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Autore: Relie Diadamat    17/03/2015    2 recensioni
Un libro, quattro vite, destini incrociati.
L'amore che sfida il futuro.
Il passato che si mescola al presente.
Una scelta per cambiare la propria vita. Per sempre.
Arthur lo guardò indignato, arrendendosi nel lasciargli campo libero «Oltre ad essere uno scrittore da strapazzo è anche un idiota.»
«Terribilmente idiota.» precisò il corvino, chinandosi per prendere un pacco sigillato e porlo al giovane «Ma fa parte del mio fascino.»
«Cos’è?» chiese il giovane, indicando con lo sguardo il pacco.
«Il pacco che non ho avuto il coraggio di gettare al rogo.» l’uomo insistette, porgendoglielo ancora una volta, finché il biondo non parve convincersi, rigirandoselo tra le mani con fare indagatore.
«Sei una brava persona, Arthur Mecoalt e meriti le risposte che desideravi.» gli disse solamente, per poi incurvare le labbra in un sorriso nostalgico. Arthur lo guardò allontanarsi, rigirandosi ancora per una volta quel pacco tra le mani, poi decise di entrare.

[Quarta classificata al contest "A time of magic" indetto da hiromi_chan sul forum di EFP.]
[Merlin/Morgana] [Modern!Arthur/Mithian]
Genere: Drammatico, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Merlino, Mithian, Morgana, Principe Artù | Coppie: Merlino/Morgana
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
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3. Finché un mattino…

 
 
Il servo non seppe spiegarsi del come, ma la nobildonna riuscì a coinvolgere la maggior parte dei presenti in un ballo, improvvisato dal suono di alcuni flauti traversi, suonati da alcuni trovatori usciti chissà da dove.
Il corvino corrugò la fronte nel pensare che qualcun altro usufruisse dell’uso della magia, ma poi quella sciocca insinuazione si trasformò in ansia quando, Lady Morgana si offriva come dama di ballo a quei balordi malintenzionati.
Cristo Santo, che avesse dato di matto? Imprecò il mago sbarrando gli occhi, accingendosi il prima possibile a recuperare la donna dalle manacce di quei tizi.
«Mia signora… penso sia ora di…» cercò di dissuaderla il corvino, ma la castellana lo interruppe porgendogli la mano «Ti concedo l’onore di un ballo, Merlin.»
Il mago avrebbe tanto voluto trascinarla fuori dalla taverna a forza, ma sapeva perfettamente di cosa era capace l’arguta Lady ed era anche a conoscenza che il re non avrebbe tollerato nessuna notizia novella sulla sua incursione nella stanza della regale, dunque, deglutendo a vuoto si convinse ad accettare quell’invito – celatamente gentile – stringendole la mano.
Almeno per il momento nessuno avrebbe attentato alla purezza della nobile, si consolò il mago, vedendo il pollicione del re ancora verso il centro e non abbassato del tutto, nella sua mente.
Merlin era un tronco di legno. Non sapeva nemmeno muovere due passi, ma in quel momento non sembrò avere importanza. La corvina gli era di fronte e avvicinandosi piano a passo di danza fece un inchino, per poi indietreggiare nuovamente. Non vedendolo attivo, la nobildonna roteo gli occhi richiamandolo con tono acido «Potrei trovare di meglio, sai?»
Nonostante l’avvertimento si avvicinò di nuovo, alzando lievemente la mano verso l’alto, unita stavolta, al palmo tremolante del ragazzo.
Gli occhi smeraldo della donna non furono mai così vicini alle iridi azzurre del giovane mago e qualcosa di tremendamente caldo scoppiò al suo interno. Sentiva ancora quel rogo consumare ogni centimetro del suo interno.
Morgana era bella, ma il servo avrebbe dovuto sapere che giocando col fuoco si rischia di scottarsi…

**
 
«È… stata una giornata divertente.» valutò il giovane, accompagnandola alla porta «Alla fine il mio innato talento per il ballo è venuto a galla.» disse baldanzoso, provocando la risata cristallina della mora.
«Ygraine n’è stata felicissima.» concordò l’altra, stando ovviamente al suo gioco.
Lasciava scorrere il suo sguardo dalle proprie mani incastonate tra loro, fino alla figura slanciata del biondo. Era bello, quella sera più di sempre, forse perché per la prima volta da quando si erano conosciuti, le era parso se stesso. Senza barriere né difese.
«Non era un libro di favole…» esordì Mithian ad un certo punto, accennando un mezzo sorriso.
Il biondo scrutò bene il suo sguardo. Se ne stava in silenzio, sorridendo sbilenca ed aveva la fronte scoperta, mentre i capelli mossi le ricadevano sulla schiena. Gli occhi non erano particolarmente chiari, ma attraevano la sua attenzione lo stesso.
«Più o meno lo è.» Arthur interruppe quel silenzio creato tra di loro, per poi continuare con fare quasi impacciato, quasi stesse confessando una sua intimità «Nelle favole c’è sempre un grande amore da salvare, no? Per il momento manca il mostro cattivo.»
Mithian rimase felicemente sorpresa da quella sua osservazione. Lei conosceva perfettamente ogni singola pagina del libro fin da quando era piccola e ne era particolarmente legata. Sapere che Arthur Mecoalt non avesse preso quella faccenda sottogamba non poteva che renderla felice.
«Scommetto che ne hai già letto ma non te ne sei accorto.» lo provocò lei, mentre un leggero venticello le muoveva i capelli.
«Okay.» disse il giovane con fare sicuro, accogliendo la sfida «Ti aggiornerò passo dopo passo dei miei progressi nella lettura, così vedremo se non sono così intelligente come credo.» le porse una mano per accogliere la scommessa.
Mithian arricciò le labbra e poi strinse la mano dell’altro «Affare fatto, Arthur Mecoalt.»
 
