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Autore: CrisBo    18/03/2015    4 recensioni
Il tavolo era imbandito di pietanze di ogni tipo. Una varietà di legumi e ortaggi erano stati disposti sopra i piatti, s'affollavano i formaggi e le piante verdi del vecchio contadino del decumano ovest, colui che coltivava le migliori carote di Hobbivile (il più quotato tra le hobbittesse, perbacco!)
Volavano i piatti e s'infrangevano nel fumo dell'erba pipa di Gandalf, spargendo i vapori di quell'odore per tutta la sala da pranzo. Bofur e Dwalin suonavano allegri, seguiti da Dori, i loro busti ondeggiavano a ritmo e con le braccia facevano saltare le stoviglie. C'erano tutti i nani chiamati per la spedizione di Scudodiquercia, persino quelli che non discendevano dai Durin. [ Dal prologo ]
***
- 2941, T.E. Partono in sedici dalla casa di Bilbo per la spedizione verso Erebor e ciò che l'avventura comporta cambierà le sorti dei discendenti di Durin. Il sedicesimo compagno è una nana, Berit, del quale si sa poco e niente. Mangia tanto, beve tanto, è chiassosa ed ha un rapporto particolare con Bofur. - Prima ff, c'è dell'autocritica in me.
[ IN REVISIONE! ]
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bilbo, Bofur, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 48.
Quando chiudi gli occhi

«Fili, fermati!»
Il nano biondo – in tutta risposta – scagliò contro la parete un'altra pietra, che si frantumò in mille pezzetti argentati. 
Ne prese a calci un'altra, e un'altra ancora prima di sentirsi bloccato da due mani forti. 
Fili si ritrovò le braccia bloccate in una morsa che divenne pressante, sentendo la schiena impattare contro il petto dell'altro.
«Calmati! Devi...» Bofur ci provò a parlare ma quello gli diede una gomitata in pieno stomaco, divincolandosi con rabbia.
«No! Lasciami! Lasciami stare!» Ringhiò Fili, scalciando nell'aria. Aveva ancora il volto rigato di lacrime ma aveva smesso di piangere da quando la sua rabbia era divampata. 
Si sentiva bollire, gli tremavano le mani e non riusciva più a ragionare.
«Mwgh, no. Piantala Fili, devi calmarti!» Bofur aveva incassato il colpo ma aveva trattenuto la presa salda, andando a stringere le proprie mani in un legamento stretto, sullo sterno di Fili. Lo stava letteralmente bloccando ma Fili non aveva alcuna intenzione di fermare la sua furia. Voleva lasciarla sfogare; sentiva l'impulso irresistibile di voler spaccare ogni cosa.
«Bofur lasciami ho detto
«No!» Esclamò quello, facendo una smorfia per la fatica. Fili continuava a muoversi e questo rendeva arduo il compito di tenerlo fermo. «Stai facendo preoccupare tutti. Devi stare fer-»
Di nuovo un altro colpo lo prese in pieno petto e – questa volta – si ritrovò a indietreggiare per il male che si spanse dallo stomaco. 
Nonostante la cotta di cuoio aveva sentito il colpo di Fili e, cosa peggiore, gli aveva fatto male. Lasciò la presa e il biondo sgusciò in avanti, liberandosi dalle grinfie dell'amico.
Aveva il volto arrossato e i capelli tutti arruffati, nonostante l'aspetto tenuto regale e ordinato per la celebrazione del funerale. Bofur era ugualmente in ordine, se non per il cappello che gli si era storto sul capo.
Quando Fili si voltò a guardarlo fermò la sua furia per un secondo, pigiando le labbra tra loro. 
Il giocattolaio aveva smesso di piangere ma i suoi occhi era gonfi e spenti, respirava male e continuava a sfregare le dita sulla parte sinistra dello sterno.
Come un leggero massaggio al cuore.
Fili spezzò il respiro con un altro ringhio e gli fu addosso di nuovo. Non lo colpì, questa volta, ma piantò entrambi i palmi contro le sue spalle e lo spinse all'indietro.
«Chi sto facendo preoccupare? Eh? Chi
Bofur indietreggiò malamente per la spinta e quasi incespicò negli stivali, riuscendo a rimanere in equilibrio precario. 
Aveva ripreso a far ciondolare le mani ai fianchi, stringendo le dita tozze in due pugnetti chiusi.
«Fili...»
«Smettila di ripetere il mio nome, maledizione.» Urlò Fili con una voce rabbiosa, facendo l'ennesimo passo in avanti. 
Di nuovo spinse Bofur all'indietro ma quello – preparato rispetto alla prima volta – riuscì ad afferrarlo per gli avambracci, trattenendolo fermo.
«No, no! Lasciami! Non mi devi toccare. Lasciami Bofur!» Di nuovo tentò di divincolarsi ma Bofur riuscì a trattenerlo fermo, tirandoselo dietro per stringerlo di nuovo in una morsa stretta. La loro forza non era per nulla paragonabile a quella mostrata nella valle, diversi giorni prima, quando la battaglia incalzava. Era una forza diversa – questa – dettata da un ultimo sforzo del cuore stesso. Bofur odiava quella parte di sé; usciva solo quando non aveva altro a cui aggrapparsi. Non gli era mai capitato di sentirla così opprimente come allora e mai aveva sperato di doverla usare per calmare una situazione del genere. Significava che si era arrivati al limite di ogni sopportazione. 
