Capitolo 1
Ero appoggiato distrattamente alla parete del
corridoio, dipinta di un
bianco perfetto, e stavo cominciando davvero a perdere la pazienza. Non
bastava
che fossi stato convocato; sì, convocato,
come se fossi un comune iniziato privo d’importanza
invece che uno dei
Capofazione degli Intrepidi, nell’ufficio di Jeanine Matthews
e che avessi
dovuto raggiungere il quartier generale degli Eruditi. No, adesso
dovevo anche
aspettare fuori dalla porta che Crudelia, come la chiamava Richard, si
decidesse a ricevermi.
La porta venne aperta, strappandomi dalle mie
considerazioni, e mi
ritrovai gli occhi blu di Jeanine che mi fissavano con gelida incuranza.
- Eric, prego, accomodati. –
Raggiunsi la sedia più vicina,
sedendomi con la schiena ben dritta e
tutti i muscoli tesi e pronti all’azione. Erano passati due
anni da quando
avevo fatto la mia Scelta ed ero diventato un trasfazione, ma quella
donna
aveva ancora la capacità d’intimorirmi.
- Max mi ha detto che volevi parlarmi. Di che si
tratta? –
Dritto al sodo, così magari sarei
riuscito ad allontanarmi da quel
ritrovo di nerd patiti del blu e dell’informatica in tempo
per tornare al
quartier generale per la cena.
Jeanine fece ticchettare le lunghe unghie sul
legno della scrivania.
L’immagine di lei vestita con una
suntuosa pelliccia di dalmati si
materializzò nella mia mente. La scacciai con decisione.
Maledizione a Richard
e a quelle sue idiozie che mi ficcava in testa.
- Ritengo che sia giunto il momento di
coinvolgerti più attivamente
negli affari che riguardano noi e gli Intrepidi. In qualità
di ex componente di
questa fazione, credo che tu sia la persona più indicata a
intrattenere e
curare i nostri rapporti. In particolare in merito a
un’operazione che ci sta
molto a cuore. –
Inarcai un sopracciglio in un muto invito a
continuare.
- L’operazione Divergente. Tu sai di
cosa si tratta, no? –
- So cosa sono i Divergenti – confermai,
annuendo cautamente.
- Pertanto saprai che sono un pericolo per noi e
la società che
progettiamo di costruire. Un pericolo che deve essere circoscritto il
più
rapidamente possibile. –
Annuii.
Cominciavo a intuire dove volesse andare a parare,
ma ancora non sapevo
quanto fosse opportuno sbilanciarmi.
- Esattamente, tu e Max cosa volete che faccia?
–
Il sorriso condiscendente di Jeanine
evaporò come neve al sole. Si
vedeva chiaramente quanto le desse fastidio non essere considerata
l’unica
leader dell’operazione. Beh, lei poteva pensarla come
preferiva ma io adesso
ero un Intrepido e non avrei fatto nulla che contravvenisse agli ordini
del
nostro “grande capo supremo”.
Sì, anche queste erano parole di
Richard e, sì, dovevo decisamente
smettere di ascoltarlo se volevo conservare un briciolo di
sanità mentale.
Avevo lottato con le unghie e con i denti per
ottenere quella posizione
di prestigio e, sicuro come l’inferno, non me la sarei fatta
sfilare da sotto
il naso per colpa dei capricci di una quarantenne megalomane.
- Io … e Max -, aggiunse dopo un
momento d’esitazione e una smorfia disgustata,
- Vogliamo che ti occupi della questione in modo definitivo: trovali e
uccidili. Tutti – precisò all’ultimo
secondo.
Assottigliai lo sguardo, indagando: -
Perché proprio io? –
- Perché Max non rimarrà a
capo ancora per molto e perché sono sicura
che un ragazzo sveglio e ambizioso come te non correrà il
rischio di lasciarsi
sfuggire quest’opportunità. –
Si potevano dire molte cose su di lei, ma di
sicuro sapeva dove fare
pressione per far cedere le persone. Conosceva i desideri nascosti di
tutti
coloro che la circondavano, doveva essere per forza così
oppure tutto il potere
di cui disponeva sarebbe andato in fumo.
- Posso pensarci? – presi tempo.
Jeanine annuì con l’aria di
chi stava facendo una grossa concessione. –
Certo, ci rivedremo tra due giorni e per allora vorrò una
risposta. Magari
potresti chiedere consiglio a quella ragazza … si chiama
Fiamma, giusto? –
L’aveva aggiunto come se nulla fosse, ma
il sorriso da serpente che mi
stava rivolgendo non lasciava spazio a dubbi. Quell’accenno
era stato
appositamente voluto.
- Lei cosa c’entra? –
Mi accorsi che il tono di voce si era indurito
istintivamente e lo notò
anche Jeanine, perché rise di cuore in un misto di
divertimento e ironia. Si
stava chiaramente facendo beffe di me.
Strinsi i denti, trattenendo l’impulso
molto poco galante di mandarla al
diavolo o tirarle contro uno di quei vasi pieni di mughetti che
adornavano la
stanza.
