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Autore: seasonsoflove    17/03/2015    9 recensioni
"Era quasi ora di pranzo alla Storybrooke High School, e Belle era seduta in classe insieme ai suoi compagni.
Belle era la tipica ragazza...atipica.
Graziosa ma di una bellezza antica, di classe. I lunghi capelli rosso scuro leggermente mossi, la carnagione pallida, le guance rosee, gli occhi di un azzurro irreale, il viso tondo, e il corpo minuto."
AU!Highschool - Young!Storybrooke.
Pairing (Rumbelle/SwanQueen e altri possibili)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Belle, Emma Swan, Regina Mills, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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It feels like I only go backwards, baby
Every part of me says, "go ahead"
I got my hopes up again, oh no, not again
Feels like we only go backwards, darling



“TU E BELLE CHE COSA?”
Robert scrollò la testa, si alzò e camminò nervosamente fino alla finestra. Si appoggiò sul davanzale e fissò il panorama senza realmente vederlo.
“Ci siamo lasciati.”  Ripeté senza distogliere gli occhi dalle chiome degli alberi che si muovevano leggermente al vento.
Killian si alzò di scatto dalla sedia vicino al letto di suo fratello.
“Cosa ti avevo detto!?” iniziò aggressivo, sbattendo il pugno sul comodino.
“Non fare così tanto rumore. Siamo in un ospedale.” Mormorò l’altro stanco.
“Ti avevo detto che se ti fossi fatto sfuggire Belle ti avrei riempito la faccia di pugni. Ora devo farlo. Mi hai costretto tu.”
Gold si girò e lo guardò senza particolare apprensione o stupore.
“Mi prenderei a pugni da solo se potessi.”
Seguì qualche minuto di silenzio nel quale Robert appoggiò la fronte al vetro e Killian si lasciò ricadere sulla sedia stremato.
“Che casino hai combinato?” si informò infine.
“Ho…baciato un’altra. Circa.” Esalò senza forze.
“Fai schifo.” Commentò Jones fissando lo schermo dell’elettrocardiogramma.
“Lo so. E c’è di peggio.”
Esitò. Non sapeva se voleva parlarne, ma non sarebbe riuscito a tenersi il peso dentro ancora a lungo senza scoppiare a piangere o…senza scoppiare e basta.
Il vento continuava a soffiare leggero e le persone sembravano godersi la primavera.
Il mondo sembrava godersi la primavera. Il mondo, tutti quanti, tranne lui, Robert, e ovviamente Killian.
“Lei non verrà a New Haven. Ha vinto la borsa di studio e andrà a Boston e io…”
si girò disperato “Io credevo sarebbe venuta con me e che avremmo sistemato tutto. Invece…invece no. E quando me l’ha detto…ho davvero sbottato. Le ho detto una cosa cattiva.”
Forse l’amico gli avrebbe risposto qualcosa, magari gli avrebbe finalmente tirato un pugno, ma in quel preciso momento la porta di vetro che dava sulla corsia si aprì ed entrò un’indaffarata infermiera.
Mentre la donna controllava che tutto fosse regolare,  Killian sbuffò arrabbiato.
La sua ira e la sua esasperazione parvero sgonfiarsi.
“Ti sei proprio scavato la fossa da solo.”
Robert annuì avvilito. E non faceva che peggiorare.
 
 
Le parole di Killian Jones si rivelarono tragicamente vere.
Nei giorni seguenti all’incidente in palestra, Belle prese ad evitare sempre più sistematicamente Robert.
Quando lo vedeva cambiava lato del corridoio o si spostava precipitosamente nella bancata dietro se accidentalmente si trovavano vicini in classe.
Se prima avevano cercato comunque di comportarsi civilmente, dopo la partita di dodgeball era guerra aperta. O meglio, una fredda guerra aperta. Non si salutavano, non si guardavano nemmeno negli occhi. Era come se non si fossero mai conosciuti.
Non che Robert volesse continuare in quel modo, questo no, ma sentiva di aver irrimediabilmente spezzato qualcosa con la frase detta in infermeria. Non era una grande frase, non era un insulto mirato, ma l’aveva detta col cuore, si era sentito così arrabbiato e ferito che in quel momento le avrebbe detto tutte le cattiverie del mondo.
L’idea che sarebbe partito da solo per New Haven (a ben voler vedere non proprio solo, Regina sarebbe stata con lui) lo tormentava e gli faceva provare un orribile miscuglio di sensazioni: rabbia, disperazione, delusione e frustrazione. Non sapeva nemmeno più dove incanalare tutte le emozioni che in quel momento governavano la sua vita.
Belle dal canto suo, si era completamente concentrata sui risultati scolastici e sul giornalino, che dopo la prematura dipartita di Robert e Killian, aveva perso un esiguo numero di iscritti.
“Piccole merde.” Aveva mormorato Tink, non vedendo arrivare il solito gruppetto di ragazzine del primo anno. “Lo sapevo che erano qui solo per la popolarità.”
Belle aveva annuito tristemente, così a quel punto Tink si era alzata e parlando molto forte e con estrema convinzione aveva dichiarato che “tanto quelle sgualdrinelle non sapevano nemmeno scrivere.”
Regina, ormai diventata in qualche assurdo e curioso modo, la migliore e unica amica di Robert, era nel complesso serena.
Aspettava placidamente la gita a Boston che si sarebbe tenuta durante la seconda settimana di maggio. Per il resto, continuava ad allenarsi e a fare ciò che aveva sempre fatto. Come ad esempio, frequentare Emma Swan nel modo più innocente e amichevole che conoscesse, evitare Zelena ed essere estremamente accondiscendente con Cora.
 
