Storie originali > Commedia
Segui la storia  |       
Autore: LadyKo e Brucy    14/12/2008    3 recensioni
Una vita passata a leggere manga. Fratelli gemelli per non dire siamesi, doraemon in libertà, grembiulini rosa, orsi vaganti, teppisti masochisti e oche formato parassita... ma di che manga stiamo parlando?!
L'Italia incontra il Giappone.

Da LadyKokatorimon & Brucy.
Genere: Romantico, Commedia, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ore 13

Ore 10 e 11

Punto imprecisato della metropolitana di Tokyo

 

Come si dice di solito? “Donne e motori, gioie e dolori”?

Ma se ne andasse a cagare chiunque l’abbia mai detto.

Io e la mia macchina non possiamo stare l’una senza l’altra senza che una nuvoletta nera e pronta a far temporale si cominci ad addensare sopra la mia testa. Io e la mia compagna fedele, io e la mia socia inseparabile, io e la mia adorata Mini viola susina (non prugna.. assolutamente non prugna!). Una donna e lo strumento che le permette di non ammazzarsi sopra i suoi piedi o sopra una squallida metro.

Io e la mia macchina. Non ci può essere accoppiata più vincente.

E come volevasi dimostrare, non tutti gli strumenti sono altrettanto efficienti.

Mi volto al mio fianco, con la faccia più assurdamente esasperata che il mio repertorio possa offrire, e trovo seduto al mio fianco il mio marcantonio personale a scodinzolare come un cane all’ora dei croccantini.

E tutto questo perché sono lontana dalla mia macchina.

Tutto questo perché Kuma Arai possiede uno spiccato talento recitativo. In ogni caso, mi sto portando dietro un peso inutile, e non ho neanche il coraggio di scaricarlo. Che dolce animo da caga sotto che mi ritrovo.

-Ehm.. Taro san?-

-Si, Vittoria san?- non so come esprimere il concetto in modo delicato senza far polpette del suo piccolo, fragile cuore innamorato seduta stante. Io non sono mai stata innamorata di nessuno e nessuno è mai stato innamorato di me, non ho esperienza nel campo e stavo anche tanto bene come stavo, tanto piacere. Se vi calpesto per strada mentre vado particolarmente di fretta non guardatemi male, è tutta colpa della mia incapacità genetica di avere cura di qualcosa, ma basta soltanto farci l’abitudine. Anche se, per quanto riguarda Taro, dubito che possa rischiare di essere calpestato da me.

-So che in tutta probabilità sarà impossibile fartelo capire senza sembrare brusca, giusto un tantino, ma…- deglutisco -…io avrei bisogno dei miei spazi sai?-

Da appiccicato a me, quasi fino a sembrare un koala aggrappato al sedile, improvvisa un lungo salto pseudo mortale all’indietro, muovendo contemporaneamente la testa in avanti e in dietro in un inchino di scusa. Una signora, della discreta folla di passeggeri, con tutta l’aria della casalinga cinquantenne disperata, lo fissa senza sapere se rimproverarlo di esserle venuto addosso, o se chiedergli di ravvivare la sua triste vita con un po’ di dolcezza. Se la fila scuotendo la testa, staccando gli occhi dal fondoschiena di Taro solo quando le porte le si chiudono in faccia, dopo la sua discesa.

-Scusami…- dice, asciugandosi il viso non so per quale motivo -…ma non mi pareva il caso di lasciar andare da sola una bella ragazza come te, girano brutti ceffi! Pronti a prenderti, rapirti, chiedere un riscatto per il tuo rapimento, picchiarti, menomarti, chiedere un riscatto per un tuo braccio, stuprarti, sfigurarti…-

-Si si, ho afferrato il concetto..- ma vuole mandarmela o cosa? -… sono una piccola, dolce, indifesa ragazza nel bel mezzo di una grande, crudele metropoli senza scrupoli… a questo ero già arrivata-

-E poi mio padre mi ha buttato fuori dall’agenzia- ah, ecco come stanno le cose veramente. Lo dice ridendo, ma lo vedo arrossire un po’ per l’imbarazzo, ricordarlo non deve farlo sentire molto virile.

-Come procedono i suoi esperimenti con il pesto, a proposito?- anche se poi, stamattina, ha chiamato a casa in lacrime come se l’apocalisse fosse stata imminente, facendomi correre all’agenzia col cuore in gola, per poi scoprire che non riusciva a ricordarsi se ci andava o no la besciamella sulla lasagna ai funghi. E, come se non bastasse, suo figlio mi si è attaccato addosso come una piattola, offrendomi di accompagnarmi all’università, dato che la macchina l’aveva presa Sis, dato che la sua moto aveva qualche problema, ed io ero venuta con la metro. Tutto il mondo, a quanto pareva, era improvvisamente desideroso di provocarmi immenso dolore tutto in una volta.

-Affatto bene…- risponde, sconsolato -…dato che non sapeva che formaggio metterci ha provato con il tofu fuso. Una cosa assolutamente orribile-

Annuisco, comprensiva. –Ma ha mai pensato di provare con un libro di ricette, o magari con internet? Sono fonti d’informazione molto, ma molto, più attendibili di me-

Approva con un ripetuto movimento della testa, preso dal suo stesso dramma, evitandosi di rispondere con quel che entrambi sappiamo fin troppo bene, e ci accorgiamo di essere finalmente arrivati. La strada fino all’università è breve.

Interrompe il suo racconto del “Cous cous del terrore”, per squadrare il solito cancello rosso che ha tutta l’aria di poter essere l’entrata degli inferi. Non sembra molto stupito, o almeno non come me quando lo vidi la prima volta.

-Infernale eh?- lui mi guarda, come se non avesse capito.

-Intendo il cancello- lo indico, nel modo più maleducato possibile.

-Tu dici?-

-Lo dico, lo dico- ride, neanche avessi detto un'assurdità, pensando forse che, a quanto pare, ho molto più bisogno di essere protetta di quanto avesse pensato. Non da stupratori, non da maniaci, non da scippatori, non da assassini senza scrupoli, ma da grossi cancelli rossi sulla bocca dell’oltretomba. Piuttosto curioso.

-Vittoria san, è soltanto un cancello!-

-No..- replico, con decisione.

-Ce ne sono di simili in tutto il Giappone!-

-Tsè, manchi di gusto artistico- lo lascio indietro, ma so perfettamente che mi seguirà.

Anche se sarebbe meglio per entrambi che non lo facesse. Se solo non fosse così assurdamente imponente, lo prenderei a calci nel suo bel sederino fino a farlo tornare a casa dal suo paparino con la coda tra le gambe.

Ecco appunto. Mi potrei disciogliere di punto in bianco e dileguarmi nello scarico fognario più vicino? Cerco di voltarmi, di dimenticarmi anche come mi chiamo se possibile, ma una mano si posa su una spalla, e una sull’altra. Questa cosa non mi piace affatto.

-Vittoria san?-

-Vittoria chan?-

Non mi rimane che cercarmi una via di fuga, oppure di fare Suppuku con la mina di una matita, o con l’antenna del cellulare. Porca troia, il cellulare non ce l’ha nemmeno un'antenna!

-Buongiorno, Sumeragi san- e da quando in qua io m’inchino davanti ad un porco maniaco?

Rivolgo il più terribile degli sguardi omicidi ad Ikki, che fa dondolare senza motivo il sottile codino di capelli neri tra il pollice e l’indice, col suo solito sorriso da chi trama qualcosa d’illegale, o pornografico, o anche tutte e due le cose insieme.

