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Autore: Michan_Valentine    14/03/2015    3 recensioni
A due anni dalla battaglia per la salvaguardia del Pianeta, Vincent Valentine si ritira nel villaggio di Kalm senza dire niente ai suoi amici. Ma Yuffie Kisaragi e le questioni irrisolte non tarderanno a fargli visita.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sephiroth, Un po' tutti, Vincent Valentine, Yuffie Kisaragi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Advent Children, Contesto generale/vago
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Deepground.” ripeté, poggiato contro la parete vibrante della Shera; l’orecchio al telefono con l’effige di Cerbero.

Dall’altra parte della cornetta pervenne il sospiro di Reeve.

“Non sappiamo molto altro, al momento. Ma sembra che qualcosa si stia muovendo sotto le rovine di Midgar.” soggiunse l’interlocutore “Ci stiamo lavorando. Rufus Shinra ha dato il suo appoggio e ci consentirà di accedere alle informazioni private del vecchio Presidente.”

Assottigliò le labbra, nient’affatto convito. Rufus Shinra aveva spiegato la presenza dei Turk sulle montagne dicendo che stavano indagando sui movimenti dei Deepground già da un po’. Forse era vero. O forse era una mezza e comoda verità. E Shinra e Deepground stavano semplicemente contendendosi la fava come due piccioni. Di certo il ritrovamento della Masamune in un posto così insolito doveva aver destato sospetti. E domande. Cui la risposta era ormai ovvia.

“Non mi fido.” disse.

“Ti comprendo perfettamente.” convenne Reeve “Ma rifiutare di collaborare e metterli sulla difensiva non ci conviene. Aspettiamo e valutiamo i prossimi sviluppi. È probabile che si tratti d’informazioni irrilevanti, ma al momento è sempre meglio di niente.”
Poco ma sicuro: Rufus Shinra avrebbe condiviso solo quanto gli faceva comodo condividere. Ma questo Reeve l’immaginava, perché si affrettò a soggiungere: “Nel frattempo non ce ne staremo di certo con le mani in mano. Ho già dato disposizioni qui alla WRO. E avvisato Cloud. Ma… ecco, in caso d’imprevisti mi tornerebbe utile anche il tuo supporto, Vincent.”

L’aveva sempre detto che era bravo a fare il doppio gioco. E per quanto riguardava la questione del supporto… Scrollò le spalle e sospirò, senza tuttavia rifiutarsi. Dopotutto voleva arrivare in fondo alla faccenda e capire innanzi tutto chi fossero i Deepground e perché avessero attaccato Sephiroth. Senza contare che Reeve avrebbe trovato il modo d’incastrarlo in ogni caso, per cui era inutile fargli presente che non era –e non sarebbe mai stato- parte integrante della WRO. Il silenzio di stiracchiò per qualche secondo, appena interrotto dal fruscio di sottofondo della comunicazione e dai rotori in movimento della Shera. E poteva ben immaginare perché l’altro non avesse ancora chiuso la chiamata…

“Vincent?” fece d’improvviso; e gli sembrò di captare un pizzico d’apprensione nel tono di Reeve.

“Mh.”

“Dove vi trovate, adesso? È vero che Sephiroth…”

“Sì.” rispose, senza dargli nemmeno il tempo di formulare la seconda, prevedibile domanda “Me ne assumo la completa responsabilità.” soggiunse poi, senza tuttavia accennare a dove si trovassero; e il silenzio tornò a imperversare nella comunicazione.

“Capisco…” osservò Reeve dopo un po’, laconico “E Yuffie? Ho saputo che è rimasta ferita. Come sta?”

Schiuse le labbra e fece per rispondere; ma le urla della diretta interessata irruppero per prime, fugando qualsiasi dubbio.

“Viiiiiince!” chiamò la ninja; e percepì distintamente anche il rumore dei suoi passi in avvicinamento.

Arricciò leggermente le labbra verso l’alto e disse: “Al solito.”

Reeve rise. Yuffie invece spuntò da dietro l’angolo tutta trafelata e per poco non l’investì. La ragazza piantò i piedi a terra e frenò malamente, proiettandosi in avanti e agitando le braccia. S’irrigidì, in dubbio se lasciarla fare o se offrirle aiuto prima che finisse di lungo sul pavimento. Non ce ne fu bisogno, perché la ninja riacquistò l’equilibrio, si concesse una piroetta e saltò sul posto, scoccandogli uno smagliante sorriso e ponendosi mani sui fianchi tutta soddisfatta. Solo per portarsi la mano davanti alla bocca e piegarsi in due l’istante successivo, col colorito del viso tendente al verde bile. Sospirò. Se si agitava sempre in quel modo non c’era da stupirsi se sulla Shera le veniva sempre il mal di mare…

“Oh, santo Leviathan!” esclamò la ninja, strabuzzando gli occhi “Mi sta per risalire tutto –guarda, guarda, arriva a spruzzo! E a colazione ho mangiato solo due –e dico duuuue- hamburger con patatine fritte! A questo punto mi chiedo che sarebbe successo se avessi mandato giù pure il terzo!”

Scosse la testa, distolse lo sguardo e tornò alla comunicazione telefonica.

“Devo andare.” disse, spiccio.

Dall’altra parte della cornetta percepì appena la voce di Reeve, che cercava di trattenerlo al telefono con argomentazioni cui non prestò attenzione. Chiuse la conchiglia e se l’infilò in tasca. Dopodiché puntò la ninja e domandò: “Abigail è pronta?”

Yuffie gli scoccò un’occhiataccia.

“Ehi! Se non te ne fossi accorto –chessò, nel frattempo ti si è abbassata la vista di due o tremila diottrie- sto per ricacciare perfino l’anima in forma liquida. Perciò potresti almeno –e come minimo- dimostrare un po’ di… preoccupazione? Mi sa che devo aggiungere la voce al manuale per vecchi rincoglioniti che sta scrivendo Cid. Prima de “il cellulare funziona anche in uscita” e subito dopo “i convenevoli, piccoli grandi amici delle relazioni interpersonali”!” la ninja si passò l’indice sotto il naso “Ti piace? I titoli li ho scelti da me!”