 
Aprile giunse al termine e maggio portò con sé qualche novità: Killian tornò a scuola. Passava i pomeriggi accanto al fratello e le mattinate a scuola. Non vi erano segni di miglioramento ma i signori Jones avevano dichiarato che Killian doveva tornare a scuola o rischiava di perdere l’anno.
In realtà non il ragazzo non andava tutti i giorni, ma quando lo faceva, Tink appariva immediatamente al suo fianco, pronta ad aiutarlo a “recuperare le lezioni perse”.
Così Belle si trovò relativamente sola.
Aveva ancora Ariel ed Anna, certo, ma non aveva con loro il tipo di rapporto che aveva con Tink.
Tink e Belle avevano discusso a lungo dopo ciò che era successo durante la partita e Belle aveva riferito all’amica cosa Robert le aveva detto in infermeria.
A quel punto di comune accordo, avevano deciso di escluderlo dalla loro vita.
In tutto quello, Robert stesso, superata la fase della rabbia e della delusione, era entrato ormai in un vizioso circolo di apatia totale: l’unica cosa di cui gli importava era rendere felice il piccolo Bobik.
E i giorni passavano, lenti ed inesorabili.
 
  
Il cinque maggio, Belle si alzò alle sette in punto e caracollò verso la cucina.
Mise su il tè e si sedette al tavolo.
Suo padre era rincasato tardi la sera prima e stava ancora dormendo, così la casa era immersa nella quiete mentre fuori le prime macchine dei lavoratori passavano per la via, dritte verso il centro di Storybrooke.
Belle provò uno strano vuoto allo stomaco osservando il calendario.
Un mese prima era andata alla festa di Tink con Robert.
Solamente un mese prima.
Sembravano passati secoli e allo stesso tempo neanche una settimana.
Da quanto si erano lasciati? Due settimane? Tre?
Non aveva importanza.
Continuava a pensarci. Non tutto il giorno, la delusione e il dolore cocente dei primi giorni aveva cessato di farsi sentire: no, era più un insistente sensazione di desolazione.
Si sentiva vuota. Poteva divertirsi, scherzare con Tink, Ariel e con chiunque, poteva ridere davanti alla televisione con suo padre, ma poi quel fastidioso pensiero tornava a tormentarla.
E pensava a lui quando qualcosa glielo ricordava, e di piccole e odiose cose che le ricordavano Robert ce n’erano davvero tante in quella stupida città.
Il tè con la cannella e i gelati ad esempio.
O Granny’s e gli hamburger.
La casa di Tink, il dalmata del dottor Hopper, la camicetta che lui le aveva regalato, la biblioteca.
Ma Belle si era ripromessa di essere forte.
Non si sarebbe lasciata abbattere, sapeva fin troppo bene che ogni dolore, per quanto grande, ad un certo punto inizia a rimpicciolirsi.
Suo padre le aveva detto che essere forti non significa reprimere i propri sentimenti e Belle sapeva che era vero. Quindi aveva semplicemente deciso di andare avanti.
Certo, c’erano momenti in cui la sera le veniva da piangere o le volte in cui per sbaglio incrociava Robert nei corridoi e sentiva il cuore salirle fino alla gola: ma andava avanti. Aveva le sue cose da fare, le sue interrogazioni, gli esami di fine anno da preparare e tanto le bastava.
Così decise che quel cinque maggio avrebbe semplicemente riconosciuto il fatto che era passato un mese dalla festa a casa di Tink, avrebbe riconosciuto che le faceva male pensarci, dopodiché si sarebbe vestita e sarebbe andata a scuola.
 
Anche Robert ci pensò.
Fu la prima cosa a cui pensò appena sveglio.
E si chiese se Belle se lo ricordasse, se ci stesse pensando anche lei, se magari gli avrebbe scritto qualcosa…
No, lei sarebbe andata a Boston: aveva scelto la strada più lontana da lui e non valeva la pena pensarci.
Così anche Robert si preparò e si diresse verso scuola.
 
