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Autore: AlfiaH    13/03/2015    6 recensioni
[Destiel/Sabriel/ lievissimi accenni alla DeanXLisa, alla Megstiel e alla SamXRuby - Castiel ispirato alla sua End!Verse - AU]
Dean e Castiel si sono lasciati un anno fa e non si parlano da allora, ma Gabriel ha bisogno d'aiuto e Sam è piuttosto disperato.
Dal testo:
“Vuoi dirmi perché sei qui – perché siamo qui, o devo aspettare che Dio mi conferisca il potere della chiaroveggenza?” sbotta Castiel. È nervoso, nasconde la mano destra in una tasca, spera che smetta di tremare.
“Lo sapresti se ti fossi degnato di rispondere a quel cazzo di telefono!”
[...]
“Ho lasciato anche medicina. Ho mollato tutto quando- Cristo, non sono abbastanza fatto per affrontare questa conversazione”. Castiel preme i palmi sulle tempie, la testa gli sta per scoppiare.
Genere: Angst, Commedia, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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 Quando pensi che le cose vadano male, guarda indietro
 

Avere diciassette anni di ormoni impazziti non era esattamente la cosa più fantastica del mondo, ma Dean poteva sopportarlo se al suo fianco c’erano Lisa e le sue capacissime mani. Era la ragazza più bella che avesse mai visto, popolare, carismatica, aveva un corpo da urlo ed era fissata con lo yoga, il che la rendeva abbastanza pieghevole – Dean non sapeva come altro definirla. Non era solo un bel faccino, come diceva Benny,  era intelligente e dolce ed aveva un sorriso che gli scaldava il cuore (se l’avesse detto ad alta voce, sarebbe finito in prigione prima del tempo per aver picchiato i ghigni stronzi dei suoi compagni); era perfetta e l’amava e nessuno l’avrebbe convinto a non ripeterglielo in continuazione, nemmeno lei che alzava gli occhi al cielo e gli pizzicava una spalla.
“Non so quale mettere”, si lamentò la mora sollevando prima un attillatissimo abito blu cobalto e poi uno che, per Dean, poteva essere benissimo del medesimo colore ma che, a detta di Lisa, non lo era. Alla muta richiesta d’aiuto della sua ragazza Dean, che se ne stava beatamente stravaccato contro la spalliera del letto, rispose con una scrollata di spalle e un sorriso seducente. “Allora non metterne nessuno. Saresti bellissima anche senza”. Lisa inarcò un sopracciglio e ridacchiò: “temo che finirei con l’infrangere un paio di leggi, tesoro”. “Poco male”, sogghignò, “almeno finiremmo in prigione insieme. Sai, con tutti i depravati che dovrò picchiare per averti guardata, penso che mi daranno almeno un paio d’anni”. “Cretino”, chiocciò lei lanciandogli una maglietta appallottolata estratta appositamente dall’armadio aperto; lui la schivò senza problemi. “Dai, Dean, è una cosa importante, è il ballo di fine anno, ci saranno tutti! Ho avuto un’anteprima del vestito di Cassie ed è fantastico e mi oscurerà del tutto se non ne trovo uno più bello, e non credere che non sappia che siete stati insieme l’anno scorso e- smettila di ridere, stupido moccioso, o ti mollo all’istante!” Il ragazzo schivò un altro paio di indumenti e,uh, ecco dov’era finita la sua felpa.  “Non lo faresti mai, mi ami troppo”, ammiccò al suo indirizzo pulendo le dita sporche di formaggio sulla stoffa dei pantaloni, sotto lo sguardo schifato della ragazza. “O forse ho pietà di te perché so che non riusciresti a trovare nessun’altra disposta a sopportarti”, propose in alternativa, già nuovamente concentrata sul suo problema; osservava con aria critica entrambi i vestiti che teneva sollevati  sulle rispettive grucce, indossando davanti allo specchio prima l’uno e poi l’altro, e poi di nuovo, premendoseli addosso. Ne aveva già scartati sei; Dean sapeva ciò che questo comportava e ne era piuttosto terrorizzato. “Può darsi”, concesse. “Comunque ti sta meglio quello blu”. Molto furbo, Dean. Lisa, il ragazzo non seppe spiegarsi grazie a quale capacità paranormale, identificò “quello blu” con solo uno dei vestiti blu che teneva in mano (l’altro prese il nome di “quello più blu” nella testa di Dean. Non che avesse senso, ma cosa non si fa per amore?). “Ma mi fa sembrare grassa” fu la risposta, e lui era lì lì per chiedere ‘allora perché diavolo l’hai comprato?’ ma trattenne la sua faccia esasperata e, molto pazientemente, le consigliò, data la situazione, di indossare l’altro. Povero illuso. “E’ troppo da funerale”, si lamentò la magnifica creatura che aveva come fidanzata e Dean si chiese davvero come potesse un vestito con quella scollatura essere adatto ad un funerale. La conclusione, comunque, fu inevitabile.
