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Autore: ferny1    15/03/2015    1 recensioni
"Questo è il male minore; se ti lasci abbattere e dimentichi di vivere ogni giorno godendotelo, ti perdi la vita e quello è il male maggiore."
piccolo inno alla vita, dove molto spesso la sottovalutiamo. Il nostro protagonista ci racconta la sua storia.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Strana la vita, un giorno sei il padrone della tua vita e il giorno dopo sei succube di essa.
 La storia che sto per raccontare può essere considerata una triste favola moderna, o la classica storia romantica strappa lacrime; fatto sta che è la realtà!
Per capire un po’ di cosa sto parlando dobbiamo tornare in dietro. Tutto iniziò 30 anni fa,se eravamo nell’800 giù di lì, ero il figlio illegittimo di un nobile caduto in disgrazia e di una cameriera . ma siamo nel 21esimo secolo, quindi diciamo semplicemente che sono figlio di un ricco uomo di affari e di una semplice donna; si lo so, la classica favoletta del principe e della povera contadina. Comunque; a quei tempi ero in un posto caldo e confortevole, nessuna rottura, nessun problema, solo calma e divertimento! Ma come ogni cosa anch’essa finì; e dopo un lungo travaglio eccomi qua, in un luogo schifoso, freddo e noioso.
Sulla mia infanzia non c’è molto da dire; ero un bambino come tanti, con capelli neri e occhi castani, sono sempre stato più alto della norma, avevo un viso degno di un foto-modello (non che ora sia  da meno). Ero un bambino tranquillo, con due genitori fantastici, mio padre era sempre fuori per lavoro e mia madre fingeva di avere molto interesse per me, quando in realtà gli interessava essere al centro dell’attenzione; ammetto che non mi facevano mancare mai nulla, tutto ciò che volevo l’avevo subito. Si, diciamo il classico figlio di papà.
L’adolescenza fu qualcosa di poco “onorevole”. Ero sempre fuori con un gruppetto di amici, poco raccomandati, ci ritrovavamo sempre nel nostro covo, uno squallido garage abbandonato del dopo guerra, dove passavamo le giornate a sbronzarci e a strafarci. Facevamo anche qualche piccola marachella, se così si può chiamare, nulla di grave, solo qualche furtarello ai minimarket.
Ma basta parlare del passato e andiamo al vero inizio della nostra storia. La prima volta che la incontrai mi avvicinavo agli agognati 30 (a dire il vero mancavano ancora 5 anni); ancora non avevo concluso nulla, ero single, senza il becco di un quattrino e con una montagna di debiti. Il mio vecchio mi mandò a fare “volontariato” in un liceo, nella vana speranza che mi aprissi gli occhi e mi decidessi di darmi una mossa nella mia vita.
Era ormai una settimana che stavo là come  consulente di qualcosa, ogni giorno era la stessa storia, i soliti ragazzini che sbavavano dietro le ragazze, i soliti secchioni. La solita scuola, niente di diverso, persino i professori erano i soliti stereotipi.
Quel giorno mi stavo annoiando, quando una ragazzina di 16\17 anni, grassottella, con capelli rossi e occhi neri, mi si avvicinò con uno zainetto orribile; -scusa, sai dove si trova l’aula 122?- mi chiese con una voce bassa e poco femminile -no! E ora sparisci!- le risposi sgarbatamente, non avrei mai immaginato che quella mocciosa un giorno mi avrebbe, per così dire, salvato la vita.
Questo fu il nostro primo incontro…. dopo un paio di giorni dovetti mandare via due ragazzini che facevano i “bulli” prendendo in giro, o almeno credo, una ragazzina; una volta allontanati mi accorsi che era la stessa ragazzina di giorni prima; -stai bene?- gli chiesi poco interessato, lei per risposta prese subito da una delle sue tasche uno di quei cosi, inalatori se non sbaglio, e diede due grandi aspirate –si…. grazie- mi rispose alla fine. Per sicurezza l’accompagnai in infermeria e me ne ritornai a fare il mio dovere.
Ogni giorno era praticamente la stessa storia, per un motivo o l’altro l’accompagnavo  in infermeria, o aveva problemi con quei ragazzi, o stava poco bene.