Ciò che nessuno dei due si aspettava in alcun modo, era la presenza di un terzo incomodo in quel giorno infelice.
Alle dieci del mattino, Belle uscì rapidamente dall’aula di filosofia e camminò spedita verso il suo armadietto.
Lì trovò una curiosa sorpresa ad aspettarla.
Will Scarlet, il ragazzo che aveva giocato in squadra con lei durante la partita di dodgeball, era appoggiato al muro proprio attaccato al suo armadietto.
Si bloccò, incerta sul da farsi.
Cercava lei?
Evidentemente sì, perché non appena la vide si mosse verso di lei e la salutò con un gesto quasi brusco.
“Ciao. Sono Will, non so se ti ricordi di me, abbiamo-“
“Mi ricordo. La partita.”
Lui annuì e la guardò un po’ perplesso.
Lei fece altrettanto.
Aveva un viso buffo in qualche modo, i lineamenti squadrati, grandi occhi scuri, i capelli molto corti e le orecchie sporgenti. Nel complesso era gradevole, con il suo giubbotto di pelle e una strana espressione quasi affranta.
“Cerchi…hai bisogno di qualcosa?” chiese poi.
“In realtà no. Volevo solo chiederti come stavi e se il tuo naso era tornato al suo posto.”
Belle inarcò le sopracciglia.
“Il mio naso è sempre stato al suo posto.”
“Sì, hai capito cosa intendo no? Tutti dicevano che si era storto e che quella tipa rossa ti aveva rovinato la faccia e non sarebbe stato carino…”
La ragazza constatò che nonostante i modi di fare un po’ strani e un curioso accento, Will sembrava simpatico.
“Sto bene.” Disse infine.
“Ottimo. Che diamine, se fossi riuscito a tirarle una pallonata in faccia…”
Fece un gesto esplicito e poi mormorò di nuovo “che diamine.”
Belle sorrise.
“Apprezzo la cavalleria.”
Avrei voluto vedere Robert tirarle una pallonata in faccia.
“Ora dovrei andare. Comunque sono felice che il tuo naso sia ancora dritto”
“Sì…sì sono felice anche io.” Asserì Belle placidamente.
Will si allontanò con le mani in tasca; ad un certo punto si girò e le fece un altro cenno con la mano e urlò “Ci vediamo in giro!” poi sparì in un’aula.
Lei aprì il suo armadietto e iniziò ad infilare dentro alcuni libri, pensando che Will era stato davvero gentile a chiederle come stava e che forse in quella scuola c’era ancora qualcuno di umano e compassionevole.
Poi, mentre sistemava le sue cose, con la coda dell’occhio vide Robert.
Ormai ci aveva fatto l’abitudine, a riconoscerlo rapidamente in modo da poterlo evitare o semplicemente da poter infilarsi in qualche aula vuota o in qualche bagno.
Ma non c’era nessun posto dove nascondersi e Belle sapeva perfettamente che lui l’aveva vista parlare con Will e che quel giorno sarebbe stato un giorno importante per loro se fossero stati insieme, sarebbe quasi stato il loro mesiversario ( in realtà consideravano la “loro” data il giorno di San Valentino), sarebbe stato un mese dalla loro prima volta, un mese da quando si erano detti che si stavano innamorando…
Spinta da una forza misteriosa si girò anche lei ed incontrò il suo sguardo.
Non sapeva perché l’avesse fatto, forse una parte di lei voleva sfidarlo, forse voleva solo vederlo e capire se anche lui ci aveva pensato quella mattina…
Durò un momento. Poi Robert si girò e proseguì dritto, teso come una corda di violino, mentre Belle raccolse la sua borsa e camminò tremante nella direzione opposta.
 
Altri giorni passarono e Belle non poté fare a meno di notare che lei e Will si incontravano spesso nei corridoi e lui la salutava con entusiasmo.
Anche Tink glielo fece notare ma Belle decise di glissare.
 
Anche Robert lo notò.
Inizialmente cercò semplicemente di non farci caso. La sera del cinque maggio, a casa sua, si concentrò con tutte le sue forze sul film che stava guardando, pur di non pensare a Belle che chiacchierava col suo nuovo amico.
E i giorni seguenti vide Will Scarlet aggirarsi spesso nei paraggi dell’aula studio dove sapeva benissimo che Belle era solita stare.
Non sembrava che il ragazzo avesse molti amici.
“Probabilmente vuole solo delle amiche” si diceva Robert.
Cercava di non pensarci.
Non doveva pensarci, o sarebbe impazzito.
 