“Devi assolutamente accompagnarmi a fare shopping”.
 
*****
 
Quando la porta si apre ed il dottor Tran fa la sua entrata, Castiel maledice tutti i santi che conosce – e ne conosce parecchi dal momento che la sua famiglia è sempre stata molto religiosa – perché è costretto a separarsi da Dean.
Dean che sembrava molto vicino (e parecchio intenzionato) a fotterlo contro il muro. Maledizione.
Kevin li guarda entrambi con un sopracciglio alzato e un’aria scettica, Dean tossicchia qualcosa mentre Castiel cerca di smetterla di respirare come se qualcuno lo avesse appena minacciato di piegarlo a novanta (anche se in effetti è così). Si liscia la camicia, stiracchia un sorriso meglio che può, guarda Dean di sottecchi che infila le mani in tasca e raddrizza la schiena, sicuro di sé – non tanto da ingannare il medico, però. “Ho interrotto qualcosa?”
“No”, risponde il biondo prima che Cas possa aprire bocca. “Novità?”
Kevin non sembra molto convinto; li osserva ancora per qualche istante, alla fine lascia perdere e annuisce rivolgendosi a Castiel. “Abbiamo le tue analisi”, il suo tono è professionale se non per il fatto di avergli dato del tu, come gli ha chiesto Castiel, non tradisce nulla, ed il moro si ritrova a chiedersi se sarebbe stato capace di simulare la stessa espressione distaccata se fosse diventato un medico – probabilmente no. Compresa l’occhiata significativa del dottore, il giovane Winchester fa per lasciare lo studio prima di essere immobilizzato dalle dita di Castiel, che si serrano attorno alla manica della sua giacca.
Ha bisogno di lui, ed è sciocco e infantile perché non lo vede da un anno e, come hanno chiarito poco prima, le cose tra di loro non si sistemeranno con una scopata, ma non gli importa; sta per avere un attacco di panico e non è una cosa che Castiel può affrontare da solo – per la verità, non vuole. Dean non se ne lamenta, resta; Kevin ha già perso troppo tempo. “La buona notizia è che non hai l’AIDS. O altre malattie sessualmente trasmissibili”, dice. Cas riprende a respirare, non ricorda quando ha smesso di farlo: nessuna malattia, possono procedere col trapianto e può ricominciare a fare sesso in tranquillità (se sopravvive). Ovviamente Dean non può farsi bastare la buona notizia. “E qual è la cattiva?”
“Sedetevi” e i ragazzi si siedono, la sua mano non ha ancora lasciato la manica dell’altro, aspettano che il medico si sieda dall’altra parte dell’ordinatissima scrivania. Molto professionale. Dean ne è visibilmente irritato. “Allora?” incalza.
“Non possiamo procedere col trapianto. Chiudi la bocca, Dean, non ho finito. Non possiamo procedere col trapianto perché il gruppo sanguigno di Castiel è incompatibile con quello di Gabriel”, dice pratico. Il biondo, però, non chiude la bocca. “Mi dispiace, ragazzi. Non dovrei essere io a darti questa notizia, Castiel. Credimi, ne sono molto addolorato. Tu e Gabriel non siete fratelli”.