Un giorno, due ore dopo il suono della campana di uscita, pensavo di essere solo e con mia grande felicità mi feci una canna; dopo averla arrotolata per bene, la portai alla mia bocca e l’accesi; ero cosi in estasi per la felicità che non mi accorsi che quella mocciosa era davanti alla porta che mi guardava scioccata,
-bhè? Che c’è da guardare con quella faccia?- sbraitai innervosito –sei impazzito?!! Cosi ti uccidi?!- urlò facendomi cadere a terra la “sigaretta”.  –ma che cazzo fai?!- mi ero arrabbiato –chi ti credi di essere?!- gli urlai spingendola, lei mi guardò male –tu chi ti credi di essere?! Ti stai rovinando la vita! Quelle cose sono veleno per il corpo!!-. –e con questo? Non sei nessuno per darmi lezioni di vita!- risposi sempre più arrabbiato, -tu stai sottovalutando l’importanza della vita! Vergognati!- lo disse in una maniera strana che mi sorpresi, non capivo se era triste o delusa, -senti ragazzina, non so chi sei, e non mi importa! Ma vedi di sparire!- stava per rispondermi qualcosa ma il suo viso divenne di colpo bianco e iniziò a cercare qualcosa tra le tasca, quando trovò cosa cercasse lo tirò subito fuori, era ancora quell’oggetto, inalatore, e prese ad aspirare un paio di volte fino a quando non tornò normale –sei uno stupido! Mi fai pena- mi rispose con ancora l’inalatore in mano, -senti da chi viene la predica- sbuffai quasi ridendo, -io ho una ragione per dover usare questo. Tu sei solo uno stupido che ha paura della vita- disse con una serietà impressionante; -io paura?- scoppiai a ridere da quella affermazione –e dimmi, posso sapere il nome di questo piccolo psicologo?-, -certo, mi chiamo Giovanna, psicologa tutto fare- si presentò ironica –e tu? Oltre a drogato?- continuò con aria di rimprovero, -ehi! Non ti permetto di parlarmi cosi!-, -perché? Infondo è la verità- mi guardò con aria di sfida, -phf…. Io sono Kevin-, -bene, adesso so il tuo nome- prese una sedia e si sedette davanti a me. –come mai sei ancora qua a scuola? Non dovresti essere a casa a studiare?- le chiesi dopo un grande silenzio, -si. ma non mi va di tornare a casa- mi rispose mentre digitata i tasti del suo cellulare, -come mai?-, -perché mi toccherebbe stare a letto-, -stai scherzando?! Io pagherei per stare a letto!- non mi rispose e continuò a digitare. –io pagherei per vivere e godermi la vita- rispose alla fine, -per quello c’è tempo- dissi senza pensare; -per me no- rimise il telefono in tasca e mi guardò, -ma che dici?! Hai tutta la vita davanti a te! Sei solo una ragazzina!- sembrava quasi un rimprovero, -sembra strano detto da uno come te!- rispose prontamente, per essere una ragazzina impacciata aveva la risposta pronta, -io me la sto godendo la vita!- ci fu un'altra pausa, -beato te- sospirò alla fine, -ma perché tutto questo pessimismo?! Sei una ragazzina!- mi stavo arrabbiando nuovamente, -perché presto morirò!- mi guardò in maniera fastidiosa. –ma che cazzo dici?! Aahhh!! Non sopporto le ragazzine che dicono stronzate per mettersi al centro dell’attenzione!-, -ma sentiti! Fino a 10 minuti fa ti stavi facendo una canna e ora mi fai la morale?! Patetico!-. –io mi sto godendo la vita tu…..-, mi interruppe –io sono malata di cancro- il suo tono era serio e quella frase mi lasciò senza parole, -sei uno stupido. Stai buttando la tua vita- questa volta fu lei a rimproverarmi; non ebbi il tempo di rispondere che il suo telefono suonò attirando la sua attenzione e dopo aver risposto e richiuso mi salutò uscendo andando verso l’uscita lasciandomi da solo con quelle parole ghiacciate. Solo poco dopo mi accorsi che a terra c’era il suo coso inalatore. Gli era caduto probabilmente quando aveva preso il telefonino. Lo raccolsi e corsi fuori per darglielo ma quando arrivai non c’era più nessuno.
La sera ritornai a casa di mal umore; quella mocciosa mi avrà sicuramente preso in giro, pensai di continuo. Mi feci un bagno e dopo aver chiamato un mio amico uscì con il mio solito gruppetto; non ricordo cosa feci, ricordo solo che la mattina seguente mi sveglia con un gran mal di testa ed ero in grande ritardo, non so come feci ad arrivare con soli 10 minuti di ritardo.
