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Autore: Himmie    15/03/2015    1 recensioni
Brian May?
Parliamo della stessa persona che è innamorata pazza di un bastone per selfies?
***
In tutto questo marasma, il suo cervello ignorò deliberatamente la figura che accompagnava Roger in una seconda batteria di supporto, al suo fianco. Il suo cervello aveva fermamente deciso che quel ragazzo, molto attraente, fosse semplicemente come un pezzo del palco, dotato comunque di braccia muscolose e un ghigno decisamente sexy.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Brian May, Nuovo personaggio, Roger Taylor
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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THE BREAKTHRU.
 
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4. And you're rushing headlong...
 
Un solo nome, e tanta sorpresa mal celata.
 
Rufus.
 
Il biondino sorrideva soddisfatto, ignaro del caos provocato nella mente della ragazza.
Era riuscito nel suo intendo, l’aveva trovata.
E per un provvidenziale colpo del destino! Adam gli doveva dieci sterline.
Take that, Lambert!
Doveva ammettere che quella era stata una serata più movimentata del solito.
Una volta lasciata quella spocchiosa di Leni (in quanto era stata catalogata così dalla mente che il giovane Taylor si ritrovava), tornare nel backstage era stata un’impresa senza pari.
Rufus si era infatti letteralmente perso all’interno dell’arena, e si era, in qualche modo, ritrovato nel parterre, ma dalla parte opposta da cui era arrivato.
Al Wembley non sarebbe successo!, si rabbuiò, ricordandosi dell’arena di casa, di Londra, che conosceva come le sue tasche.
Inoltre la sconsolatezza provata dal ragazzo vedendo tutti quanti accalcati gli uni agli altri (chissà da quante ore) per stare il più vicini possibili al palco, era davvero tanta, per il semplice motivo che non aveva idea di come passare tra loro e raggiungere il backstage: sarebbe stato impossibile. Non che non ci avesse provato, sia chiaro.
Ma gli sguardi rabbiosi di un fan mentre Rufus cercava furtivamente di intrufolarsi per avvicinarsi alla sua meta lo avevano fatto desistere.
Ma il momento di salvezza sarebbe arrivato dopo non molto.
Eccolo, trillò la sua mente. Saki, il suo bodyguard, si aggirava sconsolato almeno quanto lui per il prato, cercando di ritrovarlo, molto probabilmente.
Individuare l’uomo e raggiungerlo non fu difficile: era un armadio con le gambe, in sintesi. E per camuffarsi indossava una ridicola felpa rossa, sgargiante. Che travestimento efficace!
Rufus si avviò a grandi passi verso di lui, inspirando profondamente.
Non era né pronto e né dell’umore adatto per una predica.
Saki si illuminò appena lo vide, e ringraziò che qualcuno lassù lo stesse assistendo, o almeno, così parve a Rufus.
- Saki, non incazzarti, ti prego – mise le mani avanti il biondo, esausto – vedi, ti posso spiegare. Io…
- Non c’è tempo! – lo liquidò l’uomo, afferrandolo e muovendosi verso una direzione a Rufus ignota – ci penserà comunque tuo padre. – sogghignò divertito.
Rufus si passò una mano tra i capelli, roteando gli occhi e sospirando rumorosamente.
Perché a me?
Giunti nel backstage, Rufus si trovò di fronte una scena che normalmente avrebbe trovato decisamente esilarante, se solo non si fosse sentito terribilmente colpevole, e se non la stesse facendo sotto per l’aria di sfuriata-magistrale-alla-Roger-Taylor che aleggiava nella stanza.
La stessa di quando da bambino aveva quasi rotto un importante premio sistemato nel salotto.
Per l’enfasi di essere riuscito a suonare per due minuti buoni senza confondere i movimenti, aveva infatti per sbaglio tirato una bacchetta della batteria per aria, dalla felicità. Il suono di vetro che si incrinava non era incluso nei festeggiamenti…
Ecco, sì, gli era solo scappata dalle mani, per sbaglio, e quel Disco D’Oro era così tremendamente vicino alla batteria che era davvero inevitabile.
Questa fu la spiegazione data al padre. Roger gli aveva proibito di suonare la batteria per una settimana, e Rufus aveva quasi iniziato a piangere per la rabbia.
Ecco, ora si sentiva ancora come se avesse otto anni. Colpevole. E senza attenuanti, neanche quelle generiche, tipo la non premeditazione del ritardo, o una ragazza tanto fastidiosa quanto carina che lo aveva trattenuto. Purtroppo per lui, il giudice Taylor sapeva essere molto intransigente.
