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Autore: Ella Rogers    19/03/2015    2 recensioni
La giovane si sporse sul corpo del biondo, in modo da proteggere il suo bel viso dalla debole pioggia incessante.
"Steve, non farmi questo, ti prego."
Gli carezzò la fronte. La pelle del ragazzo era fredda, gelida.
"Apri gli occhi, Steve, avanti" pregò con voce tremante, sotto lo sguardo indecifrabile di Stark.
Cercò di trasferire la propria forza vitale in lui, ma ormai era tardi.
"È colpa mia. È soltanto colpa mia. Se solo fossi stata più forte, invece di crollare in quel modo. Ti ho lasciato da solo, non ti ho protetto e adesso … adesso …"
Prese a scuoterlo per le spalle, disperata.
"Steve, svegliati, ti scongiuro."
Lo baciò e le labbra erano fredde, non più calde e morbide.
Posò la fronte sul suo torace e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
"Mi assicurerò che continui a battere, te lo prometto, a qualsiasi costo."
Era stata la muta promessa fatta a lui e a sé stessa, dopo averlo amato, dopo aver sperimentato con lui cosa significasse essere una cosa sola sia nell'anima sia nella carne.
E lei lo aveva tradito. Perché quel cuore aveva smesso di battere.
Lo aveva ucciso.
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Road of the Hero'
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Oneiro

Qualche spiraglio di luce pallida fece capolino da dietro la linea infinita dell’orizzonte. L’oscurità, schiarendosi, si stava tramutando lentamente in sottile penombra, un velo che il Sole avrebbe sollevato presto, scoprendo i nitidi e luminosi colori del mondo finalmente risvegliato.

Era la seconda volta che si trovava ad assistere incantata a quello spettacolo tanto simbolico quanto necessario per l’ordine deterministico dell’universo. Non riusciva a distogliere lo sguardo da quel progressivo avanzare della luce, il cui passaggio dissolveva le tenebre indifese.
Quanto avrebbe voluto che quel processo fosse avvenuto dentro di lei, purificandola dall’oscurità che albergava nel suo corpo troppo debole per controllarla.
Quel concentrato di male puro attendeva paziente il momento in cui lei avrebbe abbassato le difese e, al tempo stesso, non smetteva di ricordarle che era lì, stringendole il cuore in una morsa tanto delicata quanto dolorosa.
Conviveva con un demone a causa di un macabro scherzo del destino.

L’estesa vetrata della Sala Comune, illuminata dalla stella nascente, rifletteva ora la sua figura rannicchiata su una poltroncina color panna.
La pelle candida come la neve rispecchiava una fallace delicatezza. I lunghissimi capelli color miele ricadevano in morbide onde sulla schiena e sulle spalle, brillando di riflessi dorati. Il viso possedeva lineamenti dolci e armoniosi.
Si strinse nella larga felpa azzurra, da cui spuntavano le lunghe gambe rannicchiate contro il petto e fasciate da corti pantaloncini blu.
Spostò l’attenzione su quei grandi occhi così innaturali, magnetici, oscuri, custodi di un mondo fatto di dolore e paura.
Nascose il volto nelle mani, impedendosi di contemplare ancora il suo stesso riflesso. Aveva il terrore di scorgere il mostro che sapeva di essere, quel mostro che doveva evitare venisse alla luce.
Aveva solo bisogno di controllare le emozioni, impedendo loro di strapparle la lucidità necessaria a tenere imprigionata l’oscurità dentro di sé, e tutto sarebbe andato bene.
Era così assorta e distratta dai suoi pensieri, che sussultò nel percepire una delicata pressione sulla spalla destra. Si voltò e trovò ad attenderla due occhi cerulei e limpidi, riflesso di un’anima pura.

Non era degna di lui, non aveva il diritto di infettarlo con l’orrore che si portava dentro.

Scese dalla poltroncina e si posizionò di fronte al giovane Capitano, che era vestito con una semplice tuta grigia e una maglietta bianca abbastanza attillata, da mettere in risalto l’addome scolpito.
Si fissarono in silenzio per alcuni secondi, poi lei gli gettò le braccia al collo, sollevandosi sulla punta dei piedi. Lo strinse forte a sé, nascondendo il viso nell’incavo della sua spalla.
Non riusciva a stare lontana da lui, nonostante ci provasse.

“Steve” sussurrò, con voce tremante.
“Sono qui. Va tutto bene.”

Rogers era stato svegliato da uno strano dolore accesosi improvvisamente nel petto. Non aveva fatto molta fatica a capire che quell’ansia e quel senso esagerato di inadeguatezza appartenevano ad Anthea, perciò l’aveva raggiunta, lasciandosi guidare da quello strano magnetismo che li legava.
Sembrava così fragile e piccola fra le sue braccia e forse, in fondo, lo era davvero.

Perché? Perché a me?”
La ragazza lo guardò furente, in attesa di spiegazioni inesistenti.
“Sai bene che nessuno potrà mai rispondere a questa domanda. Devi smettere di rinnegare te stessa.”
Anthea scosse il capo, mentre una risata isterica prese a scuoterle le spalle.
“Tu non capisci. Quello che vedi” allargò le braccia, accennando con gli occhi al suo corpo “è solo un maledettissimo guscio che ammalia, confonde i sensi e nasconde ciò che sono davvero. Io sono un mostro.”
Steve, sconcertato da quella reazione tanto aggressiva, impiegò qualche attimo prima di replicare.
“Tu non sei un mostro. Da quando sei entrata a far parte delle nostre vite, non hai fatto altro che proteggerci, rischiando la vita, anche se in fondo per te noi siamo degli estranei a cui non devi nulla.”
“Vi devo più di quanto credi.”

La ragazza chiuse gli occhi e sospirò stancamente.
“Sono andata da lui, stanotte” confessò.
Steve spalancò gli occhi non appena comprese a chi si riferisse quel lui. Fece per dire qualcosa, ma Anthea lo anticipò.
“Avevo bisogno di sapere. Mi dispiace di aver agito alle vostre spalle, ma era una questione personale.”
Adesso non riusciva a guardarlo in viso, a causa del senso di colpa che le pungeva il petto.