Quel  giorno quella ragazzina non la vidi e nemmeno il giorno dopo e quello dopo ancora.  Solo lunedì la rividi; non aveva un bel aspetto, camminava accompagnata da una donna, forse la madre, mi avvicinai (non so tutt’ora il perché, potevo tranquillamente restare là dov’ero a farmi i fatti miei) e l’aiutai a raggiungere la sua classe. Un paio di ore dopo venni a sapere che era in infermeria e per la prima volta mi interessai realmente, cosi l’andai a trovare. Quando arrivai la trovai distesa sulla brandina pallida, presi una sedia e mi sedetti accanto a lei. –ciao- fu la prima cosa che mi venne in mente, un semplice ciao fu la sua risposta. –come stai?- gli chiesi con un po’ di interesse, -non tanto bene- rispose semplicemente , -cos’hai?-, -è la chemio…. Questa volta il mio corpo fa fatica ad assorbirla- quello mi fece capire che non mi aveva preso in giro, -capisco…. Tieni, l’hai lasciato qua l’altro giorno- gli ridiedi l’inalatore; -grazie- fece una lunga pausa –quante canne ti sei fatto in mia assenza?- mi chiese in fine sarcastica, -non ricordo il numero- le risposi fingendomi confuso facendola ridere. –che stupido!- fu il suo rimprovero.
Passammo l’ora a parlare, mi raccontò che il suo peso era dovuto alla malattia, soprattutto ad un farmaco che prendeva, mi spiegò anche che il cancro era alla faringe e che per questo avvolte aveva bisogno dell’inalatore. Mi disse anche che amava andare al cinema e alle feste in maschera, ma che non ci andava da tempo a causa della malattia; alla fine anche io gli raccontai di me e della mia vita e lei mi disse che i suoi erano divorziati e che viveva con la madre e il fratello maggiore. Quando arrivò la madre ci salutammo e se ne andò.
Senza accorgermene col tempo ci avvicinammo, parlavamo spesso di idee e progetti per il futuro, o hobby e passioni, o semplicemente di noi…. O meglio…. Di me. Era piacevole la sua compagnia, non era mai negativa, scherzava su tutto, mi prendeva in giro e mi dava una piacevole sensazione; ci stavamo conoscendo lentamente. Ricordo un giorno in particolare; era stata una giornata tremenda, avevo litigato con i miei, il lavoro era infinito e i debiti si facevano sentire. Ci vedemmo fuori come al solito e gli feci una fatidica domanda…..
-ma come fai ad essere sempre così sorridente?- mi guardò confusa, -perché questa domanda?-, -perché potresti morire e ogni giorno è una battaglia per vivere!-; -perché questo è il male minore- rimasi sbalordito da quella risposta –è vero che potrei morire, anzi ne è certo, e che ogni giorno è una battaglia. Ma se mi lasciassi abbattere, non potrei godermi la vita. E quello sarebbe il male maggiore! Immagina se per paura di morire mi mettessi a fare come quelle vecchie depresse, mi scaverei la fossa da sola. Invece sorrido e vado avanti  divertendomi e godendomi tutto ciò che mi capita- ero senza parole, quella ragazzina era un uragano di vita.
Quella risposta, inconsciamente, mi ha cambiato la vita.
Il giorno dopo la invitai ad andare al cinema e lei felicissima accettò; scegliemmo un film di azione, all’uscita del cinema l’accompagnai a casa perché non si sentiva tanto bene; abitava in un vecchio quartiere di periferia, all’ultimo piano di un palazzo di 4 piani. Quando arrivammo la madre ci accolse preoccupata e dopo essersi accertata che lei stava bene mi invitò a cena.
I giorni successivi uscimmo sempre, un giorno l’accompagnai persino a fare un ciclo di chemio, ricordo come era agitata, non faceva altro che fare avanti e indietro per il corridoio; quando iniziò fu incredibile, non l’avevo mai vista stare cosi male. Era tremendo e io non sapevo che fare, mi limitai soltanto a distrarla parlando. Inutile dire che i giorni dopo lei non aveva la forza di alzarsi dal letto, gli stavo accanto come potevo. Ma il peggio arrivò dopo, quando, dopo un altro ciclo, i capelli le iniziarono a cadere. Quel giorno la vidi per la prima volta piangere. L’uragano che avevo conosciuto iniziava a dissolversi; aveva smesso di andare a scuola, era sempre stanca e spesso piangeva guardandosi allo specchio.