Adam sghignazzava sotto i baffi, appollaiato su una poltrona alla destra della stanza.
Già sapeva che si preannunciava una scenetta famigliare niente male, e voleva gustarsela al meglio.
Brian, dal canto suo, si era placidamente alzato dalla sua sedia, e si avviava con un sorrisetto divertito fuori dalla stanza, scuotendo la testa.
Aveva già visto troppi momenti del genere.
Roger incrociò le braccia, decisamente infastidito.
- Lo sai che ci siamo tutti preoccupati un sacco, per te? – sentenziò, serissimo, e trattenendo la propria rabbia.
Rufus, assottigliò gli occhi. – Non iniziare, papà. – rispose -  Non è stata colpa mia, e…
- Oh, certo, non è mai colpa tua, Rufus! – si stava alterando – lo sai che poteva succederti qualsiasi cosa? Lo sai, questo? Potevi essere in difficoltà, e nessuno era con te, e…
Rufus tentò di annuire accondiscendente, e dunque convincerlo far cessare quella predica, ma il padre continuò imperterrito.
- Dobbiamo ancora parlare di responsabilità, Rufus, dobbiamo ancora fare quel discorso?
 Il ragazzo si passò una mano sul viso, infastidito. – No, papà, ti prego, non ricominciare con quest...
- Direi che invece ti devo rinfrescare la memoria! – tuonò il batterista più anziano – hai delle responsabilità verso il pubblico, e verso di noi tutti. E soprattutto, verso il pubblico! – prese fiato, ripetendosi con un tono più acuto – ho già sentito troppe persone lamentarsi del fatto che tu sia qui, con noi. Lo sai che tutti pensano che vieni in tour con noi solo perché sei mio figlio , ed…
Rufus storse il viso in una smorfia, mentre il padre andava avanti a parlare.
E’ in tour con i Queen solo per il padre. Non ha un vero talento. Non sa suonare la batteria. Raccomandato.
Sì, la sapeva fin troppo bene quella storia.
- Lo so. – mormorò roco.
Erano gli altri che non sapevano l’impegno e dedizione verso la sua batteria, erano gli altri che non sapevano nulla. Gli altri pensavano fosse lì per il suo cognome, ma non capivano nulla.
Aveva dovuto provare minuto dopo minuto di essere all’altezza di quella che è la più grande rock band del mondo.
Forse era per questo che andava così d’accordo con Adam.
Anche lui doveva perennemente dimostrare il suo talento, e che in nessun modo voleva assolutamente oscurare Freddie. Era spesso accolto da freddezza e sospetto, e doveva smentire i pregiudizi e convincere gli scettici sera dopo sera.
In fondo, anche Rufus si sentiva così.
Ma suonare la batteria era la sua passione, ed era quello che voleva fare, da sempre e per sempre. Degli altri non importava gran che, si convinceva.
-…quindi, devi cercare di essere puntuale, anche su queste cose. Okay? – il padre ora aveva uno sguardo più dolce negli occhi, e concluse una frase di cui Rufus aveva perso il filo.
Il ragazzo annuì, sinceramente demoralizzato per la strigliata, e per i pensieri che gli affollavano la mentre, mentre Adam, con gli occhi forse lucidi, si era silenziosamente alzato e avviato fuori dalla stanza.
Si era sentito colpito dal discorso di Roger, molto probabilmente.
Per Adam era sempre così facile mostrarsi sicuro di sé, e sorridere, e fare il provocatore sul palco, ma non erano sempre rose e fiori, Rufus lo sapeva bene, era l’unico della crew a saperlo.
Però, Adam, nonostante tutto, era tremendamente felice.
Aveva realizzato il suo sogno.
Dall’audizione per un talent in cui aveva cantato Bohemian Rhapsdosy, a fare un tour con i Queen stessi. Non avrebbe potuto desiderare di meglio, ormai erano come una seconda famiglia.
Però, la sua, di famiglia, gli mancava immensamente.
Avrebbe pagato oro per avere qualcuno che come Roger gli facesse la ramanzina per un ritardo poi neanche così grave. Un momento così apparentemente stupido e famigliare, tra padre e figlio, era quello che gli mancava.
Stai perdendo colpi, Adam, si disse il giovane, sistemandosi l’appariscente giacca di pelle con le frange della prima performance, davanti ad uno specchio, e controllando il make-up.
Nella stanza in fianco, intanto, padre e figlio si erano scambiati un paio di pacche sulla spalla, e tutto sembrava tornato normale.
Roger si affacciò nel corridoio, e richiamò a gran voce Brian e Adam e tutti gli altri membri dello staff, per il consueto in bocca al lupo iniziale.