Uno dei giorni della seconda settimana di maggio, Emma entrò in classe con passo spedito.
Regina che fino a quel momento aveva avuto la testa appoggiata sul banco, si rialzò immediatamente e si sistemò automaticamente i capelli.
“Calma i bollenti spiriti.” Le sussurrò Robert.
Lei lo fulminò con lo sguardo e si girò fissando ostinatamente la lavagna. Pregò di non essere arrossita.
“Bene, buongiorno.” Esclamò Emma. Sorrise alla classe, dopodiché appoggiò la borsa sulla cattedra e vi rovistò dentro alla ricerca di qualcosa. Un mucchio di fogli comparve tra le sue mani e venne abbandonato sul legno massiccio.
Si schiarì la voce.
“Un po’ di tempo fa vi avevo consegnato le autorizzazioni per la gita a Boston. Vi avevo chiesto espressamente” sottolineò con cura l’ultima parola “di riportarmele entro breve tempo e devo ammettere che siete stati piuttosto bravi, anche se alcuni di voi si sono rifiutati di darmi una conferma. Gold, sto parlando con te, sì.  Sto ancora aspettando, sappiatelo. Ora…l’università mi ha consegnato alcuni questionari che vi distribuirò…giusto per sapere che tipo di programma organizzare in modo che la visita si riveli…utile.”
Attese brevemente un responso che però non giunse.
“Beh insomma, dovete portarmeli compilati…non…non dovrebbe essere difficile.”
Osservò dubbiosa il plico di fogli sulla cattedra.
Qualcuno mormorò qualcosa e una ragazza in prima fila si stiracchiò assonnata.
Emma sgranò gli occhi. Nessuno sembrava particolarmente entusiasta, così calcò la mano.
“Vedrete…la gita sarà divertente! La sera alcuni studenti del campus si sono offerti per farvi da guida nei più…più bei locali del posto.”
Belle sbuffò ma i metodi di convincimento della Swan sembrarono ridestare l’attenzione di alcuni studenti.
“Io vado. Ho consegnato l’autorizzazione la settimana scorsa.” Bisbigliò Regina a Robert.
“Cosa? Ma perché?”
Lei alzò le spalle e non rispose.
“Ma tu verrai a Yale con me, vero!? Non puoi abbandonarmi anche tu per Boston! Quella città fa schifo!” sussurrò concitato.
Regina alzò gli occhi al cielo.
“Anche la French andrà comunque.” Disse poi, indicando Belle, mentre Emma continuava a parlare.
Gold tamburellò nervoso.
“Lo so.”
“E tu non pensi di venire?”
Lui esitò.
“Non lo so. Non ci avevo neanche pensato.”
Regina stava per ribattere quando Emma Swan si schiarì la voce.
“Regina? Hai qualcosa da dire che ti piacerebbe condividere con la classe?”
La ragazza strinse gli occhi e scrollò le spalle infastidita, guardando altrove e sentendo le guance bollenti.
 
Quando un’ora dopo, tutti gli studenti uscirono dalla classe, Regina aveva occhi solo per il mezzo sorrisetto di sfida che Emma le dedicò mentre varcava la porta.
Robert si diresse velocemente in aula studio, afferrò quella stupida autorizzazione che aveva abbandonato nella borsa settimane prima, la guardò a lungo e decise infine di compilarla.
Forse non avrebbe ottenuto nulla, o magari la fortuna gli avrebbe sorriso e avrebbe sistemato le cose.
Valeva la pena di tentare.
 