Batté le palpebre. Che stessero scrivendo davvero quel manuale? Per quanto la sola idea gli sembrasse assurda, scoprì che aveva paura di conoscere la risposta. E sperò che l’altra non si aspettasse davvero un parere in proposito.

“Yuffie… come va lo stomaco?” domandò quindi, retorico.

L’altra inarcò il sopracciglio.

“Ci hai provato, l’ammetto. Ma questo estintore…” e indicò col pollice l’antincendio accanto a sé “…è più espressivo di te. Perciò saltiamo questa parte e scendiamo da questa maledetta aereonave. Abigail ci sta aspettando al portellone.”

***

Saltò giù dalla scaletta e atterrò sulla roccia, accompagnato dal rumore metallico dei suoi stivali. Seguì un altro tonfo; poi Yuffie lo sorpassò di corsa e si posizionò poco più in là, a stiracchiarsi languidamente. Una sagoma che si stagliava contro la linea frastagliata delle montagne. La Shera era ormeggiata sopra le loro teste, impossibilitata ad atterrare per via della conformazione del terreno, e li investiva con la sua grossa, netta ombra, ondeggiando blandamente. I rotori giravano e il motore ruggiva dall’alto, ciononostante entrambi i suoni restavano che una vaga consapevolezza, sovrastati dall’impetuoso imperversare delle cascate.

Respirò a pieni polmoni l’aria umida e salubre, descrivendo brevemente quel luogo a lui tanto famigliare. Le creste s’innalzavano ad avvolgere l’insenatura, illuminate dal sole e carezzate dall’acqua. Le cascate rilucevano allegre e si gettavano nel baratro, fra la vegetazione, fino a scomparire alla vista, sollevando schizzi e nuvole di vapore tutt’attorno. Era passato del tempo dall’ultima volta, ma ricordava ogni dettaglio di quel posto e del cammino che conduceva a lei. Avrebbe potuto descriverlo nella mente, a occhi chiusi, pennellare ogni dettaglio, ogni sfumatura di luce o di colore per ricavarne un’impeccabile rappresentazione. Così nitida da strappargli il fiato; perché a prevalere sul resto era sempre e soltanto il volto di Lucrecia, immoto e bellissimo nel suo sonno eterno…

Lo scalpiccio di passi alle sue spalle e la pronta bestemmia di Cid Highwind lo richiamarono all’attenzione e gli lasciarono intendere che anche gli altri avevano raggiunto terra. Abigail l’affiancò. Teneva Fiocco sotto il braccio e lo sguardo puntato all’orizzonte, inquieto. Per contro la capra sembrava tranquilla e si limitava ruminare il pezzo di stoffa che aveva strappato dalla giacca di Cid solo qualche tempo prima. D’un tratto la ragazza appuntò le iridi in un punto preciso e gli sembrò che avesse trattenuto perfino il respiro. Ne seguì lo sguardo e l’incontrò. Sephiroth emerse dalla foschia a andò loro incontro a passo sicuro e cadenzato, attraversando le piccole goccioline in sospensione alla stregua di un’apparizione.

“Oh, Leviathan! Che impressione.” la ninja si fece indietro e s’incurvò su se stessa “Non mi ci abituerò finché campo, parola di Yuffie Kisaragi!”

Cid invece riassunse tutto in un sonoro, preciso e incisivo: “Cazzo!”

Non c’era da stupirsene. Come reazione era del tutto naturale e perfino lui doveva ancora abituarsi alla situazione… particolare. Una prospettiva che sembrava irreale perfino a pensarla, figurarsi ad averla innanzi agli occhi in carne e ossa sotto forma del vecchio, mortale nemico. Era già tanto che alcuni dei membri di AVALANCHE fossero disposti a mettere da parte il rancore e a concedere il beneficio del dubbio. A rischiare. E ad averli accanto si sentiva… più forte. Come non lo era mai stato in passato, realizzò.

Abigail agì per prima. Lasciò andare Fiocco a corse da quella parte. La capra saltò agilmente sulla roccia e seguì la padrona sgambettando, gli zoccoli che batteva sul nudo terreno. Poteva solo immaginare il tumulto che la ragazza aveva nel cuore. La paura, la tensione, il desiderio di riabbracciare l’uomo di cui era innamorata. E che forse dentro di sé aveva temuto di aver perso per sempre... Tuttavia quando Abigail raggiunse Sephiroth sollevò il braccio e gli assestò uno schiaffo in pieno volto. Lo schianto si levò stentoreo per l’insenatura e sovrastò addirittura il rombo delle cascate, mentre Sephiroth voltava leggermente il capo da una parte e la sorpresa si propagava fra gli astanti. Batté le palpebre. In effetti non era così che si era immaginato il loro romantico ricongiungimento…

“Ahi ahi, amico! Questa l’hai sentita, eccome se l’hai sentita. Benvenuto nel club delle palle piene, delle tavolette abbassate e dei filmini strappalacrime del cazzo. E della merda pure! Oh, e della leggendaria sindrome pre, peri e post mestruale!” sentì Cid commentare a mezza voce dietro di lui.

Arricciò leggermente le labbra. Sephiroth invece chinò il capo, ignaro dei commenti, ed esordì con: “Mi dispiace, Abigail. Io…”

L’altro non fece in tempo a finire la frase che la ragazza l’avvolse fra le braccia e sprofondò sul suo petto, soffocando con la tenerezza e il calore di quell’abbraccio qualsiasi, superflua spiegazione.

“Sta’ zitto. Mi hai fatta preoccupare da morire! Pensavo che non ti avrei più rivisto, che quei soldati…” esitò, rafforzò la stretta delle braccia “La prossima volta che vai via così, ti prendo a padellate su quella zucca vuota e dura che ti ritrovi.”

“D’accordo.”