Quando tutti si furono riuniti, Brian tossicchiò, ed alzò un eloquente sopracciglio, malizioso.
- Come mai il nostro Rufus ha fatto tardi, stasera?
Si diffuse una contenuta risata generale, mentre il ragazzo arrossiva imbarazzato.
- Una ragazza. – ammise dopo pochi secondi, scatenando dei versi di assenso e risate.
- Non l’avremmo mai detto! – esclamò Adam, spalancando teatralmente gli occhi azzurri, scatenando nuove risate.
- E’ qui al concerto? – chiese poi il padre curioso, sistemandosi una manica della camicia scura.
Rufus si limitò ad annuire.
- Devi farcela conoscere! – asserì Brian giulivo, e Rufus non capì se fosse serio, oppure no.
Quella pazzoide non farebbe altro che sbavarti dietro, May, ed al solo pensiero a Rufus venne da ridere, ricordando i logorroici discorsi di approvazione per i due membri dei Queen, e la sua iper-agitazione.
Rufus stava poi per rispondere alla domanda di Brian, quando qualcuno dal corridoio annunciò che mancavano solo cinque minuti, e tutti si avvicinarono gli uni agli altri, e portarono le braccia verso il centro del cerchio appena formato.
Brian pronunciò la frase di rito. -  Al mio tre, The Show Must Go On! Uno, due…tre! –
Il piccolo gruppetto urlò in coro un felice The Show Must Go On!, ci fu qualche applauso, ed ognuno si sparpagliò verso il corridoio, e nel backstage. Si va in scena!
Rufus fece qualche passo più veloce del normale, scansando le persone sul suo cammino, per raggiungere Adam, che sui suoi trampoli neri camminava spedito nel corridoio verso la scaletta che conduceva al palco.
- Tutto ok, amico? – chiese incerto, abbassando un po’ la voce, affiancandolo - Ti ho visto un po’ giù, prima.
Adam, sobbalzando un poco per lo spavento e perché sovrappensiero, sorprendentemente, rise cristallino: - In realtà, Rufus, ero depresso per te e il tuo nuovo amore impossibile. – si portò una mano al petto, fingendo disperazione – Romeo e Giulietta!
Rufus rise divertito, ma intuì che qualcosa non andava. Decise di rispettare la riservatezza di Adam, e non indagò oltre, temporaneamente.
- Già – sospirò il biondo, stando al gioco. – Che tragedie!
- Avete intenzione di rivedervi?
Rufus normalmente avrebbe annuito malizioso e si sarebbero scambiati uno sguardo di intesa. Stavolta però, dovette pensarci su.
La risposta che stava per dare era insolita per lui.
Ogni ragazza incontrata in passato, a meno che non fosse stata davvero brutta, aveva sempre avuto un secondo incontro con lui, e poi si era sempre finiti in un certo modo, al termine della serata.
Con quella Leni, invece, era stato tutto diverso sin dall’inizio.
Un incontro assurdamente casuale, davvero imprevedibile per entrambi, e poi, ancora più sconcertante, lei non aveva acconsentito a seguirlo nel backstage.
Insomma, non importava la situazione in realtà, il punto è che lei lo aveva rifiutato. Lei gli aveva detto no.
E su questo, era rimasto davvero sconvolto. Era una strana e forse sgradita novità per Rufus Tiger Taylor. Non era abituato a sentirsi dire di no.
- Non lo so. – ammise sincero, e anche Adam si stupì della risposta inconsueta.
- Sarebbe comunque difficile ritrovarla, in mezzo a tutta la folla…. –parlò Adam, stranamente lascivo ma terribilmente allusivo, sistemandosi gli auricolari con indifferenza.
Rufus corrugò la fronte.
- Anzi, sarebbe praticamente impossibile ritrovarla.
Il biondo si sentì punto nel vivo.
Adam sentì che aveva fatto la mossa giusta.
- E se invece ti dicessi che riuscirò a ritrovarla?
Il moro scoppiò a ridere, gli occhi brillavano di un luccichio strano.
Aveva avuto conferma che forse, a Rufus, quella ragazza…
- Scommettiamo? - le labbra di Rufus si curvarono in un sorrisino di sfida. – Scommettiamo 10 sterline che la ritrovo.
Adam annuì divertito, e si strinsero vigorosamente la mano.
La situazione era alquanto assurda, se osservata dall’esterno.
Un talentuoso cantante americano e il suo amico batterista dei Queen, i cui conti in banca presentavano svariati zeri, scommettono l’esosa cifra di ben dieci sterline, tutti attenti e parsimoniosi, come se per loro fosse una cifra importante e fondamentale.
- Tanto vinco io. – sogghignò il cantante.
- Vedremo! – esclamò Rufus, congendandosi ed avviandosi verso il corridoio alle sue spalle che lo avrebbe portato alla sua batteria.
Adam scosse la testa, e i due si salutarono con un cenno, divertiti.
 