-Cos'è oggi questa cortesia?-

-Cortesia? Non capisco davvero di che cosa tu stia parlando!-

-Ah, pazienza! Mi piaci anche così- se, e io sono nata l’altro ieri guarda!

Scuote la testa, rimettendo il codino al suo posto, esattamente allineato al collo sottile, e noto solo in questo momento che manca qualcuno o qualcosa.

-E Ikku san?-

-È stato trattenuto e non ha potuto appostarsi, cioè volevo dire…- sta sudando mica freddo? -… non è potuto venire a porgerti i suoi saluti mattutini- sorriso a centocinquanta denti.

-Non me la racconti giusta..- borbotto -… hai ucciso tuo fratello e nascosto il suo cadavere da qualche parte? Un po’ mi dispiacerebbe, sembrava una di quelle persone che da’ un grande apporto alla società-

-Ma come sei crudele, Vicchan!- ma mi sa che un pochino ci ho preso, dato che il suo sudore sembra parecchio persistente. Poi, improvvisamente, mi ricordo di avere ancora una grossa piattola pronta ad attaccarsi a me, e tanto meno decisa a staccarsi molto facilmente. Piattola più, piattola meno… ci sarà un tombino in cui calarsi senza farsi male?

-E lui chi sarebbe?- e, tanto per il gusto di rendere più socialmente asfissiante la situazione, Taro non è logisticamente in grado di passare inosservato. Porco dio porco e pure la madonna *!

-Taroemon Arai, ventidue anni, figlio di Kuma Arai, proprietario dell’agenzia di viaggi “Kuma on the road”, in cui lavoro, e che in un insolito miscuglio d’inglese e giapponese significa “Orso sulla strada”. È alto un metro e novanta, altezza considerevole, e ti conviene non stuzzicarlo troppo perché, se solo volesse.. ma di solito non lo vuole, potrebbe ridurti in una poltiglia molliccia e poco riconoscibile. È mio collega di lavoro e si occupa…-

-La vuoi smettere di parlare a macchinetta! Mi stai assordando!- ghigno.

Tutto frutto di lunghi esercizi di dizione e resoconti dettagliati su monumenti storici, sparati a palla davanti ad una folla di turisti scazzati di cui, spesso e volentieri, la metà è stata portata in Giappone da un otaku entusiasta e saltellante contro la loro volontà. Il tutto per far loro dimenticare di essere al mondo, e far finire la visita in fretta. La mia capacità polmonare ne è uscita quadruplicata.

-Bene, ora che le presentazioni sono state fatte, io me ne andrei in classe…-

-Ferma qui tu-

Prima che potessi attuare finalmente il mio piano di fuga, la bella mano affusolata e bianca di Ikki mi ha già afferrato saldamente. Deglutisco, percependo il pericolo con il mio intuito che non ha proprio niente di femminile.

-Si, dimmi Ikki san- sorriso a centocinquantuno denti.

-Chi sarebbe questo qui, Vicchan?-

-Te l’ho già detto, Ikki san-

Tutt’ad un tratto smette d’analizzarmi come fossi un pezzo raro, e scruta Taro da capo a piedi con quella sua occhiata a raggi laser che ti può far sentire nudo e vulnerabile, poi si avvicina, e lo annusa. Dopo lunghi momenti d’indagine impegnata, in cui Taro non spiccica parola, come ha fatto fin dall’inizio, Ikki si tende all’indietro.

-Piacere, Taro san- ma le parole e il modo in cui sono state dette non vanno per niente a braccetto. Gli porge la mano, e la stringe con forza sufficiente per tutti e due.

-Piacere mio- balbetta. Non mi pareva neanche di ricordare che sapesse parlare.

-Allora, che cosa studi?-

-Niente-

-Io e Vittoria san frequentiamo la stessa facoltà…- e che cacchio dovrebbe c’entrare?

-Capisco-

-Proprio un caso eh?-

-Caso sto cavolo- cerco d’interromperli, ma il fatto che non capiscano la mia lingua rende poco incisiva l’obiezione, e guardo la faccia angelica di Taro contrarsi. Non sta capendo nulla di quel che sta succedendo. Tipico di lui.

Un po’ mi fa pena.

-E lei, quando può, si siede sempre vicino a me…-

-Veramente il più delle volte non mi accorgo neanche della tua presenza-

-Capisco- replica Taro, condiscendente, ignorandomi.

Il momento prima tutti mi amano, e il secondo dopo neanche fanno caso alla mia esistenza. Che il mondo mi considerasse almeno quel poco era soltanto una bella illusione. Blutto mondo cludele.

-E mi guarda tutto il tempo, non stacca gli occhi neanche per un secondo…-

-Veramente io cercherei di seguire la lezione, hai presente? Le università servono a questo, ad arricchire il proprio bagaglio culturale-

-… e mi chiama ogni due secondi! “Ikki chan! Ikki chan!”-

-Ma che diavolo ti sei fumato?-

Non mi sente per niente -Poi appoggia la testa sulla mia spalla…-

-Se non la smetti di sparare cazzate ti stacco il gingillo e lo butto in una fogna-

Il termine “gingillo” non è interpretato al giusto modo -… mi guarda…-

-La vuoi smettere?-

-…Io la guardo…-

-Zitto!-

-… ci guardiamo…-

-Taci!-

-E… allora…-

-BASTAAAAAAAAA!-

Cazzo, avrò la faccia tutta rossa! Io lo uccido, io lo ammazzo, lo faccio entrare nel coro delle voci bianche dell’oltretomba. Maledetto idiota!

-Si può sapere cosa cazzo stavi dicendo?-

-La verità- sorride come una specie di antagonista malefico.

Taro è rimasto imbambolato, con lo sguardo puntato all’orizzonte e le pupille sbiancate. Avrà creduto ad ogni sua singola parola e a proprio nessuna delle mie. Tipico di lui. A volte mi chiedo se ami me o tutto ciò che mi contraddice.

Per lui, probabilmente, il pesto si fa ancora con il tofu fuso.

-Non capisco perché avrebbe dovuto interessarti…- inizio, con noncuranza -… ma sappi che non era vero. Ad Ikki san piace sparare cazzate senza motivo-

Anche se un motivo c’era, e non mi piace per niente.

-Non erano cazzate!-

-Se non stai zitto ti castro!-

-Capisco, capisco- la sua voce sfuggiva ancora alla mia memoria -.. non me la sono presa- se , e io sono nata l’altro ieri.

Vederlo così mi fa sentire strana. La sua schiena è sempre un po’ curva, data la sua altezza è abbastanza normale, ma ora mi appare piccolo piccolo, come se all’improvviso si fosse arrotolato su sé stesso per scomparire davanti ai nostri occhi e non farsi più vedere da nessuno. Poi, essere gentile con lui mi viene un po’ difficile, più propriamente essere gentile con chiunque mi viene difficile, ma mi avvicino a lui, e gli accarezzo la testa. Per un cagnolino fedele come lui dovrebbe andare bene.

I jeans sulle gambe spropositatamente lunghe e solide, si tendono mentre si china alla mia altezza, e le mie dita scompigliano un po’ i capelli castani.

-Noi andiamo a lezione- sorrido, e lui mi ricambia. Ikki sbuffa, come se tutto ciò lo annoiasse, ed è proprio così. Ma lo ignoro: occhio per occhio, dente per dente.