Sephiroth ricambiò l’abbraccio e affondò con le mani, con le labbra nella chioma rosso fuoco di Abigail. A guardarli così, l’una stretta all’altro, provò una piacevole, calorosa sensazione pervadergli le membra, e si sentì più tranquillo. E leggero. Il viso di Sephiroth appariva disteso e privo di ombre come era stato il giorno in cui gli aveva offerto il tè sulle montagne. E gli occhi luminosi con cui carezzava i lineamenti di Abigail erano gli occhi di un uomo innamorato, che conosceva e aveva saputo far proprio il significato di calore; e che aveva trovato quello di cui aveva bisogno nella persona che stringeva fra le braccia. Forse, considerò, il passato si poteva davvero superare in favore del cambiamento. E di un futuro diverso. Migliore, di sicuro meno doloroso. Anche per loro.

Proprio allora Fiocco abbassò il capo, raspò a terra con l’anteriore destra e si scagliò contro le ginocchia di Sephiroth. Impatto prontamente accompagnato da un sonoro, acuto fischio di Cid Highwind; che terminò il tutto con un suggestivo e calzante “kabooom”. Sephiroth invece barcollò indietro, si discostò da Abigail e commentò: “Ciao, Fiocco. Mi sei mancata tanto –ma proprio taaanto- anche tu.” poi si rivolse alla ragazza “Come fa ad essere ancora viva?”  

Abigail incrociò le braccia al petto, abbassò il capo e fissò l’ex Generale di SOLDIER dritto negli occhi.

“Le vuoi subito quelle padellate?” domandò “Anche Fiocco è arrabbiata con te. E ne ha tutto il diritto, visto come te ne sei andato!”

“Quel… mostriciattolo a quattro zampe è sempre arrabbiato con me.” si difese il diretto accusato; e la capra gli diede un’altra testata, spingendolo ancora indietro e lontano dalla padrona “Visto?”

Yuffie si girò verso di loro e si schermò la bocca con la mano, strizzando gli occhi e arricciando il naso.

“Gli animali percepiscono il male.” sussurrò.

Cid rise. Dal canto suo scosse leggermente il capo e infranse l’immobilità. Sorpassò la ninja e si approssimò ai due innamorati. Di rimando Sephiroth e Abigail sollevarono gli occhi su di lui; ma a interloquire fu soltanto il primo, conscio dell’implicito invito.

“Andiamo.” affermò.

Annuì e proseguì oltre. Dopotutto spettava a lui fare strada. Quante volte aveva percorso quello stesso tragitto? Quante volte si era presentato innanzi a lei con l’amarezza e il rimpianto nel cuore? E la rabbia, compagna inseparabile e bruciante. In agguato sul fondo di quel buco che aveva sempre ritenuto incolmabile. Nemmeno se le ricordava tutte, comunque, e da qualche parte dentro di sé poteva ancora percepire l’eco di quelle gravose emozioni. Ciononostante qualcosa si era modificato e non era con vergogna che s’affacciava ora in quell’antro, un tempo freddo mausoleo e in quel momento teatro d’incontri troppo a lungo rimandati.

Varcò l’arco roccioso e sprofondò nella penombra, lasciandosi dietro i tiepidi raggi del sole. Il rombo delle cascate s’attutì, mano a mano che si addentrava nella grotta; e laddove l’oscurità s’addensava i cristalli luminosi facevano in fretta a diradare le ombre, donando all’ambiente un’atmosfera soffusa dalle sfumature grigie e azzurre. L’aria era fredda, umida, e il suono delle gocce riecheggiava fra le rocce assieme a quello dei passi. Sul fondo stava lei, la fonte luminosa più bella e più intensa di tutte. Immota nel suo feretro, col vestito bianco e il viso disteso in un’espressione serena, Lucrecia appariva perfetta. E intatta. Come se dal giorno in cui si erano lasciati, sotto l’albero nei pressi di Nibelheim, non fosse trascorso un solo, singolo giorno. Suo malgrado deglutì e fremette, sopraffatto dai vecchi ricordi. Soltanto il passo deciso della persona che lo seguiva riuscì a distrarlo, a richiamarlo al presente.

S’arrestò innanzi al cristallo di Lucrecia, gli occhi fissi su di lei, sul suo viso, ed attese. Sephiroth l’affiancò poco dopo, a sua volta concentrato sulle fattezze della donna, dell’amante e della madre cui avevano ambedue anelato da sempre. C’era sorpresa, curiosità in quegli occhi e desiderio di sapere. Sospirò. L’altro invece schiuse anche le labbra, in contemplazione.

“Lei… è…?”

Percepì la voce tremargli leggermente e ciò gli lasciò perfettamente intuire quanto grande fosse l’emozione di quel figlio di nessuno, messo faccia a faccia con la persona di cui aveva solo potuto sognare da bambino. In qualche modo ciò lo colmò d’amarezza.

“Tua madre.” confermò “Si chiamava Lucrecia Crescent, ed era una brillante scienziata.” scosse il capo, trasse un profondo respiro e soggiunse “Ma era anche una donna gentile, premurosa... E sensibile. Più di quanto lei stessa immaginasse…”

Ed era stata proprio quella sua fragilità d’animo a causarle così tanta sofferenza, a permettere alle ombre di offuscarle la mente. E il cuore. Serrò le labbra e strinse i pugni, perché lui era stato così cieco, così innamorato e stupido, da non capire quello che stava succedendo. Se non troppo tardi.

“Amava sognare a occhi aperti. E si emozionava come una bambina anche davanti alla più piccola scoperta… la sua risata era come musica…” commentò; e si guardò attorno “A volte, nel silenzio di questo luogo… si può ancora avvertire la sua presenza. Come un’eco…”

Tacque; e percepì i sussurri rincorrersi sulle pareti rocciose, lungo i cristalli e sopra la superficie delle polle cristalline, senza che potesse afferrarne il senso.

“Com’è successo…?” domandò invece Sephiroth, incapace di staccare gli occhi dall’immagine di sua madre.

Si umettò le labbra.