- Naturalmente nulla, tranne per il fatto che
è la tua fidanzata, no? A
proposito, non sei neanche un po’ curioso di conoscere con
sicurezza l’esito
del suo test? –
Stava davvero dicendo quello che pensavo?
Fiamma poteva essere Divergente?
Indossai la migliore delle mie facce da poker. Ero
bravo in questo,
sedici anni da Erudito in compagnia di mio padre e della sua concezione
di
famiglia perfetta mi avevano insegnato molto.
- Pensi forse di sapere qualcosa che ignoro,
Jeanine? – rilanciai.
- Sicuramente. Ma non su di lei: Fiamma
è risultata Intrepida al cento
per certo. E, nel caso te lo stessi chiedendo, anche il tuo amico
Richard ha
ottenuto il suo medesimo risultato. Sapere che non corrono rischi
potrebbe
invogliarti a essere un po’ più disponibile ad
accettare il tuo nuovo compito,
credo. –
Non era solo questo e i suoi occhi me lo dicevano
chiaramente. Jeanine
non era brava neanche la metà di me nel mascherare le sue
emozioni.
Quella non voleva essere una rassicurazione, ma
una minaccia neanche
troppo velata.
E a me non piacevano le minacce.
Mi alzai senza curarmi di far stridere le zampe
della sedia contro il
pavimento di candido marmo.
- Ci penserò; ti farò sapere
– conclusi seccamente, uscendo dalla stanza
ancora prima di darle modo di aggiungere altro.
Il viaggio di ritorno alla residenza parve
interminabile. Una parte di
me non trovava nulla di male nell’approfittare della
situazione. Le minacce non
mi piacevano, questo era vero, ma non andavo pazzo neppure per gli
ordini. Non
quando non ero io a darli.
Se avessi preso il posto di Max nessuno avrebbe
mai più potuto mettere
in dubbio la mia leadership, nemmeno quell’insopportabile
Rigido che sembrava
divertirsi a cercare di minare costantemente la mia
autorità.
Era una bella prospettiva.
- Capofazione Eric – salutò
una delle sentinelle all’ingresso, scattando
sull’attenti.
Gli rivolsi un distratto cenno di saluto per poi
incamminarmi lungo il
pozzo e varcare l’ingresso della sala mensa.
Fortunatamente la cena era cominciata da appena
una manciata di minuti e
al mio solito tavolo, quello nell’angolo più
lontano e riservato, c’erano già
Richard e Fiamma. Storsi il naso quando vidi il Rigido in compagnia di
Nicole,
Shauna, Zeke e Jesse. A quanto sembrava la mia fidanzata aveva pensato
bene di
approfittare del mio ritardo per impormi la presenza dei suoi amici.
Meditai sull’ipotesi di girare i tacchi
prima di essere visto da uno di
loro e far finta di essere arrivato troppo tardi per consumare il
pasto, ma il
mio stomaco brontolava a gran voce ricordandomi che avevo
già saltato il pranzo
e che non sarei mai riuscito ad addormentarmi in preda ai morsi della
fame.
Così, con un sospiro rassegnato, mi
incamminai verso il tavolo.
La prima ad accorgersi del mio arrivo fu Fiamma.
Si voltò verso di me sorridendo e gli
occhi parvero brillarle come
stelle nel cielo notturno. Stavamo insieme da due anni e da uno
convivevamo.
Nessuna delle due cose era stata in grado di arginare anche solo
lontanamente
le emozioni che provavo quando la vedevo. Se fosse dipeso da me
l’avrei tenuta
stretta tra le mie braccia per tutto il tempo, anche a costo di fare la
figura
dell’idiota melenso, e sapevo con incredibile sicurezza che
non avrei mai
permesso a nessuno di farle del male o farla soffrire.
Lei era mia.
La mia gatta selvatica, la mia piccola pantera
pronta a drizzare il pelo
e a farsi valere quando c’era qualcosa che non le andava
bene.
Lo sguardo abbandonò il suo viso e
cadde sulla scollatura profonda della
canottiera che indossava sotto la giacca di pelle. Una giacca che, tra
l’altro,
a giudicare da quanto le stava grande doveva essere la mia.
E di romantico non ci fu più niente.
In quell’istante l’unico
pensiero che mi passava per la testa era quello
della sua scintillante chioma scura sparsa sul mio cuscino e del suo
corpo nudo,
nascosto dalle mie lenzuola, che si raggomitolava contro il mio.
Presi un respiro profondo, cercando di scacciare
via quell’immagine.
Se non l’avessi fatto probabilmente
sarei finito con il saltarle addosso
in piena mensa e il pensiero di passare per un pervertito esibizionista
non mi
entusiasmava affatto.
Mi chinai su di lei quanto bastava per catturarle
le labbra in un bacio.
Un contatto casto, breve, che mi lasciò a corto di fiato e
decisamente
insoddisfatto. Lei parve capirlo perché mi rivolse una di
quelle sue occhiate
di fuoco che promettevano un post cena decisamente piacevole.