-Ci vediamo all’agenzia!- al momento mi sfugge anche il motivo per cui mi stia trascinando dietro Ikki, e anche a quale cavolo di lezione dovrei andare.

Avevamo anche un altro po’ di tempo, dannazione.

La mia tendenza a fuggire, al momento, mi fa più rabbia che schifo.

 

 

*Mi scuso con chi è credente, ma purtroppo la bestemmia fa parte del mio personaggio XD

 

 

Ore 13.02

Stanza imprecisata d’un imprecisato appartamento d’Ikebukuro

 

-Oh porco mondo!- sbotto senza neanche fare caso a ciò che dico, mentre la mia voce si disperde nella stanza e invade la casa, sovrastando la musica a palla che mi sto ascoltando da quando ho avuto la forza di alzarmi definitivamente in piedi e che non ha smesso un secondo di allietare le mie orecchie, e immagino assordare quelle dei vicini.

Strano che non abbiano ancora buttato giù la porta in effetti.. mhà, valli a capire

Continuo a tenere spalancati occhi e bocca, in un'espressione pressoché terrificante, nonostante inizi a sentire l'esigenza di sbattere le palpebre, mentre sullo schermo del portatile, poggiatomi sulle gambe piegate, danno mostra di sé le immagini che ieri sera la sis mi ha consigliato di guardare appena potevo.

Mi ha detto di darci un'occhiata, se ne avevo voglia.. e altro che voglia!

Qua si parla di costrizione, di obbligo, di senso del dovere e rispetto per se stessi!!!

E mentre il mio Omino del cervello si perde nelle sue fantasticherie, io continuo a perdere litri e litri di bava osservando cosa questo sito di immagini yaoi ha da offrire ad una povera insane-girl come me.

Le mani poggiate sul tatami, le gambe molli e la schiena piegata a novanta. Le iridi scure, profonde e lacrimanti di *Sasuke ricambiano il mio sguardo appannate dal desiderio, mentre il suo carissimo e bellissimo onii sama gli è quasi sdraiato addosso, con una mano a carezzargli o stringergli i capelli e l'altra qualcos'altro nascosto purtroppo dalla posizione.

Nell'immagine seguente si vede benissimo e dettagliatamente cosa le mani di *Itachi stiano toccando.

Tra l'altro non lascia spazio alla fantasia il modo in cui lui stesso è disegnato.

Ripiegato sul fratellino, che comunque indossa ancora il suo kimono ormai aperto quasi del tutto, completamente nudo, con il petto muscoloso in bella mostra e i capelli liscissimi lasciati sciolti. La testa piegata all'indietro, il volto quasi sofferente e allo stesso tempo impaziente di raggiungere l'amplesso rivolto verso l'alto.

L'immagine successiva poi mi fa definitivamente secca.

Cazzo

Mezzora dopo sto ancora sbavandoci sopra e devo davvero farmi forza, facendomi tra l'altro bestemmiare dai miei neuroni russi non contenti della mia decisione, per riuscire a staccare gli occhi dallo schermo e riprendere un po’ del mio autocontrollo, e visto che la tentazione di ritornaci a sbrodolare davanti è veramente forte decido di mettere in stand-by così da impedirmelo momentaneamente.

Che razza di masochista

Dando uno sguardo all'orologio e sentendo un lieve brontolio, per non dire ruggito solito di un leone lasciato a digiuno da mesi, provenire dal mio stomaco decido che sia giunta ora di mandar giù qualcosa, e con sempre i Linkin Park a tutto volume raggiungo la cucina, dove però mi pianto davanti al frigo per una buona manciata di minuti.

Contando il fatto che se mi metto a cucinare faccio esplodere l'intero Giappone, tanto che passerei alla storia come l'erede di Bin Laden, le uniche opzioni possibili sono gli onigiri.. ne è rimasto qualcuno al tonno e al salmone quindi decisamente vada per i Sake.

Dopo aver preso l'occorrente torno in camera e prima di riaccendere il pc faccio un lungo sospiro come per farmi forza.

Mi raccomando, accendi, salvi le doujinshi e poi chiudi il sito.. no devi chiuderlo.. chiudilo.. sai cosa signifi-HO DETTO CHIUDILO!! VUOI SBAVARE ANCHE SUL PRANZO O COSA??! VUOI STROZZARTI COL CIBO MENTRE SBAVI SU QUEI FIGONI DA PAURA??! E NON RISPONDERE DI SI! QUA LA COSA E' SERIA E SI FA COME DICO IO! NIENTE MA! CHIUDI QUEL SITO E FAI DELL'ALTRO!!.. che tanto poi ci ritorniamo dopo, quindi poche storie su!

Oggi il mio Omino del Cervello sembra più convincente del solito.. potrebbe fare quasi paura, sì…

Comunque, mentre addento l'onigiri più grosso che c'era, e che a stento riesco ad infilarmi in bocca, il mio sguardo ricade su un pezzo di carta che ho volutamente appeso alla parete, assieme a tutti i poster, disegni e altre cazzate meno importanti che mi tappezzano la camera.

Un pezzo di carta che mi ha decisamente fatto sentire un microbo insignificante al solo riceverlo, figurarsi poi leggerlo.

Mi alzo per prenderlo e stando attenta a non strapparlo lo stacco dalla puntina che lo teneva appeso al muro, per poi tornare seduta e, con la voglia assurda di farmi apparire una vanga in mano e sotterrarmi da sola, rileggo la lettera di auguri scrittami dalla sis per il mio diciottesimo compleanno. Parola dopo parola il mio imbarazzo aumenta a dismisura, oltre che alla frustrazione.

Quella volta mi sono veramente sentita una fallita.. lei era riuscita a fare una cosa che io non avrei mai potuto fare..

Sei patetica, sappilo

E mentre ringrazio il mio Omino di avermelo ricordato, evidenziato e sottolineato senza neanche un po’ di riguardo, nonostante non ce ne fosse alcun bisogno visto che ne sono pienamente consapevole, finisco l'onigiri quasi strozzandomici.

Mi chiedo con che coraggio si sia messa a scrivere una cosa simile.. per non parlare poi di cosa le ho scritto io in risposta..

L'imbarazzo aumenta nel ricordare me alle prese con quel foglio di carta che avrebbe rappresentato la lettera di risposta, o meglio, di auguri. Ricordo ancora quanto tempo ci ho passato sopra, sia a maledirlo, a fissarlo torva come a sperare che sparisse con la forza del pensiero, sia a pensare cosa scriverci e alla fine, dopo essermi pienamente rotta le palle, ho preso quello della sis e ho scopiazzato più o meno tutto.

Che vergogna senza fine

Finisco di mangiare con sottofondo Shadow of the day e solo il non voler sporcare lo schermo del pc dei miei sputacchi m'impedisce d'intonare il ritornello, ma quando parte la canzone seguente un mezzo ghigno mi si apre in volto.

Time to burn.. sì è questa..

I The Rasmus invadono la casa, facendo di sicuro impazzire i vicini, che nonostante tutto sto casino non hanno ancora chiamato nessuno.

Molto sospetto

Inconsciamente il mio sguardo ricade ancora sulla lettera della sis, e senza neanche volerlo la mia mente ritorna alla prima volta che abbiamo messo piede in territorio nipponico.. la prima volta che ne abbiamo respirato l'aria..

Il primo giorno di vera e pura libertà

 

17 Marzo 2011

Ore 17.01

Aeroporto di Tokyo, Giappone

 

Eravamo appena atterrati e dopo dodici dannatissime ore di volo il mio aspetto era passato da leggermente cadaverico a morto che cammina, e cercavo di non stramazzare al suolo dopo aver passato la nottata completamente e orrendamente in bianco.