Libro, pagina 33
(Diario segreto di Morgana)
 
Merlin è diverso.
Quando pensi di conoscerlo ti sorprende, ricordandoti di quanto sia bizzarro o particolare.
È strano… sorride di riflesso ad ogni mia azione, arrossisce con dolce imbarazzo. Non avevo mai conosciuto un ragazzo così. Di solito mi si avvicinano cavalieri boriosi ed arroganti, pieni di sé, eppure nessuno è mai riuscito a colpirmi.
Pensa che io stia dormendo ed invece sono rimasta sveglia solo per pensare alla notte che abbiamo trascorso insieme. Mi sento strana… tutto questo non è da me!
Ho ancora il suo odore addosso, quello dei suoi abiti.
Non è così male come pensavo…
Forse sono solo assonnata, in fondo sarà già passata da un pezzo la seconda veglia e il senno mi sta abbandonando. Se è solo colpa del sonno, allora non me ne vorrà il mio orgoglio se, insonnolita, gli auguro una notte serena…
Suppongo di no. Ad ogni modo, la mia notte più serena l’ho già passata.
 
Azienda Mecoalt, ore 10.30
 
Era nel bel mezzo di una riunione importante ed avrebbe fatto meglio a prestare attenzione, ma la mente di Arthur vagava in tutt’altra direzione. Se ne stava seduto insieme ad altri imprenditori, mentre suo padre farfugliava qualcosa sul rendimento propizio della loro azienda e di come sarebbe migliorata con future fusioni, eppure non ne ascoltava nemmeno mezza parola. Una vibrazione nel taschino della sua giacca attirò la sua attenzione, sussultando appena.
Si era completamente dimenticato di spegnerlo e Arthur sapeva che suo padre sarebbe diventato una belva feroce se lo avesse scoperto. Incurante del pericolo, decise di sbirciare lo stesso, guardandosi cauto intorno.
1 Messaggio Mithian
Arrenditi, non ci arriverai mai.
Il biondo sorrise di riflesso al messaggio, non trattenendosi dalla voglia di risponderle.
A: Mithian
Un Mecoalt non si arrende mai.
Appena premette invio, Arthur si accorse della tosse dell’uomo brizzolato al suo fianco, così cercò di sembrare attento al discorso, nascondendo il cellulare il quanto più possibile. Dopo nemmeno mezzo minuto, il display si accese di nuovo.
Era ancora Mithian che gli scriveva “C’è sempre una prima volta, anche per i Mecoalt.”
L’orgoglio del biondo lo spingeva a risponderle “Questa filosofia non vale per me; non c’è nulla che io non possa fare!”, ma sembrò ripensarci su.
A: Mithian
Stasera a cena, capirai che ti sbagli.
Sorrise d’istinto, subito dopo averlo inviato, finché il richiamo paterno non tardò ad arrivare.
 
Qualche ora più tardi…
 
Arthur si fermò al centro esatto della stanza, le mani sui fianchi a contemplare il suo lavoro. Aveva mandato la marmocchia ad un pigiama party da una sua amichetta… Nimueh se la memoria non lo ingannava, ed aveva avuto tutto il tempo a disposizione per preparare la casa per quell’evenienza.
Mithian non sembrava un tipo da ristorante, ma aveva l’eleganza di una principessa: non l’avrebbe invitata certo nel locale più costoso di Londra, ma le avrebbe regalato una serata indimenticabile nella sua modesta dimora.
Sorrise soddisfatto di sé, rendendosi conto di aver portato a termine i preparativi: la casa era in perfetto ordine, l’orata risposava al forno con le patate ed il vino era già sul tavolo.
Ricongiunse le mani sfregandosele tra loro. Era tutto pronto… tranne che Arthur stesso.
Sbiancò riscoprendosi ancora in quel pessimo stato, correndo a farsi una doccia.
 
Libro, pagina 60
 
Merlin ebbe bisogno di risciacquarsi ripetitivamente il viso prima di poter pensare lucidamente. Il servo sentiva di dover sbollire tutto quel fuoco cocente che divampava nel suo interno, era quasi insopportabile.
Era riuscito a reprimere quel sentimento nocivo per molto tempo e non si degnava del perché adesso non ne fosse capace. Continuava ad apparirgli dinanzi agli occhi il sorriso altezzoso della nobile, le movenze regali. Il suo cervello richiamava il suo odore alla memoria.
Sarebbe impazzito di questo passo, doveva cercare una soluzione.
 
**
 
Arthur lasciò che l’acqua gelida della sua doccia gli scorresse lungo il viso, trovando la pace per un attimo. Quella ragazza sembrava essere diventata un chiodo fisso e… un po’, tutto questo, lo spaventava, anche se non l’avrebbe mai ammesso.
Si era ripromesso di starsene lontano dai sentimenti e per molto tempo ci era anche riuscito. Ginevra era riuscita a spezzargli il cuore in così tanti pezzi che ormai il giovane aveva issato una corazza che nessuno era mai riuscito ad infrangere.
Si era ripromesso di non lasciarsi toccare più da nessuno… ma poi era arrivata Mithian. Lei, era diversa. Non le importava dell’apparire, ma le bastava essere e ad Arthur piaceva da morire quel suo modo di rimanere se stessa.
Mithian era dolce ma non mansueta, bella ma non perfetta, gentile ma non ingenua. Mithian non somigliava in nulla a Ginevra.
 