E adesso Fili aveva superato quella leggera linea che divideva la ragione dalla follia, lo vedeva nel suo sguardo così cupo e segreto.
«Devi...devi lasciarmi stare! Vattene! Perché sei qui?» Continuava Fili, tirando su le mani e colpendolo al petto con dei pugni decisi. 
Ma Bofur strinse solamente la presa e Fili smise ben presto di colpirlo, sentendo la rabbia diventare stanchezza.
I colpi cominciarono a divenire meno violenti, fino a che i pugni non scivolarono del tutto e la sua fronte si poggiò con forza contro la spalla dell'altro nano.
«Io non ce la faccio.»
Fili scosse piano il capo e riprese a piangere con decisione, sentendo di nuovo quel calore fuoriuscire dal petto stanco.
Intorno a loro v'erano solo detriti di roccia e la Luna Arancione illuminava le piccole punte che – spezzate – creavano un riverbero lucente. 
Regalava un insano colore malinconico, lasciando nell'aria il sentore di una mancanza inappagata.
«Sì che ce la fai.» Rispose Bofur, smettendo di stringere la presa. Aveva fatto scivolare le mani sulle sue braccia fino a scostarlo leggermente da sé. 
Trattenne la presa quando riuscì a incrociare il suo sguardo pregno di pianto e tristezza.
«No. Bofur io...non ce la faccio. Non posso. Ho perso tutto, lo capisci?» La voce di Fili era bassa e carica di tormento. 
A Bofur gli si strinse il cuore ma cercò con tutto sé stesso di sorridere. Sentiva di nuovo le lacrime salirgli agli angoli degli occhi ma le cacciò indietro con una smorfia del viso, pressando la presa sugli avambracci dell'Erede di Durin.
«Non hai perso tutto.» Mormorò lui con voce ferma, abbassando le palpebre. Le sentiva pesantissime e bruciavano.
Fili non rispose, si limitò a scuotere debolmente il capo e a fare una smorfia carica di pianto, lasciando sfuggire altre lacrime mentre il suo profilo si delineava alla luce della Luna. 
Aveva sospirato e il petto aveva tremato ancora, prima di socchiudere gli occhi.
«Mi sono separato da lui.» Cominciò Fili, abbassando lo sguardo. «Dovevamo perlustrare la zona e io ho scelto un cunicolo un po' stretto, lasciando a Kili il lato Est della cima. Quando ho cominciato a sentire i tamburi allora sono scivolato fuori in tutta fretta e mi sono ritrovato davanti la guardia del corpo di quello schifo immondo!» Ringhiò l'ultima frase con un disprezzo violento, digrignando i denti. «Ho cominciato a combattere, ho cominciato a...lottare, sapendo di fare la cosa giusta. Ma poi ho sentito mio fratello chiamare quell'Elfa.» Corrugò la fronte, piegando le labbra all'ingiù. «La sua voce ha risuonato nel freddo di quella cima, è stata...l'ultima volta che l'ho sentita. Ha urlato il nome di Tauriel.»
Bofur non lo interruppe, continuava a guardarlo con cordoglio mentre abbassava appena lo sguardo. Un lieve sorriso era ricomparso sul suo volto; l'aveva sempre sostenuto che a Kili piacesse sul serio, quell'Elfa. In un moto di disperazione è istintiva la comparsa di un volto insistente nella propria mente; il cuore di un nano non può controllarlo, quando si innamora rimarrà quell'amore per tutta la vita. Per quanto sia breve o lunga.
«Ho lottato con la consapevolezza che lui stesse bene, che stesse lottando per qualcosa di giusto. Ma quando sono arrivato da lui...lui era tra le sue braccia, mor-» Fili chiuse gli occhi, interrompendo quella parola, lasciando sfuggire altre lacrime. Non riusciva a dirlo, la consapevolezza che fosse morto davvero non veniva ancora contemplata.
Anche Bofur non riuscì più a trattenerle, piegò la testa in avanti e si lasciò andare ad un pianto silenzioso. «...prima era qui, quell'Elfa, e ho rigettato su di lei tutta la colpa. Lei dovrà rinunciare a lui per l'eternità e io le ho dato la colpa di tutto; che nano dignitoso che sono, eh.»
Bofur lasciò andare la presa dalle braccia di Fili e si andò a sfregare il naso con un dito, strizzando gli occhi gonfi.
«Kili, dalle sale d'attesa, ti starà maledicendo in tutte le lingue che conosce.» Disse Bofur, piano.
Fili aprì gli occhi di scatto voltò gli occhi su Bofur, schiudendo appena le labbra.
A discapito di tutto quello che Bofur pensava – aveva sospettato l'ennesimo pugno, in faccia questa volta – Fili si mise a ridere divertito. 
Nel dolore si aveva la più grande accozzaglia di cambiamenti d'umore mai vista, Bofur lo stava constatando di persona.
