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Autore: CrisBo    16/03/2015    4 recensioni
Il tavolo era imbandito di pietanze di ogni tipo. Una varietà di legumi e ortaggi erano stati disposti sopra i piatti, s'affollavano i formaggi e le piante verdi del vecchio contadino del decumano ovest, colui che coltivava le migliori carote di Hobbivile (il più quotato tra le hobbittesse, perbacco!)
Volavano i piatti e s'infrangevano nel fumo dell'erba pipa di Gandalf, spargendo i vapori di quell'odore per tutta la sala da pranzo. Bofur e Dwalin suonavano allegri, seguiti da Dori, i loro busti ondeggiavano a ritmo e con le braccia facevano saltare le stoviglie. C'erano tutti i nani chiamati per la spedizione di Scudodiquercia, persino quelli che non discendevano dai Durin. [ Dal prologo ]
***
- 2941, T.E. Partono in sedici dalla casa di Bilbo per la spedizione verso Erebor e ciò che l'avventura comporta cambierà le sorti dei discendenti di Durin. Il sedicesimo compagno è una nana, Berit, del quale si sa poco e niente. Mangia tanto, beve tanto, è chiassosa ed ha un rapporto particolare con Bofur. - Prima ff, c'è dell'autocritica in me.
[ IN REVISIONE! ]
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bilbo, Bofur, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 47.
Chi è veramente morto?

Ripercorrere le fila di quel viaggio era un compito difficile.
I giorni erano passati e la luna era sorta in cielo nel suo ultimo saluto crescente prima di ritirarsi dietro le nuvole, nascosta dall'ombra delle stelle.
Non v'erano più cadaveri nella valle, né accampamenti e i focolari di Dale brillavano nella notte, creando piccoli lumini lontani dalla vista della Montagna.
Gli Elfi erano tornati a marciare verso i loro sentieri verdi, ma alcuni rimasero a dare aiuto ai molti feriti, lasciando nell'aria gesti e parole arcane che allietavano i cuori dei sopravvissuti.
Non v'era stato tempo per fare molto, se non prendersi curi dei cuori rotti dalle perdite e ripulire il luogo dalla sporcizia lasciata dagli Orchi e dai Mannari. I loro corpi vennero tutti bruciati, fino a ridurli in polvere e fango. La loro sorte toccò ai loro arazzi dai colori del sangue e tutte le loro armi vennero fuse insieme e fatte colare nelle fognature, portati via lontano, ove l'acqua si ristagnava, portando via il liquame.
Non sembrava più la Erebor che avevano visto quando giunsero lì la prima volta, ancor prima che il Drago fu risvegliato. La desolazione lasciata non creava più sconforto ma rinvigoriva di una speranza nuova; vedevano la valle farsi carico dei commerci, vedevano il ponte ricostruito e le imbarcazioni scivolare sul Fiume Flutti. Sentivano finalmente la vita riprendere pieno possesso di quel luogo, com'era un tempo.
Ma nel cuore di alcuni, ancora, non v'era posto per questo.
I funerali per il Re sotto la Montagna e i suoi Compagni nani erano, infine, giunti, in un pallido tramonto d'inverno.
Faceva freddo ma la grande Sala era riscaldata dalle luci che danzavano sopra le loro teste, brillavano sopra la pavimentazione dorata e creavano un riverbero d'un calore che aveva bruciato ogni cosa.
Non c'era più la puzza di Smaug a inasprire le narici ma lo sentivano ancora, i compagni di Scudodiquercia, restando in fila davanti alle tombe di pietra erse davanti a loro. S'erano prodigati a scalfire la roccia per donare ai loro defunti una degna sepoltura e tanto avevano pianto mentre levigavano la pietra, la lisciavano, sapendo che quella sarebbe stata la loro ultima dimora. Tutti i nani dei Colli Ferrosi presenziarono a quella cerimonia, ricordando le loro morti, e piangendo sotto le radici di un Re caduto. Persino Dàin, così poco avvezzo a quei sentimentalismi, si lasciò andare ad un pianto silenzioso mentre osservava la tomba di suo cugino.