**
 
L’Asino Reale decise che gli allentamenti sarebbero stati raddoppiati, il che equivaleva a doppia fatica per il giovane mago. Il principe di Camelot diventava particolarmente irritabile quando tutto non procedeva secondo i piani e, ad onore del vero, nulla in quel regno sembrava mai procedere secondo i piani.
Merlin si accinse a rassettare la stanza del futuro erede al trono, dopodiché raccolse i panni destinati al bucato in una cesta, dirigendosi verso la lavanderia.
Una risata cristallina riecheggiò per tutto il corridoio, accompagnata dal rumore di alcune scarpette contro il pavimento gelido «Prima o poi Uther, con la sua insana voglia di maritarmi, perderà il lume della ragione!»
Il mago continuò a camminare, riconoscendo la voce della nobildonna, che continuò a beffarsi del padrigno «Aveva già preso di mira quel cavaliere misterioso, peccato che alla fine si sia rivelato essere una donna.»
«Penso che Morgause non rientri nelle vostre preferenze.» rispose stando al gioco Gwen, la sua serva, mantenendo una risata più contenuta.
Il servo ne rise in automatico, figurandosi dinanzi agli occhi il re che cedeva la mano della sua protetta ad una donna sconosciuta.
«La verità è che Uther non comprende i miei gusti.» ammise la nobile con franchezza.
La sua fedele serva sembrò incuriosirsi tutt’un tratto «E voi cosa desiderereste, mia signora, sempre se non sono indiscreta…» cercò di scusarsi.
«Io vorrei un uomo che sapesse usare la fantasia e non una spada, Gwen! Vorrei qualcuno che vedesse il mondo con occhi diversi… qualcuno che non ti attedi con resoconti di battaglia. Desidero con tutta la mia anima qualcuno per cui valga la pena di vivere ogni giorno, senza che questi siano ridipinti dalla monotonia.» la voce di Morgana era sognante, ma decisa.
«Uomini così sono davvero rari da trovare, mia signora. Dovreste solo affidarvi ad un cantastorie…» sdrammatizzò l’altra, per poi aggiungere «O magari invaghirvi di Merlin.»
Il servo aveva fermato la sua camminata nel corridoio, appostandosi dietro una colonna, per poter udire meglio la conversazione. Sapeva che era sbagliato, ma… non poté farne a meno. E poi ad onor del vero, si stava parlando di lui!
«Quel servo è il ragazzo più strano che abbia mai conosciuto!» sbottò la nobildonna, continuando la sua camminata lungo il corridoio, mentre Merlin poteva già udire il suo odore di cedro.
«Però ha un fascino tutto suo.» si sincerò infine con la sua ancella.
Sul volto del corvino apparve un gigantesco sorriso da ebete. Era come se, avessero messo un poppante al fianco della propria madre, solo che la gioia era triplicata.
Era così perso nel suo piccolo attimo di felicità di non accorgersi neanche del cesto scappato dalle sue mani che, cadendo al suolo, attirò l’attenzione delle due fanciulle.
«Chi è là?» chiese autoritaria la figliastra del re, calmandosi dopo il brusco sobbalzo.
La figura mingherlina ed impacciata del valletto reale si materializzò dinanzi ai loro occhi, mentre incerto tentava di evitare lo sguardo della castellana «Non volevo spaventarvi, mia signora. Chiedo perdono.»
I muscoli della donna si tesero d’un lampo, mentre la gola le diventò secca di colpo «Sei qui da molto?» chiese indagatoria, anche se dal tono sembrava trasparire una certa bruschezza.
«No.» biascicò il giovane, per poi sorridere come un idiota dal suo solito ed inventare una qualsiasi scusa attendibile «Stavo camminando per il corridoio, ma per sbaglio ho lasciato cadere il cesto con la biancheria del principe e… vi ho spaventato.» s’affretto a chiarire il giovane, gesticolando con l’unica mano libera.
Morgana sembrò scrutarlo a fondo, cercando di cogliere la veridicità delle sue parole dalle sue movenze «Bene.» proferì allora con tono inflessibile «Torna pure al tuo lavoro, allora.»
Il corvino abbassò lo sguardo imbarazzato, obbedendo all’istante agli ordini. Era inutile che continuasse a sperarci ancora: Morgana era una nobile e, anche se si fosse accorta di lui, non sarebbero mai stati insieme.

Villetta Mecoalt, ore 21.15
 
Arthur si ammirò allo specchio per l’ultima volta, valutando impettito il risultato ottenuto. Aveva indossato i suoi pantaloni migliori, neri a sigaretta. Aderente al petto vi era una camicia grigiastra, lasciata fuori dai pantaloni.
“Non sei niente male, Arthur Mecoalt.” Constatò da solo, per poi sistemarsi per puntigliosità il colletto della camicia.
Le sue iridi azzurre, sporcate con spruzzi bluastri, inquadrarono bene la sua immagine riflessa allo specchio, riscoprendosi agitato. Per ansia si passò una mano tra i capelli, assicurandosi ancora una volta che fossero tutti al loro posto, finché il suono del campanello non lo distolse dalle sue accortezze.
“E’ arrivata.”
Camminò a grandi passi fino all’entrata, assicurandosi con varie occhiate che fosse tutto secondo i piani, immobilizzandosi dinanzi alla porta. Prese un lungo respiro, quasi come un fiero condottiero prima di iniziare una battaglia, poi aprì.
Una volta spalancata la porta, s’irrigidì per un secondo, ammaliato dalla figura della giovane.
Mithian aveva i capelli lasciati liberi, con le prime ciocche intrecciate e ricongiunte dietro il capo. Non aveva molto trucco sul viso, solo del mascara e del lucidalabbra, ma toglieva il fiato lo stesso.
Indossava un vestito a tubino rosso, lungo fino al ginocchio e con le spalline che le ricadevano più in basso dalle spalle. Le sue labbra rosa s’incurvarono in un sorriso «Ciao…» le guance erano leggermente arrossate per l’imbarazzo, il naso per il freddo.
Arthur le sorrise di riflesso, ripensando mentalmente a quanto fosse bella in quel momento «Sei bellissima.» ammise infine, riuscendo a conquistarsi un altro sorriso dalla mora.
Mithian non era una ragazza ingenua. Era consapevole della propria bellezza, ma non se ne vantava. Era umilmente sicura di sé, come poche.
«Mecoalt…» richiamò lei con la fronte aggrottata «Stai andando a fuoco.» fece notare, puntando lo sguardo sui suoi pantaloni.
Il biondo abbassò repentino gli occhi sull’indumento, accorgendosi delle fiamme all’altezza della caviglia. Dimenò il piede destro con forza, nel tentativo di placare il fuoco.
Con un po’ d’intelletto riuscì a salvare la situazione, anche se doveva ammetterlo: la serata non era per nulla iniziata nel migliore dei modi.
 