“È stato il suo più grande rimpianto a ucciderla.” rispose; e solo allora le iridi di giada dell’altro si appuntarono su di lui, avide di sapere “Non ha potuto stringerti a sé nemmeno una volta.” rivelò “Ma ti amava immensamente, più di qualsiasi altra cosa al mondo…”

più di quanto potesse capire, pensò. E quando la consapevolezza l’aveva raggiunta, troppo tardi, l’aveva schiacciata assieme alla perdita della cosa più preziosa. Ma non ebbe il cuore di dirlo a voce alta.

“Il pensiero di non essere stata la madre che avresti meritato l’ha distrutta.” concluse; e chinò il capo, mentre il peso di quanto era stato andava a gravargli sulle spalle.

Sospirò nuovamente.

“Eri innamorato di lei.”

Le parole risuonarono come un fulmine a ciel sereno, strappandogli il fiato dai polmoni e costringendolo a riportare l’attenzione sul giovane uomo lì presente. Tanto più che non si trattava di una domanda. Le espressioni, il tono di voce, qualcosa doveva averlo tradito, rivelando più di quanto intendesse. Dopotutto Sephiroth non era uno stupido e aveva il diritto di sapere. E non c’era nessuno altro che avrebbe potuto dirgli come stavano le cose. Perciò lo puntò dritto negli occhi, senza indietreggiare di fronte alla possibilità.

“Tutto quello che volevo era vederla sorridere.” ammise “Questo è il mio rimpianto.”

E per lungo tempo era stato quel pensiero a ucciderlo, più del proiettile nel petto, più della sperimentazione o dell’oblio nella bara. Sephiroth scrollò il capo, le spalle, sorpreso, probabilmente confuso da quell’eventualità.

“Questo… non ha senso…” mormorò “Sono passati così tanti anni… Il cristallo deve averla conservata intatta… ma tu… tu…” tornò a puntarlo “…tu cosa… chi sei?”

Arricciò leggermente le labbra verso l’alto.

“Un’ombra dal passato.”

Con qualcosa di meno di quello che era. E qualcosa di più. Qualcosa di diverso di sicuro. E ancora doveva scoprire dove il cammino che aveva deciso di percorrere l’avrebbe condotto. L’altro corrucciò le labbra, le sopracciglia, forse insoddisfatto dalla risposta.

“Non è una bella storia. È lunga. E complessa.” soggiunse quindi “Un giorno o l’altro te la racconterò. Ma non qui, non ora. I ricordi…” esitò e si umettò nuovamente le labbra, scegliendo le parole giuste “…ti torneranno, Sephiroth. E c’è così tanto che devi sapere… che devi comprendere…”

Affrontare il passato tutto in una volta sarebbe stato straziante e controproducente, specie per qualcuno che aveva appena cominciato a scendere a patti con la propria identità. E molto di quanto avrebbe potuto dirgli sarebbe servito unicamente a sconvolgerlo, minando alle fragili basi da poco costruite. Sephiroth inarcò maggiormente le sopracciglia, determinato, e schiuse le labbra, pronto a far valere le proprie posizioni e il proprio desiderio di conoscenza; ciononostante lo precedette, smorzandone la foga.

“Non ti ho portato qui per parlarti di me.” disse “L’ho fatto perché c’è qualcosa di più importante che devi sapere e che devi sempre tenere presente. Perché qualsiasi cosa sia accaduta in passato, qualsiasi ricordo dovesse mettere in discussione quanto sto per dirti, devi sempre ricordare a te stesso che sei stato concepito dall’amore. E che qualsiasi cosa accada in futuro, qualsiasi emozione dovesse minare al tuo autocontrollo, non devi mai dimenticare da dove vieni…” disse e andò col capo all’immagine impeccabile di Lucrecia, bellissima nel suo candido abito “…e dove sei diretto.” concluse, voltandosi invece verso l’ingresso della grotta.

Oltre il velo d’acqua cristallina, s’intravedeva la sagoma di Abigail, intenta a chiacchierare con Yuffie. Di tanto in tanto una delle due alzava la voce e andava a disturbare la quiete di quel luogo. Rilasciò il fiato e tornò con lo sguardo a Sephiroth.

“I ricordi torneranno.” ribadì; e stavolta indurì l’espressione “Quando accadrà vieni a cercarmi. Risponderò a tutte le tue domande. In alternativa accoglierò la tua acredine.”

L’altro continuò a scrutarlo con attenzione, forse ponderando sulla proposta; poi scosse il capo, gli scoccò un’occhiata maliziosa e si aprì in un sorriso sghembo.

“Potrei non venire a cercarti.” lo provocò “Potrei… trarre le conclusioni da me. E agire di conseguenza…”

“Allora sarò io a trovare te. E in quel caso sarò costretto a usare qualsiasi mezzo a mia disposizione per fermarti.” disse senza battere ciglio.

“Potrebbe non bastare.”

Era una prospettiva possibile. Ma non c’era altro che lui potesse fare in proposito, se non confidare nella tenacia e nella forza altrui. Un po’ come aveva fatto in passato.

“La possibilità non mi preoccupa.” disse; e scrollò le spalle “Dopotutto… c’è qualcuno che non smetterà mai di combatterti, Sephiroth.” l’affermazione sfumò nel silenzio, greve; poi abbozzò un sorriso “E spero che per arrivare fin qui tu non abbia dirottato un sottomarino.”

A dispetto di tutto, Sephiroth scosse il capo e si concesse una bassa, parca risata che poco aveva a che vedere con il sorriso freddo e sprezzante di poco prima.

“Siamo d’accordo, allora.” disse l’altro; e lo guardò dritto negli occhi.

Sephiroth allungò anche il braccio e gli tese la mano, così come lui aveva fatto sulla vetta della montagna. Non esitò; afferrò l’arto, ricambiò con una vigorosa stretta di mano e suggellò quella sorta di patto. E forse anche l’inizio di un legame…

“Eeeeeehi!” il richiamo riverberò sulle pareti della caverna, inducendo ambedue loro a dirigere l’attenzione all’ingresso.