Kevin aggrotta le sopracciglia, la luce che filtra dalla finestra gli conferisce un’aria accigliata; l’unica cosa che trattiene Castiel dal correre via ed infilarsi un ago nel braccio è la mano di Dean che stringe la sua.
 
*****
 
Ora. Non è che Dean avesse qualcosa contro Britney Spears, assolutamente: doveva pur guadagnarsi da vivere in qualche modo, la poverina, e, se la pagavano per cantare, chi era Dean per giudicare? Il suo era un lavoro come un altro, insomma. Non aveva niente neppure contro Caroline e Becky, le quali, essendo membri del comitato studentesco, si erano arrogate il compito di organizzare, per l’ennesima volta, il ballo di fine anno (illuso lui a sperare che le cose sarebbero cambiate) e, povere care, non sapevano neppure chi fosse Robert Plant. Ma, dopotutto, erano solo ragazze, Dean non poteva biasimarle – al contrario, poteva permettersi di fare commenti maschilisti nella sua testa. Non ce l’aveva neppure con Charlie che, pur potendo fungere da auriga platonica alle due pazze bestiole (Dio, era un unicorno quello che vedeva affisso sul canestro della palestra?), si era assolutamente chiamata fuori dalla faccenda, definendola troppo babbana per i suoi gusti – e cosa diavolo avrebbe dovuto significare? Dean non lo sapeva né ambiva a scoprirlo. La giustificava, comunque.
Womanizer gli stava sfracassando i timpani e quella era l’ultima sera durante la quale avrebbe potuto prendere a calci in culo di Chuck, che sarebbe partito l’indomani; era tutta colpa sua – sua e della sua malsana cotta per Becky.
In veste di presidente del comitato avrebbe potuto affidare i preparativi a chiunque, chiunque, all’interno della scuola e a Dean sarebbe andato bene, davvero. Chiunque meno che Becky; chiunque meno che Becky e Caroline insieme.
“Da quale girone infernale è uscito quel coso?” chiese rudemente additando l’unicorno;  Benny al suo fianco sorrise cattivo. “Lo stesso in cui spedirò Chuck, fratello. Sembra abbastanza orripilante”. Dean fece una smorfia scontenta per nascondere una risata: “parte domani per il Canada, trascorre l’estate dai suoi parenti. Mi sa che dovremo aspettare”. “Voi due, volete continuare a giocare ai bad boys dal cuore di ghiaccio ancora per molto? Io vorrei ballare”, intervenne Lisa col suo sfavillante abito blu (si, blu. Dean non poteva crederci) seguita dal sorriso seducente di Andrea, frapponendosi tra i due e rubando il bicchiere che il suo ragazzo teneva tra le mani. Sembrava creata a posta per stare lì, tra luci fucsia e svolazzi di stoffa, una figura dipinta sulla scena ideale – Dean si preoccupava parecchio della piega poetica e schifosamente romantica che aveva preso la sua vita, ma non se ne lamentava così tanto. “Lisa ha ragione”, intervenne la castana allacciandosi al braccio di Benny, che la chiuse in un abbraccio. “Mi piacerebbe, ma non posso ballare con te”, fece Dean con melodrammaticità circondando la vita della mora con un braccio e baciandola a fior di labbra, “il rosa-fucsia-spara-flash mi ha accecato”. Lei inclinò la testa con un “oh” compassionevole e gli carezzò il viso. “Sappiamo entrambi perché sei diventato cieco, Dean. Non devi giustificarti con noi”. L’amico scoppiò in una sonora risata, Andrea si coprì le labbra rosse con il palmo della mano, delle piccole rughe ai lati degli occhi. “Lo so, tesoro. Ma, per la verità, credo che anche tu abbia dato una mano”, ghignò, “la mia cecità è anche merito tuo”. “Non te ne sei mai lamentato”. “È difficile dire di no quando…”
“Ragazzi”, li interruppe Benny con la sua bocca affilata, “il reparto zozzerie è proprio infondo al corridoio. Svoltate a destra, c’è una porta bianca con un omino nero in gonnella. Non potete sbagliare”.