La voce profonda e dolce di Rogers ruppe il silenzio imbarazzante, durato alcuni infiniti minuti.
“Come può una come te essere un mostro?”

Anthea alzò lo sguardo, battendo ripetutamente le palpebre, confusa.
Il giovane soldato sorrise, avvicinandosi a lei e afferrandola saldamente per le spalle, come se volesse evitare che scappasse via, ancora.
“Sei una ragazza eccezionale. Nonostante la sofferenza e il dolore, hai continuato a lottare aggrappandoti alla speranza di un futuro migliore. Provi sfiducia nei confronti del genere umano per ciò che ti è stato fatto, eppure non hai esitato a seguire me e i miei compagni. Hai preso il nostro dolore e avresti potuto non farlo. Io ti devo la vita. Dimmi allora, come può una come te essere un mostro?”
Era la seconda volta che le poneva quella domanda, nella speranza di spingerla a riflettere e ad andare oltre la sua insicurezza.

Anthea però, in quel momento, non lasciava trasparire alcuna emozione.
Come poteva dire a Steve che era ancora ossessionata dalla vendetta, che uccidere la rendeva euforica e che, nel profondo del suo essere, bramava dare sfogo al potere immenso che sentiva agitarsi sotto la pelle.
Come avrebbe potuto rivelargli di aver compiuto stragi ancora vivide nei suoi incubi.
Come?
E poi non era nemmeno umana.


Steve la sentì tremare sotto le proprie dita.
Rafforzò la presa sulle spalle esili della ragazza, contemplando l’oscurità dei suoi occhi, adesso persi nel vuoto, ad inseguire chissà quali pensieri.
“Ehi” le sussurrò, conducendola fuori dal labirinto intricato della sua mente, custode di un potere innaturale.
Anthea si limitò ad abbassare il capo.
Steve sospirò, sorridendo appena. Le prese il volto tra le mani, costringendola a guardarlo negli occhi. Poi, inaspettatamente, si chinò per raggiungere quelle morbide labbra rosee, intrappolandole in un bacio sentito e desiderato.
La giovane spalancò gli occhi, profondamente sorpresa.
Il Capitano, fino a quel momento, non aveva mai preso una simile iniziativa ed era sempre stata lei ad avventarsi, famelica, su di lui.

Assaporarono l’uno il sapore dell’altra, mentre piccole scintille scoppiettavano all’interno dei loro corpi, preannunciando quel fuoco di passione che li avrebbe soggiogati a momenti.
Steve fece scivolare le dita sui fianchi armoniosi della ragazza, attirandola a sé con urgenza e continuando a baciarla dolcemente.

Fermati!

Come scottata, Anthea si scostò da lui, respirando con un certo affanno.
Rogers si sforzò di non mostrare il disappunto per quella brusca interruzione e si passò una mano tra i capelli, riassestandoli un po’. Non capiva proprio come comportarsi con lei, dato che qualunque cosa facesse rischiava di mandare in frantumi il precario equilibrio su cui entrambi erano sospesi.

“Steve, io … Cosa ci fai tu qui?”

Il Capitano rimase interdetto e si limitò a seguire lo sguardo della ragazza, voltandosi verso l’ingresso della Sala Comune.
Loki era lì, appoggiato allo stipite destro della porta, con in volto un sorriso tra il beffardo ed il compiaciuto.

“Allora?”
Anthea lo stava incenerendo con lo sguardo, ma il dio ignorò quella rabbia, avvicinandosi ai due con le mani calate nelle tasche dei jeans scuri.
“Tutti mattinieri, eh?”
“Perché sei qui, Loki?”
“Potrei farti la stessa domanda, Capitano, ma in realtà ho bisogno di parlare con la ragazzina.”
Loki assottigliò lo sguardo in direzione di Anthea, sperando che lei ne cogliesse l’implicazione.
“Che ne dici di andare nella palestra?” fu la proposta della ragazza, che con un cenno del capo lo invitò ad andare avanti.
Loki sbuffò, ma cominciò comunque ad avviarsi verso l’ascensore, per scendere fino al piano dedicato alla palestra.

“Che cosa significa questo?”
L’alterazione nella voce di Steve la rese nervosa.
“Saprai tutto al momento opportuno, promesso.”
“Ancora segreti, eh?”
Anthea scorse in quegli occhi limpidi un velo di delusione e percepì un forte dolore al petto. Si fece coraggio, aprendo un poco il suo cuore indurito dal dolore.
“Steve, abbi fiducia in me, come hai sempre fatto. A tempo debito, tutto ti sarà chiaro e solo allora potrai decidere se volere o meno che io rimanga al tuo fianco. Devi solo avere pazienza.”

Non attese una risposta.
Lo lasciò lì, perso tra mille pensieri contrastanti, e seguì i passi di Loki, decisa a parlare con lui al più presto.
Sperò - pregò - che Steve continuasse a credere in lei, ora più che mai.



                                                   ***



“Finalmente sei arrivata. Pensavo ti fossi persa.”

La palestra era illuminata dalla luce pallida proveniente dall’ampia vetrata che ne ornava l’ala ovest.
L’eco debole dei suoi passi la accompagnò fino al ring, posizionato al centro della grande sala. Loki era lì sopra, appoggiato con la schiena alla corde che delimitavano la bianca superficie rialzata di un metro da terra.
Anthea, con un salto agile ed elegante, si ritrovò di fronte al dio, il cui sguardo era abbastanza serio da metterla in agitazione.

“Sei pronta?”
“Sì” fu la risposta sicura di lei.
Loki sorrise, scuotendo il capo.
“Come vuoi, ma sappi che non sarà facile accettare la verità.”
“Non mentire. Con me non puoi farlo, lo sai.
“Non lo farò.”

Ci fu un ultimo scambio di sguardi intensi, prima che il dio cominciasse a parlare, andando oltre il punto di non ritorno.