Dall’apertura Yuffie e Abigail li fissavano di rimando con grande insistenza. Sul viso di Abigail, poi, si distingueva perfettamente lo stupore e la curiosità di trovarsi in quel posto così particolare. Per qualcuno come lei, nato e cresciuto fra le montagne di Icicle, doveva effettivamente essere uno spettacolo affascinante. Dopotutto era rimasta a bocca aperta anche di fronte alla Meteora, ignara di cosa rappresentasse…

“In caso ve ne foste dimenticati –lì nel club degli uomini emancipati- ci siamo anche noi. E la povera meger… Abbie, qui, sta letteralmente morendo di curiosità!” comunicò la ninja, assestando una decisa pacca sulla spalla della ragazza lì di fianco.

Abigail sussultò, forse colta alla sprovvista; dopodiché inarcò le sopracciglia e si portò le mani ai fianchi, gli occhi ridotti a due fessure.

“Ma se eri tu che dicevi di sgattaiolare dentro e di prenderli alle spalle!”

Dettagli.” ribatté la ninja, sventolando la mano “E coooomunque Cid dice che i rotori e le sue balle si consumano e che non ci sono più le mezze stagioni e che si stava meglio quando si stava peggio – in pratica l’ha chiamato Shera. Ops, questo non dovevo dirlo! In ogni caso bisogna ripartire. Perciò…”

Aveva perfettamente afferrato il messaggio; e c’erano ancora molte, troppe cose di cui occuparsi. E dubitava che il solo Red XIII sarebbe riuscito a far ragionare Barret, tanto per dirne una. Tanto più che doveva delle spiegazioni più accurate a ciascuno di loro. Rilasciò il fiato, scrollò il capo e scoccò una lunga, intensa occhiata a Sephiroth.

“Cerca di tenerti lontano dai centri abitati. Mantieni un profilo basso e non attirare l’attenzione per nessun motivo, almeno finché non ne sapremo di più sui Deepground e su cosa vogliono.” raccomandò, sebbene l’avesse già fatto allorché si erano lasciati sulle cime innevate.

Sephiroth annuì di rimando per dirsi d’accordo; dopodiché soggiunse: “In bocca al lupo, Vincent.”

“Crepi.” replicò.

Gli diede le spalle che Sephiroth stava nuovamente col naso per aria e gli occhi fissi sul cristallo e sull’immagine di Lucrecia, come in adorazione. Una consapevolezza che riusciva a riempirlo di soddisfazione, ora che il muro della menzogna era crollato innanzi alla verità.

“Abigail… c’è qualcuno che vorrei presentarti…” gli sentì dire, mentre s’allontanava.

La ragazza s’illuminò, abbandonò l’entrata della grotta e corse da quella parte. Gli sfrecciò accanto, gli lanciò un sorriso e passò oltre. Contemporaneamente il suono di quella voce rimbalzò lungo le pareti rocciose, sulla superficie luminescente dei cristalli e si amplificò all’infinito in una sorta di armonico eco. Eppure stavolta alle orecchie, nella coscienza, gli arrivò chiaramente il messaggio.

“Grazie… e addio.”

Sentì il petto gonfiarsi e poi qualcosa di pensante scivolargli giù dall’anima, mentre la consapevolezza gli si delineava spontanea e ineluttabile nella mente: una parte di lui non avrebbe mai smesso di amarla e, di tanto in tanto, avrebbe riguardato ai pomeriggi assolati passati sotto all’albero di Nibelheim. E avrebbe provato nostalgia.

Ciononostante continuò a puntare avanti, sull’ingresso luminoso che dava sull’insenatura. Sulla luminosità abbacinante dell’esterno, fra i rivoli d’acqua scrosciante, si stagliava la sagoma minuta di Yuffie, che l’aspettava dondolando avanti e indietro sui piedi, le braccia tese e le dita incociate dietro la schiena. Sul viso, invece, aveva quel sorriso grande e luminoso che riusciva sempre a sorprenderlo. Perché era diretto a lui. E perché, dopotutto, desiderava soltanto proteggerlo.

“Sei pronto?” gli chiese Yuffie.

Arricciò le labbra verso l’alto. Finalmente conosceva la risposta a quella domanda.

“Sì.”
 
***
Poggiò le mani sul parapetto della Shera e si soffermò a guardare l’orizzonte. Una meta che si allontanava a ogni istante sempre più. L’aria era fresca, pulita e il vento gli lambiva le gote, facendogli oscillare dolcemente capelli e mantello. In lontananza poteva ancora intravedere la caverna di Lucrecia, come un punto scuro fra l’azzurro del mare e il verde delle montagne; e il suo pensiero andò a Sephiroth, ad Abigail e al tempo che sarebbe venuto.

Fece per rilasciare il fiato; ma Yuffie, posizionata accanto a lui e poggiata alla balaustra, sospirò per prima e lo richiamò all’attenzione. Diresse le iridi da quella parte e la studiò attentamente. Teneva gli occhi puntati allo stesso orizzonte che vedeva lui. I capelli le solleticavano la nuca e la fronte, ondeggiando appena al cullare del vento, mentre le estremità della fascia le carezzavano le scapole scoperte. Teneva i gomiti sul piano e il ginocchio piegato contro il parapetto. Tamburellava con la punta del piede sul pavimento, forse incapace di stare ferma, forse semplicemente bisognosa di sfogare il nervosismo residuo, ma quando incappò nei segni che s’intravedevano oltre la stoffa dei pantaloncini e del top a fiori, avvertì un tuffo al cuore. Serrò la mandibola e incupì lo sguardo. Era stata dura per tutti. Soprattutto per lei.

“Così… questa è la fine.” osservò d’un tratto la ragazza “Cioè… sì, insomma, è così che finisce. Giusto? È finita. Fine. Caput. The end. Basta casini!”

Continuò a guardarla, a godere di ogni suo piccolo dettaglio, e di quell’incrollabile forza d’animo che sembrava guidare ciascuna delle sue azioni.

“Direi piuttosto… che è così che comincia.” affermò poi; e ammorbidì l’espressione.