 
Tink scrutava dubbiosa il questionario della Boston University che Emma Swan le aveva consegnato.
Erano un mucchio di domande inutili alle quali lei conosceva già tutte le risposte.
Che materie le interessavano, che corsi le sarebbe piaciuto frequentare…
Non sapeva nemmeno perché stesse andando a quella gita in realtà.
Aveva scelto quel college almeno due anni prima, si era già candidata e aveva avuto anche le conferme che voleva dall’università stessa.
Avrebbe letteralmente gettato nella spazzatura tre giorni di preziosissimo week-end che avrebbe potuto utilizzare studiando o andando in palestra.
Insomma, facendo cose nettamente più utili.
Le dispiaceva lasciare Belle da sola. Quella era la loro avventura e entro pochi mesi sarebbero salpate insieme per Boston…come potevano pretendere di partire insieme se lei nemmeno la accompagnava alla prima visita?
La prima impressione era importante.
Belle veniva da una grande delusione e Tink doveva aiutarla.
Così iniziò a compilare di malavoglia quel questionario, stravaccata sul letto e con la mente altrove.
La porta della sua camera si aprì all’improvviso.
“Mamma!” protestò scandalizzata, scattando a sedere “Ti ho chiesto mille volte di bussare!”
Sua madre la scrutò con attenzione, poi parlò.
“C’è qualcuno per te.”
Tink la guardò stupita.
“Come?”
“C’è qualcuno per te…nell’ingresso.”
“Chi è?”
La donna incrociò le braccia.
“Un ragazzo. Abbastanza carino.”
Tink pregò che non fosse Robert, venuto da lei con qualche scusa per provare a parlare con Belle.
Non che fosse accaduto ultimamente.
Dal loro ultimo disastroso dialogo in infermeria, non c’era stato più nessun tipo di contatto.
Certo, la ragazza ogni tanto si chiedeva se la collanina che era depositava in fondo al suo cassetto andasse restituita al legittimo proprietario, o forse alla legittima proprietaria dato che era un regalo…in ogni caso, cercava di non pensarci. Era passato e il passato bisognava lasciarlo alle spalle.
Era la cosa giusta, o almeno così aveva deciso.
Sua madre la guardò mentre lei la oltre passava.
“Dovresti smetterla di indossare il verde, ti sbatte troppo.” Commentò.
Tink si girò stizzita.
“Magari quando tu la pianterai di vestirti sempre di blu.” (*)
Scese i gradini a due a due, preparandosi ad un eventuale sberlone da tirare a Robert, ma rimase stupita da ciò, o meglio, da colui che la stava aspettando nell’ingresso.
Killian era appoggiato al muro con lo sguardo fisso e le guance rosse.
Per un momento, la ragazza tremò e pensò il peggio.
Che fosse…
Jones alzò lo sguardò su di lei e sorrise.
“Indovina un po’!” esclamò poi, allargando le braccia.
Tink arrivò nell’ingresso col cuore a mille.
“Sta…tuo fratello si è…”
“Sì.”
Nessuno dei due disse nulla.
Poi Killian iniziò a ridere.
“Mi ha chiesto se potevo portargli una birra. Mia madre ha iniziato a sclerare e a dirgli che è un idiota.”
Tink sorrise felice, poi si avvicinò al ragazzo e lo abbracciò.
Qualcosa la spinse ad alzare il volto e a portarlo vicino a quello di Jones, che sogghignò candidamente.
“Beh?” Mormorò.
In quel preciso momento, la madre di Tink si schiarì la voce in modo piuttosto vigoroso dalla stanza accanto.
Entrambi si staccarono precipitosamente mentre Killian si sistemava immediatamente i capelli e la giacca di pelle.
“Mia madre è una puritana.” Bisbigliò Tink furente.
“Beh tesoro, penso che avremo tempo di recuperare.”
Lei annuì.
“Comunque volevo chiamarti ma poi…ho pensato di dirtelo a voce. Perché…perché sono davvero felice.” Continuò Jones. Era palesemente emozionatissimo.
“Hai fatto bene.” Replicò Tink con un sorriso.
Poi ripensò al questionario che la attendeva di sopra.
E improvvisamente, prese una decisione.
“Sei libero nel week-end?”
Killian si grattò la barba dubbioso.
“Sì. Insomma, non so quanto sarò libero, dipende da come vanno le cose ma…”
“Allora potremmo uscire insieme. Se tutto va bene, insomma. Così potresti distrarti e rilassarti. Ecco. Dopo tutta quest’ansia...se ti va…” Concluse precipitosamente lei.
La risposta che ottenne fu un sorriso sempre più sornione.
Un po’ le era mancato quel sorriso, vedere Killian in quello stato per tutte quelle settimane si era rivelato devastante. Ma ora forse le cose iniziavano ad andare per il verso giusto…
“Mi piacerebbe. Ma tu non dovevi andare a Boston a vedere…quella roba che chiamate college?”
Tink negò precipitosamente.
“No, io ho già scelto, andrò lì e non mi serve visitarlo. E’ solo una perdita di tempo.”
Lui annuì.
“Capito.”
Dopo qualche secondo di silenzio, parlò ancora.
“Dovrei scappare ora. In ospedale intendo…”
“Lo so.”
La biondina fece un passo in avanti, poi si bloccò.
Gli fece segno di aspettare, si mosse rapidamente verso la porta e controllò il soggiorno.
“Beh?”
Lei zampettò veloce verso Killian e gli scoccò un rapido bacio a stampo.
“Ecco fatto.” Mormorò.
Killian rimase un momento stordito.
“Wow.” Disse poi leggermente frastornato, toccandosi le labbra.
“Ora sparisci. Fila da tuo fratello.” Bisbigliò Tink, incrociando le braccia e guardando altrove.
Lui annuì felice.
Quando era già a metà del vialetto, la porta si aprì e Tink comparve sulla soglia.
“Sono davvero felice per te.” Esclamò lei, prima di sparire di nuovo dentro casa.
 
Poco dopo chiamò Belle.
Ci volle mezz’ora buona per calmare l’amica e spiegarle che lei, Tink, sarebbe rimasta a casa nel week-end perché era assolutamente necessario, perché il fratello di Killian finalmente si era svegliato…
Alla fine Belle acconsentì.
Non solo.
Il giorno dopo si recarono in ospedale, anche Robert si recò in ospedale (non si incontrarono ma ci mancò davvero poco) e almeno qualcosa sembrò andare per il verso giusto.
Il giovedì prima del fatidico week-end, Killian fece un discorso molto serio a Robert.
“Io dico che a Boston devi riconquistarla.” Disse saggiamente, sorseggiando un caffè alla macchinetta della corsia del reparto. “E lo dice anche Liam. E sappiamo che puoi farcela. Ma devi giocartela bene. Perciò vai, con la benedizione dei fratelli Jones.”
Ma Robert dubitava fortemente che a Boston avrebbe riconquistato Belle.
“Ma hai davvero intenzione di rinunciare a lei!?”  Aveva abbaiato Killian furente.
“Non c’è più nulla da fare! Sono…sono settimane che è finita. Basta! Non capisco perché…perché continuiamo a discuterne.”
L’amico aveva scosso la testa.
“Sei proprio un caso perso.”
 