Ma nulla era prepotente e pressante quanto l'ombra che avvolgeva gli amici di Bilbo.
Non ve n'era uno che non stesse piangendo, chi con singhiozzi più portentosi e chi in silenzio – quasi di nascosto – sbirciando verso le tombe chiuse. Un canto si levò dalle voci basse e rocciose dei nani e li avvolse con una malinconia ancora più pesante.

Lontan sui monti fumidi e gelati
in antri fondi, oscuri, desolati,
prima che sorga il sol dobbiamo andare
i pallidi a cercar ori incantati.
Faceano i nani un dì magiche gesta,
battendo mazze qual campane a festa
dove dorme laggiù tetro un mistero
negli antri sotto la rocciosa cresta.

E piansero ancora, sia i nani sia gli Uomini di Dale che presenziarono a quell'ultimo saluto verso coloro che avevano combattuto con onore. 
C'erano Bard con i suoi tre figli, ma solo una di loro aveva lo sguardo pieno di pianto, mentre stringeva le spalle esili della piccola Tilda in una morsa affettuosa.
Nonostante fossero ancora acciaccati dalla battaglia, ogni nano aveva ricomposto il suo aspetto per quel particolare momento. Chi si era intrecciato i capelli con gioielli antichi, chi le dita, le orecchie e la barba stessa. I vestiti non erano sporchi di terra o stropicciati, e ancora le rilegature in cuoio e ferro coprivano i loro corpi, scintillando d'un bagliore virtuoso.
Fili era l'unico – tra tutti – a essere discostato dagli altri, immerso in un saluto solitario e doloroso. Aveva la fronte appoggiata alla pietra della tomba di Kili e gli occhi chiusi. Il respiro pesante gli faceva sollevare il petto, tremando sotto delle lacrime che avevano smesso di sfuggire via.
Continuava a dare colpetti deboli ma rabbiosi contro la pietra, con una sola mano.
Bofur non era molto distante da lui, posto poco dietro, in mezzo a Bifur e a Bombur.
Guardava l'Erede di Erebor senza riuscire a pensare; soppesava quel continuo gesto con la mano e veniva invaso dallo stesso accecante dolore.
A discapito di tutto, lui continuava a piangere senza riuscire a smettere. Non v'era stato un attimo di tregua nei suoi pensieri, non c'era stata notte o mattina in cui non aveva sentito la mancanza di Berit come un macigno impossibile da portare.
Non riusciva a lasciarla andare.
Guardava la sua tomba e aspettava di vederla sbucare fuori da dietro di questa, con un sorriso ebete, alzando le braccia e urlando un “ve l'ho fatta, stolti!”; avrebbe riso come una cornacchia, Dwalin l'avrebbe inseguita con una mazza per quello, ne era sicuro.
Chiuse gli occhi e si lasciò andare all'ennesimo singhiozzo quando sentì la mano di qualcuno stringergli la spalla. Si voltò lentamente e sentì tirare forte la ferita che aveva sulla guancia; trovò lo sguardo di Ori, pieno di pianto che tratteneva le labbra in una smorfia tremante.
Bofur provò a sorridergli ma non vi riusciva. Non voleva cedere al malcontento ma quel canto penetrava troppo in profondità per non abbandonarsi a questo.

Per prenci antichi, degli elfi signori,
gli accumulati e balenanti ori
lavoravano ad arte, il dì ghermendo
per dare a gemme d'elsa altri splendori.
Trapuntavan di stelle le collane
i serti con baglior di drago immane,
poscia in ritorto fil di sole e luna
intessevan le luci in filigrane.
Lontan sui monti fumidi e gelati
in antri fondi, oscuri, desolati,
prima che sorga il sol dobbiamo andare
per esigere i nostri ori obliati.

Ori fece uno scatto, senza dire nulla, e gli avvinghiò le braccia al collo, stringendolo forte in un abbraccio stretto. Non era mai successo, in tanti anni di conoscenza, che s'abbandonassero a quel puro gesto fraterno.