“Buona idea”, asserì il biondo prima di essere strattonato in malo modo dalla fidanzata. “Nemmeno per sogno. Prima balliamo” e lo prese per mano e lo trascinò in pista (il centro della palestra della scuola).
“Poi facciamo sesso?” chiese speranzoso facendole roteare gli occhi al cielo. “Se la serata mi soddisfa”, rispose lei poggiandogli le mani sul petto ampio, “e se riesci a chiedermelo in modo romantico”. Dean non era sicuro di aver sentito bene a causa della musica alta, ma annuì lo stesso, assecondandola, e si chinò sul suo collo, inspirò la fragranza pungente del suo profumo, strinse le mani sui suoi fianchi stretti, superò i pregiudizi e si abbandonò al ritmo con un sorriso beato. Ed furono l’alcol in circolo, le dita di Lisa che si allacciavano ai passanti dei suoi jeans, le luci sulla pelle, la musica nella sua testa le giustifiche che Dean si firmò quando, scorto tra la folla lo sguardo straziato di Castiel su di lui, baciò la sua ragazza e serrò gli occhi.
 
*****
 
Dean ha davvero un bel problema perché non sa davvero come farà a guardare Sam negli occhi, a dire a Gabriel che dovrà iniziare la chemioterapia perché in realtà non ha nessun fratello, a non dare di matto e prendersela con Castiel che, almeno in questo caso, non ha colpe; non sa come farà con l’assicurazione, spera che Kevin dia loro una mano (si sdebiterà con lui, prima o poi); deve trovare un modo per trattenere Castiel (lo vuole davvero?) ed, in alternativa, cercare qualche altro parente in vita che, possibilmente, abbia lo stesso gruppo sanguigno del suo quasi cognato.
Può farcela.
Kevin è stato chiaro, questo genere di situazioni richiedono tempo e pazienza e  potrebbero volerci anni e non si sa come andrà a finire, e un sacco di cose che Dean si è rifiutato di ascoltare perché lui non aspetterà di vedere proprio nessuna fine, a costo di dover comprare midollo osseo al mercato nero dei midolli ossei – se non esiste, se ne inventerà uno.
Non esiste che stia a guardare Gabriel che si lamenta perché perde i capelli.
Quando il medico lascia la stanza dandogli una pacca sulla spalla nel passargli vicino, Dean sente di dover dire qualcosa perché le sue dita sono ancora intrecciate a quelle di Castiel e loro non hanno tempo per i drammi famigliari alla Beautiful. “Cas”, inizia. La sua voce assomiglia incredibilmente ad un sospiro ma basta ad attirare l’attenzione degli occhi umidi dell’altro. La gola gli si stringe un po’ quando si immerge in quelle iridi blu, ma deve darsi una regolata per il bene della sua salute mentale; praticità, Dean. “Troveremo un’altra soluzione, okay? Non è la fine del mondo, Gabe rimane comunque tuo fratello. Non voglio sentire obiezioni a riguardo, d’accordo? Ora il problema è trovare un altro donatore, visto che non se ne parla di rispettare la lista d’attesa. Sai come funzionano queste cose, l’ha detto anche Kevin: quelli coi soldi hanno sempre la precedenza e noi siamo solo degli straccioni. E poi Gabriel si è già espresso a riguardo: non accetterà di passare davanti a qualcuno che magari è in lista da mesi. Non abbiamo altra scelta, Cas. Mi stai ascoltando? Dobbiamo sapere se c’è qualche parente in vita disposto a sottoporsi all’operazione. È la nostra unica possibilità. Beh, legalmente parlando”. Per la verità, il giovane Winchester ha l’impressione che l’altro non lo stia davvero ascoltando e annuisca solo per correttezza –  ha anche l’impressione che voglia un abbraccio, ma Dean non pensa di esserne capace (non ancora). Lui e Cas hanno tempi di reazione diversi, Dean lo capisce, ma gli sembra sia seriamente passata un’eternità prima che il moro abbia lasciato la sua mano – Dean non è preparato alla sensazione di freddo che sente. Cas preme i palmi sugli occhi, liscia le sopracciglia, le lascia sulle tempie, i polpastrelli tra i capelli. “Si”, dice lentamente, poggiando i gomiti sulla scrivania. “Nostra madre amava scrivere quando era giovane. Forse aveva un diario o qualcosa del genere…”