“Asgard, terra degli dei e mondo dove sono cresciuto, possiede il compito di mantenere la pace nei Nove Regni interconnessi tramite il mitico albero Yggdrasill. In precedenza, però, i regni non erano nove, bensì dieci. Gli abitanti del decimo regno, Oneiro, avevano lineamenti simili agli umani, ma ciò che li contraddistingueva erano la pelle color perla e gli occhi grandi e scuri, bui come la notte. Ricordo bene la prima volta che mi trovai al cospetto del re di Oneiro, invitato da Odino, padre degli dei, a partecipare ad un incontro tra i sovrani dei Dieci Regni. Ero giovane, ma consapevole di avere di fronte un essere dal potere immenso, un potere temuto dallo stesso re di Asgard.”

Anthea ascoltava incantata le parole di Loki, desiderosa di conoscere la verità tanto attesa.

“Gli oneiriani erano pacifici e mai avevano chiesto l’aiuto di Asgard per risolvere problemi interni. Heimdall non poteva vederli, a causa della barriera che il re aveva innalzato attorno al proprio mondo, per proteggere quel segreto tramandato di generazione in generazione.”

“Quale segreto?”
Questa volta non era riuscita a trattenersi, ma Loki non parve dare peso alla sua impazienza.

“Gli abitanti di Oneiro, fin dalla nascita, venivano temprati nello spirito, affinché quella parte inconscia costitutiva del loro cervello divenisse un’arma di difesa e di attacco. Gli umani possiedono un cervello simile agli oneiriani, ma la differenza che crea un abisso tra i due popoli sta nella capacità di controllare la parte più oscura della mente. Su Oneiro, tale controllo differiva da individuo ad individuo, ma la classe regnate era composta unicamente da coloro il cui dominio sull’inconscio andava ben oltre ogni immaginazione, tanto da creare un vero e proprio legame tra spirito e materia.”

Loki si interruppe nel momento in cui si accorse che la ragazza lo osservava con una certa perplessità.

“Cosa c’è che non va?” le chiese.
“Come si fa a dominare l’inconscio?”
L’arte del dominare l’inconscio era il segreto che gli oneiriani custodivano gelosamente, poiché essa, nelle mani sbagliate, avrebbe potuto generare irrimediabili catastrofi. Tutte le informazioni che possiedo su Oneiro provengono dalla sezione proibita dell’archivio reale di Asgard. Sai, non sono mai stato molto attento alle regole. Gli scritti dicevano anche dell’altro, ovvero che il re di Oneiro avesse scavato così a fondo nell’inconscio da risvegliare la parte più oscura della mente, un mostro figlio degli istinti più deteriori, un concentrato di odio, vendetta, rabbia, sadismo, brama di potere e di tutte quelle emozioni che solitamente sono tenute a bada dalla morale, garante dell’ordine sociale di un popolo.”

Loki fece una piccola pausa per riprendere fiato, poi ricominciò il monologo.

“Quella parte oscura era anche la fonte di un potere tanto immenso quanto distruttivo, un potere che, non controllato, avrebbe potuto compiere innumerevoli stragi. Tuttavia, il giovane re era riuscito ad imbrigliare l’oscurità, trasformandola nel suo punto di maggior forza. Era temuto per questo dai sovrani degli altri regni, ma mai aveva anche solo mostrato l’ambizione di conquista. Poi accadde qualcosa che distrusse l’equilibrio dell’universo. Oneiro scomparve, esplodendo inspiegabilmente. Nessuno degli abitanti, secondo gli archivi, sopravvisse alla distruzione del pianeta. Si era verificata l’estinzione di una razza in pochi istanti e le cause sono rimaste sconosciute, dato che come ti ho detto, nemmeno Heimdall poteva oltrepassare la barriera oneiriana.”

Il silenzio che si protrasse per gli attimi seguenti fu carico di una tensione palpabile.
Loki pareva riflettere, ancora appoggiato alle corde del ring.
Anthea, seduta a gambe incrociate sulla liscia superficie bianca, osservava il dio davanti a sé, cercando al contempo di nascondere il tremore delle mani e sperando che il palpitare del suo cuore impazzito non fosse udibile al di fuori del proprio corpo.

“Perché mi hai raccontato la storia di un popolo estinto?”

Loki le rivolse uno sguardo intenso e Anthea spalancò gli occhi, come se avesse letto i pensieri dello Jotun.

Qualcuno è sopravvissuto” sussurrò la giovane, ma subito dopo si riscosse.
“Aspetta! Cosa ti fa pensare che io-”
Fu interrotta prontamente dal dio.
“Il tuo spirito è così simile al suo. Nel momento in cui sono penetrato nella tua essenza, ho percepito quel particolare tipo di energia che emanava lo stesso re di Oneiro, un’energia impossibile da dimenticare, dato che rende quasi difficile respirare per alcuni istanti, nel momento in cui si entra a contatto con essa.”

Anthea si prese la testa tra le mani, tremando visibilmente sotto gli occhi di ghiaccio di Loki.
Non sapeva cosa pensare e una parte di lei avrebbe solo voluto scappare il più lontano possibile da quella verità cercata per anni.
Era troppo per lei, troppo da sopportare. La sua mente tendeva ad evadere dalla realtà, che adesso si andava a confondere con il sogno.
Era persa in un limbo costruito dall’incredulità, dalla confusione e dalla paura di conoscere di più.

“Lui potrebbe essere sopravvissuto grazie all’enorme potere che possedeva. Potrebbe essere arrivato sulla Terra e-”
“Basta così, per favore.”

La ragazza scattò in piedi e diede le spalle al dio, nascondendogli così il volto sconvolto.
Respirò profondamente, percependo uno strano pizzicore agli occhi.

No!

Represse le sue emozioni, schiacciandole sul fondo dello stomaco. Si morse il labbro inferiore, che prese a sanguinare copiosamente.
Il flebile dolore le annebbiò la mente, aiutandola a recuperare un poco la stabilità venuta meno.
Si passò il dorso della mano sulla bocca, pulendo il sangue fuoriuscito dal labbro spaccato. Respirò ancora, chiudendo gli occhi, ed infine si costrinse a voltarsi per incontrare lo sguardo di Loki, che era rimasto impassibile nonostante quella reazione violenta.

“Cosa c’è ragazzina? Ti tiri indietro sul più bello?”

Anthea non rispose ed inaspettatamente piegò le labbra in un sorriso storto, enigmatico, diverso.