Libro, pagina 72
 
Il sovrano, Uther Pendragon, diede l’ordine di allestire la sala reale per il banchetto in onore di Sir Valiant, un cavaliere degno di nota e non ancora unito nel vincolo del matrimonio con nessuna ancella, in visita a Camelot. Il nobiluomo sembrò fin da subito entrare nelle grazie di sua maestà, ma non fu quello a mettere in allerta il giovane mago.
«Ho saputo che Sir Valiant abbia intensione di corteggiare Lady Morgana.»
«Oh, ogni fortuna alle nobildonne!»
Merlin raggelò nell’udire quei pettegolezzi nella lavanderia, dove altre serve confabulavano tra loro. Sapeva di essere solo un servo e sapeva per certo che non avrebbe mai avuto un futuro al fianco della nobile, ma solo a quello di Arthur, eppure saperla maritata con un altro uomo gli mandava in cortocircuito il cervello.
 «Lady Morgana non cederà alle lusinghe di quel cavaliere. Sanno tutti che sua maestà vorrebbe vederla maritata con suo figlio, il principe Arthur.» s’intromise una terza serva, parlando con fare civettuolo.
Il servo incassò il colpo, sentendo un’angosciante morsa allo stomaco.
“Arthur non prova alcun interesse per la sua sorellastra, anzi se potesse spenderebbe tutta la sua vita ad indispettirla con i suoi dispetti fraterni. Morgana lo strozzerebbe con le proprie mani sorridendo trionfante!” il mago si rincuorò con queste constatazioni.
Strizzò il panno che si ritrovava tra le mani, gettando via quei pensieri folli dalla sua mente.
Merlin trovò ben presto molto lavoro da fare grazie all’Asino reale e quel maledettissimo banchetto. Il sole non tardò a svanire, lasciando posto alla maestosa luna che incurante della notte se ne stava tra le stelle, donando un’atmosfera particolare, quella che avrebbe ispirato molti giullari nelle loro composizioni amorose.
La sala fu allestita con enormi tavolate il cui elemento predominante erano i boccali ricolmi di vino. Si respirava un clima allegro e gioviale, mentre candelabri di ogni genere illuminavano le lussuose quattro mura della sala.
Merlin restò in disparte, in piedi con gli altri servi presenti nella sala, aspettando ordini precisi. I banchetti erano per i nobili, non certo per loro.


Casa Mecoalt, ore 21.30
«Lo senti anche tu?»
Mithian si guardò intorno stranita, accorgendosi di uno strano odore che aleggiava nella casa «E’ puzza di bruciato…» costatò la mora, vedendo scolorire il biondo.
Arthur aveva abbellito l’intera casa con le candele dimostrando un lato romantico che Mithian, doveva ammetterlo, ignorava. Il giovane valutò in quel momento che forse non era stata una gran bella idea: nell’arco di solo quindici minuti si era abbrustolito la caviglia ed ora la casa rischiava di andare a fuoco.
Il biondo trovò sollievo nel costatare che nessun angolo della casa andava a fuoco, ma il suo buonumore si abissò nel momento in cui fece capolinea nella cucina. Aprì sconsolato il forno, accorgendosi di aver rovinato l’intera cena.
«Beh, adesso sappiamo che oltre al ballo, nascondi anche altre qualità nascoste.» ironizzò la donna, guardando il viso affranto del giovane sul cibo inerito.
«Il forno è difettoso.» si giustificò il biondo, riponendo la teglia sul bancone della cucina.
La giovane trattenne una risata, per poi assecondarlo «Ovviamente.»
Arthur sembrò non notare il celato beffeggiamento, passandosi una mano tra i capelli per cercare una soluzione, mentre l’altra continuava a riderne da sotto i baffi. Di scattò schioccò le dita «Ho la soluzione.» decantò sicuro di sé, come se avesse appena trovato un rimedio infallibile contro una malattia incurabile.
Si avvicinò ad un cassetto rosso, sospeso circa un metro dal lavabo, aprendolo con fare vittorioso, ritrovandosi però impietrito da ciò che vide. Ritrovandosi con le spalle al muro, prese la confezione di cereali e la mostrò alla mora.
«Oh… era da circa vent’anni che sognavo di mangiare dei Froot Loops.» scherzò su lei, per poi vedere il biondo riposare la confezione sul bancone e partire alla ricerca del suo cellulare «Ordinerò una pizza.» disse risoluto, non intenzionato a gettare la spugna.
Mithian lo vide prendere tra le mani il suo Iphone con una crepa nello schermo. Le venne da sorridere, ripensando a quando si erano conosciuti e a quante cose erano cambiate da quel giorno. Lasciò cadere lo sguardo sulla confezione dei cereali fruttati, rievocando alla mente vecchi ricordi, quelli a lei più cari, quelli legati alla sua infanzia. Ne sorrise di riflesso, per poi volgere lo sguardo verso il volto del biondo. Aveva lievemente la mascella serrata, indice della sua irritazione e gli occhi così proiettati nello schermo da non accorgersi nemmeno delle sue occhiate. Arthur aveva pianificato quella serata nei minimi dettagli e questo per Mithian era più che sufficiente.
«Non chiamare.» gli disse, non appena l’altro si portò il cellulare all’orecchio destro «I Froot Loops andranno più che bene.»
 