Di solito usavano Ori come cavia per le loro marachelle, lo colpivano con gli ortaggi, gli scombinavano i capelli biondi e lo prendevano in giro quando arrossiva fino alle orecchie.
Ma questa volta erano tutti legati dallo stesso dolore e non v'erano scherzi che potessero allietare l'anima.
Alzò anche lui le braccia e lo strinse in quell'abbraccio, strizzando gli occhi ulteriormente.
Le lacrime ancora scappavano fino a morire sul mento, incapaci di arrestarsi.
«Ricordati che questo non devi combatterlo da solo. Mai
Quel sussurro di Ori aveva fatto allargare lo sguardo di Bofur e, dopo un'ultima stretta, s'era scostato per guardarlo. Negli occhi di quel giovane nano, adesso, v'era una crescita molto più matura. Non era la stessa di Dori e nemmeno quella furba e scattante di Nori. Era qualcosa di molto più profondo, qualcosa che solamente uno come Balin poteva esprimere. Rivide in lui quello stesso riflesso e – questa volta – riuscì a piegare le labbra in un sorriso più istintivo. Gli diede uno sbuffo sul naso e tirò su col proprio, annuendo.
«Lo so.»
Non riuscì a dire nient'altro, ma c'era profonda gratitudine nel suo sguardo e – ben presto – si ritrovò circondato anche da Dori e Nori. Quest'ultimo piangeva ma fingeva di non farlo, continuava a strofinarsi la manica della tunica sugli occhi.
Dori aveva gli occhi pesanti ma era l'unico dei tre che tentava di sorridere, nelle sue lacrime invisibili.
Alcuni degli altri si erano immersi nel canto ma avevano chiuso gli occhi, ricordando le note vibranti di quella melodia che uscivano dal camino di un piccolo hobbit, che viveva sotto il Colle, nella Contea verde.
Bilbo era sicuro che non avrebbe retto ancora per molto tutto questo.
Stava vicino a Gandalf, proprio davanti ad un piccolo gruppo di Elfi che era rimasto ad assistere. Era assai strano – adesso – vedere così tante razze unite per un evento così triste, ma forse nel dolore qualcosa di buono viene sempre colto. Era un pensiero debole, che faceva sgusciare via un sorriso, ma niente più che un'ombra di questo. Gli sembrò di vedere anche l'Elfa dai capelli rossi, nascosta dietro un piccolo gruppo di persone, ma la visuale era stata troppo effimera.
Spostò lo sguardo all'ennesima strofa di quella canzone e – senza che potesse evitarlo – rivide Thorin davanti al suo camino, cantare con voce bassa.
Spostò lo sguardo sulla sua tomba proprio mentre Bard si ergeva vicino a questa con l'Arkengemma tra le mani, intento a posarla dentro la nuova dimora del Re.
Il cuore gli si fermò in gola e dovette ricacciare indietro altre mille, centomila lacrime di tristezza.
Sentiva i singhiozzi risalirgli ancora e dovette chiudere gli occhi per abbandonarsi a quella sensazione.
Gli mancavano terribilmente. Kili e la sua allegria spensierata, quella pirica in forma nanica di Berit e ...Thorin.
Era asfissiante quel dolore, avrebbe voluto prenderselo dal petto e strapparselo. Lui non era adatto per un sentimento così enorme, non voleva più sentire i pianti dei suoi amici, non voleva più voltarsi e vedere Bofur senza più spensieratezza nello sguardo, o Fili intento a colpire quella tomba di pietra senza riuscire a staccarsi, o Balin e Dwalin che piangevano ancora una volta le loro perdite.
Si ricordava del racconto della Battaglia di Azanubilzar e – mai come adesso – poteva comprendere ciò che una vittoria può portare via.
La si può davvero considerare vittoria, quindi, quando vorresti solamente tornare indietro?