«E quell'altra matta si starà facendo grasse risate a vederci così, non credi?»
Questa volta fu Bofur ad allargare lo sguardo e a fissarlo. Avevano smesso di piangere ma, nelle loro spicciole risate, v'era ancora un riverbero amarognolo. Si mise a ridere, abbassando il capo in avanti e chiudendo gli occhi. Tirò su col naso prima di scuotere appena il capo.
«Oh sì, starà ridendo proprio come una matta. E Kili con lei.» Azzardò a dire Bofur, mentre Fili aveva di nuovo pigiato le labbra tra loro in un sorriso triste. 
Di nuovo lo sguardo gli si era appannato di lacrime ma ora era più pieno e meno tormentato.
«Mi dispiace tanto.» Sussurrò Fili verso l'amico, alzando un braccio per stringergli la spalla. Quello, in risposta, aveva ancora tirato su con il naso arrossato. Non aveva risposto, ma aveva sorriso con la stessa agonia di Fili, in precedenza. Non v'era bisogno di spendere altre parole per questo.
«Ti...ti va di andare a mangiare qualcosa, ora? V'è un banchetto nella grande Sala, Bombur ha dato il meglio di sé con-»
Un rumore li fece voltare di scatto entrambi verso le grandi scalinate che costeggiavano la Porta. Una figura, dall'ombra, era emersa e li stava fissando con aria sgranata e un po' persa.
Sigrid.
La ragazza si era bloccata, con il respiro spezzato e stava fissando in alternanza i due nani. Bofur aveva egregiamente evitato di sgomitare Fili, in tutto questo, mentre il nano biondo aveva perso i suoi stessi pensieri. Aveva fatto scivolare via la mano dalla spalla di Bofur e s'era ammutolito di colpo, andando a strofinarsi le dita sugli occhi per eliminare ogni barlume di lacrima.
«Scu- scusate non volevo disturbare. Ero...avevo bisogno di prendere un po' d'aria. E non sapevo bene dove...insomma, era-»
«Oh non preoccuparti, non hai disturbato. Questa notte è serena e c'è un bel venticello qui.» Rispose Bofur dopo aver aspettato – con pazienza – che fosse Fili a prendere parola. 
Ma quello non disse niente, si limitò a incassare il volto tra le spalle e a guardare di sbieco l'amico al suo fianco.
Quello fece un sospiro rassegnato e gli lasciò un'ultima pacca sulla spalla.
«Bè io vado da mio fratello, non vorrei mai che si addormentasse con una coscia di pollo in mano e si strozzasse con le ossa.» Si volse verso Sigrid, sorridendo nonostante ancora l'ombra delle lacrime sulle guance. «E lo dico perché è già successo.»
Sigrid sorrise pienamente e fece solo un lieve cenno, toccandosi le dita tra loro con nervosismo.
Fili sgranò lo sguardo al congedo di Bofur e quello – dopo aver stretto la presa con la sua spalla – gli si avvicinò lesto come una faina, abbassando il tono della voce così da farsi udire solamente dall'Erede.
«Non fare il mio stesso errore.»
Solo questo gli sussurrò prima di sgusciare via da quella presa e allontanarsi da lì con passo veloce. 
Fili era rimasto a fissare la sua schiena per un tempo indefinito, sentendo pressante la presenza di Sigrid proprio lì davanti a lui.
Non riusciva a pensare a niente di concreto o ragionevole. Aveva solo voglia di fermare il tempo che – incessante – continuava la sua corsa verso la notte profonda. Tornò a fissarla con sguardo silenzioso, lasciando scivolare la sua attenzione sui piccoli dettagli che caratterizzavano la ragazza. La sua figura era illuminata dalle striature arancioni che rifletteva la Luna sul cielo e – questo – lo aveva fatto incantare come la prima volta che aveva visto la forgia.
Era un paragone azzardato ma lo sentiva nel petto.
«Non volevo disturbare il tuo...insomma, capisco come ci si sente in questi casi.» Sigrid ruppe il silenzio con voce bassa, ancora distruggendosi le dita in pieno nervosismo. 
Aveva uno scialle scuro che gli copriva le spalle e sventolava appena al soffio del vento freddo. Fili la vide rabbrividire e rinvigorì il petto con un sospiro tremante.
«Ti capisco molto bene. Io ho due fratelli più piccoli di me e... dopo aver perso mia madre, la paura di dover di nuovo affrontare un dolore del genere, di poterli perdere, è sempre stato pressante, per me.» Lei non lo stava più guardando e fece vagare lo sguardo verso tutti i detriti sparsi lì davanti. Il passaggio era libero, nonostante tutto, ma sembrava essere incappato in un vento furente e rabbioso.