Non che fossi rimasta sveglia per paura di volare, figurarsi.

Ci ero già salita su un aereo, tra l'altro controvoglia, con la tentazione di approfittare dell'alta quota per gettarmi nel vuoto e porre fine alla mia miserabile esistenza. Sì, decisamente il viaggio per la Polonia dove, a destinazione, mi avrebbero accolto quel bastardo di mio fratello e consorte è stata una delle esperienze più brutte della mia vita. E ciò non era riconducibile ovviamente al volo in aereo, sia chiaro.

In ogni caso ciò che più in quel momento mi aveva dato fastidio, per non dire scazzo assoluto tanto che avrei voluto poter brandire una qualsiasi arma letale e fargliela pagare, era sapere che la mia carissima e, le fosse venuto un accidenti brutta stronza che non era altro!, adorabilissima sis aveva dormito benissimo, comodissima fra l'altro, probabilmente sognando colline innevate e i nani della Loacker, alla facciazza mia.

Col sedile piegato al massimo, che tanto dietro di noi non era seduto nessuno, un cuscinetto sotto la nuca comprato all'aeroporto di Roma, la mascherina sugli occhi, i tappi per le orecchie e il sorrisino beato per contornare il tutto.

Per non parlare poi di come russava.. non credo che l'avrebbe presa bene se le avessi detto che per farla smettere l'avevo pigliata pesantemente, e con piena soddisfazione tra l'altro, a pugni.. no, decisamente non l'avrebbe presa bene per niente..

Messe a confronto, poi, di certo non ci azzeccavamo nulla l'una con l'altra.

Io mora dagli occhi metallizzati, lei bruna dagli occhi castani. Alte più o meno uguali, io piatta come una tavola e lei col davanzale in bella vista. E come se non bastasse, in quel momento facevamo un contrasto terribilmente più assurdo di quanto non lo facessimo già normalmente.

A differenza mia che, appunto, sembravo essere affetta da chissà che malattia infettiva, lei mostrava tutto il suo splendore, fresca e riposata come una rosa dopo aver dormito per quasi tutto il viaggio.. le hostess poi che avevano creduto più volte che fosse morta visto che, quando non russava, sembrava neanche respirare..

In ogni caso entrambe non eravamo ancora preparate a quello che stavamo vivendo.. cioè, insomma, eravamo appena sbarcate nella terra dei nostri sogni e non ne sembravamo neanche minimamente toccate.

Errore madornale perché appena ci trovammo davanti l'uscita dell'aereo, entrambe prendemmo finalmente nota della situazione.. e a quel punto fu la fine.

Occhi sbarrati come se avessimo appena visto la *Minekura venirci incontro tutta sorridente, mandibola che toccava terra tanto che ci sarebbe potuto entrare un bambino intero in bocca tanto era spalancata. Di pallore non c'era neanche a parlarne, visto che se lei sembrava avvicinarsi al verdognolo io stavo diventando bluastra.

Le hostess che erano addette a salutare i passeggeri di sicuro ci saranno rimaste secche nel vederci in quello stato, e posso azzardare che se in seguito sarebbero iniziati a spuntare loro capelli bianchi nonostante la loro giovane età.. sì, sarebbe stato solo a causa nostra e dello spettacolo che stavamo gratuitamente mostrando.

Che poi avremmo dovuto darci un contegno.

Insomma, si trattava di sbarcare FISICAMENTE, quindi non solo nei nostri sogni e nelle nostre più rosee e allucinogene illusioni, in Giappone!

La prima impressione era quella che contava eh!!

Ma purtroppo, in quel preciso istante, chiederci un minimo di controllo sarebbe stato decisamente esagerato.

Senza neanche sapere come, dopo un buon quarto d'ora, ci riprendemmo, svegliandoci con la carcassa parallela a terra, con le hostess a reggerci per le braccia terrorizzate per la nostra incolumità, indecise su cosa fare e impreparate per situazioni simili.

Poverette.. fossi stata in loro avrei fatto finta di niente e me ne sarei andata.

Quando finalmente trovammo la forza di reggerci in piedi e scendere il primo gradino della scaletta ecco che riprendemmo finalmente le nostre vere sembianze.. o almeno questo valse per me.

Se io facevo fatica a crederci, con la mia solita difficoltà a convivere con emozioni tanto forti che, invece di rendermi più espansiva, mi facevano chiudere più in me stessa, la mia sis non era di certo della stessa opinione. Mandò fin da subito a quel paese la maschera indifferente che aveva sempre tenuto in Italia per accogliere con entusiasmo la nuova se stessa di natura nipponica.

Provai molta invidia nel sentire quanto riuscisse a esprimere la sua euforia senza nessuno sforzo, ma anziché maledirla, come avrei fatto tempo prima, mi limitai a sogghignare appena, sperando, insolitamente ottimista, che prima o poi anche per me sarebbe arrivato il momento per poter esprimere la mia felicità per il cambio nazione.

Che poi non si trattava solo di cambiare nazione, ed era questo che mi bloccava.. ero come paralizzata, come se il mio sangue stesse circolando al contrario.. non riesco a spiegarmelo neppure ora come davvero mi potessi sentire.. però non avevo mai provato nulla di simile prima di allora.

Scendere quei gradini, mettere piede a terra, respirare.. furono azioni che reputai per la prima volta seriamente importanti.. ricche di significato, intrise di sentimento.

Stavo davvero male, ma a quanto pareva la sis non aveva intenzione di calmarsi neanche un secondo e infatti, inconsciamente, mi diede una pacca sulla schiena forse per capire se davvero tutto ciò che ci stava accadendo era reale e non frutto della sua immaginazione, prendendomi così alla sprovvista mi fece quasi sdraiare sul tapis roulant dove ci eravamo fermate ad aspettare le nostre valige.

-Ops- mormorò, con un tono che palesava un totale disinteresse sul gesto che aveva appena compiuto e sulla possibilità di avermi potuto far male, e rimessami in piedi incrociai le braccia per dedicare qualche minuto per osservarla attentamente.

Si era appoggiata mollemente al nastro trasportatore dove sarebbero dovuti uscire a breve, si sperava, i nostri bagagli. Le braccia distese e le dita incrociate, girava i pollici freneticamente. Le gambe accavallate, un piede che picchiava a terra ripetutamente.

Per non parlare poi della faccia..

Mio dio quella era tutto un programma e mi ero pure sprecata a scattarle una foto col cellulare tanto era assurda.

Gli occhi castani solitamente appannati dal sonno scintillavano accesi da chissà quante emozioni mischiate tutte assieme. Le sopracciglia arcuate tanto da sembrare quasi disegnate. E poi la bocca come chicca finale.

Mai visto un sorriso così abbagliante come quello che si era stampata in faccia ormai da quando eravamo scese dall'aereo e che, probabilmente, non si sarebbe cancellata dal volto tanto presto.

Mettere "sorriso abbagliante" e lei nello stesso discorso era come inserire me e il sole nella stessa frase.. allucinogeno, insomma.

-Stai pensando quello che sto pensando io vero?- disse, finalmente pronunciando una frase completa, mentre aspettavamo fuori dall'aeroporto il taxi che ci avrebbe portate a quella che, da quel giorno in avanti, avremmo potuto chiamare "casa" con tutti i suoi significati affini.

