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Autore: s o m e o n e    15/12/2008    1 recensioni
Passano gli anni, le persone cambiano.
Passano gli anni, e il mondo cambia.
Tutto cambia, scorre il tempo.
Ma, come dice il detto, chi non muore si rivede.
Fuori dagli schemi. Amore, odio, amicizia, passione, dolore.
Finalmente decisa a pubblicarla ^(>w<)^
Genere: Romantico, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Welcome back to the h e l l
 
When you think that all finished, in that moment you understand it's not finish.
 
© s o m e o n e , Mia Ikumi , Reiko Yoshida .
 
I chapter .
M o o n l i g h t
 
Si sveglio' con quel solito amaro in bocca. Una sensazione usuale, mattiniera, che sarebbe tornata la sera stessa, una sensazione che lo accompagnava fin dall'inizio del progetto mew. Una sensazione dettata da delusione e senso di colpa. Rimase immobile nel letto senza proferire parola, gli occhi mostrarono il loro colore solo dopo alcuni minuti di meditazione; i capelli biondi erano arruffati, reduci di una notte insonne.
Guardò l'orologio accanto alla foto della sua famiglia, segnava le due, troppo tardi per il suo standard, troppo presto per i suoi pensieri; avrebbe voluto ricacciarsi sotto le coperte e riprendere a dormire, di certo la realtà dei sogni era meno dolorosa di quella vera. La vera realtà prese il sopravvento, facendolo alzare faticosamente dal letto. Una doccia veloce, i primi vestiti trovati e scese, trovando già al Cafè Minto e Retasu che stavano sistemando prima che arrivassero i clienti. Trovò Keiichiro con lo sguardo e si lasciò cadere pesante sulla prima sedia vista.
"Buongiorno Ryou" gli disse dolcemente Retasu, ogni volta che gli parlava le si illuminavano gli occhi. In due anni era cresciuta parecchio, era diventata un po' più sicura di sè. Il progetto l'aveva forgiata parecchio.
"'Giorno" rispose Ryou di richiamo, ancora intontito, ancora nei suoi incubi.
Arrivarono anche Purin e Zakuro e, per ultima come da copione, Ichigo. Non appena la rossa varcò la porta, gli incubi di Ryou furono scacciati da un tumulto di battiti e di emozioni.
La mia micetta, penso, scacciando il pensiero dell'inutile ameba che lei diceva di amare.
"Scusate il ritardo!" disse con un grande sorriso. Il suo. Gli occhi sempre così caldi.
"Momomiya" la ammonì Ryou "ti sembra che i tuoi ritardi possano essere sempre accettati?".
"Ehm..." trasformò il sorriso in una smorfia "Sì" rispose facendo l'occhiolino.
Scappò via per cambiarsi. Non le avrebbe mai detto che l'amava. Non avrebbe mai capito.
 
E' passato un altro giorno. Non ho dormito questa notte. O almeno, mi sono svegliata in un bagno di sangue. Ma non so, a dire il vero, se era il sogno o se era la verità, ma di certo un po' di realismo c'era dato che le flebo sono aumentate.
"Rosemary...". Quante volte mi aveva chiamato, il dottore? Mi ero persa a fissare il cielo blu fuori da quella finestra. Mi ricordavano qualcosa, ma non sapevo esattamente che cosa. Qualcosa o qualcuno.
"Sì?" risposi qualche minuto dopo. Non avevo voglia di tenere una conversazione.
"Come ti senti?". Domanda idiota. Non ebbi bisogno di rispondere. Capì da sè. "Vuoi fare qualcosa?" domandò ancora.
"Voglio fare due passi... fuori" rispondo io. Avevo voglia di sentire l'odore dell'aria fresca e sentire l'erba fra le dita.
"Sai che non è possibile".
"Sì che è possibile". La mia arroganza nella voce non si nota nemmeno. Mi viene da piangere. Una frase detta piagnucolando invece che con fermezza. Ma quando arriva la fine?
Il dottore sospira. Non so nemmeno come si chiami. Per colpa sua io sto vivendo. Anzi, sto sopravvivendo. Che senso ha farmi restare viva se poi devo rimanere ferma immobile qua? Vivere significa uscire, fare esperienze, amare... io sono sempre stata qua in stato vegetativo.
"Sta notte sei stata male. Non puoi uscire".
"Nemmeno ieri potevo uscire...". Insisto. Infondo voglio sentirmelo dire: stai morendo.
"Non sei nella condizione di uscire". Solita balla. Basta che uno di questi macchinari si stacchi da me e io divento bianca e fredda.
"Sì che lo sono... voglio uscire. Non mi ricordo da quant'è che non vedo la luce".
Sospira di nuovo. Glielo leggo negli occhi il suo sì negato. Vorrebbe soddisfare il mio desiderio ma non può.
"La prego...". Tiro fuori la parte peggiore di me, quella della malata che ha pochi giorni (o nessuno) da vivere. Come può dire di no? Mi guarda un attimo, un'altro sospiro. La risposta.
 