«Ogni volta che mio padre esce di casa ho paura di non rivederlo più. Ed è annichilente, da un lato, ma dall'altro mi da una forza così nuova dentro di me che mi sento in grado di poter gestire ogni cosa.» La ragazza fece un breve sorriso e Fili se ne appropriò con lo sguardo con avidità. «So che quello che sto dicendo non ha molto senso ma, ecco, in realtà volevo solamente dirti che v'è sempre qualcosa per cui lottare, anche quando si ha paura. Perché so cosa significa provare dolore; ci si sente immersi in una gabbia e si pensa che...che nessuno sarà mai in grado di capirti.» Sigrid si prese una pausa studiata, abbassando lo sguardo sul nano e quello alzò il proprio per incrociare il suo. Si fissarono per diversi istanti prima che lei riprese a parlare. «Ma tutti perdono qualcosa, nella propria vita, anche...anche chi non sei in grado di capire. Ogni persona combatte e perde. E ogni Elfo. E ogni...nano. E prima di questo, nemmeno io, riuscivo a immergermi nelle sensazioni di razze così diverse da me. Ma ho visto...quell'Elfa, al funerale, piangere silenziosa e nascosta – come se avesse paura a mostrare quella fragilità ad altri – e ho visto tutti i nani mostrare dolore con il canto e poi...poi tu...»Sigrid si bloccò di nuovo, pigiando le labbra tra loro. Fili non aveva smesso un secondo di guardarla. Aveva azzardato a fare un passo in avanti per far scemare la distanza con lei. 
Sentiva il cuore in subbuglio; come poteva sentirsi così sopraffatto dal dolore e – al tempo stesso – trovare un barlume di serenità in tutto questo?
Il suono di quella voce era una melodia che leniva ogni ferita.
«...Il dolore si affronta, lo devi vivere Fili se vuoi superarlo. È così che ho fatto io. Pian piano diventerà solamente un ricordo che ti assalirà quando, nella tua mente, vorrai dedicargli ancora un saluto. Quando un suono o una voce o un momento ti ricorderà che cos'hai perso, e quando ti volterai per affrontarlo di nuovo...lo farai con un sorriso. Vedrai che, poi, andrà tutto bene.»
Fili sentiva le ginocchia tremare e le gambe cedergli di nuovo ma resistette con tutte le sue forze per evitare di far fluire l'ennesimo pianto davanti a lei. 
Il suo sguardo chiaro era tornato a cercarlo e lui lo aveva arpionato al proprio, sentendo il cuore rombare nel petto.
Gli vennero in mente le parole di Berit e chiuse gli occhi, sospirando appena.
Quel viaggio era finito, non c'era più tempo per gli errori.
«In tutto questo, l'unica cosa positiva che mi porto dietro sei tu
A quelle parole Sigrid aveva sgranato lo sguardo e il respiro le si era spezzato nel petto; aveva smesso di tormentarsi le mani e aveva tentato di dire qualcosa. 
Le uscirono solo dei sospiri atoni prima di inarcare di nuovo le labbra in un sorriso timido.
«Ma...ma io non ho fatto niente
Fili aveva fatto un altro passo in avanti, annullando quasi del tutto le distanze con lei.
Una mano era risalita lenta verso quella di Sigrid ma – ancora – non aveva avuto il coraggio di sfiorarle con le proprie. Socchiuse appena le palpebre, corrugando la fronte.
«Tu non hai idea di che cosa hai fatto, invece.»
Sussurrò quelle parole con voce bassa, rialzando gli occhi su di lei.
Sentiva il respiro pesante e il cuore distruggergli il petto, le dita erano arrivate a sfiorare quelle di Sigrid in una carezza leggera ma intima. 
Le guance di Sigrid erano arrossite pienamente e aveva sorriso con imbarazzo, sentendo le sue dita carezzate dal nano. Piegò leggermente le sue, schiudendo le labbra.
«Sigrid?»
La voce di Halder li bloccò all'istante e Sigrid si voltò con uno scatto, verso le sue spalle, vedendo l'arrivo del ragazzo biondo. Fili indietreggiò con velocità, abbassando il capo, ritornando a ombreggiare il volto.
«S-sì. Sono qui.» Rispose lei con voce un po' roca. Dovette schiarirsela con un colpetto di tosse prima di spostare lo sguardo verso Fili con aria – che a lui sembrò – mortificata. 
Prese a respirare e rinnovò il suo sorriso. Era diverso adesso, sembrava una specie di curva incisa sul volto per circostanza.
«Oh eccoti qui, tuo padre ti sta cer-» Halder si bloccò in un istante notando la presenza di Fili davanti a lei. Corrugò la fronte, boccheggiando un paio di parole sconclusionate prima di alzare appena i palmi. «Scusate, vi ho disturbato?»
Sigrid fece per parlare, arrossendo di nuovo senza controllo, ma fu il nano a spezzare il silenzio, abbassando il capo biondo.
«No.» Conciso e cupo, s'abbandonò all'ennesimo sospiro, socchiudendo le palpebre.
Sigrid si voltò a guardarlo di nuovo e lui sentì la forza di quello sguardo imprimere dentro di lui con forza. Avrebbe voluto ricambiarlo, adesso, ma la presenza di Halder aveva rovinato ogni cosa. Aveva già avuto modo di provare gelosia – nella sua vita – contro lo stesso nano che prima lo aveva retto in piedi, conscio che stesse soffrendo quanto lui. Ma adesso era diverso; non riusciva a respirare. Era forte, molto più forte di un fastidio nascente, era una pugnalata al petto, alimentata dal fatto che Halder un Uomo, alto, gioviale e perfetto per Sigrid. E lei doveva saperlo, in fondo, che non vi sarebbe stata scelta da fare; si sceglie sempre la via più facile, perché lontana dai problemi.