-Mi preoccuperei del contrario, sis- riuscii a biascicare sentendo la voce tremare leggermente, e se se ne accorse anche lei non lo dette minimamente a vedere, continuando a sorridere a settantacinque denti virgola due.

-Non riesco a controllarmi.. se non si sbrigano a portarci a casa mi metto a urlare qui davanti a tutti- mi annunciò, facendomi capire che, in quel momento, sarebbe stata capace di quello e altro ancora, e non potei che darle ragione visto che, nonostante la mia lentezza, iniziavo pure io a sentire l'euforia crescere.. e di certo la nostra scenata nessuno l'avrebbe gradita, e capita, oltre noi.

-Non mi provocare, per favore-

Quando finalmente ci fummo sedute sul taxi, a cui tra l'altro avevamo fatto notare di aver tardato di dieci minuti, e beccandoci la prima occhiata scazzata da un giapponese, evvai!!, sentii i nervi distendersi leggermente e riuscii a stamparmi un mezzo ghigno in volto che finalmente evidenziasse cosa stessi pensando in quel preciso istante.

-Calmati- mi suggerì Vittoria, anche se lei non era di certo nella condizione di consigliarlo a me o a qualcun altro. Se il tassista non si sbrigava ad arrivare a destinazione ci saremmo messe a urlare in macchina, e non credo l'avrebbe presa tanto bene.

Forse però, prendendoci per pazze, non ci avrebbe fatto pagare il viaggio.. avremmo almeno dovuto provarci, miseria..

Credo che il signor tassista si aspettasse la mancia, vista la faccia che aveva fatto contando i soldi precisi che gli avevamo schiaffato in mano, ma in fondo, se normalmente non gliel'avremmo comunque data, nelle condizioni in cui ci trovavamo, elargire mance a destra e a manca era l'ultimo dei nostri problemi.

-Non mi sento bene- balbettai osservando ad occhi sbarrati l'abitazione che imponente ci stava di fronte, e che ai miei occhi sembrava quasi prendersi gioco di noi, sbellicandosi per il fatto che di lì a poco saremmo potute svenire entrambe sul marciapiede.

Nel mio caso si poteva parlare più precisamente di morte istantanea da infarto.. la probabilità di svenire era ormai stata sorpassata bellamente.

-Io sì invece- riuscì a ironizzare la sis, e quando ci voltammo a guardarci finimmo per deglutire all'unisono, per poi sospirare e reggerci a vicenda visto che, oltre a doverci trascinare le valige, cercavamo di impedirci, a noi stesse e all'altra, di non stramazzare al suolo.

Quando ci chiudemmo la porta dell'appartamento alle spalle il dado era ormai bello che tratto.

-Cazzo- biascicammo senza nemmeno sentirci. Ormai i nostri Omini del Cervello erano partiti definitivamente per la tangenziale, per le Hawaii, per Marte o posti affini, ed eravamo pienamente sicure che non sarebbero tornati tanto presto, e di sicuro non per un motivo tanto futile come farci riprendere il controllo della situazione.

Altrettanto sicure eravamo del fatto che ancora pochi secondi e avremmo iniziato ad urlare come due pazze folgorate, che i vicini avrebbero chiamato la polizia, che a sua volta avrebbe chiamato la Neuro, che a sua volta avrebbe chiamato un esorcista che al vederci si sarebbe affogato da solo nell'Acqua Santa pur di non avere niente a che fare con due casi persi e senza speranza come noi.. confortante davvero.

-Oh-mio-dio.. Oh-porca-puttana.. Oh-porco-mondo.. Oh-santo-di-quel-dio-cristo..- iniziò a porconare la sis, non reggendo più la tensione, l'euforia, l'agitazione e tutto ciò che aveva continuato a trattenere con sforzo fino a quel momento.

Io invece rimanevo immobile, osservando un punto a caso del pavimento nonostante non lo vedessi nemmeno. Mi sentivo come svuotata di tutto, e non riuscivo a capire cosa avrei dovuto pensare, dire o fare.

Il mio pallore di certo aveva iniziato a peggiorare, diventando sempre più smorto, più esangue, nonostante non mi sarei potuta capacitare di poter diventare più bianca di quel che già non fossi di natura. Ma forse non stavo diventando più pallida.

Magari, più semplicemente, stavo prendendo chissà che colore. Verde, viola, blu, giallo.. ormai poi che importanza poteva avere se stavo lentamente schiattando senza neanche accorgermene?

-Sis.. mio dio sis.. ti prego dimmi che è vero.. dimmi che è tutto vero.. dimmi che non è tutto un sogno, che è tutto reale, che se mi metto a urlare i vicini ci insulteranno in giapponese, che se mi affacciassi alla finestra al posto di quelle catapecchie che stanno a Lanuvio vedrei altre case, abitate da giapponesi e da neanche un italiano, da neanche una persona che mi conosce.. dimmi che non me lo sto sognando.. cazzo!!! Se provi a dirmi che me lo sto sognando, che sei un sogno, che tra un po’ mi risveglierò nel letto della mia vecchia camera giuro che ti ammazzo! Vengo a Genova e giuro che ti tiro il collo capito? Mi hai sentito?!?- s'interruppe voltandosi finalmente verso di me, con il fiato corto, le pupille dilatate, lo sguardo assatanato e l'espressione di chi era pronto per fare un massacro di massa, o semplicemente pronto per uccidere la propria coinquilina che sarebbe comunque schiattata da sé da un momento all'altro.

Forse si era leggermente sfogata, o forse no, ma le ci volle poco per capire che non l'avevo minimamente ascoltata in quanto ero scivolata a terra non sentendomi più le gambe e avevo iniziato mimetizzarmi col pavimento e il muro.

Mi fu subito vicino e, forse non sapendo cosa fare, iniziò a chiamarmi per poi, dopo essersi rotta decisamente le palle, prendermi leggermente a schiaffi per farmi riprendere.

Non c'è neanche bisogno di precisare che "leggermente" si trasformò in "violentemente" dopo neppure due secondi vero?

Sì, perché alla terza pizza che ricevetti il mio spirito, da dove se ne fosse andato in vacanza, tornò frettolosamente indietro facendomi riprendere momentaneamente i sensi e fermarle il braccio in tempo prima che mi potesse ancora gonfiare la faccia con l'ennesima sberla.

-Che cazzo ti prende all'improvviso?! Ti pare che ti possa sentir male proprio ora che siamo finalmente in Giappone?!? Non puoi prenderti la briga di sentirti male! Non prima almeno che mi sia sentita male io.. oddio..- mi disse a un centimetro dal volto, guardandomi dritta nelle palle degli occhi con aria angosciata, per poi accucciarsi al mio fianco e sdraiarsi per terra, col viso che lentamente stava diventando del mio stesso colorito.. sempre che di colorito si potesse parlare.

-Dobbiamo rendercene conto..-

-.. o qua finisce che schiattiamo prima di poter esultare davvero- concluse al mio posto visto mi era andata di traverso la saliva.

I seguenti minuti li passammo in religioso silenzio, dove l'unico rumore che si poteva captare erano i nostri respiri esageratamente accelerati, e un latrato di un miserabile cane che aveva avuto voglia di interrompere quel momento così cruciale per la nostra esistenza.

Evitiamo poi di dire che, dall'alto della mia intelligenza e visto lo stato in cui mi trovavo, ero pure riuscita a domandarmi come mai il cane non avesse abbaiato in giapponese.. si meglio evitare di precisarlo va..

-Siamo in Giappone- iniziò lei, dopo un tempo infinito e con voce d'oltretomba.