Libro, pagina 77
 
Come ogni banchetto gioioso che si rispetti, a corte erano giunti i giullari migliori del regno, pronti ad allietare la serata con musiche allegre.
Il sovrano annunciò l’inizio delle danze, senza tuttavia parteciparci. Se in quel momento fosse stata presente sua moglie, Lady Ygraine, forse ne avrebbe preso parte senza dimostrarsi contrariato a tutta quella frivolezza.
Come il re, anche Merlin non ne tenne parte, in quanto semplice servo, mentre numerosi cavalieri si accingevano a chiedere l’onore di un ballo a molte dame. Arthur cercò quanto più di tenersene alla larga, ma una giovane nobile di cui il mago ignorava l’identità, si affrettò ad avvinghiarsi alle sue calcagna, costringendolo a ballare.
Il valletto reale, dopo la brutta esperienza con Sophia, decise di mantenere lo sguardo vigile sul suo padrone, accertandosi che quella dama non avesse altri fini. Riuscì nella sua impresa, fin quando non vide Lady Morgana accettare di ballare con Sir Valiant.
Il mondo sembrò adombrarsi improvvisamente. I suoni della sala si fecero sempre più fievoli, mentre il silenzio invadeva le sue enormi orecchie a sventola.
Morgana gli sorrideva mantenendo il suo sguardo e fu come una lama dritta nel petto. Rimembrò di qualche giorno ante quella sera, quando a guardarla in quel modo c’era lui e non quel cavaliere.
Fu come una triste metafora, ancora più dolorosa da cogliere: Morgana non faceva parte del suo Destino e un giorno sarebbe stata al fianco di un uomo che non era lui e avrebbe fatto meglio a rassegnarsi.
C’era molta gente nella sala, eppure lui udiva solo il suono delle sue risa ed avrebbe tanto voluto divenire sordo per magia. Incassò l’ennesimo sguardo d’intesa della nobile al cavaliere, sentendo piano il suo cuore sgretolarsi, poi successe l’impensabile. La corvina, impegnata nei passi di una vecchia ballata medievale, incrociò il suo sguardo.
Merlin non seppe dirsi per quale motivo, ma sentì ancora quel fuoco farsi spazio nel suo interno. La castellana però distolse nuovamente lo sguardo ed il servo si sentì un completo idiota per aver solo pensato di poter essere nei pensieri dalla fanciulla. Poi, la vide voltarsi ancora.

**
 
Mithian si sorprese nel riscoprirsi così in sintonia col giovane. Non si sarebbe mai aspettata di passare una serata a mangiucchiare cucchiaiate di latte e cereali fruttati, cercando di non strozzarsi dalle risate.
Erano finiti a parlare, seduti a malo modo sul divano, della loro infanzia senza neanche rendersene conto, forse aiutati inconsciamente dalla loro cena. Arthur le aveva raccontato di quanto sia stata difficile, nel senso più comico del termine, vivere da solo con Uther. Suo padre, aveva affermato il biondo, non era per nulla ferrato nel crescere un bambino eppure Mithian poté notare quanto rispetto e orgoglio nutriva nei confronti del padre.
«Mio padre invece era solito assecondarmi sempre, tanto che mi madre a volte non lo sbranava.» la mora si stampò in volto un sorriso nostalgico, portando alla mente vecchi ricordi «Erano due poli opposti. Il caldo e il freddo, l’estate e l’inverno. Eppure si amavano.»
Arthur rimase in silenzio, non sapendo cos’altro dire. La mora giocherellò col cucchiaio nella tazza vuota, creando cerchi concentrici sul fondo di ceramica «Ygraine ti somiglia molto.» disse spezzando il silenzio.
«Già.» fu la risposta secca dell’altro.
Mithian notò il considerevole cambio d’umore del giovane e la cosa sembrò incuriosirla «Eri molto amico dei suoi genitori?» tentò lei, guardando in volto.
«Sua madre ed io eravamo fidanzati.» rispose semplicemente l’altro, senza far trasparire nessun’emozione.
La giovane inarcò le sopracciglia stupita «Eravate fidanzati?» lo vide annuire, allora continuò «E… come è finita, sì insom-»
Arthur interruppe bruscamente il suo discorso, sbottando infastidito «Perché le cose finiscono, Mithian! Non esiste il per sempre.»
L’altra si morse l’interno labbra per il rimprovero, poi decise di chiudere lì la questione. Non era solita rimanere al suo posto al primo tentativo di zittirla, ma quella frase le era molto familiare. Quella lezione, l’aveva imparata a sue spese.
Il biondo sembrò sentirsi in colpa, o semplicemente gli pesava quell’assenza di parole tra di loro così continuò a parlare, come se niente fosse «E’ Valiant.»
«Cosa?»
«Valiant.» rimarcò il giovane «E’ lui il cattivo.» disse, imitando un’aria trionfante.
La mora però, arricciò le labbra in segno di dissenso «Mi dispiace, Mecoalt. Sei fuori strada.»
Vide l’altro roteare gli occhi, per poi affermare seccato «Allora è Merlin! Quel ragazzo è un idiota!»
Mithian rise del buffo accanimento di Arthur contro quel povero servo, per poi precisare «Non è idiota, è solo un servo. A quel tempo poi, si parla di amor cortese, sai… loro s’innamoravano dell’anima non del corpo.»
Il biondo scosse il capo, rimanendo fisso sulla sua idea «Balle. Amavano lo spirito perché non avevano il coraggio di raggiungere il corpo!»
«Beh oggi è il contrario.» Mithian sembrò diventare seria di colpo «Adesso si mira al corpo perché non si ha il coraggio di amare l’anima, di una persona.» lasciò che i suoi occhi si perdessero nelle iridi profonde dell’altro. Erano distese d’acqua gelida, mentre la pupilla era l’isola che Mithian lasciava inesplorata, tanto era persa nella magnificenza di quel colore bluastro.
 