Avrebbe voluto ripercorrere di nuovo quella strada, impedire molte cose di quelle accadute e cambiare il corso del destino.
Gandalf continuava a ripetere che il suo compito – lì – era stato fondamentale ma lui non si sentiva così. Pensava di essere sempre stato molto fortunato ma adesso la fortuna non c'entrava.
Si sentiva solo. E aveva tremendamente paura di questa sensazione.
«Gandalf mi ha detto ciò che hai fatto per loro andando a Collecorvo per avvertirli.»
La voce di Balin interruppe tutti i suoi pensieri e si ritrovò ad aprire gli occhi, voltandosi verso il nano dalla barba bianca. Quello lo fissava con un leggero sorriso sul volto martoriato dalle lacrime. Aveva il braccio ripiegato sullo sterno ma almeno era pulito; la sua barba era tornata bianca e brillante.
«Non...» Bilbo provò a parlare ma si ritrovò a sentire la sua voce lontana. Non la riconosceva neanche più. «...non ho fatto granché. Non sono riuscito a salvarli.»
Balin gli mise una mano sulla spalla e gliela strinse appena, senza esagerare. Continuava a sorridere.
Era piacevole, in fin dei conti, e lasciava un po' di calore lì dove c'era solo freddo.
«Sei riuscito a fare moltissimo, caro Bilbo. Non devi più dispiacerti con questi pensieri.»
«N...non è vero, Balin.» Bilbo tirò su col naso e ripiegò il capo riccio in avanti, tirando su col naso. «Sono stato anche colpito alla testa e quando mi sono svegliato era già tutto...perduto
Balin gli guardò la testa – il piccolo hobbit aveva un bel bozzo sull'epidermide – e abbassò le palpebre in un'espressione mortificata.
«Se tu non fossi andato forse non sarebbe sceso nessuno da Collecorvo.» Disse Balin con risolutezza, alzando un po' il volto. «Sei sempre stato molto coraggioso, hai sempre sfidato la sorte e hai rischiato. Saresti stato un ottimo nano, Bilbo Baggins. Molto più onorevole di alcuni che si vantano di essere eroi di battaglie.»
Bilbo non aveva ancora tirato su il volto; aveva ripreso a piangere, con i singhiozzi che gli facevano tremare le spalle.
Non voleva cadere di nuovo nel pianto ma non riusciva a farci nulla. Quando questa cosa prendeva non ti lasciava più andare.
«Non sono riuscito a...a salutare nemmeno Kili. L'ho visto così solo quando Fili è ricomparso, sopra la cima, con lui tra le braccia. E...» questa volta tirò su il volto e guardò Balin fisso negli occhi. «Thorin...sono riuscito a parlargli un'ultima volta. Prima che giungessero le Aquile. Non credo – non credo che le abbia potute vedere. Sembrava così in pace, Balin, mentre la morte se lo portava via.» Questa volta non ce la fece, la voce s'incrinò e i singhiozzi avevano cominciato a bloccargli ogni parola. «Siamo riusciti a parlare, mi ha chiesto scusa per quello che è successo qui. Io...a me non interessavano le scuse, io ho sempre saputo che era solo colpa di questo maledetto Oro. Lui è sempre stato...è sempre stato un po' burbero e freddo ma è stato...mio amico
Balin continuava a stringergli la spalla e dovette trattenere le labbra pigiate tra loro per evitare di mostrare il dolore che lo attanagliava.
«Avrei voluto che se ne rendesse conto prima. Avrei...avrei voluto che si rendesse conto che noi, tutti noi,» si voltò a guardare gli altri Nani lì vicino «non gli avremmo mai voltato le spalle. Siete...siete diventati importanti per me e volevo che lui sapesse che quello che ho fatto, con l'Arkengemma, era solo per aiutarvi. L'ho fatto sempre e solo per aiutarvi. E non mi pento più di nessun gesto, neanche in passato, neanche quando mi prendevate per pazzo a pensare a simili piani.» Chiuse gli occhi e si lasciò sfuggire un piccolo sorriso amaro, che si ripiegò subito. «Mi ha sorriso un'ultima volta prima di chiudere gli occhi, Thorin era tornato. Ci...ci siamo separati in amicizia ma avrei voluto non separarmene, Balin.»