Un giorno mi mostrò delle sue foto di prima della malattia, rimasi sbalordito…. La malattia l’aveva completamente cambiata. Decisi di fargli una piccola sorpresa, cosi il giorno del suo compleanno arrivai a casa sua e con una bomboletta spray gli scrissi nella strada “questo è il male minore; se ti lasci abbattere e dimentichi di vivere ogni giorno godendotelo, ti perdi la vita e quello è il male maggiore”. La faccia che fece quando lo vide fu qualcosa di meraviglioso. Quel giorno festeggiammo il suo compleanno insieme.
Purtroppo quello fu il primo e l’ultimo compleanno che festeggiammo….
Il mese passò e tutto sembrò fermarsi; lei ne migliorava ne peggiorava, era sempre la stessa; la stessa ragazzina che faticava ad uscire o a fare qualsiasi attività; io gli restavo accanto e la confortavo come meglio potevo; avevo persino smesso di uscire con i miei amici.
Il giorno di carnevale l’andai a prendere portandole un bellissimo vestito da supereroina e dopo averla convinta la portai ad una festa in maschera; ne fu felice. Lei amava le feste in maschera e quella fu speciale per entrambi. Ballammo per quanto le fu possibile. L’ultimo ballo…. è il ricordo migliore che ho…. Mentre ci muovevamo ballando lei mi diede un bacio e mi disse un semplice ti amo; non riuscivo a credere a ciò che aveva fatto, ebbi solo il tempo di dirle anch’io, che cadde a terra svenuta; subito chiamai un’ ambulanza che arrivò dopo mezz’ora; la portarono subito al pronto soccorso, ero preoccupato a morte. Quando venne sua madre e suo fratello gli raccontai cosa era successo e pregammo per tutta la notte…. Ma purtroppo…. Il mattino dopo…. Ci diedero la tragica notizia. Il male minore aveva vinto; aveva portato via l’uragano di vita che mesi prima avevo conosciuto.
Stetti vicino alla sua famiglia e partecipai al funerale. Ero distrutto e ripresi a fumare e a bere come un pazzo. Le sere le passavo a fare baldoria con i miei amici. Pensavo di stare bene, di essermi ripreso, ma ebbi la prova contraria quando, una sera, dopo l’ennesimo boccale di birra, io e i miei compari iniziammo una discussione; non ricordo bene in realtà ne come e ne perché era iniziata, ricordo solo che stavamo parlando di sesso, quando uno di quei poveri cretini, Maurizio, con fare arrogante iniziò ad elencare le ragazze con cui era andato a letto, ad essere sincero dubito che realmente sia stato a letto con una donna che non fosse sua madre….
Dopo dieci minuti che continuava a parlare non lo sopportai più, -vuoi chiudere il becco? Tu e le tue frottole mi avete rotto le palle!- gli urlai lanciandogli una nocciolina, -frottole? Aahh…. L’invidia ti fa parlare? Che c’è? La mocciosa non te l’ha data?- rispose mettendosi a ridere seguito dagli altri; -Maurizio stai zitto!- gli intimai. –perché? È la verità. Mi chiedo cosa ci hai trovato in quella. Era brutta, grassa e malata- mi incendiai subito ed alzandomi gli diedi un pugno sulla faccia facendolo cadere a terre. –ma che cazzo fai?!!- mi urlò mentre si portava una mano al naso, gli usciva molto sangue, -ti ho detto di stare zitto! Non parlare mai più cosi di lei!!!- ero incazzato nero e decisi di andarmene prima che iniziassi a picchiarlo fino a lasciarlo a terra definitivamente; ma mentre stavo per uscire quel bastardo mi saltò alle spalle e iniziò a prendermi a pugni. Riuscii ad alzarmi facendolo cadere a terra e gli diedi un calcio alle palle che gli mozzò il fiato. Dopo quella serata non uscii più con loro.