“Le tue sono stupide supposizioni. Astrazioni create dalla tua mente malata.”
La voce della ragazza aveva assunto una nota isterica, mentre gli occhi erano diventati improvvisamente più oscuri.
Loki aggrottò le sopracciglia e si mise sull’attenti, nel momento in cui lei si fece più vicina, muovendo passi silenziosi ed eleganti.
“Quando avrai anche una sola prova a favore di ciò che dici, allora sarò lieta di ascoltarti.”
I loro volti erano a pochi centimetri e il dio non poté fare a meno di sentirsi a disagio, schiacciato dall’aggressività di uno spirito oscuro e potente.

“Ora voglio stare da sola.”

Anthea corse fuori dalla palestra, si inoltrò nell’ascensore, schiacciò freneticamente il pulsante del piano terra e pregò che la discesa fosse veloce.
Le porte si riaprirono una volta raggiunta la destinazione, lasciando uscire la ragazza, che schizzò fuori, diretta verso l’uscita della Torre.
Il suono della suola delle scarpe contro il lucido pavimento di marmo della hall fece voltare i pochi dipendenti presenti, sui cui volti fiorì un’espressione di stupore.
Anthea non se ne curò, non fermandosi nemmeno quando l’aria fresca del mattino le carezzò le guance e le scompigliò i capelli.
Corse, mischiandosi nella folla e nel traffico di New York, attirando lo sguardo dei passanti.

Corse senza avere una meta, ma consapevole di star fuggendo da una realtà piombatale addosso con troppa violenza.



                                                         ***



“Penso ancora che sia sbagliato.”
“Sei stressante, Rogers.”

Gli Avengers si erano riuniti nel laboratorio di Stark, per un meeting di emergenza indetto dal miliardario stesso.
All’appello mancavano Natasha, impegnata nel duro lavoro di costringere Wade a parlare, e Thor, ancora non tornato da Asgard.
Tony era seduto davanti ad un ampio schermo, mentre gli altri Vendicatori erano in piedi alle sue spalle, con gli sguardi totalmente catturati dalle immagini trasmesse dalle telecamere.

“Questo potrebbe spiegare molte cose” asserì Barton, attirando lo sguardo abbastanza sconvolto del Capitano.

Steve sapeva che quello che stavano facendo dimostrava una mancanza di fiducia nei confronti della ragazza paranormale che aveva sconvolto le loro vite, ma era anche assolutamente consapevole che i Vendicatori avevano sulle spalle un’enorme responsabilità.
Dovevano proteggere la Terra a qualunque costo, utilizzando ogni mezzo a loro disposizione.

Tony Stark era un uomo fermamente razionale, capace di mantenersi obiettivo di fronte alle situazioni più intricate, riuscendo a valutarne con esattezza vantaggi e svantaggi. Non per questo riusciva a mantenere in piedi, su basi solide, un impero economico vasto e potente.
Il miliardario aveva quindi ritenuto necessario tenere sotto controllo la ragazza, dato il suo comportamento di chiusura nei confronti del mondo intero e l’istinto di proteggere i suoi segreti più oscuri.
Tony sapeva dell’incontro tra Anthea e Wade, aveva ascoltato i loro discorsi e non poteva fare a meno di ripensare ad una frase pronunciata dall’uomo del ponte.

“Puoi proteggerlo dagli altri, Anthea, ma chi lo salverà da te?”

Aveva sempre pensato che nella ragazza ci fosse qualcosa che non andava, qualcosa di potente e malvagio.
Adesso, ascoltando la conversazione ripresa dalle telecamere tra Loki e la paranormale, non poteva far altro che credere più fermamente alla teoria elaborata dalla sua mente attenta.
Anthea era un pericolo per l’umanità e perciò doveva essere tenuta sotto controllo.
Al diavolo la correttezza in questi casi!

“Potrebbe non essere umana, allora, o addirittura un incrocio.”
Bruce, con gli occhiali sul naso e la solita camicia stropicciata, se ne stava al fianco di Stark, soppesando le parole del dio dell’inganno ed elaborando probabili teorie, utili a sciogliere almeno in parte i complicati fili che avvolgevano la figura di Anthea.

“Basta così, per favore.”

Le immagini seguenti sconvolsero i Vendicatori, i quali faticarono a credere ai loro occhi.
Avevano osservato una ragazza sconvolta, sul punto di scoppiare a piangere, trasformarsi in un’entità aggressiva e violenta, in pochi secondi.

“Sembra soffrire del disturbo di personalità multipla. Quando è stimolata da forti emozioni, il suo comportamento si trasforma completamente” osservò il dottor Banner.

“Ora voglio stare da sola.”

“L’abbiamo persa” sbuffò Stark, osservando sullo schermo la ragazza uscire fuori dalla hall della Torre.

“Vado io. La ritroverò.”
Steve si precipitò verso l’ascensore, deciso a riportare Anthea indietro.
Le porte della cabina di metallo si aprirono prima che il Capitano vi arrivasse, rivelando la figura di Natasha all’interno.
La rossa si limitò a lasciare il posto a Rogers, sussurrandogli un “fa’ attenzione” mentre gli passava accanto.

Quando il super soldato scomparve oltre le porte scorrevoli, Natasha raggiunse gli altri, con in viso un’espressione corrucciata.
“Cosa avete combinato?”
Tony, sentendosi chiamato in causa, alzò le mani in segno di innocenza.
“Nulla. Sono solo accadute alcune cose abbastanza spiacevoli.”
La donna si passò una mano tra i capelli, sospirando stancamente.

“Wade ha parlato.”



                                               ***




Steve raggiunse il suo appartamento e si cambiò velocemente, indossando un paio di jeans e una giacca sportiva blu sulla maglia bianca.
Allacciò i lacci delle scarpe e afferrò il cappello blu da baseball, calandoselo sugli occhi.
Raggiunse i parcheggi esterni alla Tower - quelli sotterranei erano momentaneamente inagibili - e, trovata la sua moto nera metallizzata, vi saltò in sella.
Accese il motore, accartocciò il capello nella tasca interna della giacca e poi partì, accelerando gradualmente e immergendosi nel traffico.

“Dove sei? Lasciati trovare, per favore.”