**
 
Merlin si sentì strattonare al centro della sala senza neanche rendersene conto.
«Ti concedo l’onore di questo ballo.» disse provocatoria la corvina, porgendogli la propria mano.
Il servo sentì il cuore palpitargli nella trachea, mentre sentiva il respiro mozzato. Probabilmente se il re l’avrebbe visto gli avrebbe fatto mozzare la testa «N-non posso, mia signora. Uther mi farebbe giustiziare all’istante.» cercò di dissuaderla il giovane, sguardando di sottecchi la clavicola della nobildonna, sentendosi avvampare.
«Stai dunque rifiutando la mia generosa offerta? Molti uomini si lascerebbero trafiggere da mille delle spade dei Pendragon pur di avere quest’onore.» la voce della castellana aveva quell’inflessione provocatoria che tanto la caratterizzava, quel misto di sensualità e divieto che Merlin avrebbe tanto voluto ignorare.
Ignorando l’etichetta di corte, la donna prese nuovamente l’iniziativa, quasi fossero tornati indietro nel tempo in quella taverna.
La musica dei flauti si fece più incalzante, le mani dei due giovani presero a toccarsi. Quella destra dell’uno contro la destra dell’altra, girando per un breve arco di tempo in cerchio, per poi cambiare giro.
I loro occhi erano incatenati, uniti da una forza invisibile e impossibile da spezzare. Morgana quella sera era bellissima, in quel momento era perfino più bella di qualche istante prima. Portava i capelli raccolti, mentre alcune ciocche erano state lasciate libere e le sfioravano le guance. Il pallore regale della sua pelle era in contrasto armonioso con le labbra rosse e carnose, i capelli corvini richiamavano all’attenzione quei smeraldi splendenti che erano i suoi occhi.
Il corpo della fanciulla era avvolto da un elegante vestito viola, colore che tra l’altro, le donava particolarmente. Merlin si sentì così sminuito dalla sua semplice essenza. Lui aveva indosso i suoi semplici indumenti quotidiani e non c’era niente di straordinario che potesse attrarre l’interesse della donna, eppure lei stava danzando con lui. Con lui e nessun altro. Il resto del mondo sembrò perdere d’importanza, mentre tutta la mente del mago si soffermava sulla nobildonna.
Per loro grande sfortuna, il re li avvistò dal suo posto, tenendo uno sguardo accigliato e le mani chiuse in due pugni. Morgana era un’incosciente e non si rendeva conto delle sue azioni, continuava a ripetersi il monarca.
La musica ancora non si era fermata che il sovrano vide i due allontanarsi dalla sala, imperdonabilmente vicini. Fece per alzarsi con stizza, ma fu fermato dall’avvicinarsi di un suo fido alleato, anch’egli presente in quella ricorrenza. Tentò di reprimere la collera, accogliendo il vassallo in arrivo.
«Vado a cercare Gaius.» aveva esordito il servo, guardando la smorfia di dolore sul volto della regale.
«Sto bene.» obbietto ella, zittendolo «Avevo solo voglia di evadere da quel posto.»
Il silenzio calò tra i due. Il mago si perse nuovamente nella figura slanciata della nobildonna, rimanendone ammaliato, con lo sguardo perso, poi però un ricordo si fece vivo nella sua mente «Dunque avete intensione di maritarvi con Sir Valiant.» affermò il servo, con una nota di dispiacere nella voce, ma sforzandosi di mantenere un’espressione allegra.
La castellana lo guardò di sottecchi, notando il mutare della sua voce «E a te che importa?»
«Nulla.» si affrettò a dire il corvino risoluto «Spero solo nella vostra felicità.»
Morgana scrutò a fondo l’immagine del giovane che le stava di fronte. Nella poca luce del corridoio sembrava ancora più pallido del normale. Aveva il capo chino e le mani lungo i fianchi, cercando di evitare il quanto più possibile il suo sguardo. La figliastra del re sapeva perfettamente l’effetto che aveva sul valletto reale e ne gioiva trionfante.
«Non sposerò Valiant.» lo sorprese lei, avvicinandosi al mago «La mia mente è già occupata da un altro.»
Merlin voltò piano lo sguardo su di lei, puntando le sue iridi azzurre in quelle verdi della donna. Morgana mantenne la sua espressione enigmatica, lasciandogli intendere ben poco, eppure qualcosa lo costrinse a smuoversi. Aveva i piedi inchiodati al suolo, ma fu come se qualcosa al suo interno lo avesse comandato di andare verso la donna. Accadde nel silenzio più totale, nel silenzio che sapeva di completa estraniazione dal resto del mondo. Il servo lasciò con lentezza implacabile che le sue labbra si posassero su quelle della castellana, in un bacio casto.
Il cuore gli si bloccò in petto mentre poteva sentire il calore ed il profumo della donna contro il suo viso. Fu una sensazione che conservava il sapore della perfezione.
Le loro labbra si staccarono piano, mentre il corpo di Merlin prese lievemente a tremare. Morgana rimase con le labbra schiuse e gli occhi spalancati a fissare il servo. In quel momento il mago si maledisse per ciò che aveva fatto, temendo la più catastrofica delle reazioni, mentre invece la corvina lo sorprese. Incurvò le rosse labbra in un sorriso soddisfatto, mentre energica riprese a baciare le labbra del servo. Merlin portò entrambe le mani sul viso della donna, premendoselo contro il suo, baciandola a sua volta.
Fu quasi come assistere ad incendio che divampa tutt’intorno, senza che quel fuoco possa toccarti. Ne si avverte il calore, ma non si viene bruciati.