Di nuovo strizzò gli occhi e gli si palesò alla mente l'ultima frase che gli regalò, trafiggendogli il petto per la consapevolezza che sarebbe stata l'ultima che avrebbe sentito.
Se tutti stimassero l'amicizia e la gioia delle canzoni prima del Tesoro sarebbe un mondo migliore.
Perché aveva dovuto ricordarlo così in ritardo? Perché non poteva tornare indietro e sentire questo pensiero dentro di sé prima che quell'Oro lo annientasse?
Avrebbe avuto più tempo da spartire con lui e con gli altri, non si sarebbero separati, non avrebbe rimpianto ogni singolo secondo lontano da loro.
«E...e poi Berit. Ero riuscito a rivederla nella battaglia ed ero convinto che ce l'avrebbe fatta.» Pianse di nuovo, tirando su col naso. «L'ho vista così...serena. Come se qualcosa l'avesse fatta rinascere di nuovo.»
Voltò il viso verso la zona in cui Bofur era ancora stretto da tutti gli altri e gli pianse il cuore.
«Non è giusto che sia dovuta finire così. Avrebbero dovuto tutti gioire per questa vittoria, avrebbero banchettato e avrebbero...riso così tanto da non riuscire più a respirare.»
Balin, questa volta, allungò il passo per stringerlo al petto in un debole ma affettuoso abbraccio. Gli diede una leggera pacca sulla schiena e fece un sospiro tremante.
«Ci sarà da gioire per questa vittoria, piccolo amico. Noi nani sappiamo che questa non è altro che una via; un giorno ci rivedremo tutti, nelle sale d'attesa dei nostri padri, e ritorneremo a gioire insieme mentre aspetteremo un nuovo mondo.»
Bilbo strizzò gli occhi e mai, come allora, sperò che tutto questo fosse davvero una speranza ferrea. Forse un giorno si sarebbero ricongiunti tutti ma adesso sembravano così soli, nel loro tormento, soli ma insieme.
Fu in quel momento che le fiaccole vibrarono al soffio d'un rivolo di vento freddo e Fili si staccò dalla tomba di Kili, camminando lesto. Non guardò più nessuno, sparendo oltre gli archi della grande Sala.


 


 

Fili era riuscito a reprimere ogni cosa fino ad allora.
Aveva smesso di piangere per poter convincersi a essere forte ma quella stessa forza di volontà stava diventando un'arma a doppio taglio. A stento riusciva ancora a respirare. Non riusciva a trovare alcuna certezza in niente, nemmeno quando s'era accorto della presenza dell'unica persona – lì in mezzo – a dargli un attimo di tregua da quella disperazione.
Aveva incrociato lo sguardo di Sigrid e aveva visto in lei il riflesso di un sentimento che poteva capire appieno. L'aveva vista stringere in un abbraccio Tilda e aveva sospirato, chiudendo gli occhi. Aveva i capelli biondi ben pettinati, raccolti in un'acconciatura semplice ma intrecciata. I suoi occhi chiari erano intrisi di lacrime e gonfi ma lo aveva visto.
Aveva sorriso per lui, forse era durato un solo secondo, ma gli bastò. Gli bastò quello a cui aggrapparsi, nonostante si sentisse scivolare via da ogni cosa.
Aveva perso tutto.
I nani più importanti della sua vita erano caduti e lui era rimasto in piedi, spezzato, senza che alcuna lancia lo trafiggesse.
Ma quanto aveva pregato Mahal che si portasse via lui al posto di Kili?
Quanto lo aveva scongiurato di tornare indietro nel tempo e non permettergli di seguirlo?
Non riusciva a credere che fosse quella, la sua nuova realtà. Quella paura che lo aveva trafitto a Esgaroth ora era diventata la sua nuova vita.