Rogers provò a raggiungere la mente di Anthea, ma incontrò un muro insormontabile.
Imprecò a denti stretti, cercando tra la folla l’esile figura della ragazza.
Non riusciva a sentirla e sperava non fosse andata lontano e che stesse bene.
In quel momento, Anthea era come una bomba ad orologeria pronta ad esplodere per un nonnulla.
Gli venne da ridere, quando un pensiero gli attraversò la testa, lasciandosi dietro una scia indelebile.
Non sapeva come era potuto accadere, ma mai - escludendo Bucky - la volontà di proteggere qualcuno aveva bruciato così forte nel suo animo.
Quando lei era lontana, non poteva evitare di preoccuparsi.
Doveva saperla al sicuro.
 
L’avrebbe trovata e l’avrebbe riportata indietro, a qualunque costo.



Ed intanto il tempo scorreva inesorabilmente.



                                             ***




Le strade erano troppo affollate. Le persone, ignare, le passavano dannatamente vicino, sfiorandola di tanto in tanto.
Si infilò in un vicolo isolato, percorrendolo fino al suo termine, costituito da un’alta parete grigia ricoperta da piccole crepe e imbrattata di scritte stravaganti.
Batté i pugni contro quello spesso muro, creando sulla superficie nuove crepe, così simili a quelle che le dilaniavano l’anima.

“E io che mi illudevo di trovare finalmente la pace” sussurrò tristemente.

Un rumore la fece voltare di scatto e la figura di un uomo entrò nel suo campo visivo.
“Ehi piccola, ti sei persa?”
Parlava con la bocca impastata dall’alcol, il cui odore penetrante raggiunse la ragazza non appena lo sconosciuto si fece più vicino.
Era grosso, aveva il volto gonfio ed arrossato, i capelli neri, spettinati e lucidi di sporco. I vestiti erano ricoperti di macchie scure ed appiccicose.
Un sorriso storto e grottesco gli piegava le labbra.

Anthea sentì il battito del cuore aumentare, mentre perle di sudore freddo percorrevano la schiena nuda sotto la larga felpa.
Indietreggiò, ma dovette bloccarsi presto, poiché le spalle incontrarono l’alta parete grigia.

“Vieni qui, avanti. Ti faccio divertire.”
L’uomo, ormai ad un passo da lei, allungò le mani e la afferrò per le braccia, spingendola bruscamente contro il muro.
“Lasciami.”
“Come dici?” la beffeggiò lo sconosciuto, ridendo.

Anthea manteneva lo sguardo basso ed alcune ciocche di capelli le erano finite davanti agli occhi, nascondendoli.
Le mani di quella feccia si erano spostate sui suoi fianchi e la stringevano con foga animale, provocandole conati di vomito.
Si morse il labbro inferiore, facendolo sanguinare ancora, nella speranza che il dolore le impedisse di perdere il controllo.

“Uccidilo! Uccidilo! Uccidilo! Fallo a pezzi!”

L’uomo grugnì come un lurido porco, nel momento in cui infilò le dita sotto la felpa azzurra e prese a toccare la pelle candida della giovane, insozzandola con il proprio sudiciume.

“Sgozzalo e guardalo morire!”

Anthea sussultò nel percepire qualcosa di duro strusciare contro il suo bacino e, appena capì di cosa davvero si trattasse, dovette mordersi la lingua per non gridare, mentre la nausea le faceva contorcere lo stomaco.

“Guardati! Piegata da un infimo umano! Sei patetica!”

Anthea rimaneva immobile, ignorando la voce che le urlava nella testa.
Non riusciva a muoversi.
Non riusciva a reagire.
Eppure avrebbe potuto liberarsi di quel lurido uomo facilmente.
Avrebbe potuto rompergli l’osso del collo con la sola forza del pensiero.
Avrebbe potuto mozzargli le mani, per poi osservarlo urlare e dimenarsi.

Avrebbe potuto, ma non l’avrebbe fatto.

Il porco, intanto, aveva preso a stringerle le natiche, grugnendo e strusciandosi contro di lei con foga.

“Sei debole e patetica! Come puoi sottometterti a questo verme!”

Nessuna reazione.
Le braccia di Anthea rimanevano inerti lungo il corpo, mentre gli occhi osservavano un punto indefinito sull’asfalto della strada.
“Me lo merito” sussurrò pianissimo, quasi volesse rispondere all’entità che si agitava violentemente dentro di lei.

Si stava punendo.

L’uomo, preso dall’eccitazione, la costrinse a voltarsi e, afferrandole i capelli, le pressò la guancia sinistra contro il freddo cemento della parete.
“Adesso ti prendo da dietro.”
Anthea, chiuse gli occhi, mentre i movimenti dell’uomo che armeggiava con la cinta e apriva la cerniera dei pantaloni giunsero alle sue orecchie sottoforma di suoni ovattati.

Meritava tutto quello.

Ma non accadde nulla.
Percepì il peso dell’uomo pressato su di lei scomparire all’improvviso.
Il suono di ossa che si spezzano risuonò chiaro e grida di dolore si dispersero nell’aria.
Un altro colpo seguito da un tonfo.

Silenzio.

Pochi attimi dopo si ritrovò stretta da due braccia forti, schiacciata contro un corpo il cui profumo e calore avrebbe riconosciuto tra mille.
Rimase in silenzio e tenne gli occhi chiusi, lasciandosi cullare dal battito cadenzato proveniente da quel petto scolpito nel marmo.
“Steve” bisbigliò, inebriandosi del suono dolce del suo nome.
Rogers la strinse più forte e non disse nulla.