- Sbaglio o quella è la mia giacca?
– chiesi, accarezzandone il bavero e
sfiorando con la punta delle dita la pelle alabastrina del collo.
Sorrisi soddisfatto vedendola serrare le labbra
per trattenere un
sospiro.
- Forse -, ammise sorridendo malandrina, -
Perché, la rivuoi? –
Se volevo la giacca?
Certo che la volevo e non solo quella. Volevo
anche la canotta, i
pantaloni e tutto quello che indossava … per la precisione
volevo tutti quegli
scomodi e inutili indumenti gettati ai piedi del letto insieme ai miei.
Il sorriso sulle sue labbra si allargò,
segno che ancora una volta aveva
decifrato alla perfezione i miei pensieri. Un giorno o
l’altro avrei dovuto
farmi spiegare come faceva a farlo.
- Tienila tu … per il momento -,
precisai, - Non vorrei dover cavare gli
occhi a qualcuno – conclusi, lanciando un’occhiata
piuttosto penetrante all’indirizzo
di Reaper che sedeva al tavolo accanto al nostro.
Che non lo sopportassi non era un mistero per
nessuno alla Residenza, ma
erano in pochi a conoscere il vero motivo della nostra
ostilità. E quel motivo
era la “ragazza pantera” che mi stava seduta
accanto e che in quel momento mi
lanciava un’occhiata lievemente contrariata.
Mi posò una mano
sull’avambraccio, attirando la mia attenzione. Da
quanto mi ricordavo non ero mai stato in grado di ignorarla o rimanere
indifferente a lei quando la sua pelle toccava la mia. –
Eric, non farlo. –
Fare cosa?
Evidentemente i miei occhi avevano fatto trapelare
pensieri molto
violenti indirizzati a quel Capofazione da strapazzo senza neanche
volerlo.
- Qualsiasi cosa ti stia passando per la testa
– replicò, e questa volta
fu lei a baciarmi.
E che bacio.
Se quello di prima era stato
l’equivalente di un tramonto in riva al
mare, dolce e delicato, questo era una notte illuminata dai fuochi
d’artificio,
inebriante e passionale.
- Stai cercando di distrarmi, eh? –
dissi a fior di labbra, divertito.
- Di farti passare la voglia di perdere tempo
dietro a lui – mi corresse,
sfiorando le mie labbra con le sue mentre parlava.
Annuii mentre con la coda dell’occhio
spiavo la reazione di Reaper. Era
tornato a concentrarsi sulla sua cena, ma dal modo in cui infilzava
l’hamburger
senza pietà si capiva che lo spettacolino non doveva
essergli proprio piaciuto.
Bas, seduto accanto a lui e intento a lasciarsi
imboccare da Josephine,
lo guardò incuriosito e poi spostò lo sguardo
verso di me e Fiamma.
Parve capire, perché battè
una pacca sulla spalla dell’amico nell’evidente
tentativo di distrarlo.
- Dove sei stato tutto il pomeriggio? –
La domanda di Fiamma mi prese in contropiede. Non
c’era l’accusa che di
solito le fidanzate rivolgevano ai propri ragazzi quando questi
sparivano per
ore senza dire dove andavano, ma solo una sincera curiosità.
Era un’ex Candida,
dopotutto, e la curiosità faceva parte della sua natura.
- Avevo delle faccende di cui occuparmi.
–
- Già, roba da Capofazione, una noia
mortale – mi venne in aiuto
Richard.
Fiamma annuì. – Devi
occupartene anche tu? –
- No. Max ha deciso che doveva farsene carico
Eric. Credo che voglia
tenerlo il più lontano possibile da Quattro per cercare di
averli entrambi
tutti interi quando comincerà l’iniziazione di
quest’anno – concluse ironicamente.
Fiamma si unì alle sue risate e
anch’io abbozzai un piccolo sorriso.
Quando fui certo che non poteva vedermi, rivolsi
un lieve cenno di
ringraziamento al mio migliore amico. Richard non rispose e
dall’espressione
cupa che aveva assunto per una frazione di secondo dedussi che lui
sapeva
davvero tutto e la cosa non gli piaceva affatto.
Spazio autrice:
Era da un po’ che questo progetto se ne
stava
abbandonato, solo soletto, nella mia cartella dei file Word. Finalmente
ho
deciso di ultimare il primo capitolo e di dargli una sistemata prima di
pubblicarlo. In pratica come arco temporale ci troviamo poco prima
(esattamente
due giorni) dell’arrivo di Tris & co alla Residenza.
Ho voluto rivedere gli
eventi di Divergent e Insurgent con gli occhi di Eric per cercare di
spiegare
le sue azioni nei libri e spero di riuscirci. Ci
saranno tutti i personaggi di “Be dauntless is a tough job
but
someone has to do it” e tutti quelli presenti nei primi due
libri.
Beh,
direi che per ora è tutto.
Alla
prossima.
Baci
baci,
Fiamma
Erin Gaunt