 
 
Il momento della partenza arrivò sorprendentemente veloce.
Quella mattina Belle si preparò e per la prima volta dopo tante settimane, si sentì felice.
Sarebbe andata a Boston a vedere l’università che avrebbe frequentato.
Certo, Tink non ci sarebbe stata, ma Ariel sì.
E poi ci sarebbe stato Will, il loro nuovo amico che era davvero gentile e simpatico e aveva quell’accento così ridicolo e le faceva tanto ridere.
Gliel’aveva detto due giorni prima, in biblioteca, quando era passato con un volume di Alice nel Paese delle Meraviglie in mano e ne aveva approfittato per sedersi vicino a lei e scambiare due parole.
Quando prima di uscire di casa, valigia in mano e borsa nell’altra, Belle si avvicinò al divano, trovò suo padre concentrato su letteralmente un mucchio di frittelle col cioccolato.
“Dovresti andarci piano con quelle.” Disse severamente.
Lui le guardò perplesso, dopodichè alzò lo sguardo.
“Hai ragione. Ma mi piacciono tantissimo…”
Belle sorrise e lo strinse con affetto.
“Fai la brava.” Mormorò lui.
“Fai il bravo anche tu.”
Lui le baciò la testa con fare burbero, poi borbottò un “a lunedì.”
La ragazza uscì di casa e respirò l’aria del mattino a pieni polmoni.
Sarebbe stato un bel week-end.
Dopo un mese di ansia, tristezza e desolazione se lo sentiva, sarebbe stato un bel week-end: avrebbe respirato aria di college per la prima volta.
 
 
 
Robert era nervosissimo.
Controllò la sua valigia almeno dieci volte. Controllava e ricontrollava di avere tutto, di aver preso i vestiti migliori che aveva e le scarpe lucide che gli piacevano tanto e gli facevano sempre fare un’ottima figura.
All’ultimo momento si ricordò di aver dimenticato lo spazzolino da denti così corse a prenderlo.
Dopodiché spiegò per la terza volta quella mattina, a sua madre, il rituale a cui Bobik era abituato, come andava sfamato e quante volte bisognava portarlo fuori.
La donna annuì pazientemente di fronte alla grande premura del ragazzo.
Lui, dopo aver letteralmente lanciato la valigia in macchina, tornò un momento in casa.
Il dalmata gli corse incontro e iniziò a gironzolargli intorno alla gamba agitatissimo.
“Bobik.” Esordì solennemente Robert “Papà sta partendo.”
Lui alzò lo sguardò e guaì forte.
Il ragazzo si chinò e lo accarezzò.
“Starò via solo pochi giorni e poi saremo di nuovo insieme. Te lo prometto, piccolino. Non piangere, ti prego.” Mormorò.
Lo strinse forte e si lasciò leccare la mano, allontanandosi poi col cuore pesante.
A metà tra il nervoso, il triste e l’emozionato, uscì di casa.
Respirò a fondo.
La vita non era mai stata clemente con lui e non si riteneva una persona particolarmente fortunata, ma quelle ultime settimane erano state letteralmente infernali. Non poteva di sicuro andare peggio di così.
Magari finalmente le cose sarebbero cambiate, magari no, ma forse valeva la pena sperarci.
Non sapeva cosa aspettarsi da quel week-end ma aveva una strana sensazione di
leggera euforia che gli faceva pensare che tutto sarebbe andato per il meglio.
Era la prima volta in quasi un mese di solitudine, che finalmente vedeva una possibile, fiochissima speranza. E aveva intenzione di sfruttarla al meglio.
 
 
Regina si guardò intorno piena di aspettativa.
Alla stazione di Storybrooke, molti dei suoi compagni dell’ultimo anno si stavano preparando a lasciare la cittadina.
Emma Swan e miss Blanchard stavano facendo l’appello per controllare che gli studenti fossero tutti presenti.
Poco più in là, Regina vide con la coda dell’occhio Belle ed Ariel, che sembravano entrambe molto emozionate.
Poi finalmente Robert arrivò correndo, i capelli spettinati e la valigia mezza aperta.
“Beh!?” abbaiò Regina quando lui si fermò proprio di fronte a lei.
“Ho…ho dovuto salutare Bobik. Poi sono uscito di casa, ma mi sono ricordato di essermi dimenticato di avergli comprato il mangime che piace a lui e sono dovuto tornare a-“
“Fermati. Ho appena realizzato che non mi interessa.”
Lui le scoccò uno sguardo rancoroso e si chinò per riprendere fiato.
Belle, lì vicino, li ignorò completamente.
“Ti proibisco di iniziare a guardarla di sottecchi con quella faccia da cane bastonato che ti contraddistingue.”  Disse poi Regina secca, controllando il cellulare.
Robert sbuffò.
“Non l’ho guardata, giuro.”
“Ah davvero? E allora come sai che è già qui?”
Non ottenne risposta.
Altri studenti arrivarono e pian pianino, Emma lì radunò intorno a lei. Prese rapidamente il foglio che miss Blanchard le stava porgendo, si schiarì la voce e sorrise.
Robert notò, sentendo una famigliare sensazione di vuoto allo stomaco, che Will Scarlet si era posizionato vicino a lei.
Provò uno strano desiderio di prenderlo a pugni e poi prendere a pugni sé stesso.
A fatica, distolse lo sguardo e lo puntò su Emma.
“Allora…tutti pronti?” provò sorridendo.
Qualche debole cenno di assenso dalle fila degli studenti assonnati.
“Saliremo sul treno che…che sta per arrivare.” Si interruppe e guardò lo schermo degli orari.
Regina ridacchiò.
Si vedeva che era nervosa e che stava cercando di essere autoritaria e al tempo stesso amichevole.
“Il viaggio durerà circa cinque ore e ci fermeremo a Portland per cambiare treno. Fate i bravi e…cerchiamo di divertirci con...con responsabilità. Ecco.”
Annuì per farsi forza.
“Una volta arrivati a Boston dovremo prendere…una navetta, credo…” scrutò dubbiosa una cartina che aveva in mano “Sì. E arriveremo al campus. Sulla navetta, oppure direttamente al campus, ci sarà una persona ad accoglierci e lì ci daranno tutte le direttive.”
I ragazzi rimasero in silenzio.
“Bene, allora…partiamo!” esclamò Emma.
E appena arrivò il treno, partirono.
 