Non era la prima volta che faceva incubi del genere. Però quelli della notte passata erano stati più tremendi del solito.
"Ryou, tutto bene?" gli aveva domandato Keiichiro, preoccupato per l'amico.
"Non tanto... non ho dormito" rispose, molto sinceramente, sempre gli occhi fissi su di lei.
Non fece altre domande, sapeva quanto Ryou fosse riservato. Si alzò dal nulla, prese la giacca in pelle e uscì, senza dire niente. Non ne poteva più di quell'aria così densa del suo profumo.
 
Mi aveva conesso dieci minuti al parco. Una piccola vittoria o forse esprimento da parte del medico per vedere se riesco a stare in piedi senza flebo o macchinari. Con me venne un'infermiera per tenermi d'occhio, nel caso fossi stata male.
Il contatto con l'aria fredda mi fece rabbrividire. Sentii le gambe tremare come foglie sotto il vestito che mi avevano dato. Non avevo un bell'aspetto, avevo i capelli troppo lunghi per i miei gusti, la frangia ero costretta a tirarla indietro. Era da tempo che lo dicevo, nessuno mi dava retta. Il cappottino non serviva a molto, ma quella sensazione... ghiacciata fu quasi un piacere per i miei polmoni. Li riempii fino a scoppiare, mai stata così bene. Sorrisi all'infermiera. Lei ricambia. Si chiama Kathy. Ci incamminiamo, non passo inosservata, ma non mi importa, mi godo i miei dieci minuti di libertà. Al parco le chiedo un gelato.
"Non vorrei ti facesse male..." mi dice, insiucra.
Con la stessa arma usata con il dottore, la convinco a farmelo mangiare: è delizioso. Me lo gusto lei mi guarda, preoccupata che mi sentissi male probabilmente, controlla l'orologio.
"Fra due minuti andiamo". Mi sconsolo. Volevo rimanere ancora un po'.
 
Camminava veloce fra la folla. Il parco era pieno, come sempre. Da stanchezza la sua era divenuta improvvisa rabbia. Avrebbe voluto avere l'ameba fra le mani per prenderla a pugni. Gli aveva portato via la sua micetta. O, forse, lui non era stato abbastanza svelto e sveglio? Rabbia. Rancore. Rimorsi. Rimpianti. Ricordi. Le "R" che avevano governato la sua vita. Svoltò verso la piazzetta, adirato, ma poi improvvisamente immobile, come se avesse scontrato una porta di vetro.
La guardò, stava andando via. La vide di schiena, i capelli lunghi biondi, lisci. Si voltò un secondo e riuscì ad intravedere gli occhi nocciola della ragazza, occhi che incrociarono il suo sguardo. Era magrissima, ma non anoressica. Per un istante, tutto fu fermo, finchè non sparì dietro l'angolo. Un Dèjà-vu, una specie di visione dal passato. Sentì un brivido percorrergli la schiena.
Una visione del passato.
 
Quegli occhi blu furono una vertigine nel vuoto del mio passato. Il salto più doloroso mai fatto.
 
Immobile, fu scosso dallo squillare del cellulare. Era Keiichiro.
"Ryou c'è un problema, vieni subito al Cafè". Nemmeno il tempo di rispondere che aveva buttato giù. Corse da dove era venuto.
Un presentimento. Sentì il foglietto agitarsi nel giubotto. Stavano accadendo troppe cose sbagliate.
La visione al Cafè fu quella di un Ichigo in lacrime con attorno le ragazze che sembravano morte dal pallore che avevano sul viso.
Un'altra vertigine.
E non era stato un caso aver visto quella ragazza.
Non era stato un caso nemmeno trovare il biglietto.
E nemmeno lo era stato quell'Ichigo in lacrime. 
  
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