“Potrebbe essere utile. Non ve ne ha mai parlato?” Castiel scuote la testa: “non che io ricordi. Ma suppongo che mio padre lo sapesse, si spiegherebbero tante cose. Forse anche Anna o Balthazar lo sanno”, aggiunge con una punta di risentimento. Dean può capirlo. “Anna non lo sa, me lo avrebbe detto quando-” un’occhiata confusa dell’altro lo costringe a lasciare la frase a metà, nel dubbio – dovrebbe dirgli che si è scopato sua sorella? Dean pensa di no. Forse lo farà, ma non oggi – “quando ci ho parlato. Per quanto riguarda Balthazar, come ti ho già detto, il figlio di puttana è irrintracciabile. Sembra sparito nel nulla”. “Tipico di Balth”, commenta Castiel con uno sbuffo amaro, che un po’ lo ferisce. “Deve essere una cosa di famiglia”.
“A quanto pare”, concede vagamente, rivolgendo lo sguardo all’ampia finestra. Il sole si incastra perfettamente tra le lunghe e scompigliate ciocche scure, accarezza la barba incolta, cancella le occhiaie scure e lo ringiovanisce; sembra più splendente, la luce, sulla sua pelle pallida. “Dobbiamo considerare la possibilità che non esista nessun parente, dal momento che nessuno l’ha cercato per tutto questo tempo. Potrebbe non avere nessuno, Dean”. “Ha noi”. Dean sa che non è quello che Castiel intende, ma ha bisogno di dirlo lo stesso: Gabriel ha loro. “Non è questo che intendo, lo sai. Dico solo che i nostri genitori l’hanno adottato per un motivo. E anche se esistessero, dobbiamo considerare la possibilità che ci chiudano la porta in faccia. Non andiamo in giro a chiedere caramelle, Dean”, afferma. È sciocco, ma Il fatto che Cas abbia usato la prima persona plurale lo rincuora.  “Abbiamo sempre il diario di tua madre. Troviamolo e sapremo la verità”.
“Sempre che ne esista uno. E se anche esistesse, potrebbe non esserci scritto quello che vogliamo sapere.”. “Beh”, sbuffa battendo i palmi sulle cosce per alzarsi in piedi, “di certo non lo scopriremo restando col culo sulla sedia, no? Da dove dobbiamo iniziare a cercare?”
“Se Gabe non ha toccato nulla, come abbiamo deciso dopo la sua morte, dalla sua camera. Se non è lì, la cosa diventa difficile”, mormora. “Una cosa alla volta, Cas. Prima dobbiamo dirlo a Gabe, poi andremo a casa tua a cercare informazioni. Ci regoleremo in base alla situazione, okay?”
“Okay”, risponde lentamente. Non lo segue quando il giovane Winchester si dirige verso la porta, avvolge le braccia attorno al corpo come scosso da un brividi –potrebbe abbracciarlo, ora. Dean è fermo sulla porta, gli osserva la schiena: la distanza che li divide gli appare troppo ampia per essere azzerata da qualche passo. “Vieni?” chiede, il tono fintamente seccato. “Si”, risponde velocemente l’altro, “tra un attimo. Devo dirglielo io. Voglio- ho solo bisogno di un attimo”, e le sue spalle si abbassano in un sospiro.
 
 *****
 
Dean non aveva la più pallida idea di come fosse finito in quella situazione di merda.
I suoi piedi affondavano nella neve, rapidi, il vento gli scompigliava i capelli; l’Inverno a Lawrence faceva sempre abbastanza schifo e Dean non trattenne un’imprecazione quando quasi scivolò sui gradini ghiacciati del parco. Non era esattamente una giornata ideale, ma il Natale era vicino ed i bambini non si lasciavano intimorire da un po’ di freddo, giocavano a palle di neve, si rotolavano nel bianco e sfoderavano sorrisi quando qualcuno chiedeva loro quanto fossero stati bravi durante l’anno.