«Halder arrivo subito, vai ad avvisare mio padre.»
«Sì. Certo sì.» Il ragazzo sorrise e fece un cenno, prima di voltarsi verso Fili e chinare il capo in un segno di rispetto. «Mi dispiace molto per la tua perdita.»
Fili alzò lo sguardo solo per un secondo prima di ricambiare quel cenno del capo, senza proferire parola. Halder rimase un attimo in attesa – guardando sia lui che Sigrid – prima di allontanarsi con passo svelto, annullando quel sorriso di poco prima.
Fili lo seguì con lo sguardo per diversi secondi fino a chiudere gli occhi, poco dopo. Riprese a respirare con profonde boccate d'aria, stringendo appena i pugni ai propri fianchi.
Fu in quel momento che sentì le mani di Sigrid sul proprio volto e quando riaprì gli occhi la ritrovò esattamente di fronte a lui. S'era inginocchiata sui detriti che lui stesso aveva lasciato, in quella lotta furente con sé stesso, e lo sguardo di lei era colmo di qualcosa che non riuscì a decifrare.
«Non sarai mai solo.» Sussurrò lei con un dolce sorriso sul volto e lui sentì di nuovo le lacrime premere contro gli occhi, illuminando le iridi. Lui alzò le proprie mani per poggiarle contro il dorso di quelle di lei e le strinse, con tutto il sentimento che poteva esprimere. Era talmente etereo, quel momento, che aveva paura svanisse da un momento all'altro.
Non era nemmeno sicuro che fosse reale, talmente si sentiva invaso da tutto questo.
«Sigrid...» mormorò piano, corrugando la fronte in un'espressione tormentata. «...io diventerò Re sotto la Montagna.»
Sigrid non aveva smesso un secondo di sorridere, neanche quando i suoi occhi si velarono di lacrime silenziose e il suo volto riprese a scaldarsi.
«E sarai un grande Re.» Mormorò lei con voce bassa ma cristallina, socchiudendo le palpebre.
Nessuno dei due aveva l'intenzione di scostarsi da quella presa; entrambi si fissarono a lungo e – di nuovo – tutte le parole dei suoi Amici vennero a galla nei pensieri di Fili, travolgendolo.
Non avere paura.
Non attendere.
Non pensare.

Fece un leggero scatto in avanti, allungando le mani verso il viso di Sigrid. La tirò leggermente verso di sé e trovò le sue labbra in un bacio pressante, schiudendo le proprie.
Lei ricambiò quel bacio con sentimento profondo e Fili sorrise, dentro di sé, sentendo il dolore sopirsi sotto l'ombra di quel bacio.
Ora non aveva più dubbi; il suo cuore aveva scelto.


 


 


 


«Bombur, vacci piano.»
Bofur aveva dato uno schiaffetto sulla mano del fratello, facendogli ballonzolare la ciotola di stufato che teneva tra le mani. 
Nella grande Sala si alzavano i canti dei nani, li sentivano far cozzare i boccali e ricordare le antiche gesta della loro gente, illuminati da piacevoli fiaccole appese alle pareti.
Bombur e Bofur si erano separati dal gruppo e s'erano ritrovati nello spiazzo esterno, sulla roccia, dove molti giorni prima Berit s'era rifugiata a guardare il manto bluastro – aspettando l'arrivo dei nani rimasti a Esgaroth. Questo Bofur non lo sapeva, ma lo sapeva Bombur e ora erano  a mangiare insieme, stringendosi nelle loro giacche pesanti mentre il venticello freddo li avvolgeva senza infliggere ferite nelle loro ossa.
Il nano panciuto s'era soffermato più volte a guardare il volto del fratello mentre mangiava, aveva notato i suoi occhi ancora gonfi e stanchi e l'ombra di un sorriso non più così felice. Finalmente quel giorno stava giungendo al termine e – sperava – che all'alba del prossimo Sole il dolore si sarebbe trasformato in un soave ricordo, senza più rimpianti o rimorsi. Forse sarebbero serviti molti più Soli di quello che pensava ma – d'altronde – un nano che ha perso qualcosa sa fin troppo bene cosa vuol dire convivere con un vuoto che non verrà mai più colmato.
«Ma io ho fame.» Si lagnò Bombur, gonfiando le guance.
«Oooh, davvero? Non l'avrei mai detto.»
«Non mi prendere in giro.» Sbuffò Bombur, stringendo la sua ciotola con forza.
Bofur aveva sorriso di nuovo e gli aveva dato un altro schiaffo alla mano, molto leggero, prima di ritrarsi stringendo il suo pezzo di formaggio tra le mani.
«Un giorno ti ritroverai così panciuto che non riuscirai a camminare, fratello, se continui a ingurgitare tutto questo cibo.»