Dopo un concerto pressoché impeccabile, Rufus aveva quindi pensato accuratamente a come ritrovare la ragazza, e vincere la scommessa.
Ora si ritrovava sulla poltroncina in pelle del suo camerino condiviso col padre, e rifletteva.
Roger e Saki lo fissavano sconsolati, aspettando parlasse.
Il biondo aveva annunciato ad almeno mezza crew poco prima che doveva ritrovare una certa persona, con urgenza, ed ovviamente, aveva subito rapito il padre e il bodyguard, per avvisarli del loro piano, prima di subire altri rimproveri.
Libertà un cazzo!, pensò.
- Dunque – annunciò il ragazzo, sfregandosi le mani – ecco cosa faremo!
Il plurale spaventò Roger, che sentì un inconfondibile brivido che scendeva nella schiena.
Portò le mani avanti: - Rufus, sono felice ora tu ci metta al corrente dei tuoi movimenti, ma io non ne voglio sapere nulla di questa storia del cavolo da adolescenti!
Rufus sbuffò sonoramente, infastidito.
- Organizzati con Saki!
L’uomo sbiancò, e rimpianse il momento in cui era stato assunto da quei pazzi dei Taylor. Li amava, ma a volte erano davvero deliranti. Come ora, ad esempio.
Biascicò un – Cosa faremo, dunque? – di circostanza, mentre Roger, ridacchiando sommessamente, si apriva una birra rilassatissimo.
- Il piano è questo. Avvisiamo tutti quelli alle porte dell’arena e forniamo loro una descrizione di Leni per fermarla, e…-
- Impossibile – affermò l’omone convinto – non ci sarebbe tempo di avvisare tutti. E comunque in molti sono già usciti, o lo stanno facendo in questo momento.
Rufus grugnì frustrato. - Damn!
- Ma, insomma, perché ti interessa tanto ritrovarla, Rufus? – chiese interdetto il padre, sorseggiando ancora la sua birra, e pulendosi finalmente la bocca con un polso. – Cosa te ne frega? Era così bella?
Rufus quasi si strozzò con la sua stessa saliva.
Non era bellissima. Questo era certo. Era carina, sì.
Gli occhi erano molto affascinanti, così come il viso. Era sottile e riservato, ma esprimeva simpatia.
La personalità però, era sicuramente un difetto enorme, agli occhi del biondo.
Lo aveva rifiutato! A pensarci ancora si sentiva sorpreso.
Fisicamente, non era magrissima. Aveva qualche normale rotondità, senza essere sovrappeso. Di certo, lo standard da modelle anoressiche a cui Rufus era di solito abituato, era disatteso. Era una ragazza normale.
Perché ti interessa tanto ritrovarla?
Non lo sapeva. Non lo sapeva e basta, voleva solo ritrovarsi faccia a faccia con lei, e la sua antipatia, e le sue lentiggini sul naso sottile!
- Per vincere la scommessa con Adam! – sentenziò ovvio dopo qualche secondo, aprendosi una birra a sua volta, incurante.
Rufus rinunciò ad avere un secondo momento di serietà col figlio, ed un’ammissione di ciò che sospettava sin da quando lo aveva visto tornare nel camerino dopo la sua bravata qualche ora prima.
E se, il nostro playboy Rufus…      
Il ragazzo non  fece in tempo a bere un sorso di liquido amarognolo e il padre a finire la riflessione, che qualcuno bussò timidamente alla porta, e la testa di July, una collaboratrice, fece capolino.
- Mister Taylor? – salutò con un sorriso, abbassando il capo – lei e suo figlio siete attesi fuori. Dovreste incontrare la famiglia Scheiner!
Rufus assunse un’espressione basita, seguita da una smorfia annoiata.
Non ci voleva.
- Un Meet and Greet? Adesso? – chiese infastidito Roger, cercando di non darlo a vedere.
July scrollò le spalle, impotente. – Il signor Harmand Scheiner ha chiesto di vederla, e così…
Il biondino roteò gli occhi. Quel nome non gli era nuovo, forse era qualche imprenditore tedesco.
Troppo spesso, ultimamente, una qualche famiglia ricca sfacciata pretendeva anche di incontrare i Queen stessi dopo il concerto, e di fare foto, e parlare, e parlare e parlare. Soprattutto quello.
Come se fossero degli animaletti da circo.
E purtroppo, anche Rufus era coinvolto in questo, suo malgrado.
- I pacchetti VIP non prevedono alcun Meet&Greet con noi, quand’è che la gente lo capirà? – si lamentò il biondo, alzandosi con evidente sforzo. Tutta la sua inventiva per il piano, tutta la sua adrenalina, volatilizzate.
Persino Saki appariva a sua volta decisamente annoiato, e si scostò per far passare i due Taylor.
E Rufus ebbe la folgorazione: se andava ad incontrare quei tizi col nome impronunciabile, formato da tutte quelle consonanti, non avrebbe mai più ritrovato Leni.
Mai più.
Grugnì infastidito, e incrociò le braccia mentre seguiva July nel corridoio, strascicando i piedi.
Ecco, non era destino.
Doveva rassegnarsi.
Fosse stato facile.
Avrebbe volentieri iniziato a pestare i piedi per terra, come un bambino. Forse lo era, ma non gli interessava.
Persino Roger si accorse dell’improvviso malumore del figlio.
E non era dovuto alla solita famigliola viziata che pretendeva di incontrarli di punto in bianco...
C’era di mezzo un tornado di nome Leni che aveva sconvolte le vite ignare di tutta la crew.
Dopo almeno mezz’ora di supplizio, l’incontro finì, con somma soddisfazione e sollievo di tutti.
Non erano stati nemmeno così lunghi, quei tedeschi, osservò Rufus: di solito alcuni amichevoli incontri si protraevano anche per un’oretta.
Fu allora che Rufus decise solo di iniziare a correre. Doveva solo sbrigarsi, magari era ancora in tempo.
Aveva una possibilità su mille di incontrare ancora Leni, e ci avrebbe tentato.
- Ma dove diavolo vuoi andare?! – lo richiamò la voce di Roger mentre recuperava dall’attaccapanni del camerino il suo cappotto. – I tourbus sono pronti per portarci all’hotel!
Rufus si passò una mano tra i capelli, provato.
Perché stava facendo tutta quella fatica? Perché doveva sorbirsi il malcontento di tutti? Avrebbe potuto farsi un bagno nelle essenze dal nome strano che sua madre gli aveva regalato a Natale, note per essere rilassanti. Invece no, eccolo alle prese con le situazioni più assurde.
Stava per puntualizzare che andava a cercare la ragazza, ma il padre lo zittì sventolando una mano nell’aria, esausto.
- Fai come ti pare, Rufus. E Saki, accompagna questo cretino. – si scambiò uno sguardo d’intesa col bodyguard.
Rufus sorrise a trentadue denti, e si vestì in gran fretta, riparandosi parte del viso col cappuccio della felpa.
Poi dicevano che era disorganizzato!
- Vedi di non farti riconoscere, almeno. Manca solo questa!
Rufus fece un sorrisino sghembo al padre, e si infilò i suoi fidati RayBan. Nessuno lo avrebbe riconosciuto, di certo, con gli occhiali da sole indosso!
Roger scosse la testa, uscendo dal camerino. Era senza speranze.
 