Si stupì in primis di quelle parole, ma aspettò ugualmente la reazione dell’altra. Yuffie non lo deluse. Difatti strabuzzò gli occhi, raddrizzò la schiena e si distaccò dal parapetto. Lo puntò dapprima con espressione allibita… e poi col classico indice accusatore, sfoderando una teatralità e tutta una serie di micromovimenti del viso che lui poteva solo sognarsi. In un trip allucinogeno, probabilmente.

“Cosa odono le mie orecchie?” domandò la ninja, agitandogli quello stesso dito sotto al naso “Tu che fai ragionamenti positivi! Tu che pronunci frasi ottimistiche come se niente fosse?! Ha ragione Cid. Non ci sono più le mezze stagioni! Che fine hanno fatto i nuvoloni neri nel cervello? Cioè, qui la pessimista sembro io –io, quella che mangia due hamburger di fila e poi sale sulla Shera pensando che stavolta la passerà liscia!”

Tacque e continuò a studiarla, mentre l’altra sospirava una seconda, più intensa volta, poneva le mani sui fianchi e scrollava mestamente il capo. Un po’ come avrebbe fatto una madre di fronte ai capricci del figlio. In un bizzarro e inaspettato capovolgimento dei ruoli.

“Beh, non ho dello champagne con me, ma a questo punto…” continuò la ninja “…mi è venuta un’idea per inaugurare questo nuovo inizio! Perché si dice che chi ben comincia è all’opera! O finisce l’opera –o giù di lì, ma chissene!-

Si spostò da un piede all’altro, tralasciò la balaustra con la sinistra e la fronteggiò, chiedendosi a cosa stesse riferendosi. Per tutta risposta l’altra si allargò in un sorriso furbastro e qualcosa dentro –cioè ogni cellula del corpo- gli lasciò intuire che stesse per combinarne una delle sue… perlomeno finché Yuffie fissò un punto impreciso alle sue spalle, sbiancò, sgranò gli occhi e puntò l’indice da quella parte, improvvisamente scevra di quell’aria furbastra che ben conosceva. Pericolo. Di rimando andò con le dita alla Cerberus, si voltò e fronteggiò l’imprevista e sconosciuta minaccia. 

Oltre la balaustra, il mare sembrava una tavola piatta e blu che scintillava sotto i raggi del sole. E le nuvole continuavano a scorrere tranquille lungo il cielo mano a mano che la Shera proseguiva il suo lento viaggio. In pratica: niente. Batté le palpebre, confuso; ma quando realizzò di esserci finito dentro con tutte le scarpe e il mantello era ormai troppo tardi.

Qualcosa –che aveva di sicuro la forma di una giovane furfante- l’agguantò per le lunghe ciocche di capelli che gli incorniciavano il viso e lo tirò a sé. Suo malgrado si sbilanciò, assecondò il movimento e si chinò da quella parte. Solo per incontrare il viso di Yuffie e finirci inesorabilmente contro. In un impatto forse più violento di quello che l’altra aveva preventivato. Per lunghi istanti vide tutto nero e quasi pensò che gli fosse saltato via un incisivo, o anche due. Gemette, indietreggiò appena e si portò ambo le mani sulla bocca. Sentì la ninja strepitare e condivise in pieno quella manifestazione di dolore, sebbene non dubitava che si sarebbe ripreso nettamente prima di lei.

Appena possibile schiuse le palpebre e l’osservò, piegata in due, le mani sulla faccia anche lei e le lacrime agli occhi.

“Cazzo, Valentine!” sbraitò la diretta interessata, in perfetto stile Highwind “Per una volta che dovevi fare il ritroso! Pensavo che avresti opposto una resistenza –e nel tuo caso non è un modo di dire- sovrumana! E invece… BAM! Credo di essermi rotta il naso –il mio fantastico naso! Ahi, ahi… aaaaaaahi!” strillò, tastandosi la parte in questione, in quel momento di colore rosso acceso.

Restò interdetto per qualche istante ancora, cercando di capire cos’era realmente successo. Quindi Yuffie non aveva cercato di mandarlo “knock-out” con una testata. Aveva tentato di… baciarlo? Probabilmente per inaugurate il nuovo inizio insieme. Scosse la testa, sospirò e si obbligò a non arricciare le labbra verso l’alto. Era rumorosa, goffa e nient’affatto femminile. Ma era anche buffa. E tenera, sì. E aveva una testa colma d’idee assurde e così dura che per poco non gli aveva fatto saltare via i denti davanti. Eppure, riusciva solo a pensare che fosse perfetta così, in un’unica ed esplosiva miscela d’ingredienti.

Non attese oltre. Coprì in breve la distanza che lo separava dalla ninja e le passò la destra lungo la vita. Indugiò appena sulla pelle in rilievo, laddove le sue dita, i suoi artigli, avevano lasciato il segno in un precedente, meno caloroso contatto. La trasse a sé con decisione. L’altra frappose le mani nel mezzo, sollevò il capo e lo puntò con due grandi, bellissimi occhi scuri e colmi d’interrogativi; ma non c’era altro modo per spiegarle come si sentiva in quel momento. E che effetto gli faceva sentire il suo calore su di sé. Se non accorciando ulteriormente le distanze. Con una delicatezza impensabile per quell’arto mostruoso, le passò l’artiglio lungo la mandibola, le sfiorò l’orecchio e le avvolse la nuca, in un implicito invito. Cui l’altra non si sottrasse. La sentì abbandonarsi e piegare il collo, la sentì fremere appena sotto le sue dita, contro il suo corpo e percepì perfino il fiato mancarle per qualche istante; mentre calava su quelle labbra dischiuse soltanto per lui, come i petali appena sbocciati di un fiore.

Le sfiorò con delicatezza, assaporandone la morbidezza e il sapore con la dovuta calma; e si stupì nel riscoprire tutta quella gamma di emozioni che per lungo tempo aveva represso dentro di sé. E si accorse che ne voleva di più. Senza nemmeno accorgersene si fece più audace, rafforzò la stretta delle dita sulla nuca, sulla vita di lei e vinse la blanda resistenza dei denti per approfondire il contatto. E la pronta risposta, le braccia di Yuffie attorno al collo, le dita affusolate affondate fra i capelli e le labbra roventi, bramose di lei che l’accoglievano, andarono a rafforzare e ad accrescere la passione, in uno scambio di sensi di cui riscoprì in quel momento l’ebbrezza.