In effetti, davanti a Bombur, stavano adagiate già quattro tristi ciotole vuote. Bombur le guardò con un sospiro e fece spallucce, riprendendo a mangiare.
«Oh, scusate.»
La voce di Bilbo si palesò alle loro spalle ed entrambi si voltarono per osservare lo hobbit spuntare sotto la luce della Luna crescente. Non lo avevano sentito arrivare, era proprio vero che gli hobbit erano silenziosi e lesti come leprotti. Bofur aveva sorriso e Bilbo fece altrettanto, soffermandosi a pochi passi da loro.
Bombur strinse ancora la ciotola tra le mani e alternò lo sguardo su entrambi. Sapeva bene dell'amicizia profonda che si era creata tra i due e – con più consapevolezza rispetto al passato – si ritrovò ad issarsi con un po' di fatica dalla sua sporgenza rocciosa, sistemandosi le braghe con una manata. Non aveva voluto lasciare Bofur da solo neanche per un secondo, da quando era successo, ma ora era il momento di lasciare l'onere a qualcun altro che poteva comprenderlo senza bisogno di troppe parole.
«Io vado a prendere un altro po' di maiale. No insomma, volevo dire, vado a cercare Bifur.» Si corresse Bombur all'ennesima occhiata fulminea del fratello. Quello lo guardò con scetticismo ma fu l'unica cosa che gli rivolse quando lo vide sgattaiolare via, facendo rimbombare il passo fino alle grandi scalinate. Bilbo fece un sorriso e si ritrovò a guardare – di nuovo – verso Bofur. Fece un altro passo e si ritrovò a passare di fianco ad un piccolo telo di stoffa, abbandonato lì da chissà quanto tempo, quando vi si avvolgeva per scaldarsi, desideroso di fare compagnia a Berit nelle sue perlustrazioni stellari notturne.
Venne invaso da quel ricordo e dovette pigiarsi le labbra tra loro per celare il malcontento che gli annebbiò lo sguardo.
«Volevi allontanarti dagli schiamazzi, eh?»
Bofur interruppe i suoi pensieri, ritornando a mangiare il suo formaggio. Aveva distolto lo sguardo da Bilbo ma ancora sorrideva. Forse non era più lo stesso sorriso di prima ma era felice che continuasse a farlo; non lo aveva perso come aveva temuto, durante il funerale.
«Oh in verità – ecco – volevo salutarti.»
Bofur si voltò di scatto, sgranando gli occhi. Per poco non gli volò dalle mani il tocco di formaggio.
«Stai...stai partendo adesso
«No, no!» Bilbo scosse il capo, snudando un sorriso poco convinto. «Partirò domani ma...ecco volevo, sì ecco io...»
«Oh Bilbo, finalmente rivedrai la tua amata Contea.» Bofur aveva ripreso a sorridere. Aveva ben colto il momento di disagio di Bilbo, dire addio non era mai facile, specie quando aveva il sentore amaro di una parola che non voleva essere detta.
«Già.» Bilbo sorrise con più vigore, rialzando il capo riccio e restando a guardare l'amico con occhi sottili. Aveva infilato le mani in tasca e – seppure la voglia di accarezzare l'Anello era stata invadente – era la ghianda che sfiorava con le dita, con carezze profonde e nostalgiche.
«Mi è mancata molto. Sono felice di tornarci, e vederla con occhi...nuovi, sì.»
«Casa è sempre Casa.» Aveva mormorato Bofur riflettendo il suo stesso sorriso. 
Il nano aveva notato le sue dita intrufolarsi dentro la giacchetta ma non aveva dato voce ai suoi pensieri, rimanendo a guardarlo in silenzio.
«Io...io ecco volevo ringraziarti, sai? Insomma, è stato...è stato un viaggio molto lungo, e alquanto indigesto in alcuni punti, sai scomodo e difficoltoso, e ho persino preso il raffreddore eh-eh» Bilbo aveva abbassato di nuovo il capo, con aria imbarazzatao. «Ma tu, tu hai sempre creduto in me, fin dall'inizio, e sono felice che non mi hai “permesso” di scappare via dalle Montagne Nebbiose, quella sera.»
«In verità ti avrei fatto andare via, quella sera.» Replicò Bofur con un sorriso addolcito. Le solite fossette gli incisero le guance e Bilbo sorrise con più fermezza, per quello.
«Lo so. Ed è per questo che ti ringrazio. Hai sempre voluto il mio bene, a discapito del...vostro. È una cosa così nuova per me, non ho mai avuto amici pronti a fare questo, per me. Pronti a rischiare tutto pur di salv...insomma pur di...»
«Sono io che devo ringraziare te, Bilbo.» Mormorò Bofur. Aveva smesso di mangiare e lo fissava con occhi grandi, ancora gonfi di pianto e spenti della loro solita luce. «Tu ci hai salvato. Fin da quando hai corso per il sentiero a Lungacque.»
«Me...me lo stanno dicendo tutti, ma perchè io non mi sento...non mi sento...?» Bilbo ci provò a parlare, balbettando parole scomposte, prima di sentire la mano di Bofur sulla sua testa.