Una settimana dopo mi chiamò la madre di Giovanna dicendomi che aveva trovato una cosa per me. Mi precipitai subito a casa sua e la madre mi diede una lettera. La lessi solo giorni dopo, quando mi presi di coraggio. Quel giorno non riuscì a fare a meno di piangere prima di leggerla, tutta l’angoscia, il dolore e la rabbia di non essere riuscito a fare nulla mi presero alla sprovvista; non riuscivo a smettere di piangere. Tenevo quella lettera stretta e faticavo anche solo a respirare, era come se tutto ciò che mi ero ripromesso alla sua morte…. Di colpo…. Fossero state bestemmie alla sua memoria. Stavo cancellando tutto quello che lei aveva fatto per me. Stavo ritornando il vecchio coglione, quello che fino a più di un anno e mezzo fa ero. Quel coglione che si stava uccidendo da solo; quel coglione…. Che non era capace di godersi la vita senza quelle puttanate di droghe e alcool. E questo faceva male…. Mi faceva sentire un verme; come potevo riprendere quella “vita”? come potevo fare questo? Riprendere a comportarmi come un deficiente, che ero, dopo aver visto lottare quell’uragano con tutte le sue forze? Tutto questo sapevo che la deludeva, questo mio comportamento…. Mandava a puttane la sua guerra…. la nostra guerra; che non so dirvi se l’avevamo vinta o persa…. So solo che mi sentivo vinto. Tutte queste emozioni mi fecero piangere per ore. Ero anche tentato di strappare quella lettera. Ma alla fine la lessi; Diceva:
 “caro Kevin,
sei uno stupido! Ma tutti lo siamo; ho passato dei fantastici giorni con te. Ti credevo un cretino senza cervello ne cuore; ma mi sbagliavo, hai un cuore meraviglioso, pieno di dolcezza e coraggio. All’inizio pensavo che non sapevi apprezzare la vita e anche li mi sbagliavo; mi hai aiutato ad apprezzare la vita anche quando ero già vinta.
Non so se di me ti importa qualcosa realmente….. ma per me importi molto! Penserai che sono solo le scemenze di una ragazzina e forse hai ragione. Ti voglio solo chiedere di non buttare la tua vita; non lasciarti uccidere da tuo male minore, perché se non ti godi la vita con i suoi alti e bassi e ti dai per vinto, ti scavi la fossa da solo! E QUELLO è IL MALE MAGGIORE!
Vivi tutte le sfumature che la vita ti offre! Vivi i tuoi mali minori! VIVI! Rendi il tuo male minore la tua forza maggiore.
Sono certa che tu sei capace di grandi cose. Devi solo mostrare a tutti l’uomo che ho visto io. Quell’uomo forte e divertente.
Ti prego non buttare via la tua vita. Fallo per me.
Giovanna
p.s ti amo

quando finii di leggerla non riuscivo più a piangere, non ne avevo il coraggio; come potevo? Come potevo continuare a piangere dopo che l’avevo uccisa nuovamente? quella lettera mi ha mostrato ancora una volta l’uragano che era. Un uragano, che con il suo male, sembrava piccola e fragile, tanto fragile da poterla uccidere stringendola un po’. Ma che in realtà aveva una forza incredibile, capace di prendere in mano la sua vita e portarla in alto, molto in alto. Capace di prendere anche la mia vita e portarla in salvo.
 
 
Questa, signori, è la storia di un male minore, che mi ha fatto capire quale sia realmente il male maggiore.
Adesso ho completato gli studi, ho un lavoro che mi sta togliendo tutti i debiti, ho dei veri progetti per il futuro e sto lontano da quelle schifezze che mi uccidevano lentamente; vivo ogni giorno come se fosse l’ultimo, do una nuova sfumatura ogni giorno alla mia vita e cerco di imitare l’uragano che ho conosciuto.
Infondo la vita è una sola, ci saranno sempre alti e bassi, dei grandi mali, ma in confronto ad altro, quelli sono solo il male minore. Ciò che conta realmente è vivere e combattere per avere ciò che vuoi!
La storia che vi ho raccontato può essere considerata una favola moderna o la classica storia strappa lacrime. Ma è la realtà. La storia di come una semplice ragazzina è entrata nella mia vita salvandomi, si, salvandomi dal male di tutti i giorni. Dandomi la forza di andare avanti e crearmi un futuro.
Certo…. Ora che la racconto mi accorgo dei veri sentimenti che provavo per lei. Mi ero…. Innamorato. Mi ero innamorato di lei, del suo modo di essere, del suo modo di combattere e della sua forza che tutt’oggi mi aiuta ad andare avanti. Se non fosse stato per lei…. Oggi, in questo preciso istante, in qualsiasi momento che ho passato, non sarei il Kevin che sono adesso. L’uomo che ha preso una laurea in medicina e che si appresta a diventare medico.

  
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