 
Fu un viaggio lungo ed estremamente tedioso.
Quello di Robert fu rovinato dal fatto che Will si era seduto nel posto accanto a Belle e di fronte ad Ariel.
Regina si appollaiò, non senza commentare la sporcizia del treno (“saremmo dovuti andare in macchina), accanto a Robert.
Un’ora dopo si alzò per andare in bagno.
Tornò furibonda e ben decisa a denunciare i servizi ferroviari per lo stato delle toilettes.
Robert non la ascoltava.
Fissava inerme le file di alberi che si susseguivano nella campagna del Maine.
Immaginò che Belle avrebbe fatto quel viaggio con Tink, la sua migliore amica, e magari con Will in un futuro non molto lontano.
Si chiese come mai non fosse rimasto a casa e gli tornarono a mente le parole di Killian.
 

“Posso farti una domanda?” esordì Ariel, emergendo dal suo numero di Vogue.
Belle abbassò il libro che stava leggendo ed annuì.
Will dormiva beato accanto a loro, gli auricolari nell’orecchie.
“Perché Gold è venuto a Boston?”
La ragazza non rispose.
Si domandava la stessa identica cosa da quando lo aveva visto in stazione.
Per un momento aveva creduto di essersi sbagliata, lui sarebbe andato a Yale e non vedeva l’utilità di presentarsi a quella gita…ma no, era lui, era davvero Robert, inconfondibile nella sua postura rigida che assumeva quando era nervoso e con quell’espressione corrucciata.
Belle aveva sentito lo stomaco capovolgersi ma aveva immediatamente rivolto l’attenzione altrove. In questo Will l’aveva aiutata, aveva fatto un’imitazione della Blanchard che l’aveva fatta ridere e rilassare.
Ma sapeva che nonostante tutto, Robert era lì.
E non riusciva a togliersi dalla testa che fosse venuto là per vedere dove lei, Belle, sarebbe andata.
Così provava un miscuglio di irritazione e una sorta di soddisfazione nel sapere che in qualche modo, lui ancora si interessava alla sua vita.
“Credo che sia venuto a Boston…perché voleva avere una scusa per non dover studiare questo week-end.” Disse semplicemente.
“Scusa se te l’ho chiesto.” Replicò Ariel tristemente. “Non volevo però-“
“Non fa niente. Sto bene, davvero. Ci divertiremo.”
Sorrise.
 
 
Arrivarono a Boston con due ore di ritardo.
Regina era letteralmente furibonda e aveva già preso a male parole una povera ragazza del loro anno che aveva osato “guardarla male”.
Inutile dire che Emma aveva dovuto correre ai ripari prima che il tutto degenerasse.
All’arrivo al campus vennero velocemente smistati nelle loro camere. Fu un processo lungo e doloroso, fatto di proteste e parecchi litigi.
Robert finì con un certo Robin Loxley (**). Qualcuno fece notare che Robert e Robin suonavano davvero bene come compagni di stanza. Gold non lo trovò affatto divertente.
I ragazzi vennero comunque lasciati liberi per quella sera.
Alcuni andarono a cercare pub abusivi in cui infilarsi nonostante la minore età, altri rimasero in stanza.
Belle ed Ariel passarono la serata chiacchierando tranquillamente mentre Robert e Regina riuscirono a procurarsi una meravigliosa bottiglia di whiskey che condivisero con grande spirito di cameratismo.
 