Dean li invidiava un po’.
Non era mai stato un amante del Natale e delle festività in generale, che spesso significavano “famiglia” e “tuo padre non c’è neppure quest’anno”, ma non gli dispiaceva poi tanto saltare la scuola per la neve e passare un po’ di tempo a casa con Sammy. Poteva sopportarle, ecco. Poteva portare Lisa a pattinare.
Eppure ora stava odiando così tanto l’orlo bagnato dei suoi jeans ,che lo rallentavano in qualche modo, che si sarebbe volentieri strappato i vestiti di dosso, improvvisamente troppo pesanti sulle sue spalle.
Dio, Dean aveva affrontato cose peggiori di queste, perché non riusciva a reagire?
Insomma, lui amava Lisa. Amava la sua bocca e i suoi occhi, la sua pelle e i capelli, le sue mani (meravigliose, fantastiche mani), le sue gambe (lunghissime, fantastiche gambe), il suo culo da cheerleader (doveva pronunciarsi anche su questo?). insomma, Dean amava Lisa e Lisa era una donna – Dean aveva controllato. Ripetutamente – e ciò implicava una certa eterosessualità intrinseca al suo essere.
Allora perché cavolo aveva appena baciato Castiel?
Perché cavolo l’aveva baciato di nuovo?
Aveva ancora il sapore di caffè sulla lingua e, onestamente, faticava a ricordare se si trattasse di quello ristretto di Castiel o del proprio cappuccino; comunque non riusciva a dispiacersene e la cosa lo feriva in modo spaventoso. Cristo, sentiva persino gli occhi pizzicargli ed incolpare l’aria gelida non lo faceva stare meglio, come non lo aiutava incolpare Castiel – o l’universo. Stava piangendo come una dannata femminuccia ed era unicamente colpa sua; si era sporto troppo, si era allungato un po’ di più oltre il bancone della cucina e Castiel stava ridendo, raccontava del campus, delle lezioni, di quanto Dean gli fosse mancato negli utlimi sei mesi, di come avesse conosciuto il suo ragazzo, e Dean aveva ascoltato a stento il suo nome – Alfred, Al, Alfie? –  prima di premere le labbra sulle sue.
Era stato come tornare a casa.
Come se, per tutto quel tempo, fosse stato Dean quello lontano, perso in una città sconosciuta fatta di verde e libri e cose noiose; come se fosse stato lui quello costretto a guardare la persona amata ballare con un’altra, appena il giorno prima della partenza.
Cas non si era tirato indietro; Dean non era sicuro di ciò che avrebbe voluto che facesse, ma non era contento così e di certo non sarebbe stato contento se l’altro lo avesse respinto – è piuttosto certo che, nel caso, avrebbe provato qualcosa di molto simile ad un cuore spezzato.
Si passò una mano guantata sugli occhi per asciugare qualche lacrima, rallentò un poco, si compianse ancora per qualche attimo e poi, finalmente, sospirò; adocchiò una panchina ma, poiché era ancora umida di pioggia, fu costretto a ragionare in piedi.
Castiel era tornato a casa per le vacanze di Natale. Doveva solo aspettare qualche giorno, stare lontano dai Novak, fingere un’influenza. Bobby gli avrebbe fatto qualche domanda, Dean avrebbe trovato qualche scusa – Lisa si sarebbe arrangiata per un paio di giorni, non era la fine del mondo. Poteva funzionare.
Quello che non poteva fare era affrontare Castiel.
“Dean!”