Come poteva pensare di potercela fare? Lui non poteva. Lui non voleva.
Lui rivoleva Kili. Berit. Thorin.
Rivoleva suo fratello, rivoleva il suo sorriso, il suo abbraccio, la sua schiettezza, la sua pungente ironia. Non riusciva a capacitarsi che non sarebbero più stati nello stesso posto, che non si sarebbero più guardati le spalle. Non poteva capacitarsi che Kili non esisteva più.
Gli era mancato dopo un solo secondo che lo aveva visto inalare l'ultimo respiro, stretto tra le braccia di Tauriel. Lei piangeva e lo vedeva – nel suo sguardo – che non riusciva a comprendere il suo stesso dolore. Lo stringeva senza riuscire a lasciarlo andare sul serio.
Con un moto di rabbia prese una pietra e la scagliò contro la parete con prepotenza, urlando di dolore. Si prese i capelli tra le mani e si lasciò andare, facendo cedere le ginocchia. Quelle impattarono a terra e così rimase per molti secondi.
Con la schiena ricurva e la certezza che non ce l'avrebbe mai più fatta ad andare avanti.
Furono dei passi a riscuoterlo da quel turbinio di pensieri.
Qualcuno stava risalendo le scalinate verso la Porta con passo veloce ma leggero; non era un nano.
Si voltò di scatto e vide, a pochi passi di distanza, la figura regale e alta di Tauriel. L'Elfa teneva le mani congiunte davanti al bacino e il suo vestito scuro ondeggiava in pieghe composte, smosse dal vento freddo di quella sera. La luna stava per fare capolino da dietro le nuvole e – le parve – che risplendesse di una luce diversa quella volta. Socchiuse gli occhi e respirò con ingordigia quella sensazione, nonostante il corpo rimase teso e immobile, davanti alla figura di Fili.
«Non volevo disturbare il tuo cordoglio.» Mormorò lei con voce pacata e bassa. Era alquanto piacevole all'udito, scivolava sinuosa come la sua stessa figura. «Ma volevo concederti alcune parole prima di riprendere il mio cammino.»
«Non m'interessa.» Sibilò Fili, incurvandosi in quella posizione.
Sentì Tauriel strusciare di fianco a lui fino ad arrivargli di fronte. Non dovette alzare lo sguardo per percepire il suo sul proprio capo biondo.
«Ho provato a salvarlo.» Mormorò lei e la sua voce prese una tonalità più bassa. Alcune lacrime scivolarono dal suo sguardo verde, imperlandole la pelle diafana. «Sono andata contro il mio Re e il mio Principe pur di salvarlo. Voi nani siete testardi e vi martoriate nel vostro dolore senza pensare che non siete gli unici a provarlo.»
«Non m'interessa.» Ripeté lui, rialzando lo sguardo. Aveva drizzato il busto e ora si stava alzando lentamente, stringendo appena i pugni. «Non ho mai provato simpatia per gli Elfi, questo è vero, ma ricordo ciò che hai fatto per Kili. Lo hai salvato e io ho sperato tanto – davvero tanto – che lui restasse con te. Ma non lo avrebbe mai fatto.»
Tauriel fece un leggero passo indietro e scostò lo sguardo, rifuggendo al suo per non dover riflettere il proprio. Strinse le labbra tra loro mentre i capelli rossi venivano scossi da un altro alito di vento. La luce della luna si riflesse su di lei e l'avvolse completamente.
«È stato il suo amore per te ad averlo ucciso.»
Quella frase trafisse entrambi mentre Fili la sibilava e lei si voltò verso il nano, con sguardo sgranato, mal celando un'insana rabbia che le partì dal petto. Ma sul volto tutto questo non la trafisse, restando fissa su di lui.
«Ho perso una parte di me per colpa di questo, non lo riavrò mai più e finché la morte non mi prenderà io dovrò convivere con la sua assenza. Forse...forse il mio dolore non mi sta facendo ragionare lucidamente, ma in questo momento non voglio averti davanti alla mia vista.»