Nessuna pacca questa volta, solo una leggera carezza, carica di affetto.
«Tu sei il nostro finale migliore. E ogni nano sarà leale ai Baggins finché vi sarà onore nei loro cuori.» Bofur pigiò le labbra tra loro, socchiudendo le labbra. Forse non era il suo quindicesimo finale, ma – nel male – v'era sempre qualcosa di buono da trovare e lui, in questo, era sempre stato bravo. Vedere il boccale pieno anziché vuoto era una forza che gli invidiavano in molti, d'altronde. «Se te lo dicono tutti allora credici anche tu, per una volta. Avevi detto che non sai cavartela nelle Terre Selvagge eppure eccoti qui; forte e coraggioso. Gli hobbit sono pieni di sorprese, amico mio.»
Bilbo aveva premuto le labbra tra loro per evitare di piangere per l'ennesima volta, quel giorno. 
Ogni parola detta dai nani aveva valore, per lui, ma adesso poteva crederci sul serio, in fondo.
Non si sentiva un eroe ma, di certo, qualcosa aveva fatto. Ed era poco reale nascondersi nella modestia di quei gesti; Gandalf glielo aveva detto, se fosse tornato a casa non sarebbe stato più l'hobbit di una volta. Ed aveva ragione.
Aveva proprio ragione.
«Ho una cosa per te.» Aveva detto d'un tratto Bilbo, tirando su col naso. Dalla giacchetta aveva tirato fuori un papiro arrotolato e – ora – glielo aveva puntato contro il naso a Bofur, sventolandolo appena.
«Per me?»
«In verità non era per te.» Bilbo sospirò e, questa volta, un paio di lacrime gli sfuggirono sul serio dal volto. Non appena Bofur lo notò lo sguardo gli si ombreggiò di nuovo, corrugando la fronte. Aveva sfilato via la presa dal capo di Bilbo e aveva afferrato il papiro con lentezza. 
«Era per...» Bilbo aveva bloccato il dire per guardare in volto il nano e quello aveva fatto lo stesso. Bofur aveva lo sguardo lucido, ora, colmo di lacrime. «...non l'ho mai ringraziata per la mappa. Insomma non che lei mi desse mai l'opportunità di farlo, credo che non amasse molto cose di questo genere ma...ecco, mi sono fatto aiutare da Ori, diverso tempo fa. Volevo darglielo alla fine di tutto ma...»
Bilbo tirò su col naso, di nuovo, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano e Bofur aveva preso a srotolare in fretta il papiro.
Era un disegno.
Il papiro era tutto stropicciato e il carboncino un po' sbavato e sfumato agli angoli ma ciò che v'era lì sopra era ben inciso, come un ricordo lontano. 
Erano Bofur e Berit, dritti e sorridenti sopra il tavolo di Bilbo, lei con un boccale in mano e lui con il flauto. 
Intorno a loro v'erano ciotole e cibi e – se ci si immergeva a fondo – si poteva ancora sentire il suono di quella musica lontana.
Questo Bilbo lo detesta.
«È il primo ricordo che ho di voi. Nitido, insomma. Eravate molto contenti lì sopra, mentre prendevate a calci le mie stoviglie e mangiavate il mio cibo. E..insomma credo ancora che ci siano le pedate dei vostri stivali sul mio tavolo ma...»
Bilbo si bloccò perché notò Bofur in preda a dei singhiozzi silenziosi. Il petto sussultava ad ogni lacrima che scendeva e moriva sulla mandibola, scivolando sulla pietra. 
Stringeva i lembi del papiro con forza e aveva gli occhi chiusi, intrisi di pianto.
«Mi manca così tanto.» Soffiò Bofur con tristezza.
Bilbo aveva sentito di nuovo quel dolore nostalgico prendergli il petto e, lentamente, s'avvicinò al suo amico e gli cinse la testa in un abbraccio.
Non era stretto e irruente come quello dei nani, ma era tutto ciò che poteva esprimere. 
«Ogni secondo, ogni volta che...non c'è un attimo in cui non pensi a lei.» Singhiozzò Bofur, abbandonandosi a quel pianto. «Farei qualsiasi cosa pur di sentirla ancora con me.»
«Lo so.» Rispose Bilbo, chiudendo gli occhi. «Manca tanto anche a me.»
Rimasero in silenzio per diversi secondi, abbandonandosi all'ennesimo pianto, dove i ricordi si aggrovigliarono insieme. Lasciare andare Berit era stata la cosa più difficile che avesse mai fatto Bofur e - ancora - non voleva pensarci. Non voleva crederci. Non voleva sentire nessuno dirgli "mi dispiace", ma aveva amici leali che - per sua fortuna d'altronde - non avevano intenzione di fargli provare quel dolore in solitudine. 
Fu lui, il primo, a staccarsi da quella presa, tirando indietro il capo.  Aveva smesso di piangere ma aveva il volto tutto arrossato e la ferita sul volto bruciava un po'. Bilbo tornò a guardarlo e – come un ricordo veloce – si ritrovò a guardare quel disegno con un sorriso amaro sulle labbra.
«Se provi a insudiciarmi il foglio di lacrime me lo riprendo.»