E Dean fu tentato di correre. Molto velocemente. Pensò di rimanere immobile – forse non mi noterà – e poi scivolò di lato, lentamente, nascondendosi dietro ai tubi colorati di una giostra. Solo per avere il tempo di escogitare qualcos’altro, ovviamente. “Dean!” la voce dell’amico gli sfiorò le spalle improvvisamente vicina, ma quando Dean si voltò, con l’aria di chi è appena caduto dalle nuvole, fu costretto a spalancare gli occhi perché Castiel aveva un’espressione ridicola e le braccia spalancate, e non perché voleva abbracciarlo. Non fece in tempo ad allungare le mani per fermarlo, pertanto il moro gli si schiantò addosso come un tir, schiaffandolo sul terreno gelato. “Gesù, Dean! Mi dispiace tanto!” fece mortificato, sollevandosi per aiutarlo. Fortunatamente (più o meno), il biondo aveva arrestato la sua corsa e Cas era riuscito a non cadergli completamente addosso, restando in equilibrio con le braccia. “Hai battuto la testa? Dean!”
Impiegò più di qualche secondo ed un paio di bestemmie per rimettersi in piedi e, se da un lato la presenza di Castiel era fondamentale per quello fisico, dall’altro minacciava pericolosamente il suo già precario equilibrio mentale – da quando le mani di Castiel erano così forti da sorreggerlo da sole?
“Dean, mi stai spaventando”, disse allarmato passandogli un braccio attorno alla vita; il biondo si tirò via come scottato e il movimento brusco minacciò di rispedirlo al tappeto. Si portò una mano alla testa dolorante e cercò con la coda dell’occhio qualcosa a cui poggiarsi, che non fosse l’altro ragazzo. Non ottenne molti risultati. “Sto bene”, gracchiò. “Appoggiati a me, ti porto in ospedale”.
“Neanche per sogno!” esclamò, senza sapere bene a quale delle due cose si riferisse – magari ad entrambe. “Sto bene”, ribadì con più sicurezza, seppur leggermente a disagio (sarebbe servito fingere un malore per non affrontare l’argomento “ho baciato il mio migliore amico”? Probabilmente no). “Potresti avere una commozione cerebrale, Dean” lo rimproverò l’altro, caparbio. “Incoraggiante come sempre, Cas. Sarai un’ottima infermiera”, scherzò. L’altro finse di non aver sentito e lo guidò fino alla panchina, sulla quale lasciò cadere il ragazzo, incurante del sedere bagnato che avrebbe avuto di lì a poco. Gli scostò la mano con la sua – Dean tentò di ignorare il brivido che gli percorse la schiena – e la lasciò correre tra i suoi capelli, in cerca di una ferita. Aveva l’espressione più concentrata che avesse mai visto. “Cas, sto bene. Davvero”, tentò di nuovo. Il moro, ovviamente, non lo ascoltò nemmeno. “Servirebbe del ghiaccio”. “Ce n’è quanto ne vuoi. Anche troppo, per i miei gusti”. Il suo tono lamentoso fece sorridere l’amico, che si sfilò la sciarpa e si chinò ai suoi piedi per raccogliere della neve e appallottolarla tra le mani; Dean lo guardava scettico, con un sopracciglio alzato, ma evidentemente a Castiel importava ben poco di apparire ridicolo ai suoi occhi – almeno non tanto quanto importava a Dean. L’idea lo divertiva abbastanza. “Proprio una brava infermiera”, ghignò mentre l’altro avvolgeva la neve solida con la stoffa. “Sai cosa facciamo noi infermiere per zittire i pazienti troppo loquaci?” Cas lo guardò da sopra il suo ginocchio, gli occhi blu ridotti a due fessure sorridenti. Quando ebbe preparato un fagotto che riteneva soddisfacente, si alzò, il ghigno di Dean che si allargava. “Alzate la gonna e scoprite il siringone? Ah!” L’altro gli schiaffò la sciarpa sulla testa, il biondo gli lanciò un’occhiata oltraggiata, borbottando: “ora potrei avere una commozione cerebrale”.
“Mi sembri abbastanza vigile. Che giorno è oggi?”
“Il giorno in cui ti manderò definitivamente a fanculo”, rispose acido premendo sul bernoccolo. “Spero proprio di no. Concentrati: che giorno è oggi?”
“Cas. Sono le vacanze di Natale, niente scuola. Niente scuola: come diavolo faccio a sapere che giorno è oggi?” sbuffò: era talmente ovvio. “Okay”, concesse Castiel, “dove ci troviamo?”