Un grugnito sconnesso attirò l’attenzione di entrambi e Anthea si ritrovò ad osservare quell’uomo orrendo strisciare sull’asfalto, proprio come il verme che era. Il viso era imbrattato del sangue fuoriuscito dal naso, il cui setto era visibilmente deviato.
Rogers doveva averlo colpito con eccessiva forza, con l’intenzione di fargli male davvero.
La ragazza cercò gli occhi cerulei del giovane soldato e vi lesse una rabbia quasi cieca, mischiata al rammarico per ciò che era accaduto.
Anthea voleva rassicurarlo, dicendogli che lei stava bene, che non era successo nulla di grave, ma avrebbe mentito spudoratamente, poiché stava provando un dolore indescrivibile proprio nel petto.
Improvvisamente, fu costretta a piegarsi in avanti a causa di una forte fitta alla stomaco.
Steve, prontamente, le scostò i capelli dal viso con una mano, osservandola poi mentre rigettava sulla strada anche l’anima.
La aiutò a stare in piedi e la condusse verso la moto che aveva lasciato all’inizio del vicolo cieco.
Anthea tramava come una foglia, ma si fece forza quando, saliti entrambi sul veicolo, il Capitano le chiese di stringersi saldamente a lui per evitare di cadere. Lei gli circondò la vita con le braccia e appoggiò la fronte sulla sua ampia schiena.

La moto partì, diretta verso un posto tranquillo, dove avrebbero potuto stare soli per un po’.



                                                    ***



“Mi stavo giusto chiedendo quanto ci avreste messo a raggiungermi.”

Dopo che Anthea era andata via, Loki aveva raggiunto la Sala Comune, prendendo possesso di una delle poltrone color panna, in attesa dell’arrivo della parte della squadra rimasta alla Tower.
Natasha gli si piazzò davanti, con le braccia incrociate sotto i seni e in viso un’espressione omicida, non avente però alcun effetto sul dio.

“Ciò che ho detto era la pura e semplice verità” affermò Loki con convinzione, ridendo poi dello stupore nato sui volti dei Vendicatori.

“Come diavolo fai a sapere che vi stavamo controllando?”

“Oh Stark, come potevo non saperlo? E ne era a conoscenza anche la ragazzina. Nonostante ciò ha voluto che parlassimo ugualmente.”

“Io non ci capisco più niente” sbottò Clint.

Loki si alzò e raggiunse l’ampia vetrata, sotto gli sguardi attenti dei presenti.
Nessuno fu in grado di dire anche solo una parola, poiché tutti furono anticipati dallo Jotun.
“Tessere le lodi di qualcuno non è da me, ma devo ammettere che quella ragazzina suscita parecchio il mio interesse. Potrebbe distruggere questo pianeta se solo lo volesse e avrebbe tutte le ragioni per farlo, dopo quello che ha dovuto subire a causa degli umani, ma paradossalmente ha deciso di proteggere la Terra e si è affezionata a voi, nonostante cerchiate di mantenerla ad una certa distanza. È disposta perfino a morire per voi, chissà per quale assurdo motivo.”

“L’abbiamo pur sempre salvata, no?” fece Tony.

Loki rise, scuotendo il capo.
“Non avete capito davvero nulla, allora. È lei che si è fatta trovare da voi, ed è sempre lei che ha deciso di schierarsi dalla vostra parte. Lo ha fatto perché sapeva che-”

“Il Padrone l’avrebbe usata per dominare la Terra.”
Tutti gli sguardi saettarono sulla Romanoff, nella cui mente sembrava ricomporsi il puzzle di quella storia complessa.
La rossa decise di sfruttare l’occasione per mettere i compagni a conoscenza di ciò che Wade le aveva detto.
“Wade ha affermato che Anthea era in qualche modo venuta a conoscenza delle intenzioni del Padrone e perciò era diventata ingestibile, tanto che doveva essere tenuta sedata durante i diversi test a cui veniva sottoposta.”
“Aspetta Nat, la ragazza ci aveva detto di non essere a conoscenza dei piani del Padrone.”
Barton non era mai stato più confuso.
“Ci ha mentito” affermò la donna.

“Invece no.”

Tony ebbe improvvisamente voglia di gridare e prendere a calci qualcosa.
“Spiegati, piccolo cervo. Niente giri di parole.”

Loki rise.
“Non è facile come credi, Stark. La mente di Anthea è qualcosa di indecifrabile e mutevole. Lei non sa cosa il Padrone stesse progettando, ma forse l’Altra ne è venuta a conoscenza e l’ha spinta a ribellarsi.”

“Vuoi dire che l’Altra vuole proteggere il pianeta?”

“No, dottor Banner. L’Altra vuole proteggere sé stessa.”

“E questo cosa dovrebbe significare?”
“Stark, mantieni la calma.”
Bruce poggiò una mano sulla spalla del miliardario, cercando di fargli recuperare l’equilibrio mentale.
Quella storia diventava sempre più complicata. Quando riuscivano a districarne qualche filo, ecco che incontravano nuovi e spessi nodi.
Ma arrendersi significava consegnare la Terra nelle mani del Padrone e i Vendicatori non potevano permettere che ciò accadesse.

“Wade ha affermato che l’obiettivo del Padrone è prendere possesso della Terra e molti umani, negli anni, sono passati dalla sua parte, soggiogati dalle promesse di gloria e da un potere che credono li protegga, quando invece porterà loro solo dolore e morte. Il Padrone si serve delle persone e ha su di loro un influsso particolare. Non so cosa significhi, poiché Wade non mi ha dato spiegazioni dettagliate riguardo tale potere.”
“Perché questo tipo lavora per quel mostro?” chiese Clint.
Natasha scosse il capo.
“Non ha detto nulla su di sé. Non riesco nemmeno a capire cosa lo abbia spinto a parlare.”

Stark, a differenza di tutti, poteva immaginare il motivo per cui Wade avesse deciso di aiutarli, ma decise che non era essenziale condividere questa informazione con gli altri.
Lo avrebbe fatto, forse, ma in un altro momento.

“Infine mi ha avvertita. Se Anthea finisse nelle mani del Padrone tutto sarebbe perduto.

Silenzio.

“Quindi riassumendo. La ragazzina potrebbe essere un incrocio tra un oneiriano e un umano, ha una specie di doppia personalità e vuole proteggere sia la Terra sia sé stessa da un altro alieno pazzoide, il cui piano è di utilizzare la suddetta ragazzina per dominare il pianeta.”
“Grazie Stark, adesso si capisce meglio, anche se credo manchi qualcosa” constatò Barton, sorridendo serafico.
Tony fece finta di pensarci su.
“Forse.”

Loki scosse il capo, soffiando una risata.
“Quindi pensate che la ragazza sia un incrocio. Questo potrebbe spiegare diverse cose, in fondo, ma rimane pur sempre una semplice supposizione.”