**
 
«Mi ha tradito.» il biondo soffiò quella frase a denti stretti, lottando contro il suo orgoglio.
Mithian si chiese se fosse stato lecito porgli altre domande o se invece le avrebbe risposto in modo brusco come qualche minuto addietro. Arthur aveva un carattere complicato e per nulla semplice da comprendere. Aveva bisogno di trovare il coraggio di fidarsi e la forza di combattere il suo orgoglio, perché per una qualche motivazione assurda, quel giovane non ammetteva di essere in fallo, non contemplava la macchia dell’errore.
«Era tutto perfetto. Stavamo bene, so che era così!» le parole piene di risentimento di Arthur vagavano nella stanza in totale silenzio.
Erano rimasti seduti alle due estremità del divano, l’uno di fronte all’altra, nella penombra della stanza illuminata dalla sola luce delle candele, disposte un po’ ovunque. Mithian incassò il dolore del giovane, deglutendo per lui un boccone amaro.
«L’ami ancora?» trovò il coraggio di chiedergli, sorridendo con un solo angolo della bocca, mantenendo lo sguardo fisso nei suoi occhi bluastri.
L’altro la guardò in silenzio, serrando lievemente la mascella «Non lo so.»
La mora gli sorrise incoscientemente, ritenendo quella riposta come un’affermazione. Un po’ le era pesato, si sentiva il rimpiazzo di turno e non le andava di essere la seconda scelta. Mithian sognava di essere amata, ma sfortunatamente si era resa conto che la vita non era così generosa come potesse sembrare.
Non le piaceva quella situazione, per niente. Si alzò di scatto dal divano, avviandosi verso il corridoio, quando la voce di Arthur la paralizzò «Però una cosa la so.» disse, vedendola fermarsi nel centro esatto della stanza.
«Cosa?» gli chiese, cercando di trattenere le lacrime che cercavano di fuoriuscire. Non si era mai sentita tanto fuori posto come in quel momento.
Il biondo si alzò dal divano, arrivando a grandi passi alle spalle della donna «Questo.» disse semplicemente, per poi farla voltare prendendola per il polso, allungando una mano dietro la sua nuca ed avvicinarsela al volto.
Fu inaspettato, come potrebbe esserlo una bufera nel giorno di Ferragosto. Mithian si lasciò abbandonare sulle labbra del giovane, abbassando ogni difesa. Schiuse le labbra, facendo capire all’uomo che poteva osare di più, garantendogli libero accesso. Fiondò una mano tra i capelli dorati, lasciandosi andare.
Il rogo che da un po’ di tempo a quella parte le stava divorando ogni cellula vitale sembrò placarsi, mentre ad ogni movimento di Arthur la vita iniziava a pullularle in tutto il corpo. Fu come rinascere per una seconda volta.
Così, mentre Romeo moriva con un bacio, Mithian riprendeva a vivere, ritrovando quella pace che tanto aveva cercato.
 