“A Clinton Park, con la persona più odiosa del mondo”. Dean era sicuro di aver percepito lo sforzo di Castiel per non roteare gli occhi; doveva essere tipico dei medici, pensò. “Come ti chiami?”
“Lo sai che non lo so?”
“Dean”. Il suo nome grondava esasperazione. “Per favore”.
“Me l’hai appena detto tu, idiota. Sto bene, Cas, davvero. Smettila di comportarti da mammina apprensiva, è irritante”. L’amico aggrottò le sopracciglia, le mani sui fianchi, osservandolo dall’alto. “Come vuoi”, acconsentì, “parliamo d’altro, ti va? Del perché mi hai baciato, ad esempio”.
Dean gelò sul posto: ma che grandissimo figlio di buona donna.
Fuggì il suo sguardo e si schiarì la voce, ma l’altro lo anticipò: “e non venirmi a raccontare che era uno scherzo, Dean. Perché non lo sembrava affatto”.
“Non lo era”, si affrettò a rispondere. Quando sollevò gli occhi, il moro non era affatto sparito, come aveva sperato, né aveva smesso di fissarlo. Si aspettava una risposta – cosa avrebbe dovuto dirgli? “Mi dispiace, non volevo”. Che bugiardo.
“Che bugiardo”, rise amaramente ostentando sicurezza. “Se non avessi voluto farlo, non lo avresti fatto”. Dean piegò le labbra all’ingiù e scrollò le spalle, scorgendo il suo viso teso. “Forse volevo farlo, non lo so. Ci pensi troppo, Cas, non rimuginare su ogni cosa che faccio. Ti crei troppi problemi, dai troppa importanza alle cose”.
Dean era consapevole di avergli rifilato lo stesso discorso che gli aveva fatto mille quando, da piccoli, aveva ritrovato l’amico seduto da solo nel cortile della scuola, col capo chino e le mani intrecciate in grembo, chiuso nel suo silenzio.
Era anche consapevole di essere uno stronzo e, sorprendentemente, il fatto che Castiel non lo stesse più guardando non lo faceva sentire meglio, nemmeno un po’. “Lo so, hai ragione”, disse facendo un passo indietro. Premette le labbra insieme e forzò un sorriso orribile. “Tu sei il mio migliore amico, Dean, e sai che farei di tutto per te, però… Per favore. Non farlo più, non... Non baciarmi di nuovo, se non provi nulla per me, okay? So che esagero e che la sto facendo lunga e mi dispiace, ma tengo davvero ad Alfie e non voglio ferirlo. È un bravo ragazzo e si fida di me e… Sai come sono fatto, no? Mi preoccupo troppo, e non voglio sentirmi come se lo stessi tradendo”.
Dean annuì impercettibilmente, la vista offuscata; la voce gli uscì come un sussurro roco: “Si. Scusa, non volevo metterti a disagio. Alfie è un tipo fortunato”.
“Lo sono anch’io”, affermò l’altro con un sorriso migliore. “Si. Ora portami a casa, non mi sento molto bene. La testa sta per esplodermi, è normale? ”
“Decisamente, dopo la botta che hai preso”. Il moro lo aiutò ad alzarsi, l’amico barcollò e si aggrappò alla sua spalla.
Castiel insistette per portarlo in ospedale, ma Dean non aveva nessuna commozione cerebrale.

#Angolo della disperazione
Eeeeee ce l'ho fatta, assafà!
Questo capitolo è stato un parto, mi scuso per il madornale ritardo e ringrazio chi aspetta pazientemente gli aggiornamenti di questa umile fanfiction!
In particolar modo: Ciuffettina, PollyFTSissi, Sakura Hikari, Cassieynn, Rockaddicted, Ariel che mi hanno rallegrato la giornata con le loro recensioni, e tutti coloro che hanno aggiunto la storia tra le preferite/seguite! Ve se ama un casino, bimbi belli <3

Stay awesome,
AlfiaH <3

 
  
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