La voce di Fili era diventata estremamente piatta e apatica. Scostò via lo sguardo ma quello di Tauriel si trattenne fermo sul volto di Fili.
La vide alzare il petto e stringere lievemente le dita prima di alzare gli occhi sul manto bluastro nel cielo. La luna aveva preso una colorazione insolita; era leggermente arancione, illuminata da un fuoco interno, e brillava come non aveva mai fatto in molti inverni.
Chiuse gli occhi e le lacrime le scivolarono via dalle guance, bruciando in profondità.
Aveva risentito la voce di Kili – di nuovo – che le parlava della Luna di Fuoco.
Forse non era niente, ma c'era un segreto nel cielo che lei stessa non poteva comprendere. E sperò, con tutto il cuore, che quel segreto fosse reale adesso.
«Sei come un animale ferito, ora.» La voce dell'Elfa non era piatta quanto quella di Fili e il suo tormento si dipanava tra le parole. «Non biasimo la tua voglia di dare la colpa a me, l'unica che in quel momento avrebbe potuto salvarlo. Ma...è stato lui, a salvare me, questa volta.»
Fili ancora non la guardava ma piangeva in silenzio, respirando con pesantezza.
«E l'unica cosa che posso fare per ricordarlo è continuare a camminare sotto la luce delle stelle, cantando di un nano coraggioso che è riuscito a far innamorare un'Elfa talmente in profondità da non riuscire nemmeno a comprenderlo.»
Questa volta Fili si volse verso di lei, con occhi grandi e pieni di lacrime. Lei stessa piangeva e si guardarono in silenzio per diversi secondi.
Lei fece un solo passo in avanti, affilando lo sguardo chiaro.
«Ritieniti fortunato, figlio di Durin, perché tu un giorno camminerai nelle grandi Sale e rivedrai il suo volto ancora. Lo stringerai e aspetterete la vostra grazia ancora insieme, come fratelli in eterno.» Prese una leggera pausa, smuovendo appena le labbra tremanti. Se Fili avesse potuto scorgere in quel leggero movimento il dolore che la attanagliava non sarebbe riuscito a reggersi ancora in piedi. «Io dovrò vivere per l'eternità sapendo che non lo rivedrò mai più. E ora dimmi, nauco*, chi è veramente morto su quella cima.»
Fili si sentì stringere il petto e non riuscì a dire una sola parola.
Vide Tauriel voltarsi con eleganza e fretta, sfuggendo via dalla Porta e allontanandosi verso il sentiero roccioso.
Aveva ripreso ad annaspare senza sosta, si guardò intorno con aria spersa, vacua e risentì l'ennesimo urlo uscire dal petto.
Il suo petto ciondolava avanti e indietro e – questa volta – s'avventò di nuovo su una pietra e la scalciò con rabbia.
Ogni piccolo frammento, ogni sasso, ogni sporgenza spaccata venne presa di mira da Fili con irruenza, mentre urlava di dolore e piangeva.
Aveva perso il filo della ragione e la sofferenza lo aveva travolto, annebbiando ogni cosa.






*nano

NA.
Altro capitolo felicissimo, visto che non è stato abbastanza fino ad ora ç___ç
In teoria doveva succedere un'altra cosa, in questo capitolo, ma mi stava uscendo stralunghissimo e ho dovuto spezzettarlo, quindi lo inserirò nel prossimo. Ecco sì, non ho molto da dire, so solo che mi sto ascoltando: Apparat – Goodbye e che mi sto martoriando da sola l'anima perchè sono autolesionista! Come al solito ringrazio le mie donzelle, che mi supportano tantissimo <3 e tutti quelli che seguono e leggono in silenzio.
Manca davvero poco alla fine ma giuro che non sarà solo lacrime....o almeno spero T____T
Dove mi sono andata a cacciare, mannaggiaaammmeeee!
ps. La canzone sapete tutti qual è, non c'è bisogno che io la citi v.v

  
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