-Non siamo in Italia- continuai io con lo stesso tono.

-Siamo a casa-

-La nostra casa-

-Ed è tutto reale- concludemmo all'unisono, dopo altri attimi di silenzio, con voce vibrante d'emozione e allo stesso tempo incredula. Sentivo le palpebre leggermente umide, e non riuscii neanche a stupirmi di voler scoppiare a piangere dalla felicità.

Non ci sarei comunque riuscita, però il solo fatto di desiderarlo mi riempiva di commozione.

-Forse devo andare in bagno- sbottò all'improvviso, forse con l'intenzione di smorzare l'agitazione, e facendomi voltare verso di lei. E fu a quel punto che pure io mi ricordai di avere un corpo, o una carcassa che dir si voglia, e che quello stesso corpo aveva un estremo e impellente bisogno di svuotarsi la vescica in quella splendida e fantastica invenzione che non era altri che il water.

Purtroppo però sapevo benissimo che non avrei avuto la forza di alzarmi, né di reggermi in piedi fino a infilarmi dritta nel cesso.

-Si fotta la vescica- me ne uscii sibilando, facendo ridacchiare appena la sis che cercava di tirarsi in piedi, cosa che io neanche mi sognavo di provare.

-Sai una cosa?- iniziò con tono insolito, strano e molto sospetto.

-Hn?-

-Per battezzare la casa ci sbronzeremo.. ma per il cesso ci dovremmo pisciare, no?- aggiunse, tirandosi seduta e voltandosi finalmente a guardarmi in faccia.

Gli occhi tornati appannati ma stranamente non dal sonno, il mezzo ghigno che le si stava aprendo in volto. Fu come essere risvegliata da una secchiata d'acqua, e quando anche sul mio viso fece mostra di sé un ghigno che non prometteva nulla di buono entrambe capimmo lo stato attuale delle cose.

-Prima io!!- esclamammo all'unisono, alzandoci con forza che poco prima saremmo riuscite soltanto a sognarcela, e prendendoci a spallate, gomitate, atterrandoci a vicenda entrambe scappammo in direzione bagno, dove finimmo per darcele solo per scegliere chi avrebbe dovuto urinare prima.

Ma in fondo, se ci avessimo pensato meglio.. c'era pur sempre il bidè.

 

 

*Kazuya Minekura = Autrice del manga/anime "Saiyuki - La leggenda del demone dell'Illusione"

**Sasuke e Itachi Uchiha = personaggi del manga/anime "Naruto"

 

 

Ore 13 e 21

Esterno dell’Università imperiale di Tokyo

 

-Bene-

-Bene cosa?- mi chiede Ikki, dato che sembra proprio che per lui si stiano per aprire le porte della Santa Inquisizione. Lo afferro, mentre lui, come al solito, è impegnato in una manovra parecchio pericolosa che vede coinvolto il mio fondoschiena, esattamente pochi secondi dopo che siamo usciti dall’aula e fuggiti dalla lezione.

Mi guarda perplesso, dato che è da quella patetica scenetta con Taro che non gli rivolgo minimamente la parola. Che poi, in realtà, io la parola non gliela rivolgo mai comunque.

-È proprio ora di dare qualche spiegazione-

-Spiegazione?-

-Sì, spiegazione-

–Non capisco di cosa stai parlando- Si gratta una tempia.

-Ah.. forse ti riferisci ad Ikku! Farlo ruzzolare giù dalle scale stamattina è stato davvero troppo semplice! Ha fatto tutto da solo.. non è colpa mia!- sghignazza.

Se fossimo stati un poco più in confidenza, o almeno se lo fossi stata anche un tantino di meno di quanto vorrebbe essere lui con me, in questo momento l’avrei già tramortito a legnate. Sospiro.

-Se cercassi un attimo di ricordare, probabilmente ti verrebbe in mente che io sono arrabbiata, con te e tuo fratello-

-Wow, due al prezzo di uno.. fico no?-

-Non prendermi per il culo!- strillo, e dato che stiamo continuando a camminare le persone che incrociamo cominciano a guardarmi un tantino male. Qui sì che il silenzio è davvero d’oro. –Non mi frega assolutamente niente della tua considerazione né di quella di tuo fratello, ma se vuoi proprio che ti abbia intorno non voglio che mi sbandieriate in faccia segreti di cui non volete che venga a conoscenza-

Non incontro i suoi occhi, dato che se non guardo sempre davanti a me quando cammino rischierei di spaccarmi il femore tutte le volte che mi muovo sulle mie gambe, ma sento provenire da lui un insolito silenzio. Non pensavo neanche che fosse in grado di chiuderla la bocca.

-E non voglio neanche la considerazione di quella Sayoko o come diavolo si chiama… e penso che neanche Elettra la voglia-

-Che c’entra la tua coinquilina?- mi rendo conto che, in effetti, la versione ufficiale dei fatti che circola sulle bocche pettegole dell’università non contempla la colpevolezza di Miss Faccia da Cazzo. Un vago senso d’ingiustizia mi assale.

-Non è importante..- liquido prontamente la faccenda -… ma non voglio passare dei guai. E se quella Sayoko mi odia tanto sono problemi suoi ma.. so che c’è qualcosa che non so. Quindi o me lo spiegate o prima o poi la picchierò talmente tanto che non la riconoscerà neanche più sua madre-

Inaspettatamente, attacca a ridere come un matto –Come se importasse qualcosa a qualcuno!- ma che ha tanto da ridere? –Probabilmente importerebbe soltanto a quelle lecca piedi di Okimoto e Usui!-

-O magari quelle poverine aspettano solo che la loro regina venga spodestata… anche se sinceramente ci si farebbe poco con delle suddite come quelle-

-Io non ci spererei troppo!- continua, ridendo imperterrito. Poi, in modo tanto improvviso da spaventarmi, ritorna serio, e guarda il corridoio affollato come fosse vuoto e illuminato da tenere luci soffuse ad acquerello.

-Non è un segreto. Mi diverte il fatto che tu lo consideri in questo modo-

-Ah davvero?- domanda retorica.

-Oh, non è di dominio pubblico.. peggio ancora-

-E perché io non lo so allora?-

-Forse perché, se io e Ikku non cercassimo d’interagire con te, ti dimenticheresti anche come si articolano le parole e le frasi di senso compiuto?- oh, allora non è tanto stupido come sembra. Annuisco solo mentalmente, e seguito a fissarlo minacciosamente.

-Oh, scusami se non sono particolarmente loquace-

-Beh, se lo fossi stata probabilmente l’avresti già saputo.. ma va bene lo stesso-

Conclude, come se si appropinquasse a concedermi un grande onore, mentre finalmente stiamo per arrivare all’uscita più vicina, ma lui si ferma, e ci fa accostare ad un angolo che potrebbe essere buio e pieno di ragnatele, con un po’ più di fantasia. La faccenda deve essere davvero lunga.

-La cosa è semplice: Sayoko vorrebbe sposare Ikku.. e fare altre cose con lui che non sto qui a dirti perché perderemmo soltanto tempo-

-Ho capito Sumeragi, ho capito. Va avanti-

Sorride e deglutisce –In breve..- ma quanto cavolo ci mette ad elaborare un cavolo di concetto? –La madre di Sayoko, ricca imprenditrice nel campo della ristorazione, proprietaria di una catena di ristoranti…-

-… wow…-

Ignora il mio commento -… è cliente assidua di nostro padre, avvocato, e si conoscono fin dai tempi del liceo…-

-…wow wow…- qui andiamo sul genere beautiful!