Il biondino, con Saki alle calcagna, anche lui parato nel suo travestimento a dir poco appariscente, decise come prima cosa di uscire fuori dall’arena.
Pensa, Rufus. Pensa!
Doveva affidarsi al suo istinto.
Non avrebbe perso tempo a cercare dentro all’arena.
No, decise solo di uscire fuori. O la va, o la spacca.
Nel parcheggio esterno, l’aria lo investì brutalmente, e lui raggelò.
Che cazzo di freddo!
La distesa di cemento era buia e umida, c’erano solo alcuni lampioni ad illuminare alcuni tratti.
Sentì del vociare provenire poco lontano, e pensò di avere fatto centro.
Alcune decine di persone, anche se non riusciva a vedere bene, erano accalcate su di un cancello chiuso, e Rufus riconobbe anche alcuni uomini della sua sicurezza a fare da scudi umani.
Probabilmente erano tutti lì per vedere i tourbus, e Roger e Brian e Adam. No, ne era certo.
E con un po’ di fortuna, anche una fan accanita come Leni sarebbe stata lì in mezzo!
Mosse qualche passo in avanti, e poi quasi iniziò a correre, doveva sbrigarsi.
…se non fosse che qualcuno fermasse bruscamente la sua eroica avanzata, proprio ora che c’era quasi!
Investì una figura più bassa di lui, che però aveva qualcosa di famigliare.
Lei indietreggiò spaventata, e Rufus stava per scusarsi in tutta fretta e continuare per la sua strada, se non fosse che quegli occhi li conosceva fin troppo bene.
Una frase gli sorse spontanea, nel vedere la sua espressione incredibilmente sorpresa, la stessa che probabilmente aveva lui.
- Com’è piccolo il mondo... – ghignò.
 