Libro, pagina 97
 
La vita a Camelot sembrò scorrere come granelli di sabbia in una clessidra.
Gli sguardi complici dei due amanti divennero un codice segreto decodificabile solo tra loro, le mani diventarono strumenti creati per sfiorare linee candide di pelle e tessuti. Le mura del castello dei Pendragon diventò a poco a poco un nascondiglio d’amore perfetto.
Finché un mattino…
Morgana tenne il broncio al sovrano per tutto il tempo che poté, si ribellò capricciosa, ma si rivelò tutto inutile. Uther Pendragon aveva preso la sua decisione ed aveva accolto la richiesta di Sir Valiant a prendere in moglie la sua figliastra.
La nobildonna si dimostrò contrariata, prese ad insultare il suo tutore come meglio poté, ma ricevette solo uno schiaffo in volto da un monarca irato che continuava a ripeterle di non insistere.
«Sposerai quell’uomo, che tu lo voglia o no!» tuonò austero, col palmo ancora spiegato a mezz’aria.
La castellana, ricaduta a terra per la violenza del gesto, si portò una mano alla guancia, mentre i suoi occhi s’inumidirono di nuove lacrime, lacrime che avevano il sapore della rabbia e del dolore.
«Preferirei morire anziché sposarmi con un uomo che non amo!» gli ringhiò contro, senza perdere il coraggio che l’aveva sempre caratterizzata.
Il re si avvicinò minaccioso alla figliastra, stringendole il polso esile nella sua mano forzuta, annullando quasi del tutto la distanza tra loro «Non te lo sto chiedendo.» soffiò spregevole, per poi mollarle di colpo la presa, facendola indietreggiare lievemente «Te lo sto ordinando.»
A nulla servì digrignare i denti, graffiando il pavimento con le unghia e gridargli in gelido “Va’ all’inferno.” Il sovrano, non cambiò la sua idea, né allora né giorni innanzi.
Uther prese quella decisione sospettando di una possibile relazione tra il servo personale di Arthur e Lady Morgana. Ricollegò tutti i tasselli, comprendendo il continuo rifiuto della figliastra ad ogni baldo cavaliere. S’infervorò paurosamente, prendendo quella scellerata bravata come una mancanza di rispetto nei suoi confronti.
Il re non poteva sopportare che la sua protetta lo tradisse in quel modo, disonorando la casata dei Pendragon con un semplice servo. Valutò la possibilità di giustiziarlo o quanto meno di mandarlo in esilio, ma ciò non avrebbe placato l’ira di quella scellerata.
Avrebbe preso provvedimenti a tempo debito, per il momento il più dell’opera era conclusa.
Si sedette sul suo trono con un volto inespressivo, lo sguardo perso in un punto indefinito. Morgana sarebbe partita verso il suolo natio di Valiant, scortata da alcuni cavalieri di Camelot, escluso il principe. Arthur, si sarebbe di certo portato dietro quel disgraziato del suo servo e Dio solo sapeva quanto l’indulgenza di suo figlio avrebbe dato modo a quei due svergognati di amarsi, senza ogni pudore.
Serrò i pugni fino a farsi male.
Avrebbero pagato entrambi il prezzo di quell’affronto.
Il giorno successivo, ai primi bagliori, Lady Morgana si diresse verso il suo destriero bianco, scortata da una quindicina fra i cavalieri più qualificati. Fu concesso alla sua serva di partire con lei, ma ciò non allievò il dolore nel cuore della giovane corvina.
Sapere di dover abbandonare Camelot per andare in sposa ad un uomo che non amava, lasciandosi alle spalle il suo vero amore la tramortiva, ma non vi era un’altra via.
Merlin non ebbe il coraggio di correrle incontro, di baciarla per l’ultima volta. Rimase con i piedi impiantati al suolo, nel vederla andare via per sempre, in tutto il suo splendore. Guardò quegli occhi di smeraldo per l’ultima volta, volendoseli figurare nella mente per tutta la vita. Serrò i denti con più forza che poté pur non permettere alle lacrime di solcargli il volto. Rimase nascosto in un angolo dello spiazzale, senza darle l’ultimo addio.
«E’ giunta l’ora di partire, mia signora.» la informò Sir Leon, avvinandosi con reverenza alla castellana.
Morgana asserì col capo, ma il suo sguardo indugiava altrove. In quei pochi minuti che le rimanevano prima della partenza, scrutò ogni angolo dello spiazzale, voltando lo sguardo ovunque, pur di intravedere la figura del suo amato. Ma mai come in quel momento gli parve più lontano.
«Morgana, non possiamo più indugiare.» la redarguì nuovamente il cavaliere.
La castellana posò lo sguardo in un angolo, accanto ai barili ingombranti, riconoscendo l’immagine di Merlin. Quest’ultimo si scostò appena in tempo, nascondendosi alla sua vista, pur di non soffrire più del dovuto. Se l’avesse avuta ancora una volta tra le braccia, non l’avrebbe lasciata andare mai più.
«Arrivo.» si arrese lei, tornando sui suoi passi.
Il mago sentì la giovane salire in sella al suo destriero e chiuse gli occhi con foga, cercando di placare quel dolore enorme, al centro del suo petto.
La castellana si sistemò in sella al suo purosangue, guardandosi per l’ultima volta indietro. Il cuore le doleva nel petto, così tanto che pensò di morirne. Una tristezza immane la pervase convincendosi che mai, avrebbe rivisto il volto del suo amato.
Merlin si maledisse da solo per quello che stava per fare, ma decise d’impulso di non poterla lasciare andare via così. Strinse forte i pugni, uscendo allo scoperto «Morgana, aspettate!» urlò disperato.
La nobildonna sgranò gli occhi, vedendo la figura goffa del valletto reale venirle incontro; sentì il suo cuore perdere un battito ad ogni passo del servo.
«Merlin!» gridò di rimando, smontando dalla sella al meglio che poté, catapultandosi nella sua direzione, incurante dei mille richiami della sua serva e dei cavalieri. Ogni passo contro il pavimento gelido sembrò un battito mancante nel suo cuore, certa che anche se lo avesse tenuto stretto tra le sue braccia, avrebbe dovuto dirgli addio in ogni modo.
Merlin fermò la sua corsa portando entrambe le mani a sorreggere il viso candido della nobildonna, sorridendole tra le lacrime, mentre l’altra ansimava per l’emozione.
«Promettimi che sarà per sempre.»
Il naso era arrossato per le lacrime, mentre le labbra tremolavano dai singhiozzi.
Il mago sentì il cuore spezzarsi in quell’esatto momento, ritenendo ingiusta una sorte così crudele ad un amore così puro. Le asciugò coi pollici le lacrime che presero a scenderle dal volto, mentre egli stesso aveva il labbro tremolante e gli occhi lucidi «Te lo prometto.» le disse ad un passo dal suo volto, sforzandosi di guardarla fissa negli occhi.
Morgana aveva lo sguardo tremante, immersa nella speranza che si trattasse di un suo solito incubo, ma certa dell’amara verità che fosse tutto vero. Avrebbe vissuto il resto della sua vita senza poter più vedere quel volto, lontana dai loro sguardi languidi e dallo sfioramento delle loro pelli.
Si sporse in avanti, premendo forte le sue labbra su quelle del servo, incurante del resto del mondo, non prestando la minima attenzione allo sguardo attonito dei cavalieri o di Gwen. Quello era il loro bacio d’addio.
Le lacrime continuarono a volerle scendere dal volto in quel momento più che mai. Fu un po’ come morire, con l’arma più infima che il Creato avesse mai conosciuto.
Merlin sentì il suo cuore diventare cenere, mentre il rogo che lo attanagliava sembrò divorargli l’interno. Fu lento e incosciente, un po’ come la morte. Ne si assapora il gusto aspro e maligno senza saper come. Allo stesso modo sentì Morgana sfuggirle dalle mani, mentre il calore del suo corpo si disperdeva nella sua memoria.
«Troverò un modo per portarti indietro da me.» le sussurrò, vedendola strattonata dalla sua serva che invano imprecò che il re non li avesse visti per il bene di entrambi, dirigendosi verso il gruppo attonito dei cavalieri.
Il servo la vide allontanarsi e prendere posto sulla sella del suo stallone immacolato. Osservò col cuore a pezzi ogni zoccolata degli equini aumentare la distanza tra lui e la corvina. Fu straziante, quasi come accorgersi di avere ancora il suo sapore sulle labbra e nel palato. Quel sapore dolce, che il tempo seppe tramutare nell’amaro più indigesto della sua vita.
   
 
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