Bofur sgranò gli occhi per un secondo prima di cominciare a ridere, scuotendo il capo. Diede una spintarella a Bilbo, leggera, prima di arrotolare il papiro e tenerselo stretto contro il petto.
«Questa è proprio una di quelle cose che avrebbe detto lei.» Disse Bofur, pigiando le labbra tra loro.
«Sì...sì infatti.» Rispose Bilbo, stringendo gli occhi tra loro. Rimasero in silenzio ancora qualche istante, asciugandosi le lacrime.
«È » Bofur tirò su col naso, di nuovo. «un regalo bellissimo, grazie Bilbo.»
Bilbo sorrise di nuovo e piegò il capo riccio, alzando le spalle. Fece per fare un passo indietro ma Bofur s'alzò quasi di scatto, andando a infilare la mano dentro la sua giacca. 
Ci mise un bel po' di tempo a ritirarla fuori, ostacolato dalla cotta di cuoio che ancora gli copriva il busto.
«Anche...anche io ho qualcosa per te, aspetta.»
Tirò fuori un papiro, messo un po' meglio rispetto a quello donatogli dallo hobbit, e lo porse a Bilbo con un po' di irruenza, che quasi lo colpì sul naso.
«C-cosa?» Bilbo riuscì a prenderlo ma aveva sgranato lo sguardo, perplesso.
«Berit sapeva che avevi perso la tua mappa. Lei è sempre stata così, le piaceva far stare bene i suoi amici.» Disse Bofur, sorridendo pienamente. «E così ha voluto...farti un altro pensiero. Te l'avrebbe donata prima ma è così...» Bofur si bloccò, evitando di cadere di nuovo nel pianto. «Era così distratta.»
«Ma...ma...io...» Bilbo non aveva più molte parole. Prese in gran fretta quel papiro, srotolandolo sotto gli occhi sorridenti del nano che aveva di fronte.
Non appena aprì il foglio si ritrovò – perfettamente nitida – una mappa. 
La mappa dell'intero viaggio; partiva dalla Contea, passava per le Terre Selvagge, Gran Burrone, le Montagne Nebbiose, si delineava nella Carroccia, si fermava nella casa di Beorn e proseguiva per Bosco Atro, fino al Fiume che portava a Pontelagolungo. E poi la Montagna Solitaria, che si prendeva un bello spazio nel lato destro della mappa, ove dimorava il disegno di un grande Drago rosso, che vegliava il tesoro con la sua spire di fuoco. V'era una freccia che portava sul disegno di Smaug e sotto c'era scritto, con lettere incise 
Hai preso in giro un drago, Cavalca Barili, questo lo dovrai raccontare alle tue festicciole nella Contea. I piccoli bambini hobbit ti reputeranno un eroe come nessuno. Ah, una piccola nota o Ori si offende, mi ha aiutato anche lui in questo. Il suo lungo naso è sempre onnipresente, accidenti!”
Bilbo aveva sorriso pienamente a quella frase ,gli erano scivolate giusto altre due lacrime, sulle guance, ma cariche di un sentimento più piacevole della tristezza.
Aveva rialzato gli occhi su Bofur e lui stesso sorrideva, nel luccichio dello sguardo, respirando con le labbra chiuse e il petto ancora un po' tremante. 
Il vento li stava avvolgendo ancora e scompigliava i capelli e faceva danzare le vesti. Qualche foglia – lontana – vorticava in un piccolo turbine invernale.
«Sai...» aveva cominciato Bilbo, riprendendo il controllo di sé stesso, mentre stringeva al petto la mappa. L'aveva infradiciata di lacrime. «...quando vedo solo roccia non – non sogno i canti degli Elfi, o il prato verde, o il battito d'ali degli uccellini lontani.»
Lo hobbit aveva rialzato lo sguardo e si strinse nelle spalle, caricando il sorriso fino ad illuminare l'intero volto.
«Io sogno voi









 

NA.
Saaaaaalve a tutti. Dopo un intensissimo S. Patrick mi sono immersa nel PENULTIMO (ebbene sì ç_ç) capitolo della mia storia. Avevo sperato uscisse un po' meglio maaaa stamattina sono un po' rimbambita (che poi è già pomeriggio, ma dettagli!) quindi lo tengo così e mi concentrerò meglio sull'ultimo capitolo il più presto possibile.
Grazie alle mie donzelle di fiducia, che sicuramente dopo questo capitolo mi recensiranno ancor peggio di flash *///* uhuhuhu! E grazie a chi mi segue in segreto e in silenzio <3 vale tutto anche per voi. Ah e volevo ringraziare Obession_91 che mi ha aggiunto nelle storie preferite/seguite! Grazie grazie grazie mille di cuore.
ps. So che aspettavate questa Figrid dal profondo del cuore e, il fatto che io l'abbia inserita ADESSO e non prima, è una cosa che spiegherò bene la prossima volta. Non temete *_*
pps. Non ricordo più cosa volevo scrivere, olè v.v
Vabbè niente vi saluto e spero che il capitolo vi piaccia *_* a presto!

  
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