M’ignora ancora -…Io, Ikku e Sayoko quindi ci conosciamo fin da bambini e, anche se non è mai stato dichiarato ufficialmente, Sayoko è sempre stata convinta di essere destinata a sposare uno di noi due…-

-…E dato che tu sei una specie di teppista, lei ha scelto Ikku-

-Perspicace- considera sarcasticamente, ma a quanto pare ci ho proprio preso.

-E quindi? Io che c’entro?-

Non risponde subito, ma mi fissa assottigliando gli occhi, come se si aspettasse che ci arrivi da sola, ma le speranze sono vane. Dopo un paio d’incitamenti a far camminare la mia fantasia, mi ritrovo definitivamente a non averci capito niente.

-Non ho avuto nessuna magica intuizione, mi scuso- annuncio.

-Ma veramente non…- deglutisce -… non te ne sei accorta?-

-Di cosa?- Ikki sembra improvvisamente sul punto di mettermi davanti una lavagnetta e spiegarmelo tramite rappresentazione grafica, altrimenti detti disegnini. È davvero così difficile da spiegare?

-Se mi facessi capire forse potrei ritornarmene a casa mia…-

Ma sembra solo più allibito di prima –Ma sei ottusa o cosa?!-

-Grazie del complimento..- sospiro, cedendo finalmente alla tentazione di dargli il tanto sospirato cazzotto in testa.. non è poi tanto intimo come pensavo. -… ma me lo spieghi sì o no?-

-Davvero non lo sai?-

-No-

-Sicura?-

-Sì-

-Ne sei assolutamente certa?-

-Assolutamente sì-

Finalmente sembra sul punto di dirmelo. Mi tendo ad ascoltarlo.

-Kanojo wa kimi ni yakimochi wo yaiteiru*-

Forse ho capito male. Forse stamattina s’è fatto troppe canne. Forse il mio vocabolario giapponese è ancora poco forbito. Forse c’era troppo rumore e lui s’è confuso e ha sbagliato ad esprimere il concetto. Forse non ho mai veramente compreso cosa significhi la parola “yakimochi*”.. un'arma a canna mozza con cui Miss faccia da Cazzo vorrebbe disintegrarmi?

Meglio far ritorno dal mio personale mondo insensato.

-Eh?-

-Eh cosa?-

-Devi spiegarti meglio che non ho capito-

-Che diavolo devo spiegarti ancora?- chiede, posando un fianco sull’altro muro dell’angolo accanto a me, quando per tutto il tempo mi aveva coperto con l’ombra del suo corpo, tenendo le braccia tese e posate sul muro con in mezzo la mia testa.

-È gelosa?  Cioè, non lo so ancora tanto bene il giapponese…-

Si gratta la testa, ponderando la possibilità che io non conosca bene il termine in lingua, e cerca quindi di spiegarlo in un altro modo -…beh.. diciamo che pensa che tu voglia fare con Ikku quel che vorrebbe fare lei-

-Ovvero?-

Qui ci vuole veramente il disegnino allora –SESSO! SESSO! SESSO!- urla esasperato.

Fisso il pavimento, assimilando le parole per un attimo. E l’immagine del bel Ikku Sumeragi mi appare alla mente, in tutto il suo splendore divino.

-Beh… non che non mi dispiacerebbe..- no, proprio per niente -.. ma diciamo che non è esattamente il mio obbiettivo primario- concludo. -Oh.. però il termine lo sapevo, allora-

-Contento per te…- giubila sarcastico lui.

-Comunque.. è proprio una gran cazzata- mi stacco dal muro, quasi scappando verso l’uscita, anche se vorrei sapere ancora qualcosa, ma è come se fossi già convinta del fatto che otterrei solo altre cazzate. È molto probabilmente è proprio così.

-Ehi aspettami!- ma perché mi deve sempre stare appresso?

Ma stavolta passa proprio il limite. E lo fa anche la mia sfiga, che non fa che superare sé stessa ogni santo giorno. Strillo indignata quando Ikki mi avvolge con le braccia per la vita, senza un apparente motivo, quando siamo a pochi metri dopo l’uscita, e una miriade d’impiccioni possono godersi per bene lo spettacolo.

-Che cazzo stai facendo?-

-Ti abbraccio-

-Questo lo vedo cazzo! Lasciami immediatamente!-

Ma non mi ascolta minimamente, e seguito a cercare di scrollarmelo di dosso senza successo. Lo maledico in tutte le lingue che conosco, ma la sua testa si accuccia, come un dannato uccello nel nido, sulla mia spalla destra. Siamo sicuri che è di me e Ikku che bisognerebbe essere gelosi?

Sento qualcuno tra i passanti ridacchiare.

-Se non mi lasci ti castro in pubblico-

-Non avresti mai il coraggio-

-Tu credi?-

-Lo credo-

Rispetto della vita umana… rispetto della vita umana… rispetto della vita umana…

Ma io voglio solo menomarlo a vita mica ucciderlo!

Mi preparo ad esibirmi in un calcio volante, rotante, super mega devastante alla Chuck Norris, ma avverto all’improvviso che più nessuno mi sta abbracciando, e che Ikki giace per terra a qualche metro da me come se vi fosse stato gettato dal raggio di dieci chilometri.

Rivolgo lo sguardo al mio salvatore.

-Ta.. Taro?-

Taroemon Arai svetta davanti a me in tutta la sua sconsiderata altezza, ansimandomi addosso tutta l’aria dei suoi polmoni. Mi sorride, con il viso inondato di sudore.

-Ci rivediamo.. Vi.. Vittoria san…-

-Che ci fai tu qui?- gli chiedo, mezza sconvolta sia fuori che dentro, e accorgendomi di essere caduta anch’io. Sul sedere. E che al momento fa anche un male cane.

-Ti aspettavo, Vittoria san- semplice, diretto e conciso.

Vorrei poterlo ringraziare e realizzare l’altro vecchio proposito di fuggire in Alaska o in un posto altrettanto adatto per una fuga ad alto rischio, una volta nella vita, ma Ikki non è proprio una persona  che si arrende così facilmente.

Lo vedo fronteggiare Taro, faccia a faccia. O per meglio dire, petto a faccia.

-Che cavolo vuoi spilungone?-

Ora, se conosco bene Taro, dovrebbe incominciare a balbettare, poi a diventare di un colorito a metà tra il viola e il blu notte, gli tremerebbero le gambe provocando uno tsunami in Indonesia che rimarrebbe sui giornali per due o tre settimane, e poi fuggirebbe a gambe levate dal suo paparino a farsi coccolare perché il mondo è crudele e bastardo.

Dove diavolo sono i miei pop corn in questo momento di grande tensione fisica e psicologica? Ci manca solo che mi perdo due baldi giovani che si battono per me.. se Taro non se la dà a gambe prima.

-Non te l’ha insegnato nessuno che non s’importunano le ragazze?- frase fatta, ma almeno non ha sputacchiato in giro e non ha spezzettato le parole parlando.

-E non te l’ha insegnato nessuno che non si devono dare giudizi senza sapere le cose?-

-Io so tutto quello che devo sapere…- ed ecco il colpo di scena -… teppistello-

Oddio, ma sa davvero che cos’è un teppista o la sua mente è troppo pura per saperlo? Forse sta ricordando i vecchi ricordi d’infanzia, di quando i poveri bambini che lui vedeva dal metro di altezza di vantaggio, che sembra avere su tutto e tutti, lo prendevano in giro e gli tiravano la sabbia in faccia e compagnia bella. Proprio un'infanzia difficile e dolorosa.. chop chop.