 
Il giorno dopo, Emma aveva fissato l’incontro con la responsabile dell’orientamento della Boston University per le nove.
I più ritardatari, tra i quali proprio Regina e Robert, ancora leggermente storditi dalla serata precedente, arrivarono intorno alle nove e mezza. Il sole splendeva alto e l’aria era calda: nel complesso, non avrebbero potuto chiedere una giornata migliore.
“Bene. Ci sono tutti.” Esordì Emma, scoccando un’occhiata di disapprovazione alla coppia appena arrivata.
La donna che si occupava dell’orientamento iniziò a parlare.
Parlò a lungo e dopo dieci minuti l’attenzione generale era calata.
Disse che per quella mattina avrebbero visitato il dipartimento di chimica e scienze: li avrebbero smistati in coppie per quei due giorni e li avrebbero messi alla prova con delle semplici simulazioni di quelli che potevano essere i primi esperimenti richiesti durante i corsi.
“Il foglio con le coppie…signorina Swan…”
Miss Blanchard richiamò tutti gli studenti e il gruppo si strinse.
“Ah bene.” Iniziò Emma. Aprì il foglio. “Ah, sono in ordine alfabetico.” Commentò.
Belle sbuffò.
Non sarebbe stata con Ariel.
“Che palle” mormorò lei.
Emma cominciò a leggere i nomi e man mano che le coppie venivano formate, si disponevano vicino alla professoressa.
Finalmente…
“French, Glocke.”
Belle fece un passo in avanti mentre Robert strinse gli occhi per vederla meglio nell’accecante luce del sole.
“Glocke non c’è.” Ricordò la ragazza ad Emma.
“Ah sì, dannazione, ho dimenticato di scriverlo alla segreteria…” Si beccò un’occhiataccia dalla Blanchard.
Regina ridacchiò mentre Emma, tenendo il foglio in bocca, cercava una penna nella borsa. Dopodiché cancellò il nome di Tink dalla lista.
Improvvisamente il cuore di Gold fece una doppia capriola nel petto.
La sua mente, abbastanza sveglia rispetto a quella degli altri, aveva già fatto due rapidi calcoli.
E forse…
“La ragazza ha avuto un’emergenza a casa e non è potuta venire.” Spiegò Emma sbrigativa, rivolgendosi alla loro responsabile.
Belle si grattò la testa nervosa.
“Allora…French…la prossima è…ah no, scusa, il prossimo è Gold.”
La ragazza non disse nulla.
Si limitò a fissare con sguardo stralunato Emma.
“Gold?” chiese a bassa voce alla professoressa.
“Sì.” Rispose lei con semplicità. “Gold dove sei?” esclamò poi.
Robert caracollò in avanti come in trance, tenendo stretta la sua borsa e raggiungendo il posto a fianco di Belle.
“Eccomi qui.” Dichiarò impettito.
Regina scosse la testa nella fila.
Quello era stato davvero un colpo di fortuna enorme.
Belle però non si mosse.
“Mi scusi ma non è possibile per noi…scegliere il nostro compagno?” chiese poi ad Emma.
Lei inarcò le sopracciglia e guardò la Blanchard.
“Belle, la lista è questa.”
“Ma…”
Sentì la terra sprofondarle sotto i piedi.
Non voleva.
Era l’ultima cosa che voleva al mondo.
Gli altri studenti li guardavano incuriositi mentre Robert fissava dritto avanti a sé, incapace di muovere un muscolo, cercando di nascondere il tripudio di euforia che gli era appena scoppiato nel petto.
Ma Belle non voleva lavorare con Robert.
Non voleva trovarsi due giorni a stretto contatto con lui, non voleva parlargli, non voleva neanche guardarlo, ma non aveva scelta…
“Andiamo avanti: Jones e Loxley.”
“Non c’è neanche Jones.” Bisbigliò la Blanchard.
Emma sbuffò sonoramente e cancellò anche il suo nome. Cominciava ad odiare quella mansione.
Belle perse il conto di tutti i nomi che vennero fatti.
“Lo so che non è il massimo.”
Era il mormorio di una voce che lei conosceva fin troppo bene.
Non rispose.
“Ma cerchiamo…di fare funzionare la cosa, okay?”        
No pensò Belle.
Non funzionerà mai.







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Feels Like We Only Go Backwards - Arctic Monkeys (cover Tame Impala)


(*) La mamma di Tink...è...LA FATA TURCHINA. Sorpresa! Siete contenti vero? So che la amate.
(**) Robin of Loxley: se non erro, dovrebbe essere un altro nome per identificare Robin Hood. Ammetto di non essere una grande fan di questo personaggio, ma avrà anche lui la sua parte!



Ciao babies <3
Un giorno di ritardo causa connessione orripilante, ma eccomi qui.
Dunque, cosa dire?
E' un altro capitolo di passaggio, lo so, mi dispiace davvero ma...era necessario pure questo. 
Lo so che SwanQueen e Rumbelle sono in una situazione di stasi, ma questo capitolo è un po'... "calm before the storm". Infatti vi anticipo che i prossimi capitoli saranno molto, moooolto intensi. Ma proprio molto, per ogni personaggio.
Ci sarà angst, ci sarà fluff, ci sarà qualche comparsa inaspettata...ci saranno tante cose.
Quindi sì, questo capitolo è molto scarno, ma spero che si rivelerà propedeutico a ciò che sta per arrivare.
Quindi allacciatevi le cinture, non è finita qui. Nè per Robert, nè per Belle, nè per Tink o Killian o Regina o Emma...i nodi verranno al pettine!
Che altro dire? Vi ringrazio come sempre del sostegno qui su EFP, al gruppo di matte su whatsapp/skype/facebook, e  anche a quei pazzi che ogni tanto mi scrivono su twitter...siete bellissimi *^*
Fatemi sapere cosa ne pensate se ne avete voglia! Un bacione dearies, e alla prossima (Domenica 29 marzo - con un possibile giorno di ritardo LOL )!
Seasonsoflove!
   
 
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