Questa volta fu Banner a inserirsi nel discorso.
“Se il re di Oneiro era davvero potente come hai affermato, potrebbe davvero essersi salvato dall’esplosione ed aver raggiunto la Terra. E forse il Padrone è collegato con la scomparsa di Oneiro.”

“Niente è da escludere, dottore” ribatté Loki.

Il suono di una campanella che trilla fece voltare i presenti verso Stark, il quale estrasse dalla tasca dei jeans il cellulare e visualizzò il messaggio appena ricevuto.
“Bene. Rogers l’ha trovata, ma ha detto che tornerà alla Tower solo questa sera, poiché deve prima risolvere alcuni problemi. E bravo, Capsicle.”
“Stark” lo riprese la Vedova, incenerendolo con lo sguardo.

“L’amore. Che cosa stupida. Gli oneiriani amavano una sola persona durante tutta la loro vita e per essa erano disposti a morire.”
Loki rise delle sue stesse parole.

A Tony, invece, tornò in mente una frase che Anthea aveva rivolto a Wade quella notte.
“Io lo proteggerò a costo della vita.”
Sospirò e sperò che quella fosse la verità.
Se la ragazza paranormale avesse fatto del male a Rogers, avrebbe dovuto affrontare la furia di Anthony Edward Stark.

“A questo punto non ci resta che aspettare Th-”

Il rombo di un tuono risuonò in lontananza.

“Okay, non serve aspettare” si corresse Barton, ghignando.
L’arciere, notando che gli sguardi di tutti erano rivolti al cielo, allungò una mano per afferrare quella piccola di Natasha e ne carezzò il dorso, ricevendo un sorriso sincero da parte della donna.
Poi, come se nulla fosse accaduto, si staccarono con la muta promessa di vedersi più tardi, da soli.

“Ragazzi, incrociamo le dita” consigliò Stark, sperando che Thor portasse loro buone notizie.



                                                       ***



Parcheggiò la moto nelle vicinanze di un alto palazzo color panna ed invitò Anthea a seguirlo, prendendola per mano.

“Siamo a Brooklyn. È qui che sono nato, anche se ai miei tempi era un po’ diverso.”

La ragazza, ancora concentrata sulle loro dita intrecciate, impiegò qualche secondo prima di ricollegarsi con la realtà.
“Perché siamo in questo posto?”
Steve le sorrise.
“Sai, ho preso un appartamento proprio qui. Sei la prima a cui lo dico.”
Lo sguardo sinceramente confuso della giovane lo fece ridacchiare.
“Perché rimani alla Tower, allora?”
“Ordini di Fury. Per una maggior coesione all’interno della squadra. Ma non sarà così per sempre, non che mi dispiaccia, in fondo.”

Giunsero davanti l’ingresso del palazzo bianco panna e Steve schiacciò il tasto del citofono riferito ad una certa Margaret Anderson, la cui voce risuonò metallica pochi secondo dopo.
“Chi è?”
“Steve Rogers. Appartamento dell’ultimo piano.”
Con uno schiocco secco, la serratura si sbloccò, permettendo al Capitano di aprire il portone e accedere all’ampio atrio, sul cui fondo, a destra, partiva la prima rampa di scale in legno, in perfetta armonia con il pavimento in parquet brillante e le mura bianche.

Dall’alto della rampa di scale, un’anziana signora li salutò con enfasi e, appena raggiunti, strinse loro la mano, sorridendo amorevolmente.
“Ecco il mio bel giovanotto e in dolce compagnia, questa volta.”
Steve sorrise.
“È un piacere rivederti, Margaret. Lei è Anthea.”

Margaret Anderson era di bassa statura e corporatura esile. I capelli, completamente bianchi, erano raccolti in una crocchia composta. Indossava un lungo ed ampio cardigan panna in lana, sotto il quale si intravedeva quella che pareva una leggera vestaglia da notte rosa, mentre ai piedi, tenuti al caldo da comodi calzettoni, aveva un paio di morbide ciabatte grigie.
Margaret studiò i volti dei due ragazzi con i suoi grandi occhi verdi, mantenendo in viso un sorriso sincero.
“State compiendo il grande passo?” domandò l’anziana signora, con voce dolce.
Steve e Anthea si scambiarono uno sguardo, spiazzati e confusi, perciò Margaret si sentì in dovere di precisare.
“Siete una coppia, non è così? Verrete a vivere insieme?”
Rogers arrossì e Anthea dovette sopprimere la voglia di saltargli addosso in quello stesso momento, limitandosi a sorridere gentilmente all’anziana signora.
“A lei non si può nascondere nulla, signora Anderson. Ha indovinato appieno.”
“Oh, ti prego dammi del tu e chiamami Margaret, Anthea. Hai davvero un nome particolare. Bocciolo. È questo il suo significato.”

Steve ancora faceva fatica a riprendersi, dopo il colpo al cuore che Anthea gli aveva regalato con la risposta data alla signora Anderson.
Eppure, quella piccola bugia, non lo disturbava affatto.

“Allora, vogliamo andare?” suggerì Margaret.
Salirono ben sei rampe di scale, fino ad arrivare all’ultimo piano.
Margaret consegnò le chiavi dell’appartamento a Steve.
“Tienila stretta. Non lasciartela scappare” sussurrò al giovane, facendolo arrossire ancora.
Poi salutò entrambi e li lasciò soli.

L’interno dell’appartamento era quasi vuoto, provvisto solo delle cose essenziali. Vi era una cucina, un bagno, un salottino e una camera contenente un letto a due piazze.
Le mura bianchissime e le ampie finestre rendevano l’ambiente luminoso, anche se il Sole in quel momento era coperto da nuvole grigiastre, che preannunciavano l’arrivo di un temporale.

“Steve, ho bisogno di fare una doccia.”

Il ragazzo si limitò ad annuire, consapevole delle implicazioni contenute in quella frase.
 
Anthea sentiva addosso la sporca presenza delle mani luride del maniaco e ancora non riusciva a credere a quello che era successo. Aveva lasciato che quell’uomo la usasse, sicura che quella sarebbe stata una giusta punizione per i suoi crimini.
Poi era arrivato Steve e tutto le era sembrato assurdo. Aveva sentito la rabbia e l’odio provati dal giovane soldato nei confronti dello sconosciuto e ne aveva avuto quasi paura.

