortese e pacata. «Sai che giorno è oggi?» Le chiese, ignorando educatamente l’atteggiamento aggressivo della vampira.
Caroline strinse gli occhi, sospettosa. «Venerdì?»
Un breve cenno di diniego e un leggero sorrisetto le fecero capire che non era quella la risposta che cercava. «Oggi è un anniversario. L’anniversario del nostro primo ballo insieme, per l’esattezza. Ti ricordi?» La sua voce si abbassò di diverse ottave quando continuò con il suo discorso, prendendo un tono pericolosamente sensuale. «Il ballo dei Mikaelson, Mystic Falls. Sei arrivata elegantemente in ritardo, appena prima che iniziassero le danze, e ti ho visto subito non appena sei entrata nella sala. Bellissima come al solito nell’abito blu che ti avevo regalato e che non ero davvero sicuro che avresti indossato, e subito padrona del territorio. Il mio primo pensiero è stato che sembravi una regina, gli altri riguardavano il modo migliore per sfilarti quel vestito di dosso. E, se non ricordo male, avevi detto di aver bisogno di un drink», concluse, porgendole uno dei bicchieri.
Beh, non esattamente quello che si era aspettata di trovare una volta rientrata a casa.
D’istinto allungò una mano per prendere il bicchiere, facendolo ondeggiare tra le dita senza accennare a bere il delizioso vino. Aggrottò la fronte e rifletté rapidamente, cercando una qualche crepa, una debolezza, un qualche difetto o le avvisaglie di una trappola nel palese tentativo di Klaus di rimediare al suo mastodontico errore. Apparentemente non trovandone, ribatté con: «Che cosa stai cercando di fare?»
«Sto cercando di farmi perdonare», rispose lui in tutta sincerità, abbassando la voce come se stesse parlando con un cavallo imbizzarrito che necessitava di essere domato.
«Mh.» La vampira lo studiò ancora a lungo, piegando appena il capo di lato, decisa a non dargli subito la soddisfazione di vederla sbavare su di lui come una qualsiasi adolescente con gli ormoni in subbuglio – che diavolo, Caroline Forbes, hai più controllo di così!
Lui rimase in silenzio, stoico sotto lo scrutinio della sua compagna, sorridendo leggermente e con un braccio nascosto dietro la schiena in quella posa antica che lei malgrado tutto non poteva fare a meno di trovare sexy. Attendeva paziente una qualsiasi risposta, e Caroline si mordicchiò il labbro per l’indecisione.
Torturare Klaus e prendersi la sua piccola vendetta era stato in qualche modo perfido piuttosto divertente, nei primi giorni, ma piano piano aveva iniziato ad annoiarsi. Dopotutto non era lui il solo che stava punendo con il trattamento del silenzio e l’ordine di dormire da un’altra parte – era una lama a doppio taglio, che feriva su entrambi i lati.
Sì, si era sentita offesa e trascurata quando aveva capito che Klaus aveva dimenticato il loro anniversario di matrimonio – come lo era per il fatto che di tanto in tanto non indossasse la fede, anche se Caroline sapeva in fondo che non lo faceva con cattiveria ma solo perché era una mossa preventiva e tattica qualora i suoi nemici fossero alla ricerca di una sua debolezza e non sapessero di lei – e il vedere la sua serata rovinata in quel modo, dopo settimane che organizzava, dopo giorni di stress e stanchezza e notti in bianco, era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. E sfogare tutto su di lui era parsa la cosa più normale da fare, in quel momento.
Solo che adesso dormiva da sola da dieci giorni, il suo letto era gelido e il suo orgoglio ancora troppo ferito per permetterle di andare a revocare l’esilio di Klaus e perdonarlo una volta per tutte. Diavolo, non si era neanche scusato, non aveva fatto nulla per cercare di parlare con lei! Certo, da quella sera lei aveva cercato di stare fuori casa il più possibile e, a parte la notte – malgrado tutto non gli avrebbe mancato di rispetto andando a dormire in qualche albergo o da Rebekah – aveva trascorso tutte le sue giornate in giro… Ma comunque! Se lui avesse voluto dirle qualcosa avrebbe trovato un modo!
E lo aveva fatto, alla fine, rifletté, ponderando la presenza del tavolo apparecchiato alle sue spalle. In ritardo, magari, dopo dieci giorni, sì, ma eccoci qua.
E ovviamente lo aveva fatto in grande stile. Accidenti, doveva ammettere che l’ibrido sapeva muoversi, quando si impegnava.
Diamine – anche quando non lo faceva!
Le sfuggì un sospiro, e trattenere la propria sorgente lussuria stava iniziando a diventare difficile. «Quindi, mh… niente interruzioni, stasera?» Si schiarì la voce, odiandosi per la gola improvvisamente secca che la costrinse a prendere un sorso dello champagne. «Niente spargimenti di sangue, complotti o vestiti rovinati?»
«Niente di tutto questo», confermò Klaus. Un leggero ghigno prese forma sulle sue labbra prima che potesse impedirselo, e le parole vennero fuori senza chiedergli il permesso con un sussurro malizioso. «Anche se non posso garantire sui vestiti rovinati.»
Caroline dovette combattere l’impulso di roteare gli occhi.
«Mh. Quello che succederà ai miei vestiti dipenderà unicamente dall’andamento della cena», lo avvertì, dandogli le spalle e raggiungendo il tavolo apparecchiato. «Allora, non mi scosti la sedia?»
Un fruscio, un rapido sposamento d’aria e Klaus fu alle sue spalle, un sorriso più ampio sul viso tanto da creare quelle deliziose fossette che lei conosceva bene, e le mani poggiate sullo schienale della sedia. Caroline prese posto, cercando di nascondere il proprio sorriso con un’aria di affettata arroganza – dopotutto l’ibrido non aveva bisogno di sapere che la sua testarda compagna aveva capitolato ancora prima degli antipasti.
        Se la sarebbe goduta ancora un po’.









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Nuovo capitolo! Chiedo scusa per il ritardo - problemi tecnici di connessione - per farmi perdonare, eccovi una "drabble" più lunga delle altre. Più una mezza one-shot, mi dicono. Ma a caval donato non si guarda in bocca, giusto? Giusto.
Spero anche qui di non essere andata troppo OOC e spero che apprezziate questa sorta di "continuity" - potrebbero esserci altri capitoli collegati ai precedenti come ce ne saranno di sicuro a sè stanti, ma facendo parte tutti del medesimo AU è ovvio che in un modo o nell'altro siano tutti legati. Detto questo...
Non finirò mai di ringraziare chi legge, segue e recenisce questa raccolta, davvero, non vi merito ma continuate così *__*
Come vi dico sempre, se avete idee e/o prompt per questa serie di drabble non esitate a passarmeli, vedrò di inserirli nella raccolta. Più Klaroline per tutti!
Ci si legge alla prossima!
La vostra affezionatissima
Niglia.

   
 
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