-Oh, abbiamo qui l’eroe…- sibila Ikki -…chi diavolo dovresti essere tu?-

-Taroemon Arai!-

Ikki ride, avvicinandosi a Taro ancheggiando leggermente, e fissandolo come se volesse mandarlo via soltanto guardandolo male, ed in genere anche io avrei pensato che sarebbe bastato, ma a quanto pare ci sbagliavamo. Taro resiste.. e dei miei pop corn nemmeno l’ombra.

-Oh, e che vorresti farmi, sconfiggermi e portare via la bella principessa tra le tue braccia?- devo dire che è molto bravo a minacciare, chop chop -.. eh, Doraemon?-

Taro sgrana gli occhi e stringe le mani, ancora tenute in una guardia alta, ancora in attesa di un vero e proprio scontro leale. Razza d’illuso moccioso.

Oh, come se ne sapessi davvero qualche cosa dell’idea di lealtà di Ikki Sumeragi.

-Tirerai fuori dalla tasca uno dei tuoi Chuski* per battermi? Eh?-

Comincia a spintonarlo con un dito puntato sull’ampio petto, facendolo dondolare come una di quelle bambole che facendole cadere sai che si rialzeranno sempre, non so per quale congegno. Ma Taro non ne vuole sapere né di cadere né di ritirarsi. Sono stupita.

Improvvisamente il suo volto cambia, ed è sconvolgente come se prima fosse stato una maschera, ed io non me ne fossi mai accorta. Abbassa la fronte, ma sento che non è né per l’imminente resa, né per l’imminente fuga, e non riesco più a vedere i suoi occhi. Che diventano una benda nera che gli oscura lo sguardo torvo.

Rabbrividisco, senza capirne il motivo.

-Stai zitto teppistello del cazzo…- sibila, con lo stesso tono appena udito –Mi sono veramente rotto le palle di stare a sentire le tue merdose cazzate! Ti permetti di mettere le mani addosso ad una ragazza senza il suo permesso e vorresti pure fare il grande uomo? Ma non farmi ridere…-

Oddio, devo riprendere a respirare. Allibita, guardo le spalle di Ikki tremare, e i suoi occhi assottigliarsi mentre, nonostante tutto, rimane fermo ed impalato davanti al nemico come se niente l’avesse toccato, con una mano sul fianco e una gamba tesa.. pronta a colpire.

-Ti crea problemi, stronzetto?-

-Parecchi, idiota! Gradirei se cercassi di stare lontano dalla mia futura moglie il più possibile, se non vuoi che ti sfracelli il cranio contro un palo della luce!-

-Fu.. futura moglie?- nessuno dei due mi sente balbettare –non sarebbe un granché dignitoso- ma questa mi giunge proprio nuova!

-Dai, accomodati! Io non aspetto altro che di ricambiarti il favore.. se mai ci potrai riuscire- perché diavolo tutti si devono sempre dimenticare di me? Cerco di attirare la loro attenzione, ma niente, sono troppo occupati a irradiare il loro testosterone nella biosfera per starmi a sentire. Sento un'inconfondibile rabbia salirmi dentro.

-Ci puoi contare, coglione-

-Ti aspetto, idiota-

Nonostante sia ancora mezza allibita per l’aver scoperto che il vocabolario delle volgarità di Taro è molto più fornito del mio, questa situazione comincia veramente a starmi sulle palle. Batto il piede a terra, e sono quasi certa di averla fatta tremare.

Detesto non essere ascoltata quando parlo.

-SMETTETELA PORCO DIO PORCO!-

Ikki mi guarda, col culo per terra, ancora stordito di quanto lo ricordassi prima, tenendosi la guancia destra per il gancio che gli ho dato, e che ho cercato di rendere il più potente possibile. E pure lui comincia a balbettare.. cos’è, gira mica un virus del balbettamento nei dintorni? Gli giro le spalle velocemente, e mi dirigo verso Taro che ha riacquistato il suo solito sguardo, e che se non fosse stato in pubblico avrebbe potuto cominciare a frignare come una femminuccia.

-Lascia perdere quella testa di cazzo, reprimi la tua Raika interiore e andiamocene da qui..- gli dico a pochi centimetri dalla faccia -.. SUBITO!-

Non gli do il tempo di rispondere, e con una forza che neanche sapevo di avere, comincio a trascinarlo via, senza avere nessuna protesta dal suo corpo che mi striscia dietro a sacco di patate.

-E non credere di essere meno testa di cazzo di lui…- sussurro, ma perfettamente consapevole di essere ascoltata per il leggero tremore del braccio per cui l’ho sgraziatamente afferrato -.. avrai anche tu la tua parte, mio caro-

Da quando, poi, i miei passi fanno chop chop?

 

 

 *Lei è gelosa di te.

*Gelosia.

*Chuski= quegli strani oggetti provenienti dal futuro che Doraemon tira fuori dalla sua tasca.

 

 

 

 

 

 

 

SPAZIO AUTRICI

Brucy: E rieccoci tornare con un nuovo capitolo.. sis ma si deve proprio fare questo dialoghetto ogni fine cap?

Lady Ko’: Sì è la tradizione, lo stiamo facendo pure se devo ancora studiare mezzo inglese per la verifica di domani e lavare i miei bislunghi capelli… si ribalterebbe il mondo se non lo facessimo!

Brucy: Convinta te -.-

Lady Ko’: Va be sbrighiamoci che non stiamo qua a fare fitness con le marmotte! Sis, rispondi ai commenti e sottolinea quanto, dopo la visione delle prime tre puntate di Host club, sia lieta che i Sumeragi’s bros siano stati paragonati a quegli altri due… topoloni… *elettrocardiogramma piatto*

Brucy: SeSe -.-

 

 

Elly Chan: Innanzitutto ringraziamo che qualche pillola di troppo di abbia illuminato d'immenso e ti abbia fatto accorgere della nostra fic. Quindi grazie a te e alla pillola *inchino* Comunque cambiamo colore appunto per far capire chi sia a scrivere, perché in alternativa ci sarebbe stato da scrivere "POV ELETTRA/VITTORIA" ogni volta, e sinceramente né io né la sis abbiamo voglia di scriverlo, fra l'altro non ci piacerebbe neanche fare una cosa simile. Per quanto riguarda i tuoi commenti sui pers, testuali parole di sis " dopo la visione delle prime tre puntate di Host club, sono lieta che i Sumeragi’s bros siano stati paragonati a quegli altri due… topoloni… *elettrocardiogramma piatto*", e io aggiungo che Elettra ringrazia di non essere quindi l'unica a non avere un senso dell'orientamento. Continua a seguirci e commentare e te ne saremmo eternamente grate *altro inchino*

 

Rinoagirl89: Non puoi neanche immaginarti cosa ci sia sotto riguardo le relazioni fra i nostri protagonisti, ma neanche lontanamente guarda HiHiHi Spiegami comunque cosa non ti convince del nuovo arrivato, perché non capisco cosa tu voglia dire o.O Infine posso diti con certezza che la vecchia è esattamente la stessa di Ranma, che abbiamo pure denunciato alla polizia ma che sembra apparire dal nulla quando uno meno se lo aspetti. Ma la prenderemo, stai tranquilla XDXD

 

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Commedia / Vai alla pagina dell'autore: LadyKo e Brucy