Lei avrebbe ucciso per Steve.
Steve avrebbe ucciso per lei?



Dopo una lunga mezz’ora, la giovane raggiunse Rogers in camera da letto, coperta solo da un morbido e lungo asciugamano bianco stretto sopra i seni.
Lo trovò steso sulle lenzuola immacolate, con lo sguardo rivolto al soffitto, perso in chissà quali congetture mentali.
Non si era ancora accorto di lei.

Era così bello, Steve.
Poteva meritare davvero uno come lui?


“Concentrati sul presente, prima che diventi passato, o ti volterai indietro esternando rimpianto. Lascia scivolare via questi tuoi pensieri ostici e vivi.”
Le parole di Thor risuonarono nella sua mente come un’eco lontana.

Vivere.
Vivere ogni attimo intensamente, come se fosse l’ultimo.
Vivere senza rimpianti.


Successe tutto troppo in fretta.
Rogers spalancò gli occhi e un mugolio di piacere gli vibrò in gola.
Anthea era sopra di lui, coperta solo da un telo di spugna, e lo stava baciando quasi con violenza.
La ragazza lo privò della giacca, che venne gettata sul pavimento e fu raggiunta, poco dopo, dalla maglia e dai jeans.
Il giovane Capitano provò a dire qualcosa, ma venne ripetutamente zittito da baci roventi, ai quali non mancava di rispondere.
Anthea prese a baciargli il collo, facendolo rabbrividire, mentre con le esili dita giocava con quei corti capelli biondi, che tanto la facevano impazzire.
Rogers, profondamente soggiogato, non riusciva a muovere un dito, perciò la lasciò fare, fidandosi completamente.

Improvvisamente il tempo si congelò.

Anthea si era bloccata con il viso vicinissimo a quello arrossato di lui.
La ragazza si perse nell’osservare l’espressione confusa e bellissima nata sul volto di Steve, i cui occhi erano talmente liquidi, da apparire un placido mare luminoso.
Contemplò quel corpo caldo e perfetto sotto di lei, desiderosa di possederlo e di farlo suo.
Mai nella vita aveva voluto così fortemente qualcosa.
Voleva Steve Rogers con tutta sé stessa, ma non avrebbe più alzato un dito sul suo corpo, se lui non fosse stato d’accordo.

Doveva volerlo anche lui.

“Fermami, Steve.”
Rogers scosse il capo.
“Non voglio farlo.”
Bastarono queste parole.
Anthea si liberò dell’asciugamano, mostrandosi in tutta la sua nudità e Steve la imitò, liberandosi dell’intimo.
Si contemplarono, estasiati.

Adesso erano pelle contro pelle. Non c’erano impedimenti fra loro.
Esplorarono l’una il corpo dell’altro, muovendosi in perfetta armonia, e lasciarono che l’istinto li dominasse.

Steve ribaltò le posizioni con un colpo di reni e le baciò ogni lembo di pelle, assaporandone il sapore.
Quando entrò dentro di lei, seppe con certezza che non c’era niente di sbagliato in quello che stavano facendo.

Tra spinte, sospiri, gemiti e baci, consumarono la verginità, sentendosi l’uno parte dell’altra, due entità distinte ma complementari.
Il vuoto insito nei loro cuori venne colmato nel momento in cui raggiunsero assieme l’apice dell’amplesso.

Si infilarono sotto le lenzuola ed Anthea si accoccolò sul petto di Steve, schiacciandosi contro il suo corpo caldo.
I giovani si abbandonarono presto al dolce invito del sonno, cullati dal suono ritmico della pioggia battente.



                                                      ***



La grande porta nera si spalancò, emettendo un cigolio sinistro.
Come sempre la stanza era immersa nell’oscurità.
Una candela era posta al centro e pareva galleggiasse nel vuoto. La debole fiammella lottava contro le tenebre, rischiarando appena il luogo angusto e sciogliendo la cera rossa che colava come sangue lungo il piccolo lume.
La porta si richiuse alle sue spalle e la fiammella vibrò appena.*


Adam si inginocchiò al cospetto della creatura.
“Mio Padrone, come posso servirla?”
La creatura si fece più vicina e i suoi occhi scarlatti brillarono alla luce della candela.
“Ci muoveremo domani stesso. Non posso attendere oltre. Prepara il necessario.”
“Non rispetteremo i tre giorni concessi, allora?”
La domanda era venuta fuori spontanea e il dottor Lewis percepì il sangue gelarsi nelle vene.
Pregò che la creatura lo risparmiasse per quella sua mancanza di rispetto.
Gli ordini non andavano discussi.

“La ragazza ha permesso ad un umano di violarla. Devo ucciderlo, prima che il legame mi impedisca di prenderle il potere di cui ho bisogno. Va’, adesso.”

Adam annuì, si rimise in piedi e lasciò la stanza, riprendendo a respirare solo una volta uscito.


Il Padrone prese posto sul trono di marmo.
La fiamma della candela si espanse improvvisamente, ruggendo.
 
“È tempo che tu muoia, Steve Rogers.”






Note
Sono tornata, finalmente!
Comincio con il dirvi che Oneiro è frutto della mia mente contorta.
Il nome del pianeta deriva dall’omonimo termine greco “oneiro”, il sui significato è “sogno”.
Come sempre, vi invito a porgermi qualsiasi domanda, se non vi è chiaro qualcosa.

Stiamo per avviarci verso la battaglia, nella quale finalmente vedremo il Padrone in azione.
I nemici agiranno in anticipo. I Vendicatori riusciranno comunque a cavarsela?
Thor avrà scoperto qualcosa riguardo il Padrone?
Cosa ve ne pare delle probabili origini di Anthea?

Parte ripresa dal Capitolo 6.

Grazie a tutti coloro che continuano a seguirmi, nonostante i ritardi nella pubblicazione.
Grazie a chi recensisce sempre e comunque, facendomi tanto felice <3
Vi adoro!
Un abbraccio <3
Ella
   
 
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