Quando si staccò gli mancava il fiato; ma non si soffermò sul turbamento della mente, del corpo e corse con le iridi al viso di Yuffie, ritrovando nei suoi occhi tutte le ragioni di cui aveva bisogno. E con le labbra rosse, tumide di piacere, gli occhi liquidi e le guance accese era il ritratto della ragazzina pestifera che conosceva… e della donna forte e determinata che da poco aveva imparato a conoscere. Quella che, a dispetto di tutto, sapeva guardare oltre. E molto più lontano di lui. Ciò pensando indulse in un’ultima, accorata carezza; dopodiché sciolse la stretta delle braccia e si ritrasse, lasciando scivolare le dita artigliate lungo la spalla e il braccio dell’altra.

La ninja vacillò, leggermente stordita, e fece due lunghi passi indietro. La vide allungare la mano e cercare sostegno nella balaustra. Dopodiché l’altra gli scoccò un’occhiata dal basso, le labbra piegate maliziosamente verso l’alto.

“Sei un gran figo, Vincent Valentine.” affermò quindi “E non perché hai delle chiappe da paura –da PA-U-RA, e tutte coperte di pelle nera, non so se mi spiego- e quegli occhi intensi e quella voce profonda che –e Leviathan mi è testimone- incitano all’aggressione –e ad altre cose che non sto qui a elencare.” continuò, annuendo fra sé alle digressioni; e quasi temette di sapere a cosa stesse riferendosi “Ma perché sei caldo. E solido come una roccia. Rassicurante. E quando ci sei non c’è niente che riesca a spaventarmi. “È tutto a posto, adesso.” È questo che ho pensato quando sei piombato in casa di Abigail dalla porta sul retro. Perciò te lo ridico, Vincent-figo-Valentine. Quello che hai fatto su quelle montagne spacca! È stata una cosa fighissima. E tu sei un grande, grandissimo figo. E se non te ne sei ancora accorto, sei solo un vecchio sfigato senza speranze!”

Yuffie tacque per un attimo, apparentemente assorta –e pensò che avesse perso il filo del discorso, data la mole di parole vomitate al secondo. Invece l’altra sfoderò un’espressione incredula a soggiunse: “E per amore della scienza, svela il mistero! Dove la nascondevi così tanta audacia? Sotto la tenda rossa? Dovresti usarla più spesso quella lingua, sì, sì. E in questo caso lascia perdere i convenevoli!”

“Sei stupita.” osservò quindi.

“E me lo chiedi? Hai presente cos’è appena successo? Eppure mi sembrava che ci fossi anche tu!” replicò l’altra, con le guance ancora rosse e gli occhi grandi dalla sorpresa.

Sprofondò col viso nel collo del mantello e trattenne un sorriso. Si limitò invece a tendere il braccio e a mostrare il palmo della mano.

“Allora restituiscimi le mie Materia.” puntualizzò.

Yuffie batté le palpebre e aprì la bocca. La rischiuse. E l’aprì di nuovo, forse cercando di capire. O le parole adatte con cui controbattere, dacché quando schiuse le labbra per la terza volta, l’indignazione aveva già soppiantato la sorpresa sul suo viso.

“Ah!” esclamò infine “Fu… Furfante! Questa poi è la più assurda di tutte! TU che fai fessa ME! Il bacchettone, barboso e pignolo che snobba il tirassegno perché non può barare! Bene, t’informo che hai appena usato un vile mezzuccio per…”

“Ho seguito le tue regole, mi sembra.” precisò quindi, senza battere ciglio. O spostare la mano in attesa del maltolto.

La ninja gli scoccò un’occhiataccia. Poi si frugò nelle tasche e gli restituì quanto gli spettava, spiattellandogli le Materia in mano con somma stizza.

“Te l’ho già detto che sei pignolo? Ma tanto! A questo punto pretendo un altro bacio. Ah-ha! Ma non qui. A Costa del Sol, in riva al mare, sotto i fuochi d’artificio!” ribatté; e sfoderò un’aria risoluta e indispettita che si addiceva particolarmente al suo ruolo di Principessa capricciosa.

“Vedremo.” rispose.

“E magari poi ci fermiamo al famoso tirassegno e tu…”

“No.”

Yuffie saltò sul posto, come punta da un ago, inarcò le sopracciglia, strinse i pugni e diede fiato alle trombe. E che trombe!

“Tirchio! Mi hai sentito? TIR-CHIO! Tirchio! Tiiiiiiiiirchio! E pure spilorcio! Ah! Mi è tornato il mal di mare…”

Ricacciò uno sbuffo divertito, ripose le Materia nel portaoggetti e puntò nuovamente l’orizzonte. Come inizio era rumoroso e confusionario, ma non era affatto male.

***

Percorse il corridoio a passo svelto, seguita a ruota dall’ufficiale Deepground di stanza al dipartimento di ricerca. I neon sopra la sua testa ronzavano e rendevano le pareti bianche della struttura ancora più luminose, quasi asettiche. Alle sue spalle, l’uomo in uniforme riferiva i progressi effettuati, la voce appena alterata dal casco visore.

“…il diversivo ha funzionato e siamo riusciti a portare a termine la missione con successo, Dottoressa. I dati sugli avversari si sono rivelati corretti. Il gruppo AVALANCHE si è rivelato ostico e abbiamo riportato ingenti perdite che ammontano…”

“Non m’interessa. Risparmiati questi dettagli per chi di dovere. Che mi dici di Sephiroth?”

“Signorsì signora!” rispose l’altro, marciando sonoramente dietro di lei “Sephiroth è stato sviato, signora. Una fortuita coincidenza che ci ha permesso di raggiungere il fondo del cratere per primi e di recuperare il carico senza intoppi.”

Assottigliò lo sguardo. E così qualcosa aveva guidato Sephiroth verso il cratere. Interessante. Peccato che il fato ci avesse messo lo zampino, favorendo lei e i Deepground. Ma le considerazioni erano superflue, specie quando di lì a poco avrebbe messo gli occhi e le mani su quanto stava cercando da anni.