***
 
Che parto questo capitolo, ed è terribile poi! Chiedo venia!.
Purtroppo non ho avuto molto tempo, e in realtà, in questo capitolo era prevista anche una delle scene chiave (HEH), che non sono materialmente riuscita ad inserire perché a) più o meno volevo mantenere la stessa lunghezza per tutti i chapters, b) è tardi, e mi ci vuole concentrazione per scriverla al meglio, siccome, ecco… non l’ho ancora scritta. Quindi non potevo inserirla, giusto lol?
Comunque, qui ripercorriamo uno spaccato di vita backstage-iana (?) di Rufus, ovvero, dato che lo scorso capitolo era sulle pippe mentali di Leni, ora occorreva dare un po’ di spazio alle (dis)avventure del biondino!
Ci sono un po’ di elementi buttati nel calderone che comunque in futuro ritorneranno, vi avverto.
Mi è piaciuto parlare anche brevemente di Adam, e ehm, no, non dico nulla! *tace*
 
Per scusarmi, vi propongo qui un simpatico indovinello:
 
Chi ha scelto il secondo nome “Tiger” per il nostro Rufffsss Taylah?
  1. Rufus stesso!
  2. La madre di Rufus…?
  3. [voce di Roger in The Invisible Man] Freddieee Mercuuuryyy!
  4. Ehm, forse, sì, Roger…?
  5. Ma, ovviamente Himmie!
 
Fatemi sapere le vostre supposizioni, bella gente!
Grazie mille per le visite e per essere meravigliosi, vi adoro troppo, sapevatelo <3
 
Buon inizio settimana a tutte,
un abbraccione-onissimo,
Himmie xx
  
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