Raggiunse le porte sul fondo del corridoio, spinse sulle maniglie e aprì l’accesso al laboratorio vero e proprio. La stanza le si profilò alla vista nella sua interezza, esattamente come l’aveva lasciata. Tranne che per un piccolo, significativo dettaglio. Addossata alla parete, oltre la scrivania colma di fascicoli, cartelle e monitor, stava la vasca di contenimento. Al suo interno galleggiava la testa della cavia, con il cervello scoperto, i bulloni di metallo innestati nel cranio e i capelli bianchi che le fluttuano attorno al viso, come i fili di una ragnatela. L’occhio brillante dell’aliena, invece, sembrava fissarla di rimando con estrema, sinistra intensità.

Quasi trattenne il respiro innanzi a quello spettacolo. Era eccitata e i brividi le risalivano lungo la colonna vertebrale al solo pensiero di quello che avrebbe potuto fare con siffatte cellule. Lentamente si avvicinò alla vasca, pose la mano sul vetro e puntò la cavia dritta negli occhi.

“Finalmente ci incontriamo, Jenova.” disse; e un sogghigno andò a sfregiarle le labbra.
 
 
 
 
Eeeeeeeh! Saaaaagra! Non so come, ma ce la feci! *w* Ammetto che sono servite randellate, minacce e una buona dose di masochismo da parte mia, ma ecco l'ultimo capitolo di questa storia. *w* E sì, l'informatore di Reeve ci aveva provato a dire loro che secondo le sue informazioni stavano cercando la testa di Jenova... ma che volete farci? Si sono distratti! xP E spero di averla fatta anche a qualcuno di voi lettori. oo Lol.
Stavolta vi faccio un favore e vi risparmio le mie paturnie. Lol. Però c'è qualcosa che devo dire. Questa storia, nel bene o nel male, mi ha accompagnata per più di un anno. Per qualcuno sarà poco tempo, dacché ci sono autori e autrici che su questo sito scrivono da molto più, ma vi assicuro che per me è un record. Innanzi tutto perché non sono mai riuscita ad arrivare oltre l'ottavo capitolo di una long. E poi perché sono riuscita a finire il progetto, a dispetto dell'insicurezza cronica e dei momenti "no". Cioè, per me è una cosa importantissima. E sono davvero, davvero contenta di essere riuscita a non mollare. *w* Parte del merito è anche di chi mi ha sostenuto e mi ha accompagnato durante il tragitto, rendendo il tutto più bello e divertente. In particolare vorrei ringraziare la Lady 666, che è sempre disposta a randellarmi con amore quando la situazione lo richiede. Lol. E la One Winged Angel, con i suoi "corsi intensivi per l'autostima". xD Manila, che nonostante tutto ha trovato il tempo d'incoraggiarmi, fra un impegno e l'altro. ^^ E poi tutti gli altri lettori, naturalmente. Grazie per i commenti, per le belle parole e gli incoraggiamenti. Sembra poco, ma per chi scrive è tantissimo. Grazie per aver letto e per aver resistito fino a qui.
Spero davvero di aver sviluppato bene i contenuti che volevo esprimere nel corso dei dieci capitoli e di aver reso credibili i personaggi, i dialoghi, le situazioni. Vi assicuro che mi hanno dato moltissimi grattacapi! °A° E se qualcuno vorrrà farmi sapere cosa ne pensa della storia nel suo complesso, mi renderà davvero un grande, inestimabile favore. Giusto per sapere se sono stata in grado di bilanciare il tutto. xD Al solito, ovviamente, anche le critiche sono benaccette. Qui nessuno si scandalizza! xD *e si prese sedie, insalate e teste di Jenova volanti* °A°
Per il resto vi ricordo che trovate tutte le mie storie sul mio account principale, nel caso vi andasse di buttarci un occhio: http://efpfanfic.net/viewuser.php?uid=25850
E vi lascio con le anticipazioni sul prossimo delirio! xD Anche se, probabilmente, qualcosa potrebbe cambiare durante la stesura del soggetto, cui mi dedicherò più avanti. Per ora ci risentiamo su "I 5 Modi più Veloci per Portarsi a Letto il Generale, by Genesis Rhpsodos". Lol. O sulle mie originali, se vi va. °A° Alla prossima!
CompaH
 
 
Prossimamente: Yuffie ha deciso che è ora di passare al livello successivo della sua relazione. Ovvero cogliere il fiore proibito del suo –quasi- ragazzo. Sephiroth invece è stanco di aspettare e vuole conoscere la verità che si nasconde dietro i suoi incubi e dietro l’identità dell’uomo che gli ha teso la mano. Perciò decide di parlarne con il suddetto. Ma c’è un problema: la persona che entrambi cercano è sparita senza lasciare tracce. E ciò potrebbe implicare il nuovo, misterioso nemico che hanno affrontato e sconfitto sulle montagne. Riusciranno Yuffie Holmes e Sephiroth Watson a risolvere il mistero e a rintracciare l’adorato Vincent Valentine? Cloud non ha una risposta, ma di una cosa è certo: non può ignorare quanto sta succedendo, né lasciare a piede libero Sephiroth; perciò preferisce stare alle calcagna dei due investigatori, pronto a ficcare uno spadone nel sedere al suo più acerrimo e atavico nemico!

Per dirla alla Yuffie: “Bando alle ciance e ciancio alle bande! Voglio che entriate nel laboratorio di quella stronza e che facciate un macello –e stavolta non intendo in senso figurato.  Perciò, mie care Miss “io ce l’ho più lunga” e Miss “ma la mia è più grossa” basta tirarsi i capelli a vicenda. È il momento di andare a riprenderci il nostro Vincent Valentine –più mio che vostro, beninteso. E di lanciare un messaggio. Un messaggio che resti indelebile nella mente di tutte le stronze del Pianeta: l’uomo di Yuffie Kisaragi non si tocca nemmeno con un dito!”
   
 
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